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Biodiversità e Miglioramento Genetico dei Cereali

Biodiversità e Miglioramento Genetico dei Cereali. Domenico Bagnara. Biodiversità come fonte di nuove specie agrarie. Inventario delle specie vegetali: a) attualmente conosciute - 10.000 cereali - 18.000 leguminose 1.500 funghi commestibili 60.000 specie medicinali

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Biodiversità e Miglioramento Genetico dei Cereali

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Presentation Transcript


  1. Biodiversità e Miglioramento Genetico dei Cereali Domenico Bagnara

  2. Biodiversità come fonte di nuove specie agrarie Inventario delle specie vegetali: a) attualmente conosciute - 10.000 cereali - 18.000 leguminose • 1.500 funghi commestibili • 60.000 specie medicinali • 3.000 specie con poteri contraccettivi • 2.000 specie con poteri insetticidi • 3.000 specie di frutta tropicali b) coltivate su scala commerciale * 4 specie di frutta tropicale (banana, mango, ananas e papaya) * 7 cerali (frumento, riso, mais, sorgo, segale, avena) * 6 leguminose (fagiolo, pisello, soia, arachide, erba medica, trifogli)

  3. Biodiversità come fonte di nuove specie agrarie Con approccio trasversale: - Specie dotate di parti eduli (radici, foglie, fusto, semi, frutti) e già in qualche modo utilizzate: 20.000 • Specie attualmente capaci di alimentare l’umanità: 22 (frumento, mais e riso = 2/3, in termini calorici, della produzione alimentare mondiale) • Specie portate a buon livello di progresso agronomico: 100

  4. Biodiversità come fonte di nuove specie agrarie Specie potenzialmente interessanti (US National Research Council) • Amaranthus spp. • Voandzela subterranea (Bambara groundnut) • Chidoscolus spp. (chaya) • Jessenia polycarpa • Chenopodium pallidicaule (kaniwa) • Oxalis tuberosa (ocra) • Guilielma gasipaes (pejibaye) • Cajanus cajan • Chenopodium quinoa (quinoa) • Phaseolus acutifolius (fagiolo tepari) • Psophocarpus tetragonolobus (fagiolo alato)

  5. Mondo vegetale come fonte di risorse per soddisfare, oltre al fabbisogno di cibo, le esigenze più disparate. Si pensi alle possibili produzioni di: • energia • materiali da costruzione • amido da industria • farmaci • carburanti e lubrificanti (bioetanolo e biodiesel) • antiparassitari ecocompatibili (azadiractina, piretrine, quassia, rotenone, ecc.).

  6. Domesticazione, cerealicoltura nativa e “civiltà indigene” 1. Cerealicoltura nativa • Per frumento, orzo e segale, nasce con l’agricoltura circa 10.000 anni fa nella “mezzaluna fertile”, nel bacino tra Tigri ed Eufrate. • Analoghe evoluzioni per il riso, nel subcontinente indiano, e per il mais nelle Americhe, dal Messico al Perù, anche se in epoche successive. Domesticazione preferenziale dei cereali • legata anche ad alcune loro caratteristiche. • La facile conservazione delle cariossidi favorisce la costituzione di insediamenti umani e lo stabilirsi di una società. L’Australia, unico continente a non aver ospitato una “civiltà indigena”, è anche l’unico a non aver avuto una cerealicoltura nativa.

  7. Domesticazione, cerealicoltura nativa e “civiltà indigene” 2. Tra le caratteristiche che hanno favorito la domesticazione: • una maggior plasticità genetica (più vasta generazione di variabilità genetica), • un migliore adattamento alla variabilità ambientale, • una più rapida risposta alla selezione umana, e quindi • una più rapida utilizzabilità delle specie • nei cereali, particolarmente significativa la perdita del carattere “shattering” • In epoche seguenti alla domesticazione, tuttavia, e fino al moderno miglioramento genetico (anni 20-30-40), rese produttive delle specie domesticate per lo più costanti

  8. Tema del giorno:Miglioramento genetico dei vegetali utilizzando la loro biodiversità • Ma perché è opportuno incrementare e migliorare la produzione dei cereali (piante alimentari in genere)? • Come si concilia tale incremento con i rischi ambientaliconnessi o probabili? • Può aversi una risposta considerando l’attuale e futura disponibilità di alimenti. • Tre fattori principali giocano a rendere sufficienti o insufficienti le scorte alimentari disponibili: • incrementi demografici continui, e previsti fino a metà del XXI secolo • sprechi alimentari, attualmente colossali presso le società più ricche ed evolute, dove possono raggiungere il 50% del cibo acquistato; • indisponibilità di mezzi economici adeguati, sia per l’acquisto diretto di scorte alimentari da parte di paesi o individui, sia per l’acquisizione di mezzi di produzione (fertilizzanti, antiparassitari, acqua per irrigazione, ecc.).

  9. La bilancia alimentare A- Fabbisogni e carenze alimentari globali ____________________________________________________________________________________________________ Inizio anni ’902009 * Numero affamati 800 milioni più di 1 miliardo * Numero morti 30 milioni per malnutrizione (90 milioni se si considerano le malattie indotte) ________________________________________________________________ B- Obiettivi da raggiungere * Dimezzamento del numero di affamati2030 (slittato dal 2010) * Eradicazione della famecirca 2050 * (raggiungimento del picco di popolazione mondiale: 10 miliardi)

  10. In somma: • Vi è, e vi sarà in misura crescenteper lunghi decenni a venire, un forte squilibrio fra disponibilità e fabbisogno di cibo. • E’ questa una drammatica realtà che chiunque voglia discettare sull’opportunità o meno di accrescere la produzione di derrate alimentari dovrà considerare, prima di emettere critiche e verdetti. _________________________________________

  11. Come elevare la produzione di cibo ______________________________________________________________________________________________________________________ • In teoria, due vie percorribili: • estensione della superficie coltivabile • incremento della produttività (produzione per ettaro) • Prima opzione da tempo non più praticabile. La superficie mondiale di terre arabili si sta in realtà riducendo, a causa di diversi fattori, quali: • urbanizzazione sempre più estesa (case, strade, canali, ecc.) • desertificazione; • erosione • degrado dei suoli (salinizzazione, mineralizzazione, ecc.) • L’acquisizione di altre terre agricole mediante deforestazione è improponibile (non sostenibile) • Ineluttabilmente, la sola via per incrementare, come necessario, la produzione di alimenti è quella di accrescere la produttività delle specie agrarie.

  12. I FONDAMENTI DEL PROGRESSO PRODUTTIVO 1. • Dopo secoli di stasi, a partire dagli anni ‘30-’40 la produttività delle più importanti specie domesticate ha fatto registrare incrementi considerevoli, che continuano ancora. • Essi sono ascrivibili a progressi paralleli nella genetica e nelle agro-tecnologie. • Concentrazione su una delle tre principali specie di cereali (2/3 del fabbisogno calorico dell’umanità): il frumento

  13. I FONDAMENTI DEL PROGRESSO PRODUTTIVO 2. • La selezione genetica presuppone l’esistenza e disponibilità di variabilità genetica, o “biodiversità”, di opportuna qualità. • I fenotipi (genotipi) più idonei vengono scelti (“selezionati”) per la riproduzione. • Nel passato, tale selezione era esercitata da parte degli agricoltori. • Successivamente, è stata praticata da parte di figure più specializzate, i genetisti agrari, che dopo tentativi ripetuti e più o meno laboriosi, giungono a costituire nuove forme (“varietà”) migliorate, coltivate con più successo dagli agricoltori.

  14. PROGRESSO PRODUTTIVO NEI FRUMENTI 1. • N. Strampelli, genetista italiano, introduce negli anni ’20 la varietà di frumento giapponese Akagomuki, e la ibrida con diverse varietà italiane ed europee. • Akagomuki “porta in dote” geni per bassa taglia e per fotoinsensibilità. Effetti positivi su resistenza all’allettamento e sulla precocità di maturazione. • Il grano “Ardito”, capostipite di una serie di nuove varietà. • Aumenti di produttività di quasi il 100% e affrancamento da onerosissime importazioni (“Battaglia del Grano”)

  15. PROGRESSO PRODUTTIVO NEI FRUMENTI 2. • Nel secondo dopoguerra, l’americano Borlaug in Messico introduce nei programmi di ibridazione e miglioramento dei frumenti un’altra serie di geni per bassa taglia, ancora di origine giapponese (“Norin 10” ed altri). • Le varietà a taglia bassa che ne derivano sono ad untempo resistenti all’allettamento e alle ruggini. • Risultati: 1 kg di azoto somministrato, che determinava un incremento produttivo di 3 kg. nelle vecchie varietà, ne determina uno di 10 kg nelle nuove varietà.

  16. LA “RIVOLUZIONE VERDE” 1. _________________________________________________ • Le nuove varietà che scaturiscono dal lavoro di Borlaug ed altri dànno l’avvio alla cosiddetta “rivoluzione verde”, che si espande negli anni ’60 in Asia, America Latina, Vicino Oriente, su una superficie di più di 25 milioni di ettari (1886). • Tale espansione, tuttavia, è condizionata dalla disponibilità di una serie di fattori, quali: • acqua per irrigazione • capacità professionale • capitali per l’acquisto di mezzi di produzione • terre fertili • La frequente indisponibilità di uno o più di tali fattori limita l’ulteriore espansione della rivoluzione verde.

  17. LA “RIVOLUZIONE VERDE” 2. • Polemiche accese si sono consumate a posteriori circa la bontà o meno della “rivoluzione verde”. • Come molte imprese umane, la rivoluzione verde non è stata esente da errori o impatti ambientali sfavorevoli, questi ultimi derivati dall’impiego di “chemicals”, eccesso di irrigazione, o perdite di biodiversità. • Gli stessi impatti, e le stesse perdite, che caratterizzavano nello stesso periodo la coltivazione di frumenti con le stesse caratteristiche in Europa. • Sull’altro piatto della bilancia sono da mettere però i circa 500 milioni di abitantiin molti paesi in via di sviluppo, sottratti alla fame grazie alle più elevate disponibilità di cibo realizzate con la rivoluzione verde

  18. IL FUTURO 1. • Il problema vero, la sfida, diventa quindi quello di realizzare produzioni più elevate secondo procedure in genere più sostenibili • Si lavorerà per costituire nuove varietà adatte ad una agricoltura a basso impiego di energia (fertilizzanti, carburanti, erbicidi, antiparassitari), quindi: - a basso costo e - a ridotto impatto ambientale

  19. IL FUTURO 2. Per soddisfare tali esigenze, i genetisti realizzeranno genotipi certamente più produttivi, ma anche: • resistenti a malattie ed insetti (ridotto o nullo impiego di antiparassitari); • migliori utilizzatori degli elementi fertilizzanti presenti nel terreno (meno concimi chimici); • a minor consumo di acqua per unità di granella prodotta (meno irrigazione) • ad elevato rapporto granella/paglia, a parità di sostanza secca prodotta • di buona qualità, sia dietetica, sia ai fini della trasformazione e conservazione.

  20. Da quanto precede, discende che in nessuna specie agraria, vegetale o animale, sarebbe possibile selezionare tipi progressivi, se la specie stessa non esibisse una variabilità genetica ad un tempo adeguata e qualificata. • Come si è generata la variabilità che è sotto i nostri occhi, e come se ne genererà altra in futuro? Molto in breve, le forze che entrano in gioco sono le seguenti: • A) Ricombinazione genetica, che può essere: • ricombinazione meiotica, durante il processo (meiosi) che porta alla formazione dei gameti), quando c’è scambio di materiale genetico tra cromosomi omologhi, oppure, anche se con frequenza assai più limitata, • tra cellule somatiche (ricombinazione somatica) Genesi della variabilità genetica (biodiversità) nei cereali

  21. Genesi della variabilità genetica (biodiversità) nei cereali 2. B. Mutazione, nelle sue varie forme: a) mutazione genomica (poliploidia, aploidia, aneuploidia); b) mutazione cromosomica (delezioni, duplicazioni, inversioni, trasposizioni) c) mutazione genica. Seppure con frequenze assai diverse, i geni stessi vanno incontro a processi di mutazione. d) La mutazione è un evento cellulare e può quindi insorgere sia in cellule della linea germinale sia in cellule somatiche.

  22. Genesi della variabilità genetica (biodiversità) nei cereali 3. Tutti i processi appena descritti hanno luogo in natura spontaneamente, ma possono anche essere determinati/accelerati dall’uomo, mediante l’uso di: • incroci intraspecifici, interspecifici, intergenerici • applicazione di mutageni fisici e chimici a cellule gametiche o somatiche • uso di poliploidizzanti • colture in vitro • ingegneria genetica (es: uso di Agrobacterium tumefaciens)

  23. Stato attuale della variabilità genetica nei cereali 1. • La biodiversità attualmente osservabile si è originata nel corso di millenni secondo i meccanismi sopra descritti. • Nei cereali, così come in ogni altra specie vegetale, domesticata o non, una visione non completa ma estremamente significativa dell’attuale biodiversità può aversi nei cosiddetti “centri di origine” delle diverse specie. • Essi sono aree geografiche in cui, in virtù di condizioni ambientali particolarmente favorevoli, si è formato e permane, per ogni specie, un numero assai elevato di forme diverse tra di loro. • Tra tali forme, i progenitori selvatici dei tipi attualmente coltivati, anche adesso particolarmente utili, in quanto portatori di caratteristiche importanti, come resistenze a malattie, a siccità, a freddo, ecc.

  24. Stato attuale della variabilità genetica nei cereali 2. • Si distinguono centri di origine primari e secondari. • Per i frumenti, l’orzo e l’avena, ad esempio, il centro di origine primario è stato l’Asia Minore. • Apparentemente, solo una manciata dell’immensa varietà di tipi ivi esistenti passarono in Egitto e in Europa. • Per i mais, il centro di origine è stato l’America tropicale. • Per le piante da tubero, la regione andina. • Per il riso, l’Asia.

  25. Stato attuale della variabilità genetica nei cereali 3. Alla diversità osservabile nei centri di origine, si somma quella originatasi successivamente in ogni areale in cui la specie è stata trasferita, sia da agenti naturali, sia dall’uomo a scopo di coltivazione. Tra i diversi cereali, particolarmente significative le differenze nel numero cromosomico aploide _______________________________________________________________ Cereale Numero cromosomico aploide (cellule gametiche) _______________________________________________________________ • Orzo 7 • Riso 12 • Mais 10 • Sorgo 10 • Grano 7, 14, 21 • Segale 7 • Avena 7, 14, 21

  26. Impiego della variabilità genetica nel miglioramento dei cereali • Circa 10.000 anni fa, passaggio dalle forme selvatiche a quelle coltivate mediante la domesticazione di tipi selvatici che l’uomo cominciò a coltivare e selezionare, passando da una vita nomade ad una sedentaria. • Tecniche sempre più avanzate di selezione e miglioramento hanno condotto all’attuale panorama varietale. • Come si può, sulla base della variabilità genetica disponibile, progredire ulteriormente verso forme ad un tempo più produttive e più rispettose dell’ambiente?

  27. Il caso del frumento duro __________________________________________________________________ • Il caso prescelto come esempio di impiego di variabilità genetica per il miglioramento di una specie è quello del frumento duro nell’areale di coltivazione dell’Italia centrale. • Il primo passo, come in qualsiasi programma di miglioramento, sarà l’elaborazione di un ideotipo, cioè un modello che si cercherà di realizzare, e che vedrà la confluenza nello stesso genotipo di tutte le caratteristiche che si vogliono presenti nelle nuove varietà. • Fondamentale: • non esistono ideotipi immutabili nei secoli. • essi variano col tempo in funzione di una serie di cambiamenti che possono intervenire a vari livelli: nuove tecniche agronomiche, esigenze di conservazione ambientale, disponibilità o meno di mezzi di produzione, evoluzione delle esigenze del mercato, sia alimentare, sia industriale.

  28. Il progetto di miglioramento del frumento duro 1. • La formulazione dell’ideotipo dovrà essere fatta con riferimento ad un nuovo concetto di agricoltura, decisamente più ecocompatibile, • Esso prevederà non una monocoltura (successione di cereale a cerale) ma un avvicendamento tra colture depauperatici, come i cereali, e colture miglioratrici (leguminose foraggere, come ad esempio il Trifolium subterraneum, o leguminose da granella, come ad esempio il cece, il lupino o il favino). • Tutte le leguminose sono specie azotofissatrici. Si evita in tal modo l’addizione di fertilizzanti azotati, sia alla leguminose per se, sia alle colture non leguminose che seguono nella successione colturale. • Oltre all’approccio agronomico, il miglioramento genetico può contribuire significativamente al raggiungimento di una serie di obiettivi previsti nell’ideotipo

  29. Il progetto di miglioramento del frumento duro 2. _________________________________________ Obiettivi fondamentali 1.efficienza di utilizzazione dell’azoto del terreno 2. controllo delle malerbe 3. resistenze a parassiti vegetali e animali 4. efficienza nell’utilizzazione dell’acqua 5. tolleranza agli stress ambientali (siccità, eccessi di calore e di freddo, ecc.)

  30. Progressi ottenuti in tempi recenti e in specie diverse nell’acquisizione di una migliore eco-compatibilità ed efficienza produttiva • * Più elevata fotosintesi per unità di superficie • più elevato indice fogliare per unità di superficie • * Minor uso di insetticidi ed erbicidi • maggior efficienza • miglior degradabilità • * Introduzione di insetticidi naturali • 20 g di piretroidi sostituiscono 2 kg di DDT nella protezione di un ettaro di coltura • * Introduzione di resistenze genetiche ai parassiti • *Sintesi diretta di insetticidi nelle piante mediante inclusione del gene codificante • gene per la codifica della tossina Bt e sua specificità (coleotteri e lepidotteri) • nessun danno per insetti benefici • * Migliore efficienza nell’uso dell’acqua - varietà moderne producono 95 kg di grano/mc di acqua, invece di 48 kg di grano/mc di acqua delle varietà tradizionali. _____________________________________________________________

  31. Il progetto di miglioramento del frumento duro 3. Efficienza nell’utilizzazione dell’azoto nel terreno • Vi è sufficiente variabilità genetica da permettere la selezione di linee di frumento che utilizzano meglio l’azoto nel terreno (miglior rapporto “fotosintati/N assorbito”), • Come prospettiva non immediata, v’è poi la costituzione di genotipi dicereali azotofissatori diretti (v. leguminose)

  32. Il progetto di miglioramento del frumento duro 4. Controllo malerbe _________________________________________________ • Nel quadro di un’agricoltura eco-compatibile, è il problema di più difficile soluzione. • I regolamenti UE prevedono, in caso di agricoltura biologica, l’eliminazione totale dell’uso degli erbicidi. • Tuttavia, non sono disponibili: - tecniche agronomiche valide, o - caratteristiche decisivamente vantaggiose da acquisire attraverso il miglioramento genetico.

  33. Il progetto di miglioramento del frumento duro 4. bis Controllo malerbe __________________________________________________________ In sede di miglioramento genetico, • Riscoperta e adozione di alcuni caratteri morfologici che, • In assenza di interventi di diserbo chimico, • In un contesto agronomiconon più “intensivo”, possono MIGLIORARE LA CAPACITA’ COMPETITIVA della pianta coltivata nei confronti delle malerbe. • Si va quindi verso un nuovo ideotipo, che può essere il seguente:

  34. Il progetto di miglioramento del frumento duro 4. ter Controllo malerbe Caratteri della pianta che sottraggono luce alle infestanti • germinazione rapida(elevata energia germinativa • abito vegetativo prostrato • copertura del terreno la più veloce e completa possibile; • accestimento vigoroso, moderatamente abbondante, coevo e capace di contribuire a coprire velocemente il terreno e competere con le erbe infestanti; • foglie corte, ma meno erette che nei tipi attuali. Sarebbero ideali lamine fogliari larghe ed orizzontali, per meglio intercettare la luce diretta verso gli strati inferiori della vegetazione e il terreno. Spesso, però, tali caratteristiche sono correlate a caratteri indesiderabili, quali: tardività, minor efficienza foto sintetica. • elevato numero di foglie, a tasso di emissione rapido;

  35. Il progetto di miglioramento del frumento duro 4. quater Controllo malerbe _________________________________________________ • taglia più altadelle attuali forme seminane, considerati i minori pericoli di allettamento a seguito di un minore o nullo apporto di fertilizzanti di sintesi. La resistenza all’allettamento sarà piuttosto assicurata da una • nuova struttura del culmo che preveda: a. basso numero di internodi (4-5); b. elevato rapporto “lunghezza ultimo internodo/lunghezza totale del culmo”; c. struttura elasticadell’ultimo internodo (contenuto in silice).

  36. Il progetto di miglioramento del frumento duro 5. Resistenze a parassiti vegetali e animali Obiettivo generale è giungere all’eliminazione dell’uso di anticrittogamici ed insetticidi inquinanti. A tal fine, si possono adottare: • Interventi agronomici, quali: • abbandono della monocoltura e reintroduzione dell’avvicendamento con leguminose • adozione della farmacopea ammessa dal Regolamento CEE sull’agricoltura biologica o, in prima battuta, dal Regolamento CEE 2078, oppure • Interventi di miglioramento genetico: • costituzione di linee resistenti o tolleranti ai parassiti. • A tale scopo un ruolo fondamentale hanno: il trasferimento di geni di resistenza da altre specie, in primis i progenitori selvatici. • Grande ruolo dell’ingegneria genetica che permette il trasferimento di geni puntuale e non generalizzato, e quindi unaenorme accelerazione nelle procedure. ______________________________________________________________________________________________________________________________________

  37. Il progetto di miglioramento del frumento duro 6. Tolleranza a stress ambientali • Stress di varia natura, intensità e durata, con effetti che si accavallano e si sommano, destabilizzando la produzione. Fra essi: • ritorni di freddo tardivi • carenze idriche • temperature elevate alla fioritura-riempitura e maturazione • Interventi possibili di miglioramento genetico: a)resistenza alle basse temperature (gelate) b) intensa crescita vegetativa nella stagione in cui le provviste idriche non sono limitanti, con rapida copertura del terreno (miglior intercezione luminosa, miglior fotosintesi, ostacolo alle malerbe, miglior ritenzione idrica da parte del suolo); c) abito vegetativo prostrato. Facilita anch’esso una copertura completa e rapida; d) inizio non precoce della differenziazione delle strutture riproduttive della spiga;

  38. Il progetto di miglioramento del frumento duro 6. bis Tolleranza a stress ambientali • e) pigmentazione fogliare intensa in inverno, ma attenuata in primavera. In tale fase, essa riflette parte della radiazione solare incidente, mantenendo più bassa la temperatura all’interno della vegetazione. Ciò permette di evitare fenomeni di fotoinibizione della fotosintesi e di ridurre la quantità d’acqua che le piante debbono traspirare per abbassare, appunto, tale temperatura. • f) valore massimo dell’harvest index. In caso di stress idrico e di deficit di fotosintati, favorisce la traslocazione alla granella delle riserve di fotosintati precedentemente accumulate nel culmo ed altre strutture vegetative (foglie ecc.); • g) fioritura precoce. Comporta uno svolgimento precoce sia della fecondazione sia della riempitura della cariosside. Due fasi estremamente sensibili agli eccessi di calore e alle deficienze idriche; • h) maturazione non tardiva, per raggiungere due obiettivi: periodo di riempitura della granella sufficientemente lungo, ma da concludersi prima che l’indisponibilità di acqua provochi danni.

  39. Il progetto di miglioramento del frumento duro 6. ter Tolleranza a stress ambientali • i) forte pubescenza degli organi aerei della pianta, per ostacolare la perdita di acqua nell’atmosfera; • l) presenza di reste. Favorisce una miglior radiazione in uscita e prolunga l’attività di produzione dei fotosintati. • m) preferenza a genotipi sensibili al fotoperiodo, per evitare vegetazione autunnale prolungata (con differenziazione di organi fiorali in epoca esposta a gelate) e per non consentire tale differenziazione prima che sia scomparso, a fine inverno, il pericolo di gelate tardive. __________________________________________________________

  40. Il progetto di miglioramento del frumento duro 7. Alcuni effetti pleiotropici in frumento duro Un gene può esprimersi al livello di più caratteri Effetti sulla selezione • foglie piccole, molte foglie • foglie piccole, molti culmi di accestimento • foglia a bandiera piccola, elevato tasso di fotosintesi • fioritura precoce, minor produzione di biomassa • stomi grandi, meno stomi • culmo lungo, maturazione tardiva • culmo lungo, minor “harvest index” • crescita rapida in autunno, minor resistenza al freddo

  41. - RILIEVI CONCLUSIVI E’ mortificante per chi ne tratta aver dovuto comprimere l’oggetto di questa presentazione a così pochi aspetti. Non sono stati illustrati argomenti di grande interesse culturale e applicativo quali: • le caratteristiche dei progenitori selvatici dei maggiori cereali domesticarti e coltivati • la filogenesi attraverso la quale si è passati, per evoluzione, dai primi ai secondi (auto- e allo- poliploidizzazioni, comparsa di alcuni caratteri e effetti fondamentali sulla domesticazione, ecc. • le tappe fondamentali nella domesticazione e nel miglioramento genetico delle altre grandi specie di cereali, oltre il frumento, e cioè: riso, orzo, mais, avena; • la raccolta, la conservazione, la riproduzione e, soprattutto, la valutazione delle risorse genetiche di ciascuna specie; • il contributo alla variabilità genetica di ciascuna specie fornito, oltre che dalle mutazioni spontanee e dall’ibridazione, dall’uso dei mutageni e dall’ingegneria genetica.

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