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Corso per esperta in orientamento per le pari opportunità

Corso per esperta in orientamento per le pari opportunità. Counseling di supporto. Fasi del colloquio. Fase iniziale: introdurre il soggetto alle finalità del colloquio motivandolo adeguatamente.

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Corso per esperta in orientamento per le pari opportunità

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Presentation Transcript


  1. Corso per esperta in orientamento per le pari opportunità Counseling di supporto

  2. Fasi del colloquio • Fase iniziale: introdurre il soggetto alle finalità del colloquio motivandolo adeguatamente. • Riconoscimento: chiarificazione ed esplicitazione degli specifici ruoli. Presentazione reciproca di entrambi è parte integrante di questa fase. • Spiegare le finalità del colloquio (non fino a quando non si sia creata un’atmosfera e una conoscenza reciproca sufficienti).

  3. Fase centrale: acquisizione del processo di conoscenza nel contesto nel contesto della relazione che si instaura tra counselor e cliente. • Fase finale: restituzione al soggetto, cogliere qualche aspetto di ciò che il soggetto ha raccontato che consenta di riprendere le problematiche che sono state l’oggetto del colloquio (feedback – essere stato ascoltato)

  4. Il percorso di consulenza considera tre oggetti: sé – formazione – lavoro • Aree da indagare: • Esplorazione del rapporto tra la persona e la propria esperienza formativa • Immagine di sé e analisi dl potenziale individuale in funzione del progetto

  5. Rapporto tra la persona e la propria esperienza formativa • Raccolta di informazioni relative all’utente • Dati oggettivi – anamnesi • Richiesta del motivo della consultazione • Esplorazione delle cause attribuite alla richiesta • Sollecitazione ad esplicitare il proprio punto di vista rispetto a: • Rappresentazione del percorso di formazione • Vissuti legati al percorso di formazione

  6. Le domande • Cercare di ottenere informazione facendo parlare l’interlocutore. • Funzioni: • focalizzano l’attenzione sull’oggetto della domanda e lo sottolineano agli occhi dell’interlocutore. → ciò che si chiede è importante

  7. Mettono in rilievo possibili nessi tra i vari aspetti di una situazione Ha fatto l’esame? No, non sono riuscito a svegliarmi in tempo Dove erano i suoi genitori? • Creano connessioni tra varie arie tematiche se nella successione in cui sono poste vengono abbinate: Quando ha deciso di iscriversi all’università? E cosa ne pensavano i suoi?

  8. Presentano una concezione della realtà, possono orientare sulla causa, o sullo scopo, o sul modo • Definiscono o spostano il punto di osservazione dal generale al particolare o viceversa ... Questo mi succede sempre Soprattutto quando?

  9. Porre delle domande significa stabilire una sorta di “punteggiatura” dell’interazione, e spesso una domanda è il veicolo per un cambiamento di argomento, di distanza interpersonale, di clima interattivo. → cambiamento della modalità comunicativa

  10. È opportuno intervenire ponendo delle domande per: • Supplire all’incapacità del soggetto di mettere a fuoco una determinata questione, tendenza a divagare o andare fuori tema; • Attraversare la “cortina fumogena” con cui un soggetto protegge l’area che è più difficile portare allo scoperto. → d. discriminante

  11. Fermare il “nastro preregistrato” come modalità di produzione verbale, basata su mitologie familiari o personali, su opinioni o interpretazioni più che su una accurata ricerca e analisi di fatti • Arginare il flusso verbale usato come riempimento dello spazio interpersonale, in tal caso le parole non significano tanto per il loro contenuto quanto per la funzione di legame che svolgono nell’interazione

  12. Differenziare il problema dalle eventuali risorse, → cambio di prospettiva e di rappresentazione personale. • Domanda come risposta al silenzio...

  13. È utile sempre chiedersi se la domanda che si sta facendo è realmente necessaria per acquisire informazioni non conosciute, oppure serve per nascondere un’affermazione che non ci si sente di fare. è l’altro a dover dire quello che stiamo pensando? O gli stiamo suggerendo di pensarlo? Quando il soggetto avverte che il conduttore si aspetta o desidera una certa risposta, il colloquio rischia di essere influenzato pesantemente... Meglio aprire un confronto!

  14. Regole della domanda • Porre una domanda per volta, e in maniera chiara. Domande che contengono più parti creano confusione e portano il soggetto a scegliere di rispondere solo parzialmente. • Evitare valutazioni o connotazioni che possono condizionare la risposta del soggetto • Utilizzare quanto il soggetto va verbalizzando per agganciare domande che si rifanno a temi da sondare. Ciò facilita una modalità di scambio più naturale “naturale” e meno inquisitorio.

  15. Quando un tema risulta poco chiaro, non ben sondato o solo accennato dal soggetto è preferibile rilanciare subito piuttosto rimandare. Ciò costituisce un segnale di ascolto, ed evita di tornare su argomenti tra loro connessi in momenti distanti del colloquio, cosa che obbliga il soggetto ad aprire “porte” già chiuse con possibili vissuti di fastidio.

  16. Rilancio: • Ripresa del contenuto che interessa approfondire Mi può spiegare... Provi a raccontarmi qualcosa di più... • Specchio, ripetizione di un’intera frase enunciata dal soggetto, soffermandosi ad attendere che il soggetto riparta e aggiunga altro • Proposta di una sintesi delle ultime cose dette

  17. Il silenzio • La situazione del colloquio può essere vissuta come ansiogena e accentuare la tendenza alla copertura. Questo atteggiamento può essere anche una modalità difensiva radicata e inconsapevole che si traducono in una sorta di imbrigliamento nell’espressione di sé.

  18. Il silenzio • Le pause possono acquistare un significato molto importante all’interno di un colloquio. • Il silenzio fa parte della comunicazione verbale (come pausa: riflessione, difesa, resistenza, difficoltà, imbarazzo, opposizione, incapacità di opporsi) e accentua il valore della comunicazione non verbale. • Importanza di riconoscere il senso del silenzio in quel preciso momento (timing)

  19. silenzio come... • Momento iniziale: difficoltà, imbarazzo, incapacità ad aprirsi e svelarsi possono tradursi in silenzio soprattutto nei primi incontri, quando non si è ancora stabilita una relazione sufficientemente solida

  20. silenzio come... • Momento di riflessione: di fronte ad una problematica che sta affrontando il soggetto ha bisogno di fermare il flusso delle parole per “pensarci su”. È un momento emotivo nel quale le problematiche vengono riordinate, sistematizzate, ridefinite, alla ricerca di soluzioni nuove. • Momento di vuoto, sentire di aver esaurito l’argomento e non aver altro da dire

  21. silenzio come... • Fase in cui un soggetto prova emozioni, sentimenti e fantasie che per il solo fatto di essere esperite e percepite arrestano il flusso discorsivo della persona • Momento di opposizione o resistenza al colloquio o alla sua prosecuzione, il soggetto non vuole partecipare al colloquio e adotta un atteggiamento di aggressività passiva.

  22. Anche il silenzio del conduttore può essere un modo per incoraggiare la comunicazione, ma bisogna distinguere il tipo di silenzio dell’utente. • Il silenzio è una tecnica ambigua, poiché non fornisce al soggetto alcuna indicazione su cosa si vuole, col rischio di aumentare l’ansia.

  23. Il silenzio del conduttore può rappresentare ad un estremo una modalità di ascolto empatico e all’altro una modalità difensiva rispetto a quanto ascoltato.

  24. COUNSELING UNIVERSITARIO • L’università è un momento fondamentale del percorso evolutivo, in cui si istituisce il cammino verso una sempre maggiore individuazione e verso la definizione del progetto di sé come giovane adulto. Questa esperienza di passaggio formativo verso la realizzazione di sé, può essere costellata da momenti episodici e/o ricorrenti di difficoltà e di incertezze personali, il cui superamento mette alla prova le risorse e i limiti di ogni studente. • La consapevolezza della “complessità” di questa dimensione ha portato l’Ateneo di Palermo, già negli anni 70 a sperimentare un servizio di consultazione per gli studenti, presso il centro che allora si chiamava “Servizio Universitario di Medicina Preventiva” e successivamente alla nascita del Servizio di Orientamento Scolastico e Professionale.

  25. COT, pre-universitario: • Informazione sui servizi • Informazioni sui percorsi formativi • Informazioni sulle modalità di iscrizione • COT intra-universiatario: • Tutoraggio: monitorare e contenere il fenomeno della dispersione • Servizio di counseling • COT post-uniersitario: • Informazione sulle possibilità di prosecuzione studi • Opportunità di stage e tirocinio • Opportunità di effettuare un’esperienza all’estero

  26. counseling • Il servizio di counselling si propone di: offrire uno spazio di ascolto, sostegno, visualizzazione e chiarificazione rispetto a disagi, dubbi e difficoltà che possono insorgere e, a volte, interferire nel percorso universitario, attraverso l’individuazione di strategie idonee a fronteggiarli e gestirli; istituire un luogo dove la sofferenza psicologica avvertita in maniera confusa e non espressa possa trovare accoglimento e sguardo; stimolare nello studente la consapevolezza delle proprie risorse e competenze riattivando la propria progettualità.

  27. Nella cornice dell’obiettivo generale della riduzione della dispersione universitaria attraverso la possibilità di favorire il benessere e supportare la persona nella sua globalità, il Servizio di counselling si pone i seguenti obiettivi specifici:

  28. offrire agli studenti l’opportunità di consultare counsellor per affrontare difficoltà personali e relazionali incontrate nel percorso di formazione universitaria; • creare uno spazio di ascolto e chiarificazione personale; • rendere possibile l’individuazione di strategie idonee a fronteggiare e gestire disagi personali e difficoltà nel percorso dell’esperienza universitaria; • promuovere e rinforzare le capacità autonome di scelta e di adattamento dello studente; • fare in modo che la sofferenza psicologica, avvertita in maniera confusa e non espressa, possa trovare uno spazio di accoglimento e di sguardo per non assumere connotazioni patologiche o, quando queste fossero già presenti, • facilitare l’emergere di una domanda più consapevole di aiuto.

  29. Il Servizio di counselling psicologico è operativo da gennaio 2003, nelle 240 richieste di consultazione, si registra una forte prevalenza di quelle che provengono da femmine: 176, corrispondenti al 73,33%, contro 64 maschi, corrispondenti al 26,66% dei richiedenti.

  30. sembrano esserci tre momenti nei quali la richiesta di consultazione è più frequente: la prima, intorno a 21 anni, riguarda il periodo iniziale del percorso universitario; la seconda, intorno ai 25 anni, sembra riferirsi al momento della conclusione degli studi; la terza, riguarda gli studenti “più anziani”, cioè coloro i quali non sono riusciti a concludere in un arco di tempo

  31. La distribuzione in base alla provenienza degli utenti mostra una forte presenza di “fuori sede”, per la maggior parte provenienti da province della regione Sicilia. È legittimo aspettarsi che per questi studenti il tema dell’impatto con un contesto del tutto nuovo, anche come ambiente urbano, oltre che luogo distante da quello della famiglia e delle origini, costituisca un’esperienza che espone a un maggior potenziale di fatica nell’adattamento e nell’orientamento.

  32. le Facoltà di Scienze della Formazione e di Lettere siano quelle dalle quali si registra una maggiore provenienza relativa, mentre Giurisprudenza e Architettura fanno registrare le provenienze relativamente più basse.

  33. domande d’aiuto rispetto a problemi legati alla complessità del rapporto con il mondo universitario e che si concretizzano in • ansie da prestazione, • messa in discussione delle proprie scelte, • senso di inadeguatezza, • difficoltà relazionali, • vissuti di fallimento • angosce sul proprio futuro, che trovano sintomatico compromesso in blocchi ed impasse. Ma, spesso, l’utente porta un disagio più invasivo che investe l’intera rappresentazione di sé e lo costringe dentro la morsa di una confusione dilagante o, peggio, di agiti invalidanti o a vari livelli autolesivi.

  34. 44% – Disagi riferiti direttamente all’adattamento ed al rendimento nel percorso universitario • 41% - Disagi psico-sociali non specificamente riferiti al contesto universitario • 15% - Disturbi psicologici clinicamente diagnosticabili

  35. Disagi riferiti direttamente all’adattamentoed al rendimento nel percorso universitario • Difficoltà adattamento al contesto universitario • Blocco agli esami • Ansia rispetto agli esami • Difficoltà nel rendimento agli esami • Confusione sulla scelta di studi • Demotivazione allo studio • Difficoltà di apprendimento • Difficoltà di concentrazione nello studio

  36. Disagi psico-sociali non specificamenteriferiti al contesto universitario • Problematiche legate alla costruzione dell’identità • Problematiche socio-relazionali • Problematiche relazionali familiari • Problematiche relazionali affettive • Comportamenti aggressivi e/o autolesivi • Difficoltà ad elaborare eventi traumatici • Problemi legati alla percezione di sé • Abuso e molestie sessuali • Problemi di identità sessuale

  37. La relazione di consultazione psicologica si pone come il luogo dedicato ad una focalizzazione e riflessione sui nodi dell’esperienza della persona che sostengono l’impasse o il disagio dello studente. Attraverso la relazione con il counsellor tali nodi possono essere espressi, esplorati e identificati; allo stesso tempo lo studente potrà individuare le risorse di cui dispone e i propri limiti in funzione di un superamento della condizione di disagio individuata.

  38. dietro il sintomo posto in figura, che rappresenta l’obbiettivo focale del counselling, il counsellor può facilitare una attenta e delicata visualizzazione di uno sfondo in cui sono facilmente evidenziabili i legami con le proprie storie e i propri difficili incastri relazionali o la complessa e ambigua danza tra spinte all’autonomia e potere dei vincoli affettivi. Visualizzazione che, ovviamente, deve tener conto della brevità e della specificità dell’intervento che deve focalizzare l’attenzione su ciò che appare in figura.

  39. il più delle volte l’intervento di counselling, basta per sbloccare situazioni impantananti e dolorose che fanno parte di quei momenti fisiologici di crisi e di sguardo problematico su se stessi che naturalmente accompagnano il processo di individuazione e costruzione di un’identità adulta

  40. Lo spazio del counselling trova pertanto la sua specificità nella possibilità, che si traduce in obiettivo, di mettere insieme i pezzi di un puzzle che l’utente confusamente porta, spesso senza neanche la consapevolezza che di frammenti si tratti. Sono infatti pezzi di storia, stralci aneddotici, vissuti, agiti, frammenti diaristici che si dipanano a partire da un aggrovigliamento iniziale o da un “pezzettino” (“sintomo” o vissuto problematico) messo in posizione di avamposto.

  41. Spesso lo studente si presenta adducendo svogliatezza, difficoltà di applicazione, incapacità di memorizzare, parlandone come di difficoltà indefinibili rispetto all’origine (non so perché mi succede), o, al contrario, definendole come chiaro esito di un evento o di una situazione critica (mi succede da quando…; mi succede perché…).

  42. Nella prima situazione (non so perché mi succede), in genere, la difficoltà “inspiegabile” appare distonica rispetto ad una descrizione di sé-studente sostanzialmente adeguata fino a tempi molto recenti (la persona è in regola con gli esami, magari li ha superati fino all’ultima sessione utile, non di rado con votazioni ottime). Nel colloquio, si presenta un vacuum di spiegazioni/connessioni plausibili; lo psicologo sente indirizzare su di sé un’impropria delega di ricerca di senso, e insieme vede rigettata ogni ipotesi di connessione e di significato. La fatica del dialogo intersoggettivo è palpabile e il counsellor ha la sensazione di non riuscire: a pensare, a tenere a mente, ad associare.

  43. Quando il “non riuscire a studiare” è presentato come esito di un evento o di una situazione critica, è comune l’emergere veloce, nel dialogo, di narrazioni fortemente razionalizzate, e di rigide e lineari attribuzioni di responsabilità e colpe, a persone o ad eventi. La tonalità emotiva oscilla prevalentemente tra rabbia impotente e inconsolabilità depressiva. Chi ascolta è colpito dall’assenza di dubbio, di incertezza, dall’impossibilità o difficoltà della persona di riflettere su domande di allargamento, di connessione, in genere rifiutate o distorte nel loro significato.

  44. L’esperienza del periodo universitario dunque, sotto questo punto di vista, non è semplicemente un periodo di “spensieratezza goliardica” ma è un momento decisivo e problematico del passaggio verso la società degli adulti e del lavoro, verso tappe culminanti della individuazione e realizzazione di sé, non soltanto attraverso la formazione dell’identità e competenza professionale, bensì più ampiamente, tramite più o meno profonde rivisitazioni delle relazioni con la famiglia e con i gruppi di appartenenza precedenti, tramite la verifica di esiti di scelte ed aspettative in parte autonome ed in parte provenienti dagli altri

  45. Questa fase evolutiva può essere anche più complessa per gli studenti fuori-sede: essi, infatti, lasciando il proprio ambiente, la propria famiglia e i propri amici, vanno incontro a sentimenti di perdita e disorientamento che rendono più difficile e faticosa l’integrazione nel nuovo ambiente e nell’istituzione universitaria immersa in un contesto territoriale lontano dal proprio luogo di appartenenza sia in termini fisici che in termini culturali ed ideologici, interferendo, quindi, con la formazione del sentimento di continuità del sé, fondamentale per l’acquisizione di un’identità stabile

  46. la condizione di fuori sede è il tempo sospeso del viaggio, è la provvisorietà dell’incontro, è la vertigine di una libertà sconosciuta, è l’esenzione da obblighi e pesantezze, è il rimandare all’infinito il fare, è l’innocuità di una realtà guardata fuori dal finestrino. È, al tempo stesso, l’estraniamento del vivere in una terra di nessuno, della mancanza di confini, della perdita dei riferimenti abituali, dell’impotenza e dell’incapacità, del sentirsi invisibili (ibidem).

  47. Ciò che contraddistingue invece, la condizione dello studente fuori-sede da quella dei coetanei la cui adolescenza si protrae, parimenti, fino alle soglie della maturità, è, in primo luogo, l’apparente svincolo legato alla distanza materiale dalla famiglia d’origine; in secondo luogo la permanenza prolungata e senza un termine certo in un luogo definito dalla non appartenenza e la distanza, non solo chilometrica, tra i due mondi: quello di provenienza e quello di studio e di vita quotidiana (problematica precedentemente descritta).

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