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Universit La Sapienza di Roma Facolt di Scienze della Comunicazione Corso di laurea in Scienze della Comunicazione P

Societ e istituzioni nell'impero franco. L'impero si compone di molte regioni e popoli eterogenei.La risposta di Carlo per cercare di creare unit di:proporre un'interpretazione della funzione prima monarchica e poi imperiale in chiave marcatamente religiosa;fondare un'amministrazione solida,

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    1. Le istituzioni politiche nellera dellascrittivit. La Grecia, Roma e lAlto Medioevo. Dott. Stefano Scarcella Prandstraller Lezione V Le istituzioni politiche nellAlto Medioevo - II Universit La Sapienza di Roma Facolt di Scienze della Comunicazione Corso di laurea in Scienze della Comunicazione Pubblica ed Organizzativa Anno Accademico 2008-09 Corso di Storia delle Istituzioni Politiche SPS/03

    2. Societ e istituzioni nellimpero franco Limpero si compone di molte regioni e popoli eterogenei. La risposta di Carlo per cercare di creare unit di: proporre uninterpretazione della funzione prima monarchica e poi imperiale in chiave marcatamente religiosa; fondare unamministrazione solida, centralizzata ed uguale in tutte le regioni dellimpero. Tuttavia ci sono delle difficolt: A) la societ carolingia, con la separazione dalla vita commerciale della costa del Mediterraneo, ha ormai assunto un carattere essenzialmente agrario; B) non pi alimentata dagli uomini di cultura delle civitates romano-galliche e da un adeguato gettito fiscale, gradualmente, ma inesorabilmente la debole sovrastruttura romana era venuta meno. C) la concentrazione della ricchezza nella campagna, la grave crisi della ricchezza mobile con la caduta del commercio e la scarsa circolazione monetaria impediscono la realizzazione di quelle condizioni minimali, per la costituzione di una gerarchia non feudale di funzionari stipendiati.

    3. Societ e istituzioni nellimpero franco (Barraclough, 1976) Ci rende impossibile a Carlo pensare di ripristinare in tutto, o anche solo in parte, il modello dello stato territoriale di derivazione romana, tenuto in piedi con sempre maggiore difficolt nel V e VI secolo dai re merovingi. La societ era tenuta insieme non dalla generale fedelt allo stato, ma soltanto dai vincoli tra i singoli, dalla devozione dovuta al proprio signore e dallobbedienza imposta dai ricchi proprietari terrieri, che reclamavano ed esercitavano diritti di governo in nome di tale loro qualit. La terra ormai lunica fonte della ricchezza e del potere politico e la classe dirigente quindi coincide in tutto e per tutto con la ricca aristocrazia fondiaria. Lo stesso re, nonostante lunzione e la credenza nelle misteriose virt del sangue reale, era soltanto il pi grande e il pi ricco dei nobili ed il suo ruolo gli era assicurato dalle terre che possedeva.

    4. Societ e istituzioni nellimpero franco (Barraclough, 1976) La forza della monarchia dipende quanto mai dalle condizioni di floridezza del demanio reale, del fisco. La nuova societ era fondamentalmente diversa, quanto a mentalit e carattere, da quella dellepoca merovingia. Soprattutto si era perduto nei confronti del passato romano quel rapporto diretto, anche se in via di continuo indebolimento, caratteristico di tutti i primi stati germanici. Il capitale economico e culturale ereditato da Roma ormai esaurito e la societ carolingia deve fare da s. La nuova nobilt non imitava pi quella gallo-romana, scomparsa da molto tempo; la lingua in cui si esprimeva era di ceppo germanico; gli appartenenti agli strati pi alti della societ [...] erano analfabeti ad eccezione di pochi,e consideravano il leggere e lo scrivere attivit da subalterni.

    5. Il nuovo ruolo della religione (Barraclough, 1976) Tra i laici le classi superiori colte sono scomparse ed ormai la cultura patrimonio di monaci e sacerdoti; di conseguenza, la societ carolingia assume rispetto alla merovingia una diversa, pi forte impronta clericale; con i Carolingi la religione divenne una forza operante nella societ: fu una grande svolta, linizio di una tradizione durevole, sebbene tale forza potesse sottrarsi, come poi accadde, al controllo di una autorit politica indebolita, non pi in grado di controbilanciare linfluenza di una gerarchia ecclesiastica militante; con Carlo prende forza la concezione della religione non pi come semplice mezzo di salvezza personale, ma come forza motrice e trasformatrice della societ. Il ruolo che il sovrano franco assegna alla religione implica il ritorno ad una societ di tipo pi primitivo, tanto che la monarchia cristiana mutua parecchie caratteristiche dalla monarchia sacerdotale degli antichi popoli germanici.

    6. Il nuovo ruolo della religione (Barraclough, 1976) Il rex Francorum fatto reggitore del popolo cristiano per il decreto del Nostro Signor Ges Cristo, per cui sulle sue spalle poggia la salvezza di tutta la Chiesa di Cristo. Nel pensiero politico di Alcuino da York, che coincide con quello ufficiale del tempo, non c distinzione tra Chiesa e Stato e non vi sono due singoli corpi da tenere rigorosamente separati o da subordinare luno allaltro. La religione parte della vita dello stato, che fondato sulla legge divina, e questa si identifica con il diritto canonico codificato, che considerato anche la suprema norma civile. Essa significa rispetto della legge, conservazione dellordine costituito e giusto adempimento dei comandi di Dio. Ci la rende da Carlo Magno in poi la base della societ.

    7. Le istituzioni politiche centrali Il governo centrale era costituito dal palatium, limperatore e il suo seguito, tra cui comites palatini e antrustiones; nulla aveva a che vedere con il palatium di Clodoveo e dei suoi immediati successori, che poteva contare su giuristi e burocrati gallo-romani colti e ragionevolmente preparati. Il palatium di Carlo aveva cura del patrimonio del sovrano e dei suoi interessi, ma non governava lo stato; Il concetto romano di stato come qualcosa di distinto dal patrimonio personale del re era scomparso a tutti gli effetti pratici. Non esistevano i ministri, cui affidare interi settori dellamministrazione, n una cancelleria. Il re, quindi, doveva prendere tutte le decisioni da solo e il fatto che egli potesse affrontare soltanto pochi dei problemi che sorgevano costituiva di per s un grave limite.

    8. Il rapporto centro-periferia (Barraclough, 1976) La maggior parte degli ordini era trasmessa a voce e quando era necessaria la stesura di un qualche documento, il lavoro burocratico, di cancelleria, era svolto dal clero, la categoria che per ragioni professionali era in grado di leggere e scrivere. Nellamministrazione centrale, come in quella periferica, tutto dipendeva dagli uomini. La caratteristica del governo carolingio non il controllo esercitato dal centro verso la periferia, ma proprio lassenza di tale controllo. I casi in cui il re aveva notizia dei fatti ed ancor pi quelli in cui effettivamente interveniva erano del tutto eccezionali e spesso ci si verificava solo quando i reclami si facevano forti, quando in qualche provincia le estorsioni e le repressioni provocavano una reazione violenta. Non essendoci una burocrazia che potesse eseguire gli ordini del governo centrale, in caso di rifiuti o insubordinazioni non si poteva fare altro che raccogliere delle truppe e imporre lobbedienza con una spedizione militare.

    9. La funzione legislativa Il potere centrale emanava leggi: dette capitulares (capitolari), perch costituite da una serie di brevi articoli, i capitula, emanati nel corso di placiti; constitutiones (costituzioni) o edicta (editti), derivanti, alla maniera romana, da attivit di decisione o decretazione da parte del sovrano. Il placitum, in francone tag, e cio giorno o dieta, lassemblea solenne dei grandi del regnum, che ha luogo due volte lanno, in maggio e in autunno; salvo giustificato motivo, comites, vescovi ed altri grandi laici ed ecclesiastici erano obbligati a prendervi parte, ed in tali occasioni venivano istruiti o rimproverati, e, se necessario, destituiti; unassenza non adeguatamente giustificata equivaleva ad una ribellione, in quanto questi incontri una o due volte allanno con il re rappresentavano lunica occasione per un controllo veramente efficace del loro operato.

    10. Il doppio binario legislativo-feudale (Barraclough, 1976) La legislazione insisteva sugli aspetti dellorganizzazione sociale non coperti da rapporti di natura feudale, mentre questi ultimi erano governati e regolati, piuttosto che da norme generali, da singoli accordi tra individui, che in una societ orale come quella carolingia solo eccezionalmente erano redatti per iscritto. La documentazione legislativa carolingia offre una visione molto parziale della realt se si tiene conto che la legislazione non era sempre efficace, e dice pi delle intenzioni del legislatore che di come andavano effettivamente le cose. La realt dei governo carolingio era molto diversa dal quadro offerto da editti e capitolari. Soprattutto lelemento feudale era molto pi importante e si faceva molto pi assegnamento su di esso.

    11. Il doppio binario legislativo-feudale (Barraclough, 1976) Lanarchia del tardo periodo merovingio aveva favorito lo sviluppo del feudalesimo: sottomissione dei deboli ai potenti, ricerca di protezione e rinuncia alla libert in cambio di essa. In mancanza di una burocrazia, il feudalesimo diviene lautentica spina dorsale del governo carolingio e non vera nulla che potesse prenderne il posto. I Carolingi organizzarono queste relazioni di tipo privatistico in coerenti strutture feudali, conferendo loro stabilit e solidit, almeno abbastanza perch non fossero pi un pericolo per lordine e, se possibile, divenissero un efficace strumento a disposizione del sovrano. Inoltre, il tentativo di Carlo in direzione di una unificazione legislativa dellimpero, diretta a restaurare i principi romani di governo, doveva fare i conti con innumerevoli istanze che premevano in direzione del particolarismo giuridico, prima fra tutte la tendenza dei popoli pi numerosi e meno romanizzati a continuare a regolarsi secondo le proprie consuetudini orali.

    12. Il principio di personalit delle leggi (Barraclough, 1976) Vige il principio di personalit delle leggi, vale a dire che ogni uomo ha diritto di essere giudicato secondo il diritto e le usanze del suo popolo. Abbiamo quindi pi fonti nella legislazione franca: 1) le leggi personali di ciascun popolo: lex saxorum, lex baiovarorum, lex langobardorum, ecc.; 2) i capitolari governativi, emanati dal sovrano attraverso la cancelleria palatina, che erano unificanti e vincolanti per tutto il regno ed integravano le prime; 3) il diritto romano e quello canonico: utilizzati per lo pi nei procedimenti ecclesiastici. Gli Aquitani ed i Longobardi godono inoltre di un regime di governo autonomo delle rispettive regioni, che sono regni indipendenti, la cui corona affidata ai figli di Carlo.

    13. Lamministrazione periferica (Barraclough, 1976) Lamministrazione locale retta dai comites, istituzione politica stabilita in epoca merovingia, che viene estesa a tutti i territori conquistati. In ogni comitatus o contea, circoscrizione che spesso corrisponde allantico pagus, il villaggio, il comes il rappresentante diretto del rex, che amministra la cosa pubblica, presiede il tribunale della contea, d esecuzione alleribanno e comanda il contingente militare locale. La figura del comes, il conte, il perno del governo carolingio e la prima misura per prendere il controllo di un paese conquistato consisteva nel sostituire dei conti franchi alla classe dominante indigena. Il conte non era un funzionario, cio non riceveva uno stipendio, ma piuttosto per il suo sostentamento gli venivano assegnate delle terre e riceveva anche una parte, generalmente un terzo, del reddito prodotto nella regione posta sotto il suo controllo.

    14. Lamministrazione periferica (Barraclough, 1976) Non vi era alle dipendenze del conte, un personale amministrativo costituito da funzionari, ma egli disponeva solitamente di un proprio rappresentante e vera un archivista addetto alla custodia degli atti delle assemblee della contea e al pi poteva contare in tutto su di una decina di persone al suo diretto servizio per disimpegnare compiti amministrativi. Al di sotto del conte, vi erano da tre a sei capi minori, responsabili verso il conte, a ciascuno dei quali era affidata una ripartizione territoriale minore, detta centena. Il nome centena deriva dal fatto di essere in origine popolata da circa un centinaio di nuclei familiari allargati. Nelle centene si esplicava il governo locale; le centene avevano propri tribunali, e ricevevano dal conte degli ordini, che includevano il quantum dei reclutamenti delleribanno e dellesazione, ma lesecuzione di queste ed altre disposizioni era lasciata alla loro autonomia.

    15. Lamministrazione periferica (Barraclough, 1976) La contea non ha personalit giuridica e si tiene soltanto unassemblea periodica, che aveva luogo nellunica forma del tribunale comitale, detto appunto comitatus. Nellimpero carolingio, dopo la conquista della Sassonia e della Frisia, ci sono circa duecentocinquanta contee. Alle frontiere vengono costituiti due tipi di circoscrizioni diversi dalle contee: A) i ducati, retti da un dux, corrispondenti in alcuni casi a precedenti entit omogenee a livello etnico-politico, come nel caso della Sassonia, ed in altri a raggruppamenti di comitati; B) le marcae, rette da un marchio, circoscrizioni pubbliche pi importanti delle contee, specie in ragione della loro posizione di confine, che richiede una maggiore disponibilit di risorse, anche per il reclutamento di adeguati contingenti militari.

    16. La scelta dei nobiles (Barraclough, 1976) La regola generale nellistituzione delle nuove contee consisteva nel sostituire la classe dominante indigena o affermatasi nella regione, con unaristocrazia franca, i cui interessi fossero legati a quelli della monarchia. In questo modo laristocrazia doveva la propria posizione e le nuove terre e rendite acquisite in quei remoti paesi alle conquiste compiute dal sovrano; cos re e nobilt erano legati da una comunanza di interessi. Ogni conquista introduceva nuove tensioni, questa volta tensioni tra la societ locale e lamministrazione franca o carolingia che le veniva imposta. La regola generale subiva pertanto frequenti e rilevanti eccezioni, per cui le cariche ducali, marchionali e comitali erano attribuite talora ad antrustiones franchi legati personalmente al sovrano e talora invece a membri delle aristocrazie locali, nella ricerca di non facili equilibri.

    17. Gerarchia amministrativa e feudale (Barraclough, 1976) I Carolingi avevano conquistato il potere alla testa dei loro antrustiones e si erano affermati grazie alla saldezza dei legami feudali, che li rendevano molto pi forti, con la loro clientela di vassalli, di quanto non lo fossero mai stati i re merovingi; pertanto si potrebbe quasi dire che essi conquistarono il potere come rappresentanti di un principio feudale dellorganizzazione della societ. Nelle strutture politiche carolinge difficile distinguere una gerarchia di funzionari da una gerarchia feudale. I duces, i marchiones e i comites erano molto spesso scelti tra quegli stessi antrustiones e comandanti militari che erano gi in precedenza vassi dominici e cio vassalli del demanio reale. In tal caso, il servitium vassallatico non era pi costituito dal semplice servizio militare, ma dallintero ambito di esercizio della carica in nome del rex.

    18. Gerarchia amministrativa e feudale (Barraclough, 1976) Il servitium veniva remunerato con beneficia sulle terre del regno secondo il sistema della tenure e con proventi connessi allesercizio della giurisdizione pubblica. Tale sistema si fonda sul rapporto tra il sovrano e il beneficiario, detto anche tennant, in quanto questultimo detiene la terra in nome del suo signore, ed i proventi che derivano da tale godimento costituiscono il corrispettivo dei suoi servizi. Il re per governare non contava su unorganizzazione, sulla ripartizione dei compiti tra i membri di una burocrazia, ma essenzialmente sui servigi dei propri vassalli. I vassalli non avevano alcun diritto alla propria carica che fosse basato sul possesso della terra, e il loro titolo non era ereditario, ma strettamente intuitu personae, per cui il re poteva destituirli e sostituirli a piacimento, ovvero, alla loro morte, nominare un nuovo comes con nessun rapporto di parentela con il predecessore. In questo senso il sistema di governo carolingio differisce dal feudalesimo tardo: che il sovrano non aveva le mani legate.

    19. Il capitolare de villis Il vassaticum rappresenta dunque, con il giuramento di fedelt personale al sovrano e la conseguente subordinazione del funzionario al rex, un elemento di coesione del regnum e insieme una remora alla tendenza verso la disgregazione del potere politico, come si era verificata nellultima et merovingia. I membri della nobilitas di solito possedevano beni fondiari in piena propriet, al di fuori del regime della tenure, detti allodi, e questi andavano tenuti distinti dai beneficia, posseduti a titolo precario come remunerazione dei servitia. La gestione del fisco regio, da cui provenivano gran parte delle terre cedute in beneficium, oggetto di unapposita normativa, il capitulare de villis, finalizzata a prevenire e sanzionare i frequenti fenomeni di abuso. Si sancisce sia il divieto di frodare il governo confondendo terre allodiali e beneficiarie, che quello di approfittare delle cariche pubbliche rivestite per imporre ai contadini come se si trattasse di tributi pubblici corves sulle terre allodiali.

    20. Limmunitas e il banno Sono importanti strumenti di governo complementari rispetto al vassaticum. La immunitas la immunit attribuita ad un patrimonio fondiario privato dallingresso degli ufficiali pubblici e dalle truppe del rex; in genere veniva attribuito a chiese vescovili ed abbazie; condizionata a dei controlli da parte di agenti laici, gli advocati, nominati dal rex ed investiti del potere di banno. Il banno sostituisce nel mondo franco il concetto di imperium, proprio di alcune istituzioni politiche romane; comprende la facolt di comandare, costringere e punire, divenendo cos i duces, i marchiones, i comites, i missi dominici, gli advocati e le altre persone che ne sono investite dei delegati ed ausiliari del sovrano con poteri di natura pubblicistica.

    21. I missi dominici (Barraclough, 1976) Sono una sorta di sovrintendenti itineranti incaricati di tenere i rapporti tra il governo centrale ed i funzionari locali, ovvero di supervisori inviati dal re nelle province a controllare loperato delle autorit e a reprimerne gli abusi. Per evidenziare la duplice natura spirituale e temporale del potere imperiale, sono spesso nominati a coppie: un laico, generalmente un comes palatinus, ed un ecclesiastico, un vescovo o un abate. Il clero cattolico viene cos a svolgere un importante ruolo di mediazione nellamministrazione dellimpero. Mentre la figura tipica del governo merovingio era il laico, il suo posto sotto i Carolingi preso dal grande prelato. A partire dall802 linvio dei missi dominici nelle province reso regolare per affrontare i crescenti disordini e la sempre pi chiara tendenza dei comites a sottrarsi al controllo dellautorit centrale.

    22. I missi dominici I missi dominici hanno un ministerium, in funzione del quale ricevono istruzioni orali o scritte. Possiedono tutte le competenze e possono persino tenere tribunali propri al posto di quelli delle contee. Controllano la gestione dei comites e raccolgono i giuramenti di fedelt in nome del re. Si tratta di una misura che conserva il suo carattere originario di rimedio provvisorio, mentre la regola era quella dellassenza di un qualunque meccanismo istituzionale per assicurare la coesione tra il centro e le province. Inoltre, nella misura in cui il controllo veniva esercitato, non accadeva attraverso i mezzi istituzionali, ma piuttosto grazie allinfluenza e alle pressioni personali . (Fichtenau, 1949) La scomparsa dei missi dopo il 907 segna il fallimento dello stato nel suo tentativo di centralizzazione. (Rouche, 2005)

    23. Potere monarchico e sistema feudale (Barraclough, 1976) Il re tenta di controbilanciare il potere dei nobili proteggendo la posizione ed aumentando il numero della classe dei franci o liberi, costituita dai piccoli proprietari e dai contadini indipendenti, immuni da obblighi di natura personale verso i nobiles, che consideravano il sovrano loro padrone e difensore, a differenza dei censuari di condizione servile, sottoposti ai loro diretti signori. Nel regno di Carlo c ancora subordinazione delle strutture feudali agli intenti del sovrano e linserimento di tali strutture nel disegno del governo, accanto ad elementi non feudali Carlo svolge una politica feudale e una non feudale, che si integrano reciprocamente. Il re si serve per governare in modo pi efficiente, dei vincoli feudali, sviluppatisi spontaneamente, al di fuori della legge, in risposta alle condizioni economiche e sociali.

    24. Potere monarchico e sistema feudale Ad ogni grado della gerarchia, il senior era tenuto a rispondere dei suoi vassi; per esempio, quando gli era ordinato, doveva farli comparire presso il tribunale della contea, di fronte al rappresentante del rex, il comes. Con un capitolare dell810 valido per tutto il regno, si ordin che ogni senior, cio ogni persona titolare di rapporti di vassaticum, comunque instaurati, costringesse i propri juniores, e cio gli uomini a lui legati dai predetti vincoli di natura feudale, a una maggiore obbedienza ai mandati e ai precetti del sovrano. Il potere giurisdizionale esercitato secondo un duplice ordine: da una parte i tribunali pubblici delle centene e delle contee hanno una competenza iure personarum limitata ai soli franci o liberi, mentre, al di fuori di tale competenza, i seniores, attraverso propri tribunali feudali, esercitavano la giurisdizione esclusiva sui propri vassi e dipendenti. Le due giurisdizioni non solo coesistono, ma si rafforzano reciprocamente.

    25. Alcuino da York e la schola palatina Aquisgrana (Aachen), la nuova Roma, capitale dellimpero franco, diviene sede della prima accademia imperiale, la Schola palatina, una scuola diretta a formare sia i funzionari e gli amministratori del regno, che gli ecclesiastici. Carlo chiama a presiederla come magister il monaco anglo Alcuino da York (735- 804), uno dei pi grandi uomini di cultura del tempo, dal 796 abate di San Martino di Tours. Sotto la guida di Alcuino, allo scopo di diffondere il sapere, soprattutto nel clero, creata una nuova organizzazione scolastica, con listituzione di numerose scuole presso le chiese episcopali ed i monasteri. La c.d. rinascita carolingia vede la trascrizione dei manoscritti antichi e la rinascita delle lettere. I codici di epoca carolingia permettono al medioevo e allet moderna il recupero e la conservazione delle maggiori opere della civilt romano-cristiana. In particolare, le opere dei grandi spiriti della Chiesa antica, Gerolamo, Crisostomo e Agostino riprendono ad esercitare la loro funzione di orientamento culturale.

    26. Rabano Mauro e labazia di Fulda Lopera di Alcuino continuata dal suo confratello ed allievo Rabano Mauro (780-856), detto praeceptor Germaniae, nato a Magonza in una famiglia dellaristocrazia franca; a lui si deve una vastissima produzione letteraria come teologo, filosofo, commentatore delle Scritture, poeta e cultore di astronomia e scienze naturali; autore del De Universo e del De praescientia et de praedestinatione ;

    27. Rabano Mauro e labazia di Fulda alle proposte di riforma delle istituzioni ecclesiastiche e alla formazione dei chierici dedica il De disciplina ecclesiastica. abate di Fulda dall822 e trasforma labbazia in uno dei pi grandi centri di cultura della cristianit, con una scuola monastica, uno scriptorium ed una biblioteca senza pari; Rabano attivo sulla scena politica, ove sostiene le ragioni dellimperium Christianum e di Ludovico I nelle controversie con i figli per la successione nellimpero carolingio. In seguito, si schiera con Lotario I, figlio maggiore di Ludovico contro i suoi fratelli Carlo il Calvo e Ludovico il Germanico; con questultimo successivamente si riconcilia e viene eletto vescovo di Magonza nell847.

    28. I limiti della rinascita carolingia Il lavoro dei protagonisti di questa rinascita intellettuale di tramandare quello che si era potuto conservare delle vestigia del mondo classico e della patristica cristiana, e certo non quello di innovare o dare luogo a una cultura originale Sembra anzi venire meno proprio lideale della cultura come produzione originale. (Comba, 1980) Ci si limit quasi esclusivamente ad unopera di recupero della letteratura antica. Le scuole che Carlo fece aprire presso ogni cattedrale e ogni monastero non diedero alcun importante contributo originale (Barraclough, 1976) Lo stesso Alcuino non aveva alcuna intenzione di dare un contributo originale alla cultura. Per lui, la saggezza e il sapere erano a portata di mano nelle opere dei Padri della Chiesa e la sua generazione non poteva aggiungervi nulla. Alcuino, insomma, non era tanto lo studioso alla ricerca di nuove conoscenze, quanto il divulgatore che raccoglie e coordina gli elementi del sapere (Barraclough, 1976)

    29. La formazione del clero (Rouche, 2005) Linteresse verso listruzione segue il progetto politico di Carlo; le riforme scaturite dalla Epistola de litteris colendis (794-797) definiscono un programma di base di catechesi, alfabetizzazione, e anche di indottrinamento per le scuole cattedrali e monastiche, puntando sulla formazione del clero e in particolare dei curati. Questi sacerdoti, responsabili delle parrocchie disseminate nel territorio, costituiscono lunica rete sociale in grado di raggiungere tutti i sudditi e tutti i fedeli, con un contatto capillare impensabile ai conti. I curati sono in contatto con i gruppi rurali. Incaricati di insinuare la dottrina nei cuori e la disciplina nei corpi, essi costituiscono lingranaggio essenziale della societ.

    30. Il giudizio sulle istituzioni politiche carolinge 1 (Comba, 1980) La classe dirigente che Carlo con la sua forte personalit riusciva in quegli anni a controllare, portava dunque in s i germi della dissoluzione. Sul lungo periodo il problema principale della politica carolingia si risolse in un fallimento. bisogna tuttavia evitare di evidenziare pi i guasti di quella societ che gli aspetti positivi dellopera di Carlo e dei suoi immediati successori. La positivit delle loro realizzazioni emerge se queste si paragonano con le ben peggiori condizioni politiche dellet precedente: se lamministrazione non era esemplare, era almeno in grado di funzionare. Il che, aggiunto alla pace alle frontiere e, probabilmente, ad una certa ripresa delleconomia, non era certamente poco, tant vero che alle generazioni che seguirono, e che conobbero il peggio, let di Carlo parve let delloro e della pace .

    31. Il giudizio sulle istituzioni politiche carolinge - 2 (Barraclough, 1976) Gli storici hanno scritto del governo carolingio, come se esso fosse stato valido ed efficiente in s, mentre, in realt, Il governo carolingio non era molto efficiente: funzion soltanto finch dur lespansione, cio soltanto finch pot contare su nuove risorse. Il suo potere non si reggeva su alcuna qualit intrinseca, ma soltanto sulle conquiste militari e sullespansione, che terminarono subito dopo lanno 800. Una volta, per, che il governo dovette operare entro confini stabili, e ancor pi quando dovette fronteggiare una riduzione dei domini dellimpero, si rivel inefficiente e tutte le contraddizioni, che non erano state risolte, ma soltanto brillantemente superate, vennero alla luce. Non quindi vero che funzion alla perfezione, o quasi, fino all814, per sfasciarsi a causa dei difetti del figlio di Carlo, Ludovico il Pio, ma piuttosto si deve riconoscere che le deficienze erano inerenti alla struttura del potere, la quale si fondava su di un amalgama di forze divergenti, tenute insieme soltanto dai successi esterni.

    32. Il giudizio sulle istituzioni politiche carolinge - 3 (Werner, 1998) Questa administratio, di origine romana, con qualche modifica e dimostrando unefficacia sorprendente, precedette di un millennio lamministrazione moderna. Lo stato franco, dai Merovingi agli Ottoni, cristianizz lOccidente, ma pot farlo solo perch aveva imparato dal mondo romano come governare uno stato abitato da una moltitudine di popoli che parlavano lingue diverse, cio adottando il latino, che ancora nel 1200 era la lingua unica di questa administratio in Occidente, eccettuata lInghilterra. Questa impresa, che richiese migliaia di traduzioni locali nella lingua madre degli amministrati, costitu la realizzazione comune dei re e dei nobili, laici ed ecclesiastici. La storiografia moderna, a partire da quella del XIX secolo, part orientata dal pregiudizio nei confronti del modello carolingio, n dimostr di comprendere queste forme statali, perch era incapace di concepire un modello di stato che non fosse il proprio.

    33. Benedetto di Aniane e la riforma monastica Benedetto di Aniane (750-821), visigoto, nasce come Witiza o Vitiza, figlio di Agilulfo, comes di Maguelonne in Settimania; nel 774 antrustio nellesercito di Carlo Magno in Italia; in seguito si fa monaco e diviene abate di Maursmnster; lispiratore della dieta di Aquisgrana dell816, convocata per ristabilire nel clero secolare e regolare l'osservanza di norme uniformi e rigorose. Nell817 gli abati, convocati per appoggiare la dieta imperiale, promulgano il capitulare monasticum, relativo all'organizzazione dei monasteri. Il capitulare impone a tutti i monaci la regola benedettina, con pochi adattamenti alle diverse condizioni dei vari monasteri; un secondo capitulare dell818 rende l'abate elettivo; Dopo le due diete, Benedetto di Aniane pubblica una collectio capitularis allo scopo di precisare, completare o adattare alla situazione numerosi dettagli della regola. A quattro secoli dalla fondazione di Montecassino, il sistema benedettino, con qualche ritocco marginale, diviene l'unico regime del monachesimo occidentale (Pacaut, 1989).

    34. Ludovico I e lImperium Christianum Ludovico I (814-840), denominato il Pio perch accoglie il pensiero politico dei pi illustri ecclesiastici del tempo e in particolare di Rabano Mauro e Benedetto di Aniane ed il loro ideale universalistico di Imperium Christianum; Ludovico consapevole dei difetti dellorganizzazione di governo carolingia e cerca di intervenire in due modi: 1) fare dellimpero una realt, cosa che non era mai stato ai tempi di Carlo Magno; 2) usare lidea di un unico impero come strumento per unificare le terre franche e farne il legame che le tiene unite, compensando le differenze nelle loro origini e nella loro storia. Per questo sostituisce i tre titoli che Carlo aveva portato, rex Francorum, rex Langobardorum e imperator con il titolo esclusivo di imperator, con ci ponendo in netta evidenza il carattere unitario dellimpero, alla cui unit politica veniva peraltro attribuito un significato religioso. Il sigillo di Ludovico reca la dicitura Renovatio regni Francorum, riflettendo il proposito di dare nuova vita al regno franco attraverso lattuazione dellidea imperiale.

    35. La Ordinatio imperii (817) una constitutio con cui Ludovico I proclama solennemente lunit dellimpero, e contestualmente afferma i principi di primogenitura e indivisibilit dei domini. Il figlio primogenito Lotario I (Lothar) proclamato imperatore ed unico erede della dignit del padre, con diritti su tutti i domini franchi. A ciascuno degli altri figli spetta il titolo di rex, a Pipino di Aquitania e a Ludovico di Baviera, ma queste monarchie sono subordinate allo scettro del fratello maggiore. Lunit dellimpero diviene cornice di una pluralit di dominazioni politiche di membri diversi della famiglia imperiale, ma, a differenza di quanto avveniva in passato, uno solo limperatore, mentre i reges esercitano una sovranit limitata ad un dato territorio, che resta comunque parte integrante dellimpero e gli sono pertanto subordinati.

    36. Listituzione delle monarchie subordinate (Barraclough, 1976) listituzione delle monarchie subordinate rappresentava poco pi che una misura di decentramento amministrativo allinterno di un unico impero; veniva conservata lunit dellinsieme e le singole monarchie avrebbero dovuto, se necessario, prestarsi un reciproco aiuto militare. Inoltre era loro inibito seguire politiche estere indipendenti, per cui non avrebbero potuto concludere dei trattati separati, n inviare o ricevere ambascerie. Lotario I associato da subito al potere ed emana capitolari diretti a introdurre elementi di unit e di razionalizzazione delle istituzioni politiche in tutto il territorio imperiale. E inviato in Italia, per controllare il dominio temporale pontificio intorno a Roma, che diviene una sorta di protettorato imperiale. Il papa, pur continuando ad essere il vescovo di Roma e quindi come tale eletto dai Romani, laici e chierici, deve, prima di essere consacrato, prestare giuramento di fedelt allimperatore.

    37. La duplice opposizione (Barraclough, 1976) Questa politica, che implica una nuova concezione dello stato, provoca una duplice opposizione: 1) quella del papa, motivata, pi che dalla imposizione di una tutela imperiale, dal fatto che limpero, prima in seguito allaccordo dell812, poi con lincoronazione di Ludovico nell813 [...] divenuto estraneo a Roma, in quanto lo stesso imperatore a incoronare e legittimare il suo successore, e per il papato un impero franco che costituisca unistanza universalistica indipendente dalla Chiesa, con sede ad Aachen anzich a Roma un pericolo; 2) quella di parte della nobilitas franca, che sostiene la tradizione dello stato patrimoniale e le ragioni di un dominio etnico dei Franchi sugli altri popoli, e quindi che vede la salvezza non nei cambiamenti, nelle riforme e nella rinascita religiosa, ma nella conservazione dellegemonia franca sulle terre conquistate, sulla Chiesa e sul papato, che permette arbitri e spoliazioni.

    38. La composizione del dissidio con il papa La composizione del dissidio possibile grazie al pensiero di Benedetto di Aniane, che porta ad accentuare la nuova concezione dello stato nei termini di imperium Christianum, e quindi di monarchia universale, la cui unit avrebbe dovuto essere innanzi tutto garanzia della libert delle chiese, della sicurezza delle loro propriet e dellequa distribuzione delle loro ricchezze, tanto che dividere limpero avrebbe significato provocare uno scandalo nella santa Chiesa. Il papa Stefano IV persuade Ludovico a farsi incoronare di nuovo, questa volta da lui, nell816; suo figlio Lotario, incoronato ad Aquisgrana di fronte al placitum dei grandi del regno alla maniera franca nell817, si lascia incoronare di nuovo a Roma dal papa nell823 ; Ludovico II, figlio di Lotario I, incoronato imperatore tre volte dal papa, nell844, nell850 e nell872. La ripetizione crea il precedente e da allora la pratica secondo la quale il sovrano elevava alla dignit imperiale suo figlio scompare e dopo l850, nessun imperatore riceve la propria carica se non a Roma e dalle mani del papa

    39. I dissidi con la nobilitas franca I dissidi con il partito dellaristocrazia favorevole alla restaurazione dello stato patrimoniale si acuiscono quando limperatore rimette nell829 in discussione i termini della Ordinatio imperii, attribuendo il titolo di rex anche a Carlo, il figlio pi giovane nato dalla seconda moglie Giuditta di Baviera; Ludovico moltiplica le concessioni di terre in vassaticum per aumentare i funzionari fedeli alla causa unitaria, ma con ci finisce per esaurire il fisco, base economica della monarchia. Alla morte di Ludovico nell840, tra i tre figli superstiti, Lotario, Ludovico e Carlo scoppia la guerra civile. Ludovico e Carlo si alleano con la nobilitas favorevole allo stato patrimoniale contro Lotario, sostenuto dai vassalli e chierici sostenitori dellidea unitaria, tra cui labate Rabano Mauro. La battaglia decisiva ha luogo a Fontenoy nell841 e si conclude senza vincitori, n vinti. Lotario costretto a ritirarsi ad Aquisgrana e pi tardi ad accettare la divisione dellimpero.

    40. Il trattato di Verdun (843) Lotario conserva il titolo imperiale e la Frisia, Austrasia, Svevia, parte della Borgogna, la Provenza e lItalia centrosettentrionale; cede a Ludovico il Germanico, la parte orientale: la Sassonia, lAlamannia, la Turingia, la Baviera e la Carinzia; cede a Carlo il Calvo, la parte occidentale: la Neustria, parte della Borgogna, lAquitania e la Settimania. Di fatto, il trattato di Verdun mette al posto di un impero tre regni indipendenti e segna laffossamento dellideale di unit propugnato nell817 nella Ordinatio Imperii. Il concetto dellunit sopravvive come ideale, del quale custode la Chiesa piuttosto che la monarchia. Resta il titolo imperiale, ma il tentativo di dargli una sostanza ed un significato era fallito: lauctoritas imperiale, intesa come magistratura universale in senso romano non era dunque riuscita a imporsi, se non a livello teorico: se infatti rimaneva un solo imperatore, egli non aveva potere reale al di fuori dei territori da lui direttamente controllati. (Barraclough, 1976)

    41. Il trattato di Verdun (843)

    42. Le vicende del regno di mezzo (Barraclough, 1976) Presentava una serie di caratteristiche vantaggiose: 1) comprendeva le due capitali, Roma ed Aquisgrana, per cui era stato destinato allimperatore; 2) era di gran lunga il pi ricco dei tre regni. 3) il suo territorio includeva lantico paese dorigine della dinastia carolingia, lAustrasia, per cui comprendeva la maggior parte delle propriet regie, dalle quali la monarchia traeva le proprie risorse materiali; grazie a tali ricchezze, era in grado non solo di difendersi bene, ma di fare anche qualcosa di pi. Alla morte di Lotario nell855 si procede ad una spartizione del regno di mezzo tra i suoi tre figli: lItalia tocca al primogenito, che incoronato imperatore dal papa come Ludovico II; la Provenza va a Carlo e Lotario II, riceve le terre a nord, che da lui e non da suo padre hanno preso il nome di Lotaringia, o Lorena.

    43. Le vicende del regno di mezzo (Barraclough, 1976) La divisione dell855, pi di quella dell843 ha effetti decisivi, in quanto limpero, che sotto Lotario conservava qualche importanza esercitando una certa egemonia sulle altre due monarchie, era ora ridotto al solo territorio italiano e, di conseguenza, cadde sempre pi sotto il controllo del papato. Il regno di mezzo, diviso in tre parti, non pu pi fare da contrappeso tra gli altri due, n mantenere le proprie posizioni. La Lorena, provincia pi ricca e con la percentuale maggiore di propriet del demanio regio, diviene oggetto di contesa tra il sovrano dei Franchi occidentali e quello dei Franchi orientali. Nell869, alla morte di Lotario II, i due reges di occidente e di oriente si dividono il suo regno con il trattato di Meersen. Alla morte di Ludovico II nell875, il papa offre la corona imperiale a Carlo il Calvo, re dei Franchi occidentali, nella speranza che possa aiutarlo contro le incursioni dei Saraceni. E la fine di quel che rimane del regno di mezzo.

    44. La frammentazione dellimpero Gli effetti delle ripetute divisioni dellimpero fanno affermare a Floro di Lione che non vi pi un imperatore, e neanche un rex, ma solo dei reguli; che anzi non v pi un regno, ma dei fragmina regni. Le frequenti incursioni e talora invasioni di Normanni, Magiari, Slavi e Saraceni provocano devastazioni e insicurezza. Le crescenti difficolt degli eserciti franchi, privi dellappoggio di una flotta, lenti a riunirsi attraverso il meccanismo delleribanno e inadatti a una difesa mobile, inducono ad una evoluzione politica e sociale che tendeva a disgregare ovunque i regni e a sostituirli con piccoli organismi territoriali. Il segno visibile di questa trasformazione il moltiplicarsi dei castelli e delle fortezze, unico efficace strumento di difesa contro le incursioni di bande di pirati e di veloci cavalieri, pronte a predare citt e villaggi, ma incapaci di svolgere assedi. Di solito le costruzioni avvengono su spontanea iniziativa di membri della nobilitas o addirittura di privati.

    45. Il capitolare di Carlo il Calvo dell864 Carlo il Calvo, figlio minore di Ludovico I, rex dei Franchi occidentali e diventa imperatore nell875. Con il capitolare ordina labbattimento dei castelli, fortificazioni o palizzate costruiti senza lautorizzazione regia da parte dei potenti locali, che servivano non solo per difesa da incursioni, ma anche contro i vicini et commanentes, i piccoli possessori che abitavano nello stesso vicus in cui si trovavano i beni signorili protetti dalla fortificazione. Castelli e fortezze divengono strumenti di predominio locale, con lo sviluppo di strutture politico-militari autonome, in cui il signore laico o ecclesiastico detiene guarnigioni di vassi, con cui non solo difende la regione circostante, ma compiere soprusi e spoliazioni a danno di altri uomini liberi. Molti castelli perdono dunque il carattere di fortezza pubblica controllata dal sovrano per divenire oggetti di piena propriet di signori, laici o ecclesiastici, che finiscono per esercitare sul territorio protetto dal castello un potere tendenzialmente sostitutivo di quello degli ufficiali pubblici.

    46. Gli effetti a lungo termine di vassaticum e immunitas Il vassaticum, inizialmente elemento di integrazione, diventa con il tempo motivo di disgregazione, poich, a fianco delle clientele vassallatiche regie, si sviluppano le clientele di duchi, marchesi, conti, vescovi e abati, che attraggono nella loro sfera un numero sempre maggiore di vassalli regi. Altre isole di giurisdizione signorile, analoghe ai castelli, nascono laddove il rex aveva concesso alle chiese privilegi di immunitas dal potere delle autorit pubbliche. I controlli stabiliti da Carlo Magno nellVIII secolo attraverso gli advocati, gi agli inizi del X secolo scompaiono del tutto. I beneficiari cessano di essere ausiliari del potere regio per esercitare a loro esclusivo vantaggio proprio quei diritti regali che la concessione di immunit aveva un tempo sottratti agli ufficiali del re. (Comba, 1980)

    47. Il capitolare di Quierzy-sur-Oise dell877 Se ai tempi di Carlo Magno la nomina di duces, marchiones e comites era ancora intuitu personae, con il tempo si afferma di fatto il principio della trasmissione ereditaria dei titoli. Carlo il Calvo, in partenza per la guerra, interviene a dettare alcune regole sul governo del regno in sua assenza, tra cui quelle sul da farsi per la trasmissione dei beneficia. Nel caso della morte di un comes, la gestione del comitatus affidata ad un consiglio composto dal vescovo del luogo e dai ministeriales, gli amministratori del patrimonio fondiario, mentre limperatore si riserva la decisione finale. Salvo motivi particolari, si d per scontato che la successione tocchi allerede del defunto, il quale sarebbe stato a suo tempo investito delle cariche di suo padre dal sovrano. Limperatore ordina nello stesso capitolare a tutti i nobiles di seguire le stesse norme verso i loro vassalli. Il capitolare, pur non stabilendo istituzionalmente lereditariet dei beneficia, pone le premesse giuridiche perch questa venga considerata una prassi generalizzata in tutto limpero, salvo motivate eccezioni.

    48. Le conseguenze La legittimazione della prassi dellereditariet delle cariche e dei benefici infligge un altro duro colpo allautorit regia e consente agli ufficiali pubblici di conseguire margini sempre maggiori di autonomia dal potere centrale. Il risultato complessivo di queste trasformazioni il graduale dissolversi dellautorit statale attraverso lo sfaldamento delle grandi divisioni territoriali pubbliche a vantaggio dei poteri locali che emergevano caoticamente dal possesso di castelli o di grandi complessi fondiari. (Comba, 1980) Marchesati e contee, pi che delegazioni regie e distretti pubblici affidati amministrativamente a membri della nobilitas, tendono ormai a divenire parte integrante del patrimonio familiare dei nobili, che vanno ampliandosi o riducendosi territorialmente con le acquisizioni o le perdite patrimoniali e le fortune politico-militari della dinastia comitale o marchionale.

    49. Il declino dellistituzione monarchica Il potere regio sempre meno in grado di funzionare come il fulcro di un ordinamento pubblico distribuito nel regno. I reges conservano le corti, un certo potere di imposizione fiscale, sia pure in gran parte esercitato attraverso i nobili e gli ecclesiastici, e le proprie clientele vassallatiche. Intervengono nella concorrenza fra i poteri politici che emergevano caoticamente dal basso, ma la loro forza non era tale da potersi esercitare a distanza attraverso unorganizzazione capillare del potere pubblico. Il rex ormai un potente tra i potenti, che si muove in una innumerevole ed eterogenea pluralit di poteri ed assume con questi ultimi un rapporto competitivo, spesso operando il proprio rafforzamento approfittando delle loro divisioni. Pochi anni dopo la morte di Carlo il Calvo nell877, non sono pi emanati capitolari. Nessun rex dei Franchi occidentali pi in grado di legiferare uniformemente per tutto il regno.

    50. Leffimera riunificazione dell884 Carlo il Grosso (839-888), uno dei figli di Ludovico il Germanico, ricevuta la corona imperiale da papa Giovanni VIII nell881, succede prima al fratello Ludovico III come rex dei Franchi orientali nell882 e poi a Carlomanno II come rex dei Franchi occidentali nell884. Essendosi quasi estinta la famiglia dei carolingi, tutto limpero, ad eccezione della Borgogna, accett Carlo il Grosso come sovrano, e questo fatto dimostra fino a che punto le questioni nazionali fossero assenti in tutti questi avvenimenti. Carlo lultimo figlio di Ludovico il Germanico e tutta la Francia lo riconosce. (Pirenne, 1936) Se non che, la sua incapacit e i vergognosi trattati che fece con i Normanni, che nell886 assediavano Parigi, esaurirono la pazienza dellaristocrazia e finiscono col rendere definitiva la divisione tra le due parti dellImpero. Dal momento della deposizione di Carlo il Grosso nell887, il titolo di rex di Italia, e con esso il diritto di aspirare alla dignit imperiale, oggetto di contesa tra sovrani franchi e membri della nobilitas locale e, a partire dall891, vi una serie di imperatori non carolingi.

    51. Il regno dei Franchi occidentali La sconfitta franca dell886 contro i Normanni porta alla deposizione di Carlo il Grosso ed alla messa in discussione del principio della successione dinastica carolingia. I Franchi orientali nell887 proclamano rex Arnolfo, duca di Carinzia, ancora membro della famiglia carolingia, ma solo in quanto figlio illegittimo di Carlomanno, rex di Baviera, a sua volta figlio di Ludovico il Germanico. I Franchi occidentali, in risposta, incoronano rex a Compigne nell888 Odo (860-898), comes di Parigi, difensore della citt contro i Normanni, che poi sconfigge a Monfaucon. La Borgogna si proclama indipendente e incorona Rodolfo. Arnolfo nell895 si annette la Lotaringia, che lo riconosce e riesce a farsi incoronare imperatore nell896. Nell893, cessato il pericolo normanno, la nobilitas dei Franchi occidentali depone Odo e reintegra la dinastia carolingia, incoronando Carlo III il Semplice (879-929), figlio di Ludovico II e nipote di Carlo il Calvo.

    52. La mancata riunificazione dell899 (Pirenne, 1936) Carlo III alla morte di Arnolfo nell899 avrebbe potuto tentare di ricostituire nuovamente lunit carolingia, ma non ne fece nulla, e i grandi della Francia orientale riconobbero come re il figlio di Arnolfo, Ludovico il Fanciullo, che aveva appena sette anni e che discendeva ancora dai carolingi. Nonostante fossero carolingi, n i Francesi riconobbero Arnolfo nell887, n i Tedeschi Carlo il Semplice nell899. Tuttavia i Francesi nell883 avevano riconosciuto Carlo il Grosso, perch era imperatore dall881, mentre Carlo il Semplice non lo era e per di pi Ludovico il Fanciullo era egli stesso di discendenza carolingia. Questa fase si caratterizza a livello istituzionale per una continuazione della monarchia nella dinastia, anche se la dinastia stessa era divisa, limpero disputato, e laristocrazia disponeva delle corone a sua volont.

    53. Le origini del ducato di Normandia Carlo III, a seguito di una nuova e pi consistente invasione dei Normanni nel 911, anzich combatterli, decide di venire a patti con loro e di integrarli istituzionalmente nel regnum. In circa un secolo i Franchi, da dominatori incontrastati di buona parte dellEuropa continentale, si trovano divisi in pi regni, costretti a pagare tributi ai barbari e ad ora persino ad accettarne lo stanziamento in armi allinterno dei propri confini, come era accaduto allImpero romano. Con il trattato di Saint-Clair-sur-Epte lo jarl normanno Hrlfr, detto il Camminatore, viene battezzato come Robertus, e in cambio della pace e della rinuncia allassedio di Chartres, Carlo gli riconosce il titolo di comes di Rouen. Successivamente lo nomina dux della intera regione della Neustria comprendente le contee di Caux, Evreux e Lisieux, che riceve il nome di Normandia.

    54. Le origini del ducato di Normandia In cinquantanni i duchi di Normandia stabiliscono un sistema di relazioni vassallatiche particolarmente restrittivo, in molti aspetti originale rispetto al sistema carolingio. I Normanni si inseriscono nel sistema delle istituzioni politiche franche modificandole dallinterno, ma mantenendo gli assetti che avevano consentito con successo nei secoli precedenti di integrare in Neustria vecchi e nuovi membri della nobilitas originari di popolazioni diverse. In breve i Normanni di Normandia adottano le lingue latina e romanza e mutano diversi aspetti della propria cultura. Apprendono non solo il vassallaggio come forma di organizzazione sociale, ma sono in grado di utilizzarla al meglio per compiere la trasformazione della loro aristocrazia, in milites-cavalieri, che divengono in breve i migliori dEuropa. Nel 1066 sotto Guglielmo saranno in grado di conquistare la Britannia e di introdurvi, in forme del tutto originali, lapporto della lingua latina e del regime feudale, assenti sotto i Sassoni

    55. Il regno dei Franchi occidentali La guerra civile riprende nel 922, quando alcuni nobili incoronano rex Roberto I, fratello di Odo a Reims. Roberto sconfitto e ucciso nella battaglia di Soissons nel 923, ma lo stesso anno Carlo III deposto da Rodolfo, rex di Borgogna, che diviene rex dei Franchi occidentali. Il regno franco occidentale si trova in un periodo di grave crisi dellordinamento pubblico, in cui, a fronte della crescente autonomia della nobilitas, si succedono sul trono, fra lotte quasi costanti, membri della dinastia carolingia e discendenti del comes di Parigi. A prevalere infine uno di questi ultimi, Ugo Capeto (940-996), figlio di Edvige di Sassonia ed Ugo il Grande, cognato di Rodolfo, che i nobili del regno eleggono a Senlis nel 987, preferendolo a Carlo di Lorena, nipote di Carlo III. Un ruolo decisivo nellelezione del nuovo rex lo hanno gli ecclesiastici, guidati dall'arcivescovo di Reims Adalbron, che credeva nel progetto di una monarchia cristiana universale (quella degli imperatori della dinastia sassone) sovraordinata ad una serie di monarchie autonome.

    56. Ugo Capeto e i Capetingi Ugo Capeto, sassone per parte di madre e primo cugino dellimperatore Ottone II, prende a modello la dinastia imperiale degli Ottoni che regnava sui Franchi orientali. Per prevenire alla sua morte ulteriori dispute dinastiche, fa incoronare rex sin dal 987 il figlio Roberto, che nel 996 gli sarebbe successo come Roberto II, e fa imprigionare il pretendente Carlo di Lorena. Diviene cos il capostipite della dinastia capetingia, che avrebbe governato la Francia senza interruzioni sino alla rivoluzione francese. Il regnum tuttavia in preda a forze centrifughe, che premono in direzione della dissoluzione delle sue istituzioni politiche. I comites e gli altri nobili si trasmettono ereditariamente titoli, cariche e beneficia, senza alcun controllo regio e alienano le funzioni pubbliche, come se si trattasse di patrimoni propri. Gli ecclesiastici dispongono dei beni della Chiesa, compresi vescovati e monasteri, in favore di familiari e di terzi.

    57. Le signorie locali di banno La disgregazione politica post-carolingia costituisce un fattore di profonda rottura con il passato, per cui il vecchio regime, in cui il banno prerogativa del rex e dei suoi delegati, si complica con linstaurazione di innumerevoli signorie territoriali di banno, comprendenti contestualmente poteri di comando e coercizione (districtus o districtio), di giurisdizione (placitum), e di esazione (census). La formazione delle signorie locali di banno il risultato della convergenza di due aspetti: la patrimonializzazione dei poteri pubblici connessi alla dignit di dux, marchio, comes, e lo sviluppo in senso tendenzialmente pubblico delle preponderanze economiche e militari a livello locale. I successori di Ugo Capeto, Roberto II (972-1031) ed Enrico I (1008-1060) non controllano ormai che la regione compresa tra Parigi, nuova capitale del regnum, e Orlans. Alla met del secolo XI il re di Francia meno potente di molti suoi vassalli, come il duca di Normandia, il conte di Fiandra e il conte dAnjou, a cui non riesce pi a imporsi.

    58. Il regno dei Franchi orientali e lincoronazione di Forchheim del 911 Alla morte di Luigi il Fanciullo (893-911), ultimo erede della dinastia carolingia, i grandi dei quattro ducati del regnum dei Franchi orientali, Franconia, Svevia, Baviera e Sassonia, anzich riconoscere come unico sovrano Carlo III il Semplice, incoronano solennemente a Forchheim nel 911 Corrado I, gi dux di Franconia. Corrado, seppure non di diretta discendenza carolingia, essendo il duca di Franconia, riteneva di dover essere considerato il primo tra i nobili franchi. La sua nomina si fonda su di un tentativo di traslazione del principio di legittimazione dinastico in un principio di legittimazione su base etnico-territoriale, sul presupposto della persistente supremazia franca sugli altri popoli del regnum. Tale principio non condiviso dai grandi della Lotaringia tanto tedeschi che romani, i quali, fedeli al principio di legittimazione dinastica, si distaccarono dalla Francia orientale, alla quale erano stati uniti dal regno di Arnolfo di Carinzia in poi e riconobbero come sovrano [...] il re della Francia occidentale, Carlo il Semplice. (Pirenne, 1936)

    59. La rottura dellunit carolingia (Pirenne, 1936) Lautore belga, per quanto concordi su una totale assenza di una qualsivoglia idea nazionale nellaristocrazia del tempo, sostiene che i responsabili della rottura dellunit carolingia siano i Franchi orientali, in quanto: i transrenani, nominando Corrado, avevano decisamente rotto i rapporti con la dinastia carolingia, per cui si pu far cominciare dallelezione di Corrado la dissoluzione definitiva dellunit carolingia, divenuta fatale da quando la dinastia non cingeva pi la corona imperiale; da questo momento in poi la grande Francia non esiste pi ed interessante notare che il suo nome da allora si restringa al paese dove ancora regna un carolingio; occorre parlare ormai di regno di Francia e di regno di Germania, i quali si sono separati e seguiranno il loro destino, senza che le varie nazionalit vi abbiano contribuito in alcun modo o che ne abbiano avuto coscienza. Della scomparsa unit carolingia conservano entrambi la stessa eredit comune, vale a dire lindissolubile unione del potere reale con la Chiesa, in virt stessa della concezione dei doveri della monarchia che ancora sussiste.

    60. La transizione alla dinastia sassone Alla morte di Corrado nel 919, con lappoggio di Svevia e Baviera, per la prima volta la corona passa ad un nobile non franco, il dux di Sassonia Enrico I (876-936) lUccellatore. E un segno dei mutati equilibri allinterno del regnum a maggioranza germanica, in cui la tradizionale posizione di egemonia dei Franchi, che ormai costituiscono la popolazione di uno solo dei quattro ducati principali, da ritenersi superata.

    61. La transizione alla dinastia sassone La questione della legittimit del passaggio del potere dai duchi di Franconia alla dinastia sassone rimane controversa. Il monaco sassone Widukind di Corvey (925-980), autore del Res gestae Saxonicae, intende dimostrare la legittimit dei Sassoni nel succedere ai Franchi nella sovranit sul regnum orientale, mettendo soprattutto in rilievo la cultura franca posseduta dai due primi re sassoni, Enrico I e Ottone I.

    62. La renovatio imperii di Ottone I Un primo, coerente disegno istituzionale di restaurazione dellautorit imperiale si ha con Ottone I (912-973), figlio e successore di Enrico, che alla sua morte non divide il regno. Nelle regioni germaniche le autonomie signorili di carattere territoriale si andavano diffondendo pi lentamente che in Gallia, ma ci nonostante il potere della nobilitas era comunque preminente. Ottone cerca con alcuni capitolari di riaffermare la centralit del rex e limitare lautonomia dei nobili. Lorena, Baviera, Franconia, e persino di una parte dellaristocrazia sassone si ribellano e appoggiano la candidatura alternativa di Enrico, fratello minore del re. Ottone nomina Enrico rex di Baviera e batte i ribelli nel 939. Ottone si vale dellappoggio dei vescovi, sostenitori dellideale di unautorit imperiale universale, e sostituisce, i duchi sconfitti con membri della propria famiglia.

    63. La renovatio imperii di Ottone I Nel 953-954 deve sedare una nuova ribellione, capeggiata questa volta dal figlio Liudolfo, dux di Svevia, e dal genero Corrado il Rosso, dux di Lorena. Da allora non si fider pi di membri della nobilitas laica. Nel 955 riporta una decisiva vittoria contro i Magiari a Lechfeld. Lepiscopato viene sostanzialmente associato al governo del regno, con lattribuzione ai vescovi di numerosi privilegi e immunit e di poteri comitali di districtus, e cio di piena giurisdizione, in sostituzione dei comites laici. Ottone, approfittando della concomitante crisi del papato, si comporta come il vero capo della Chiesa nel suo regno, nominando direttamente i vescovi e gli abati dei monasteri regi, ricevendo i loro giuramenti di fedelt e investendoli allo stesso tempo delle funzioni spirituali e dei beni temporali. I vescovi divengono da allora dei veri signori territoriali, con introiti e forze militari non trascurabili.

    64. La riorganizzazione dello stato (Werner, 1998) Ottone crea un ingegnoso sistema, obbligando i grandi vassalli, soprattutto alcuni vescovi e abati regi, ma anche duchi, conti e altri nobili che disponevano di pi di una ventina di vassi propri, a fornire allesercito regio un numero prefissato di cavalieri armati pesantemente, e la met di questo numero nel caso di una campagna militare al di l delle Alpi. Le grandi chiese potevano fornire fino a cento cavalieri debitamente accompagnati. Il re non era pi lui a controllare direttamente, come invece aveva fatto Carlo Magno, il reclutamento di questi uomini, bens il grande vassallo. Questultimo era dunque il vero signore della nobilt su quello che stava per diventare il suo territorio; meglio ancora, poteva armare come cavalieri pesanti dei ministeriales non liberi delle sue terre. La ministerialit ecclesiastica e laica delle terre dellimpero, insieme con quella regia, si trasform cos in un fattore politico e sociale di primo piano, mentre i grandi vassalli sarebbero divenuti nei secoli successivi principi dellImpero.

    65. La riorganizzazione dello stato I ministeriales, agenti signorili incaricati di gestire per conto dei nobili quote dei loro domini, quasi sempre di origine servile, si distaccano nettamente dalla massa dei contadini, fino a costituire una classe ereditaria, con funzioni militari e amministrative. La politica tesa a dirigere il clero ed a fare nuovamente di duces e comites dei veri funzionari del rex rende Ottone intorno al 960 il solo sovrano dellOccidente in grado di farsi obbedire in tutto il regno. Nel regnum di Italia, che comprendeva pianura padana e Toscana, le guerre civili tra i pretendenti alla corona e le continue incursioni di Ungari e Saraceni avevano accresciuto la disgregazione delle istituzioni politiche franche. Lautonomia dei signori laici ed ecclesiastici era cresciuta. Ottone nel 952 riesce a imporre come unico rex di Italia il marchese Berengario di Ivrea.

    66. Il privilegium Othonis Nel 962 il rex riceve dal papa Giovanni XII la corona imperiale. Ottiene altres dal papa un arcivescovato a Magdeburgo, e levangelizzazione degli slavi affidata al clero imperiale. Con il Privilegium Othonis (962) viene sancito che nessun papa avrebbe pi potuto essere consacrato senza essere stato preventivamente confermato dallimperatore. Allimperatore sono attribuiti reali diritti di sorveglianza, anche militare, sulla citt di Roma. Ottone si impegna in cambio a riconoscere tutte le donazioni territoriali elargite da Pipino il Breve e Carlo Magno alla Chiesa, in parte sottratte dai reges franchi di Italia, ma tali beni sarebbero rimasti sotto la tutela imperiale. Limperatore si erge a difensore della cristianit, con il duplice intento di promuovere una riforma della Chiesa e di legittimare il controllo imperiale sul papato. Il papa presta giuramento di alleanza allimperatore. La nobilt e il popolo romano devono a loro volta prestare allimperatore un giuramento di fedelt.

    67. La renovatio imperii di Ottone I Ottone I riesce altres: a far incoronare imperatore il figlio Ottone II (967); ad imporsi ai duchi Longobardi di Capua e Benevento; ad ottenere dallimperatore dOriente il riconoscimento del titolo imperiale (972) ed il consenso al matrimonio tra Ottone II e la principessa bizantina Teofano. A differenza di quello fondato da Carlo Magno a seguito dellaccordo con i Bizantini nell812, limpero restaurato da Ottone I nel 962, anche se si estendeva a buona parte dellItalia e a qualche altro territorio europeo, era un impero quasi esclusivamente germanico. Ottone II (955-983) deve affrontare la rivolta dei duces di Baviera, Svevia e Lorena, sostenuti dai Franchi occidentali di re Lotario IV, e in Italia meridionale la rivolta dei duchi Longobardi e linvasione dei Saraceni e non in grado di consolidare il quadro delle istituzioni politiche impostato dal padre.

    68. Ottone III e Gerberto di Aurillac Ottone III (980-1002) deve affrontare Slavi e Danesi. Cerca di attuare un proprio originale disegno istituzionale di Renovatio Imperii, sotto la guida di Gerberto di Aurillac (950-1003), originario dellAquitania, uno dei pi grandi uomini di cultura e teorici del pensiero politico del suo tempo, prima arcivescovo di Reims e poi di Ravenna. Il pensiero politico di Gerberto di Aurillac prevede un disegno di restaurazione di un Impero romano-cristiano universale, guidato dal papa e dallimperatore, entrambi residenti a Roma, che avrebbe dovuto unire attraverso dei semplici legami di dipendenza, altri regni autonomi. Il primo passo lappoggio determinante, tramite gli ecclesiastici, alla candidatura di Ugo Capeto, primo cugino di Ottone II, nel 987 al trono dei Franchi occidentali, che avrebbe posto fine alla contesa per la Lorena, garantito la pace a occidente ed assicurato allimperatore un potente alleato.

    69. Ottone III e Gerberto di Aurillac Ottone III favorsce la nascita a oriente del regno slavo di Polonia, ove Boleslao (967-1025), figlio del capo tribale Miezsko, convertito al cristianesimo nel 966, gi Piast di Polanie, da cui il nome attribuito alla nuova nazione, assume il titolo di rex e fratello e collaboratore dellimpero, amico e alleato del popolo romano. Dopo la conversione al cristianesimo dei Magiari tra il 971 e il 991, e il loro stanziamento in Pannonia, Vajk, figlio di Geza, battezzato nel 979 con il nome di Stefano (969-1038), conquistata la supremazia sugli altri capi del suo popolo, viene incoronato come primo rex di Ungheria (Magyarorszag) nel 1001 e la unifica definitivamente nel 1006. Ottone III proclamato nuovo Carlo Magno e nuovo Costantino . A Roma sono eletti due papi legati allimperatore, prima Gregorio V (996-999) e poi lo stesso Gerberto di Aurillac, che prende il nome di Silvestro II (997-1003), che ha il proposito di attuare una seria riforma della Chiesa.

    70. Enrico II Laristocrazia romana nel 1001 provoca uninsurrezione e la cacciata del papa e dellimperatore, che muore lanno seguente, in un vano tentativo di riuscire a rientrare a Roma. Il suo successore Enrico II (973-1024) abbandona il programma della monarchia universale per dedicarsi quasi esclusivamente alla Germania. Per tutelarsi dal potere della grande aristocrazia laica, continua nella politica di stretta alleanza con vescovi e abati avviata da Ottone I, intervenendo nelle loro elezioni e utilizzandoli ampiamente nella propria amministrazione. Enrico sconfigge il rex di Italia Arduino di Ivrea ed ottiene la corona imperiale nel 1014, ma non riesce a sottomettere del tutto la nobilt laica. Lautorit imperiale, ridotta in Italia ad una supremazia territoriale sporadicamente esercitata, incapace di garantire tanto unamministrazione ed una giustizia uniforme, quanto la pace tra i signori locali.

    71. LEuropa intorno allanno 1000 (Barraclough, 1976) Intorno al 1000, nessun re discende ormai pi dalla famiglia di Carlo Magno, anche se in molti si sforzano di prolungare nelle forme la tradizione carolingia, da cui la societ si allontana progressivamente; cento anni dopo la morte di Carlo, la situazione era totalmente cambiata, le strutture politiche irreversibilmente mutate. I singoli stati europei si andavano cristallizzando, la carta dEuropa cominciava ad assumere un aspetto chiaramente moderno ci che sopravvive delle istituzioni carolinge sono degli elementi isolati, inseriti in un altro contesto e usati per finalit nuove e diverse

    72. LEuropa intorno allanno 1000

    73. La societ dei tre ordini Il vescovo Adalbron di Laon (947-1031),nipote dellomonimo arcivescovo di Reims,che aveva favorito lelezione al trono di Ugo Capeto, e figlio del comes Raniero di Bastogne, si impone come uno dei pi importanti teorici dellordine sociale e politico dellOccidente cristiano, sulla scorta degli insegnamenti ricevuti dal suo maestro Gerberto di Aurillac. Adalbron scrive nel 1016 al re di Francia Roberto il Pio (972-1031) che la casa di Dio divisa in tre: chi prega (oratores), chi combatte (bellatores) e chi lavora (lavoratores). E lo schema della societ tripartita, che gi da alcuni secoli corrispondeva allordinamento della societ occidentale. E una potente rappresentazione sociale del mondo creato dallascrittivit medioevale,in cui gli uomini non sono uguali. Rispecchia altres la tripartizione funzionale, 1. sacrale e giuridica, 2. guerriera e 3. produttiva, proposta da Georges Dumzil (1958), come fondamento primordiale e apparentemente immutabile, delle popolazioni indoeuropee.

    74. Gli oratores Sono suddivisi nel gruppo dei chierici, destinato alla cura pastorale ed inquadrato dallepiscopato, e in quello dei monaci, imperniato prima sullautonomia delle grandi abbazie e poi di vasti raggruppamenti monastici. Nella generale disgregazione post-carolingia, le Chiese svolgono un ruolo di primo piano a livello istituzionale. Una pluralit di orientamenti religiosi concorrenti, con corpi di consuetudini diverse, si sviluppa allinterno di una cultura ecclesiastica ufficiale, organizzata allinterno delle scuole canonicali e monastiche, permeata da una vigorosa tradizione di regole, destinate a disciplinare ogni aspetto della vita individuale e sociale. Un esempio di centro ecclesiastico di grande influenza culturale e politica quello dellabbazia benedettina di Cluny in Borgogna. Fondata nel 910 dal duca di Aquitania, ottiene lautorizzazione papale a porre sotto la propria autorit tutti i monasteri che avrebbero accettato lordo Cluniacensis, vale a dire il modo cluniacense di interpretare la Regula monastica benedettina.

    75. I bellatores Sono i milites, gli uomini autorizzati a portare in permanenza le armi, eredi degli antrustiones merovingi e carolingi. Rientrano nella rappresentazione condivisa presso tutti i principali popoli europei del cavaliere pesantemente armato, capace di temibili cariche in massa e grande valore individuale. uomo darmi e cavaliere erano diventati spesso sinonimi, da quando, nel corso del X secolo, la fanteria aveva assunto una funzione sempre meno rilevante nel combattimento. Erano cavalieri quei possessori di fondi che, oltre a disporre del denaro necessario allacquisto del cavallo e dellarmatura, potevano permettersi di non dedicarsi personalmente alla gestione delle terre proprie o ricevute in beneficio e di impiegare il proprio tempo nellallenamento e nelle spedizioni militari.

    76. Listituzione della cavalleria (Comba, 1980) I bellatores sono uomini di condizioni sociali tra loro molto diverse, dal membro della nobilitas con beneficia e titoli ducali, marchionali o comitali, eventualmente possessore di un castello e persino titolare del potere di banno e di districtus, fino ai semplici vassi di possibilit modeste, che prendevano dimora presso la residenza fortificata di un signore, verso cui si impegnavano al servitium. A partire dal X secolo ha inizio un processo di avvicinamento ideologico tra i vari strati dellaristocrazia militare attraverso limportanza crescente che assumevano lingresso nella cavalleria, la cerimonia della vestizione e la consegna delle armi. Anche i cavalieri pi umili si appropriano delle distinzioni che, come luso del titolo di dominus e di uno stemma di famiglia e come la residenza in una casa fortificata, erano riservate un tempo ai soli possessori di castelli.

    77. Listituzione della cavalleria (Comba, 1980) Tutto questo divenne possibile perch si diffuse un modello di comportamento cavalleresco attorno a cui si cristallizz la coscienza dellintera classe. Tale modello, formatosi nellambiente ecclesiastico del regno franco occidentale, sarebbe scaturito dallesigenza di promuovere, di fronte al disfacimento del potere regio e al crescere delle violenze, talora perpetrate dagli stessi domini e milites, un ideale del cavaliere come difensore dei deboli, cio delle chiese, dei poveri, degli orfani e delle vedove, e come combattente per la difesa e lespansione della cristianit. Questa concezione sarebbe stata peraltro favorita nei secoli successivi dalle crociate in Terra Santa e con listituzione degli ordini religioso-militari.

    78. I laboratores Sono in gran parte contadini di diverse condizioni economiche, da quelli che coltivano terre allodiali, di loro piena propriet, ad altri che hanno terre in concessione, ad altri ancora che lavorano in fondi di propriet di un signore. Llite del mondo rurale costituita da un ristretto ceto di possessori non nobili, meglio dotati di terre e dai ministeriales, agenti di grandi proprietari fondiari, cui il signore affidava la vigilanza e lorganizzazione di singoli complessi fondiari, compensandoli con una parte delle rendite che erano incaricati di percepire. la ministerialit soprattutto in Germania,acquisisce unimportante funzione sia amministrativa, che militare. Tra lXI e il XIII secolo si verifica un duplice processo: 1) cresce nelle citt il numero e limportanza economica ed anche politica dei lavoratori dediti ad attivit artigianali e commerciali, sempre pi differenziati socialmente; 2) nelle campagne si assiste allopposto ad una progressiva unificazione delle condizioni giuridiche e sociali nellambito della signoria locale. (Comba, 1980)

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