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IL TERZO SETTORE NELLE POLITICHE PUBBLICHE

Scuola superiore dell’economia e delle finanze. IL TERZO SETTORE NELLE POLITICHE PUBBLICHE. Gian Paolo Barbetta Milano 10/5/2012. Di che cosa parliamo? 1. Un insieme eterogeneo di organizzazioni: private che non distribuiscono profitti realizzati nel corso dell’attività

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IL TERZO SETTORE NELLE POLITICHE PUBBLICHE

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Presentation Transcript


  1. Scuola superiore dell’economia e delle finanze IL TERZO SETTORE NELLE POLITICHE PUBBLICHE Gian Paolo Barbetta Milano 10/5/2012

  2. Di che cosa parliamo? 1 Un insieme eterogeneo di organizzazioni: • private • che non distribuiscono profitti realizzati nel corso dell’attività Problemi di «confine»: • Non sempre chiara la distinzione pubblico/privato (es. ex IPAB; teatri lirici) • Quali vincoli alla distribuzione dei profitti (es. cooperative, mutue) Convenzionalmente: escluse cooperative (tranne le sociali) e mutue; inclusi enti religiosi.

  3. Di che cosa parliamo? 2 Terminologia variegata e molti sinonimi, nati in epoche e per scopi diversi: • privato sociale • volontariato • terzo settore • nonprofit, non-profit • economia civile No profit? Non profit?

  4. Di che cosa parliamo? 3 Le principali forme giuridiche italiane (secondo il codice civile): • Comitati • Associazioni (tra cui «associazioni di volontariato» - l. 266/1991) • Fondazioni (tra cui «enti lirici» – d. lgs. 367/1996 – e «fondazioni di origine bancaria» – l. 153/1999) • Cooperative («sociali» - l. 381/1991)

  5. Di che cosa parliamo? 4 Molta legislazione speciale: Associazioni di promozione sociale (l. 383/2000) Onlus (d.lgs. 460/1997) Ong (l. 49/97) Ex-Ipab, aziende private di servizi alla persona (d. lgs.207/2001) Imprese sociali (d. lgs. 155/2006)

  6. Le dimensioni economiche 1 Mancano dati complessivi recenti: • Dal “Censimento 2001” (seconda volta in cui il settore venne misurato – dopo la rilevazione ad hoc del 1999) Istat ha svolto – in periodi diversi - solo indagini parziali sul volontariato, sulla cooperazione sociale e sulle fondazioni • Esistono alcune rilevazioni “private” aggiornate sistematicamente (es. Fondazioni di origine bancaria) • La prossima rilevazione censuaria dovrebbe avvenire quest’anno (2012)

  7. Le dimensioni economiche 2 Secondo iI Censimento 2001: • 235.000 organizzazioni attive (8% delle imprese private attive nelle stesse aree, ma 54% di quelle attive nei settori educazione, sanità e servizi sociali) • 593.000 lavoratori retributi (2.7% dell’occupazione non agricola) • 3.300.000 volontari (circa 420.000 Fte) • 35 miliardi di euro di fatturato (3,2% del PIL)

  8. Forme giuridiche (valori %) Le dimensioni economiche 3

  9. Distribuzione territorialedelle organizzazioni Le dimensioni economiche 4

  10. Le dimensioni economiche 5 Settori di attività (valori %)

  11. Le dimensioni economiche 6 Fonti di finanziamento (valori %)

  12. Le dimensioni economiche 7 Qualche commento: Settore tutt’altro che irrilevante Peso molto contenuto delle donazioni, ma quota elevata di volontariato Peso rilevante delle entrate private: è un problema se il settore mira ad effettuare azioni redistributive? Peso molto rilevante delle entrate pubbliche in certi settori: è settore pubblico nascosto?

  13. Le dimensioni economiche 8 Che cosa è successo dopo il censimento 2001? Crescita Odv: dalle 18.000 del 2001 alle 21.000 del 2003 Crescita cooperative sociali: dalle 5.100 del 2001 alle 7.400 del 2005 Crescita ong riconosciute: dalle 239 del 2007 alle 255 del 2009 Crescita fondazioni: dalle 3.000 del 1999 alle 4.700 del 2005 In qualche caso si tratta di “effetti statistici”, ma la sensazione è di una crescita del numero e del peso economico del settore

  14. Oltre le dimensioni economiche Il settore ha un rilevante ruolo sociale: • Esercizio della partecipazione personale • Spazio di pratica della democrazia diretta • Tutela dei diritti (advocacy) • Ruolo nella innovazione delle politiche “pubbliche” (es. il caso delle tossicodip.ze) • Rilevante ruolo di coesione sociale

  15. Il quadro normativo 1 Situazione assai confusa: Norme del Codice Civile datate e mancanza di revisione organica (se ne discute da anni) Proliferazione della normativa speciale, anche di carattere tributario (con pochi tentativi di riforma organica, es. 460/97) Normativa fiscale complessa, di difficile applicazione e con margini di ambiguità – Nozione di ente non commerciale Problema di regolazione e controllo

  16. Il quadro normativo tributario 1 Nozione di ente non commerciale (ENC): Ente, pubblico o privato, diverso dalla società che non ha per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale (per le quali valgano le previsione del 2195 del C.C.)

  17. Il quadro normativo tributario 2 Trattamento fiscale ENC: E’ soggetto passivo Ires La determinazione del reddito imponibile avviene con modalità analoghe a quelle delle persone fisiche (somma di redditi diversi)

  18. Il quadro normativo tributario 3 Trattamento Ires ENC: Non si considerano attività commerciali le prestazioni non rientranti nel 2195 C.C. rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente (…) Non concorrono alla formazione del reddito complessivo i fondi pervenuti a seguito di raccolte pubbliche occasionale e i contributi corrisposti da amministrazioni pubbliche per lo svolgimento di attività istituzionali

  19. Il quadro normativo tributario 4 Trattamento ICI/Imu ENC: Gli immobili destinati esclusivamente ad attività assistenziali, previdenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, culturali, ricreative, sportive, religiose e di culto sono esenti da ICI/Imu se: A) sono utilizzati da ENC B) sono usati esclusivamente per svolgere le attività di cui sopra e a condizione che le stesse non abbiano natura esclusivamente commerciale

  20. Il quadro normativo tributario 5 Trattamento ICI/Imu ENC (segue): Con l’art. 91 bis del decreto liberalizzazioni (convertito con la l. 27/2012), qualora l'unita' immobiliare abbia un'utilizzazione mista, l'esenzione si applica solo alla frazione di unità nella quale si svolge l'attività di natura non commerciale.

  21. Il quadro normativo tributario 6 Deducibilità donazioni a nonprofit (l. 80/2005, art. 14): Destinatari donazioni: onlus, aps, fondazioni e ass.ni riconosciute (per la tutela, promozione e la valorizzazione dei beni di interesse artistico, storico e paesaggistico) Donatori: Persone fisiche e giuridiche Modalità: deduzione dall’imponibile, fino al 10% del reddito, fino a 70.000 €

  22. Il quadro della regolazione Chi controlla il settore? Non molti controlli effettivi (babele di registri e adempimenti formali) Controlli tributari affidati ad Agenzia entrate (qualche altro interesse, oltre a quello fiscale, da tutelare?) Vita, morte († 2/3/2012) (e pochi miracoli) dell’Agenzia per le onlus/per il terzo settore L’esperienza della Charity Commission inglese

  23. Il rapporto con le AA.PP. 1 Qualioccasioni di relazione? 1. Risorse dalle aa.pp. al terzo settore: trasferimenti e relazioni contrattuali 2. Risorse dal terzo settore alle aa.pp.: i finanziamenti delle fondazioni

  24. Il rapporto con le AA.PP. 2 Dalle aa.pp. al terzo settore: le convenzioni con il volontariato in un’indagine milanese (Barbetta, Sciarrone, 2009)

  25. Il rapporto con le AA.PP. 3

  26. Il rapporto con le AA.PP. 4

  27. Il rapporto con le AA.PP. 5

  28. Il rapporto con le AA.PP. 6

  29. Il rapporto con le AA.PP. 7

  30. Il rapporto con le AA.PP. 8 Dalle aa.pp. al terzo settore E’ necessaria una procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente? L’eventuale procedura pubblica può essere limitata a soggetti nonprofit? Quale criterio va utilizzato per la selezione delle offerte?

  31. Il rapporto con le AA.PP. 9 Dalle aa.pp. al terzo settore E’ necessaria una procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente? Secondo la Corte di giustizia europea, in linea di principio, gli accordi fra amministrazioni e terzo settore non sono esclusi dalla nozione di appalto pubblico di servizi e soggiacciono perciò alle regole comunitarie sulla scelta del contraente tramite procedure concorrenziali (se supera la soglia di valore prevista dalle norme e se i pagamenti superano il semplice rimborso delle spese sostenute)

  32. Il rapporto con le AA.PP. 10 Dalle aa.pp. al terzo settore L’eventuale procedura pubblica può essere limitata a soggetti nonprofit? Secondo la Commissione europea, un’amministrazione aggiudicatrice non può introdurre autonomamente questa limitazione, poiché vale il “principle that all economic operators are treated equally and nondiscriminatorily”, anche quando si tratta dell’erogazione di servizi sociali. Il diritto nazionale può consentire, eccezionalmente, di introdurre questa limitazione, ma ciò non toglie che “a restriction could be justified, in particular, if it is necessary and proportionate in view of the attainment of certain social objectives pursued by the national social welfare system”.

  33. Il rapporto con le AA.PP. 11 Dalle aa.pp. al terzo settore Quale criterio va utilizzato per la selezione delle offerte? Massimo ribasso sul prezzo posto a base di gara Offerta economicamente più vantaggiosa; ai fini dell’individuazione di quest’ultima l’amministrazione tiene conto non solo del corrispettivo da versare al prestatore del servizio (come nel caso del massimo ribasso), ma anche di aspetti qualitativi della prestazione offerta (anch’essi specificati previamente nel bando). In linea di massima utilizzabili entrambi

  34. Il rapporto con le AA.PP. 11 Dal terzosettorealleaa.pp. Un flussoconsistente di risorsesimuoveanualmente dal terzosettorealleaa.pp.: erogazionidellefondazioni di originebancaria 2009 e 2010: circa 500 milioni di € trasferitiannualmente Moltedestinazioni “sostitutive” E’ un usosensatodellerisorse? Si potrebbe fare meglio?

  35. Perché il terzo settore? 1 Nei servizi alla persona (assistenza, sanità, educazione): • Redistribuzione volontaria di risorse (via donazioni, volontariato) a domanda non pagante • Domanda sovramediana • Asimmetria informativa intrinseca alla natura dei servizi erogati

  36. Perché il terzo settore? 2 Segue …Nei servizi alla persona (…): • Modifica del modello di erogazione servizi di welfare da parte degli enti pubblici: • Esternalizzazione per contenimento costi (salari inferiori, maggiore motivazioni, scambio immateriale, donazioni e volontariato) • Mutamento della domanda e richiesta di maggiore contenuto relazionale dei servizi • Incremento competizione (quasi mercati)

  37. Perché il terzo settore? 3 Nel settore culturale: • Riduzione spesa pubblica • Discriminazione volontaria di prezzo • Maggiore disponibilità a pagare • Autoproduzione

  38. Grazie per l’attenzione

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