1 / 51

La guerra e la pace

La guerra e la pace. UDA n° 2 CLASSE III A. A.S. 2012/2013. Razzismo Mito del progresso e della forza. Prima Guerra Mondiale. Seconda guerra mondiale. Il novecento. Secondo dopoguerra. Primo dopoguerra. Divisione del mondo In blocchi USA-URSS. Guerra fredda. Guerre armate locali.

gen
Télécharger la présentation

La guerra e la pace

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. La guerra e la pace UDA n° 2 CLASSE III A A.S. 2012/2013

  2. Razzismo Mito del progresso e della forza Prima Guerra Mondiale Seconda guerra mondiale Il novecento Secondo dopoguerra Primo dopoguerra Divisione del mondo In blocchi USA-URSS Guerra fredda Guerre armate locali Comunismo sovietico Nazionalismi irrisolti Pace mondiale a rischio e paura atomoca Fascismo Nazismo Distensione Giovanni Paolo II - Polonia di Solidarnosc Ronald Reagan – Michail Gorbacev Crisi e fine dell’URSS e del mondo comunista

  3. GRAN BRETAGNA prima guerra mondiale TRIPLICE INTESA TRIPLICE ALLEANZA GERMANIA FRANCIA AUSTRIA RUSSIA ITALIA (esce) SCHIERAMENTI LETTERATURA VINCITORI ALLEATI Gran Bretagna – Francia – USA - Italia CAUSE SCONFITTI 4 IMPERI Germania – Austria – Impero Ottomano - Russia “GRANDE GUERRA” Di massa CONSEGUENZE L’ITALIA ENTRA IN GUERRA Moderna e totale Di trincea TRATTATI DI PACE

  4. CAUSE 1^ g.m. Attentato di Sarajevo Irredentismo Spartizione imperialistica delle colonie Cause della GRANDE GUERRA Nazionalismi Corsa agli armamenti Contrasti tra Stati

  5. Irredentismo È un movimento politico generato da coloro che rivendicano la libertà di territori della patria sottoposti a quello che ritengono un dominio straniero. Così a Trento e Trieste gli irredentisti volevano l’annessione all’Italia; nei Balcani l’irredentismo bosniaco si batteva perché le terre austriache abitate dai Serbi si riunissero alla Serbia; in Alsazia e Lorena, occupate dalla Germania nel 1870, gli irredentisti volevano riunirsi politicamente alla Francia.

  6. Nazionalismi In tutti i paesi europei si era diffuso il nazionalismo, cioè l’aspirazione di uno stato-nazione al predominio su tutte le altre. Un tipo particolare di nazionalismo può essere considerato il panslavismo, che indica l’ideale unione di tutti i popoli slavi e ortodossi sotto la protezione della Russia.

  7. Schema contrasti ALLEANZE E RIVALITA’ IN EUROPA AUSTRIA RUSSIA GERMANIA FRANCIA ITALIA INGHILTERRA = paesi amici = paesi rivali

  8. Contrasti tra Stati L’Austria e la Russia hanno le medesime mire espansionistiche verso i Balcani, dove l’Impero Ottomano in disfacimento dà la possibilità di pensare a un nuovo assetto politico della zona. Per la Russia, il territorio dei Balcani e in particolare le coste che controllano gli Stretti sono di vitale importanza come sbocchi commerciali sul Mediterraneo. La Germania e l’Inghilterra sono forti rivali sul piano industriale e navale; la prima si mette in competizione con la seconda attraverso la politica estera coloniale. I grandiosi programmi di riarmo navale varati dalle due potenze alla fine dell’800 sono concepiti l’uno in funzione della supremazia dell’altro. La Francia nutre propositi di rivincita nei confronti della Germania, che con la guerra del 1870 l’ha privata dell’Alsazia e della Lorena. Italia e Austria, pur legate dalla Triplice Alleanza, sono in contrasto per i territori del Trentino e del Friuli-Venezia Giulia. Francia e Inghilterra, anche se strette dal patto dell’Intesa, sono rivali nella gara coloniale in Africa.

  9. Corsa agli armamenti La forte industrializzazione e lo sviluppo della tecnologia avevano permesso alle potenze europee di iniziare una gara pericolosa a procurarsi le armi più moderne, rafforzando esercito e marina da guerra per fronteggiare gli Stati rivali in una “pace armata”. Intrecciandosi alleanze (Triplice Intesa, Triplice Alleanza) si formano blocchi di potenze contrapposti tra loro.

  10. Spartizione delle colonie Tra le grandi potenze (Inghilterra, Francia, Germania…) si scatenano forti rivalità per il possesso delle colonie, necessarie agli sbocchi commerciali delle industrie e all’approvvigionamento delle materie prime. In questa gara di vero e proprio accaparramento dei mercati coloniali e delle rotte commerciali entrano anche gli USA, che avevano lasciato la politica di isolazionismo, e il Giappone, che intendeva estendere la sua influenza in Asia ai danni della Russia.

  11. Attentato Sarajevo Attentato di Sarajevo

  12. Dichiarazione guerra Italia DICHIARAZIONE DI GUERRA DELL’ITALIA Il 26 aprile del 1915 venne stipulato il Patto di Londra, le sue clausole prevedevano che qualora l’Italia fosse entrata in guerra a fianco dell’Intesa, ed il conflitto si fosse risolto vittoriosamente, l’Italia avrebbe ottenuto: il Trentino e il Tirolo fino al Brennero, Gorizia, Trieste e l’Istria (esclusa Fiume), parte delle Dalmazia e le isole del Dodecaneso. Il 24 maggio 1915, l’Italia dichiara guerra all’Austria. SOLDATI IN TRINCEA

  13. Grandi distruzioni Grandi distruzioni

  14. Vittime guerra VITTIME DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

  15. Conseguenze 1^ G.M. Muta la carta d’Europa I debiti di guerra e la pace punitiva imposta alla Germania Protagonismo femminile Conseguenze prima G.M. L’inflazione Le promesse deluse Crollo del commercio e degli investimenti esteri Le fratture sociali

  16. Protagonismo femminile All’interno delle famiglie si era avuta una trasformazione dei ruoli che aveva visto soprattutto un nuovo protagonismo femminile. Con i giovani e i capofamiglia al fronte, le donne si erano assunte rilevanti responsabilità, al di fuori del tradizionale controllo maschile. Nelle fabbriche avevano lavorato al posto degli uomini; si erano impegnate nel “fronte interno” come addette alla propaganda, come crocerossine negli ospedali, come componenti dei vari comitati civili. Nelle campagne, in Italia, le contadine si erano trovate a dover gestire, nell’assenza del coniuge, il sussidio fornito dal governo. Nel dopoguerra la donna si trovava quindi ad aver sviluppato un nuovo senso di indipendenza e di autonomia.

  17. Promesse deluse La grande massa dei reduci, dei mutilati, degli ex prigionieri di guerra, una volta rientrati in patria, dovettero affrontare una dura realtà, alle prese con la ricerca del lavoro e con il rincaro dei prezzi. Le promesse dei governi fatti ai soldati nel pieno della guerra, in primo luogo “la terra ai contadini”, vennero mantenute solo in parte, e questo contribuì a far nascere un sentimento di amarezza in chi aveva combattuto e sofferto.

  18. Le fratture sociali La guerra contribuì anche a creare nuove fratture sociali. Durante il conflitto si erano arricchiti soprattutto i produttori di armi, i commercianti, i così detti nuovi ricchi. Nel dopoguerra molti ceti sociali si impoverirono, soprattutto tutti coloro che, avendo un reddito fisso, vennero colpiti dall’inflazione. Si crearono così una serie di conflitti: fra consumatori e commercianti,fra mondo operaio e mondo contadino, fra vecchi e nuovi ricchi.

  19. Crollo commercio Assai grave per l’economia fu l’interruzione delle normali relazioni economiche tra gli Stati. Tra il 1913 e il 1923 la partecipazione europea al commercio internazionale scese dal 59% al 50%; il vecchio continente, costretto a dirottare risorse dagli impieghi consueti alla produzione militare, perse il controllo dei mercati esteri a tutto vantaggio degli Stati Uniti, del Giappone e delle economie emergenti di paesi come Argentina, Brasile, Canada e Australia. Anche i profitti derivanti dagli investimenti all’estero crollarono: Francia e Inghilterra, per finanziare l’acquisto di materiale bellico, furono costrette a cedere parte dei loro investimenti esteri, che scesero rispettivamente del 50% e del 15%; i capitali tedeschi investiti nei paesi belligeranti furono confiscati e in seguito trattenuti a titolo di riparazione.

  20. Inflazione Un altro fattore di crisi delle economie nazionali e internazionali fu l’inflazione: per fronteggiare le spese militari e le perdite materiali, le nazioni coinvolte nella guerra dovettero ricorrere sia a ingenti prestiti, allargando a dismisura il debito pubblico, sia all’emissione di cartamoneta. Questi provvedimenti determinarono un aumento dei prezzi: tra il 1914 e il 1918 salirono di tre volte in Inghilterra e in Italia, di cinque in Francia, di 15 in Germania, di oltre 20 volte in Bulgaria. Tali inflazione causò gravi difficoltà alle popolazioni incidendo sulla qualità della loro vita, mentre la grande disparità dei prezzi tra i diversi Stati rese ancora più difficile la ripresa del commercio internazionale. Benché l’andamento complessivo delle economie europee negli anni Venti non fosse troppo negativo, la situazione era comunque compromessa alla base.

  21. I debiti di guerra Alla fine della guerra le nazioni europee vittoriose erano indebitate nei confronti degli Stati Uniti per 10 miliardi di dollari. Questi Paesi si aspettavano che i prestiti americani sarebbero stati cancellati alla fine del conflitto, ma il governo statunitense, pur acconsentendo ad una riduzione degli interessi e a una dilazione dei termini di pagamento, fu irremovibile: il denaro andava restituito. A questo punto Francia e Inghilterra imposero alla Germania il pagamento delle riparazioni di guerra, che furono quantificate nel 1921 in 32 miliardi di dollari, una cifra astronomica. Inoltre Francia e Inghilterra requisirono allo stato tedesco metalli preziosi, titoli, valute estere, merci, autocarri, navi, vagoni ferroviari, bestiame e carbone come acconto del loro credito. La possibilità della Germania di pagare le riparazioni dipendeva dalla sua capacità di esportare più di quanto importava, per ottenere la valuta estera o l’oro necessari ad effettuare i pagamenti. Le restrizioni economiche imposte dagli Alleati rendevano però impossibile per la Germania ricavare un surplus sufficiente per i pagamenti annuali. Nell’estate del 1922 il valore del marco tedesco cominciò a crollare in maniera disastrosa e la valuta conobbe la più grande svalutazione della storia dell’Occidente: nel 1923 il cambio ufficiale toccò i 4.200 miliardi di marchi per un dollaro. Di conseguenza una forte spirale inflazionistica si diffuse in tutta l’Europa. Nel 1932 i debiti di guerra tedeschi furono cancellati, ma l’economia internazionale si trovava ormai in piena crisi.

  22. Muta carta Europa Il mondo esce dalla guerra profondamente mutato: quattro imperi sono crollati: quello austro-ungarico, quello tedesco, quello russo e quello turco; nascono molte nuove nazioni

  23. 2^ guerra mondiale CAUSE CONSEGUENZE Divisione del mondo In blocchi USA-URSS Guerra fredda Guerre armate locali LETTERARURA Pace mondiale a rischio e paura atomoca Distensione Giovanni Paolo II - Polonia di Solidarnosc Ronald Reagan – Michail Gorbacev Crisi e fine dell’URSS e del mondo comunista

  24. Cause L’esito della prima guerra mondiale aveva scontentato, per motivi diversi, tre potenze: la Germania, principale nazione sconfitta, per le perdite territoriali e per le altre pesanti condizioni imposte dal trattato di Versaille; L’Italia e il Giappone, che ritenevano insufficiente quanto ottenuto a seguito della vittoria conseguita. EREDITA’ DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna avevano raggiunto i loro principali obiettivi: Washington la riduzione del potere militare della Germania; Parigi e Londra un ordine mondiale funzionale ai loro interessi coloniali ed europei. Ma proprio il mantenimento del nuovo quadro risultò subito problematico, dopo che gli Stati Uniti, per volere del presidente Wilson, avevano rifiutato di entrare nella Società delle Nazioni per ritirarsi in un nuovo isolamento. TENTATIVI DI PACE DURATURA Conferenza di Washington (1921-22) le principali potenze navali concordarono di porre dei limiti ai potenziali delle rispettive marine militari. Accordi di Locarno (1925) stabilirono una serie di impegni a garanzia della frontiera franco-tedesca. Patto di Briand-Kellogg (1928 Parigi: 63 nazioni (con eccezione, tra le grandi potenze, dell’Unione Sovietica) rinunciarono alla guerra come strumento di soluzione delle controversie internazionali. Tuttavia se uno degli scopi dichiarati dai vincitori era stato di “assicurare al mondo la democrazia”, l’inadeguatezza dei risultati ottenuti emerse chiaramente dal fatto che negli anni Venti si assistette all’avvento e al progressivo affermarsi di forme di totalitarismo nazionalista-militaristico, giudicate più efficaci della democrazia nell’operare il contenimento del comunismo, da più parti visto come l’obiettivo politico prioritario in politica estera, e delle rivendicazioni sociali da parte delle sinistre in politica interna L’AVVENTO DEL TOTALITARISMO, NAZIONALISMO-MILITARISTICO E DELL’ESPANSIONISMO Nel 1922 Benito Mussolini costituiva in Italia il primo regime fascista; Adolf Hitler, Furer del Partito Nazionalsocialista tedesco, dieci anni dopo in Germania fondò il suo progetto di Grande Reich oltre che sul richiamo a teorie basate sull’antisemitirmo e sul razzismo. Quanto al Giappone, pur non esistendovi formalmente un regime fascista, il ruolo svolto dalle forze armate nel governo civile del paese era preponderante e si ispirava alla volontà di rimettere in discussione gli equilibri internazionali sin lì definiti. Nel 1936, dopo aver annunciato il riarmo nazionale in violazione del trattato di pace di Versailles, Hitler occupò militarmente la Renania, sollevando solo una flebile protesta da parte di Londra e Parigi. Seguì un altro passaggio preparatorio all’applicazione del programma espansionistico, segnato dall’intervento nella guerra civile spagnola (1936-1939) al fianco dei ribelli franchisti e in collaborazione con il futuro alleato Mussolini, fondatore in quegli anni dell’impero coloniale italiano in Etiopia (Guerra d’Etiopia). Tra il 1936 e il 1937 una serie di accordi tra Germania, Italia e Giappone formalizzò lo stabilirsi di un Asse Roma-Berlino-Tokyo che univa in alleanza i tre regimi “forti” della scena internazionale (Potenze dell’Asse).

  25. Fascismo

  26. Orrori nazismo Catasta di cadaveri di ebrei Forno crematorio

  27. GIUSEPPE UNGARETTI veglia San Martino del Carso fratelli soldati

  28. Il poeta ha accanto un soldato morto, con le mani congelate e la bocca digrignante volta verso la luce della luna. Nonostante questa situazione penosa e terrificante, il poeta scrive una lettera d’amore, attaccato alla vita come non mai. Nella drammaticità della situazione, percepisce solo la propria volontà di vivere, che prevale su tutto. Anche questa consuetudine con la tragedia induce una riflessione sull'umanità/disumanità della situazione Veglia (Cima Quattro 23 dicembre 1915) Un’intera nottata buttato vicino a un compagno massacrato con la sua bocca digrignata volta al plenilunio con la congestione delle sue mani penetrata nel mio silenzio ho scritto lettere piene d’amore  Non sono mai stato  tanto  attaccato alla vita. Veglia

  29. Soldati Bosco di Courton luglio 1918 Si sta comeD’autunnoSugli alberiLe foglie. In questi brevi versi è espressa tutta la precarietà e l'attesa del soldato. La foglia sul ramo decimato, fragile e indebolita nel vento d’autunno che la minaccia, attende, caduca, vulnerabile come il soldato, dopo una lunga stagione di guerra.

  30. Valloncello dell’albero isolato il 27 agosto 1916 Di queste caseNon è rimastoChe qualcheBrandello di muro Di tantiChe mi corrispondevanoNon è rimastoNeppure tanto Ma nel cuoreNessuna croce mancaÈ il mio cuoreIl paese più straziato San Martino del Carso In questa poesia il poeta esprime tutto il suo dolore per la perdita dei commilitoni e lo strazio per la rovina di cui è testimone. A ogni assenza, a ogni voragine procurata dai combattimenti, corrisponde una cicatrice indelebile nel suo cuore.

  31. Fratelli Mariano il 15 luglio 1916 Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte Foglia appena nata Nell'aria spasimante involontaria rivolta dell'uomo presente alla sua fragilità Fratelli

  32. Letteratura 2GM E. MONTALE S. QUASIMODO PRIMO LEVI

  33. S. QUASIMODO Salvatore Quasimodo Alle fronde dei salici Uomo del mio tempo Milano agosto 1943 Ed è subito sera

  34. Alle fronde dei salici E come potevamo noi cantare con il piede straniero sopra il cuore, fra i morti abbandonati nelle piazze sull’erba dura di ghiaccio al lamento d’agnello dei fanciulli, all’urlo nero della madre che andava incontro al figlio crocifisso sul palo del telegrafo? Alle fronde dei salici, per voto, anche le nostre cetre erano appese, oscillavano lievi al triste vento.

  35. Alle fronde dei salici ANALISI DEL TESTO La lirica fa parte della raccolta poetica Giorno dopo giorno pubblicata nel 1947. In essa si riecheggia il salmo 136 della bibbia, in cui gli ebrei lamentano l’esilio in Babilonia: “Sospenderemo ai salici le nostre cetre…come potremmo cantare in terra straniera?”.La lirica, scritta alla fine dell’inverno del 1944, si ispira ad un periodo particolarmente tragico della storia della seconda guerra mondiale, quello dell'occupazione tedesca del suolo italiano, e testimonia il momento civile della produzione di Quasimodo che, con il silenzio imposto alla sua poesia, esprime la propria solidarietà alle vittime delle rappresaglie e delle oppressioni e la propria condanna alle atrocità della guerra. Metro: endecasillabi sciolti. PARAFRASIE come potevamo noi, poeti, continuare a scrivere poesie durante l'oppressione tedesca, con i morti sparsi sui prati gelati nelle piazze, con il pianto innocente dei fanciulli, con l'urlo disperato delle madri che cercavano i figli uccisi e impiccati al palo del telegrafo? Per un voto di silenzio le nostre cetre erano appese ai rami dei salici, oscillavano inerti al triste vento della guerra.

  36. Uomo del mio tempo Sei ancora quello della pietra e della fionda uomo del mio tempo. Eri nella carlinga, con le ali maligne, le meridiane di morte, - t'ho visto - dentro il carro di fuoco, alle forche, alle ruote di tortura. T'ho visto: eri tu, con la tua scienza esatta persuasa allo sterminio, senza amore, senza Cristo. Hai ucciso ancora, come sempre, come uccisero i padri, come uccisero gli animali che ti videro per la prima volta. E questo sangue odora come nel giorno quando il fratello disse all'altro fratello: - Andiamo ai campi - E quell'eco fredda, tenace, è giunta fino a te, dentro la tua giornata. Dimenticate, o figli, le nuvole di sangue salite della terra, dimenticate i padri: le loro tombe affondano nella cenere, gli uccelli neri, il vento, coprono il loro cuore.

  37. Uomo del mio tempo commento Secoli e millenni di civiltà e di progresso non sono riusciti a mutare l'uomo e i suoi istinti brutali; egli è ancora simile all'uomo delle caverne: la stessa violenza insana ed omicida guida le sue azioni; ha solo inventato più efficaci e più rapidi strumenti di rovina e di morte. Il poeta, con un linguaggio accalorato e vibrante di immagini crude e realistiche, condanna duramente chi persiste ancora nella follia che ha disseminato la storia del mondo di guerra e di stragi; ma l'accorato invito ai giovani a dimenticare gli orrori dei loro padri per costruire un mondo nuovo su basi d'amore, è indice della sua fede nel futuro e in uomini migliori. L'uomo di oggi , dice l'autore, si è rivelato sempre il primitivo selvaggio e in tempi ipocritamente civili uccide dalla carlinga in volo, dal carro armato, formando un corpo solo con le macchine da guerra, uccide con la stessa aggressiva ferocia con cui i progenitori uccidevano nelle età remote per liberarsi dagli animali , scagliatisi contro a divorarli. Questo sangue di oggi è lo stesso sangue che spinse Caino omicida contro il fratello. Oh, desistete da tanta crudeltà, non seminate più il male, figli , - è l'appassionata invocazione che l'autore rivolge agli uomini chiamandoli col dolce nome di figli ; e amatevi , in nome di quella legge universale d'amore che Cristo ha dettato alle genti. Parafrasi Uomo del mio tempo, sei del tutto simile all'uomo passato, colui che cacciava con la fionda e con le pietre. Ti ho visto, eri nell'aeroplano, con le ali cariche di bombe, nel carro armato, al patibolo e alle ruote di tortura. Si eri tu, con il tuo credo perfetto, dedito allo sterminio, senza amore e senza Dio. Tu hai accuso ancora una volta, come fecero gli avi prima di noi. Il sangue è lo stesso, ha lo stesso sapore ed odore del sangue del tradimento di Caino e Abele, quando l'uno uccise l'altro nei campi. E quella frase di tradimento, "Andiamo nei campi", giunge fino a te, fino alla quotidianità della tua giornata. Dimenticate o fogli del nostro tempo, le battaglie, le guerre combattute dai nostri predecessori. Le loro tombe ormai sono abbandonate e disperse nella cenere dell'oblio, e gli uccelli neri ed il vento oscurano il loro cuore.

  38. Ed è subito sera Ed è subito sera Ognuno sta solo sul cuore della Terra trafitto da un raggio di sole: ed è subito sera. • Quasimodo dice che ciascuno di noi è tragicamente solo; la vita è come un raggio di sole che ci dà un filo di calore e di speranza ma nello stesso tempo ci ferisce, come una spada che, trapassandoci, ci tenga inchiodati alla terra. Tutto, però, finisce in un attimo, perché subito siamo portati via dalla morte. • Sono presenti due metafore: • Cuore della Terra: sulla Terra c’è una speranza di vita • Trafitto da una raggio di sole: la speranza di vita non c’è più sulla Terra.

  39. Milano agosto 1943 Invano cerchi tra la polverepovera mano, la città è morta.E' morta: s'è sentito l'ultimo rombosul cuore del Naviglio. E l'usignoloè caduto dall'antenna, alta sul convento,dove cantava prima del tramonto.Non scavate pozzi nei cortili:i vivi non hanno più sete.Non toccate i morti, così rossi, così gonfi:lasciateli nella terra delle loro case:la città è morta, è morta

  40. PRIMO LEVI PRIMO LEVI Primo Levi Se questo è un uomo Il disgelo Si deve voler sopravvivere

  41. Se questo è un uomo Se questo è un uomo Romanzo Scritto fra la fine del 1945 e l’inizio del 1947, quindi immediatamente a ridosso degli fatti narrati, è il resoconto minuzioso e asciutto, la cronaca sommessa e a volte volutamente dimessa, di un’esperienza estrema: un anno trascorso da Primo Levi nel lager di Auschwitz, vittima e testimone della massima quota di orrore che il XX secolo abbia prodotto. Ed è un orrore che risalta in tutta la sua evidenza “naturale”, proprio per il fermo rifiuto da parte dell’autore di ogni forma di amplificazione retorica, di ogni pur legittima “finzione” letteraria; un orrore nudo e crudo, e totalmente autentico: tanto più, perciò, terrorizzante, tanto più ineludibile e non esorcizzabile. È una testimonianza sulla condizione umana, sui suoi limiti e sulle sue insospettabili risorse, sulla sua capacità caparbia di concepire il bene e sulla fragilità delle sue difese di fronte alla suggestione del male: non è tanto il rapporto carnefice-vittima ciò che interessa a Levi (i carnefici compaiono raramente nel libro, lontani e assenti, rinchiusi in una dimensione quasi aliena), bensì quello che si crea fra vittima e vittima, nelle assurde gerarchie interne, nelle ingenue collusioni col potere e nelle altrettanto ingenue speranze di una sopravvivente umanità, nel dileggio degli “anziani” nei confronti delle “reclute”, o di alcuni gruppi etnici nei confronti di altri. Ed è nella lucida registrazione del terribile snaturamento cui tutti, nessuno escluso, vengono sottoposti nell’universo del lager, il messaggio di più alta e sofferta eticità contenuto in Se questo è un uomo. Il giudizio morale, naturalmente, non cancella né ignora le responsabilità individuali e collettive, ma riesce sempre e comunque a valutarle sulla base semplicissima eppure difficilissima della coscienza umana: l’inappellabile tribunale dei giusti che giace nel fondo di ognuno di noi, e che Primo Levi sa interamente e miracolosamente esporre alla luce del sole.

  42. Parafrasi Voi che vivete tranquilli,nelle vostre case ben riscaldate,e quando tornate la sera trovateil cibo pronto e i risi amici e familiari.Considerate se un deportato in un campo di concentramento,che lavora nel fango,senza un momento di treguacostretto a combattere per sopravvivere, può essere considerato un uomo.E sufficiente una risposta sbagliata per essere uccisi brutalmente, senza pietà.Considerate se questa è una donna,con la testa rasata, senza più un nome ma con un numero tatuato sul braccio;debilitati dal lavoro spassante e dalla scarsità di cibo non hanno neanche la forza di ricordare la vita precedente;lo sguardo perso nel vuoto e il grembo freddocome una rana d’inverno.Ricordate che questo è realmente accadutonon è frutto di fantasia.Scolpite queste parole nel vostro cuore.Ricordate quando state in casa o quando andate in viaggio,quando andate a dormire e quando vi alzate,ditelo ai vostri figli.O vi crolli la casa,la malattia vi impedisca di muovervi liberamente,i vostri figli si allontanino da voi per la vergogna. Se questo è un uomo “Voi che vivete sicuri Nelle vostre tiepide case, Voi che trovate tornando a sera Il cibo caldo e visi amici: Considerate se questo è un uomo Che lavora nel fango Che non conosce pace Che lotta per mezzo pane Che muore per un sì o per un no. Considerate se questa è una donna, Senza capelli e senza nome Senza più forza di ricordare Vuoti gli occhi e freddo il grembo Come una rana d’inverno. Meditate che questo è stato: Vi comando queste parole. Scolpitele nel vostro cuore Stando in casa andando per via, Coricandovi alzandovi; Ripetetele ai vostri figli. O vi si sfaccia la casa, La malattia vi impedisca, I vostri nati torcano il viso da voi.” CommentoLa poesia è nota con il titolo “Shemà” che significa "ascolta" ed è una parafrasi di una preghiera ebraica. Nella poesia Primo Levi racconta le dure regole dei campi di sterminio. L’uomo, di cui parla l’autore, non è un uomo in particolare, ma un’intera categoria di persone, gli Ebrei, perseguitati dalle atrocità delle persecuzioni nazifasciste. Nella prima strofa vi è la descrizione della vita normale ed è alle persone che trascorrono un’esistenza nella normalità che l’autore si rivolge, invitandoli a riflettere. La gente in condizioni “umane”, vive nelle proprie case, ben riscaldate, accoglienti (tiepide si riferisce al calore umano), in cui la sera chi ha lavorato durante il giorno trova un pasto caldo e volti familiari. A questa situazione di tranquillità si oppone nella seconda strofa quanto d’atroce accade nei campi di sterminio. Levi invita a riflettere, a considerare se è un uomo colui che lavora nel fango, che non conosce pace ed è costretto a lavorare in continuazione. La riflessione dell’autore diventa anche più profonda nel soffermarsi a guardare alla condizione delle donne deportate, donne private del proprio nome di cui la volontà di vivere si è spenta, sapendo di dover morire. L a strofa più importante della poesia è la terza, in cui Levi invita a riflettere su quanto è accaduto e esorta tutti a non dimenticare. Per chi sostiene idee razziste Levi scaglia una maledizione: che si distrugga la loro casa, che li colga la malattia, che i loro figli li abbandonino

  43. EUGENIO MONTALE EugenioMontale Meriggiare Spessoil male di vivere

  44. Meriggiare parafrasi Stare in ozio nelle ore calde attorno al mezzogiorno (meriggiare) sotto un sole chiaro, raccolto in meditazione (assorto) presso un muro d’orto riscaldato dal sole (rovente), ed ascoltare tra i cespugli spinosi (pruni) e gli arbusti secchi (sterpi), i versi dei merli (schiocchi) e il rumore delle bisce che strisciano (frusci). Nelle crepe del suolo o sullo stelo delle erbe (veccia: una pianta leguminosa) spiare le file di rosse formiche che ora si spezzano (si rompono) ed ora si incrociano (s’intrecciano) sulla sommità (a sommo) di minuscoli mucchietti di terra ( biche: le biche sono i covoni; i mucchietti di terra hanno la forma dei covoni). Osservare, fra le fronde degli alberi o dei cespugli, il tremolio (palpitare) lontano delle onde che luccicano come scaglie di metallo, mentre dalle cime rocciose (picchi) prive di vegetazione (calvi) si levano i canti vibrati delle cicale (scricchi). E muovendosi nel sole che abbaglia, con triste meraviglia capire (sentire:capire con le sensazioni che si provano) il significato della vita (com’è tutta la vita) e la sua pena (il suo travaglio) mentre si cammina lungo un muro insormontabile (muraglia) che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Meriggiare pallido e assorto Presso un rovente muro d’orto, Ascoltare tra i pruni e gli sterpi Schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe del suolo o sulla veccia Spiar le file di rosse formiche Ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano A sommo di minuscole biche Osservare tra i frondi il palpitare Lontano di scaglie di mare Mentre si levano tremuli scricchi Di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia Sentire con triste meraviglia Com’è tutta la vita e il suo travaglio In questo seguitare una muraglia Che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Eugenio Montale

  45. Analisi poesia “MERIGGIARE PALLIDO E ASSORTO” Questa poesia è una delle più famose liriche di Montale. In tre strofe egli descrive e sottolinea il torpore della giornata estiva nel paesaggio ligure. Nell’ultima strofa il senso di questa giornata, perduta in un fantasticare che sembra inutile e ozioso si rivela: vivere è come camminare lungo un muro, senza poterlo scavalcare. Al di là del muro, forse vi sono le illusioni , forse la felicità. Montale non pensa alla lunghezza della poesia ma al significato. Ascolta la natura ma non la vede. Al di là del muro non si percepisce niente, non si sa cosa c’è, solo in cima si vedono cocci aguzzi che non ti fanno oltrepassare il muro e quindi che non ti fanno scoprire cosa si nasconde dietro.

  46. Spesso il male di vivere Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l’incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato. Il poeta vede la vita come sofferenza e incarna il suo concetto in tre successive considerazioni, tolte dai vari regni della natura: il rivo che gorgoglia – il gorgoglio sembra un gemito – perché ostacolato nel suo cammino; la foglia che, riarsa, s’accartoccia (e questo è segno del dolore); il cavallo che stramazza. L’ uomo, nella sua viva sensibilità, partecipa a quel senso di dolore universale: dal quale può preservarci soltanto la Indifferenza, che il poeta chiama divina. E di essa dà tre immagini (la statua, la nuvola, il falco) che si allineano in contrapposto alle precedenti immagini del dolore.

  47. Martin Luter King "I have a dream" (IO HO UN SOGNO) Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro paese. Cento anni fa un grande americano, alla cui ombra ci leviamo oggi, firmò il Proclama sull’Emancipazione. Questo fondamentale decreto venne come un grande faro di speranza per milioni di schiavi negri che erano stati bruciati sul fuoco dell’avida ingiustizia. Venne come un’alba radiosa a porre termine alla lunga notte della cattività. Ma cento anni dopo, il negro ancora non è libero; cento anni dopo, la vita del negro è ancora purtroppo paralizzata dai ceppi della segregazione e dalle catene della discriminazione; cento anni dopo, il negro ancora vive su un’isola di povertà solitaria in un vasto oceano di prosperità materiale; cento anni dopo; il negro langue ancora ai margini della società americana e si trova esiliato nella sua stessa terra. Per questo siamo venuti qui, oggi, per rappresentare la nostra condizione vergognosa. In un certo senso siamo venuti alla capitale del paese per incassare un assegno. Quando gli architetti della repubblica scrissero le sublimi parole della Costituzione e la Dichiarazione d’Indipendenza, firmarono un "pagherò" del quale ogni americano sarebbe diventato erede. Questo "pagherò" permetteva che tutti gli uomini, si, i negri tanto quanto i bianchi, avrebbero goduto dei principi inalienabili della vita, della libertà e del perseguimento della felicità.E’ ovvio, oggi, che l’America è venuta meno a questo "pagherò" per ciò che riguarda i suoi cittadini di colore. Invece di onorare questo suo sacro obbligo, l’America ha consegnato ai negri un assegno fasullo; un assegno che si trova compilato con la frase: "fondi insufficienti". Noi ci rifiutiamo di credere che i fondi siano insufficienti nei grandi caveau delle opportunità offerte da questo paese. E quindi siamo venuti per incassare questo assegno, un assegno che ci darà, a presentazione, le ricchezze della libertà e della garanzia di giustizia.Siamo anche venuti in questo santuario per ricordare all’America l’urgenza appassionata dell’adesso. Questo non è il momento in cui ci si possa permettere che le cose si raffreddino o che si trangugi il tranquillante del gradualismo. Questo è il momento di realizzare le promesse della democrazia; questo è il momento di levarsi dall’oscura e desolata valle della segregazione al sentiero radioso della giustizia.; questo è il momento di elevare la nostra nazione dalle sabbie mobili dell’ingiustizia razziale alla solida roccia della fratellanza; questo è il tempo di rendere vera la giustizia per tutti i figli di Dio. Sarebbe la fine per questa nazione se non valutasse appieno l’urgenza del momento. Questa estate soffocante della legittima impazienza dei negri non finirà fino a quando non sarà stato raggiunto un tonificante autunno di libertà ed uguaglianza.Il 1963 non è una fine, ma un inizio. E coloro che sperano che i negri abbiano bisogno di sfogare un poco le loro tensioni e poi se ne staranno appagati, avranno un rude risveglio, se il paese riprenderà a funzionare come se niente fosse successo. Non ci sarà in America né riposo né tranquillità fino a quando ai negri non saranno concessi i loro diritti di cittadini. I turbini della rivolta continueranno a scuotere le fondamenta della nostra nazione fino a quando non sarà sorto il giorno luminoso della giustizia.Ma c’è qualcosa che debbo dire alla mia gente che si trova qui sulla tiepida soglia che conduce al palazzo della giustizia. In questo nostro procedere verso la giusta meta non dobbiamo macchiarci di azioni ingiuste.Cerchiamo di non soddisfare la nostra sete di libertà bevendo alla coppa dell’odio e del risentimento. Dovremo per sempre condurre la nostra lotta al piano alto della dignità e della disciplina. Non dovremo permettere che la nostra protesta creativa degeneri in violenza fisica. Dovremo continuamente elevarci alle maestose vette di chi risponde alla forza fisica con la forza dell’anima.Questa meravigliosa nuova militanza che ha interessato la comunità negra non dovrà condurci a una mancanza di fiducia in tutta la comunità bianca, perché molti dei nostri fratelli bianchi, come prova la loro presenza qui oggi, sono giunti a capire che il loro destino è legato col nostro destino, e sono giunti a capire che la loro libertà è inestricabilmente legata alla nostra libertà. Questa offesa che ci accomuna, e che si è fatta tempesta per le mura fortificate dell’ingiustizia, dovrà essere combattuta da un esercito di due razze. Non possiamo camminare da soli.E mentre avanziamo, dovremo impegnarci a marciare per sempre in avanti. Non possiamo tornare indietro. Ci sono quelli che chiedono a coloro che chiedono i diritti civili: "Quando vi riterrete soddisfatti?" Non saremo mai soddisfatti finché il negro sarà vittima degli indicibili orrori a cui viene sottoposto dalla polizia.Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri corpi, stanchi per la fatica del viaggio, non potranno trovare alloggio nei motel sulle strade e negli alberghi delle città. Non potremo essere soddisfatti finché gli spostamenti sociali davvero permessi ai negri saranno da un ghetto piccolo a un ghetto più grande.Non potremo mai essere soddisfatti finché i nostri figli saranno privati della loro dignità da cartelli che dicono:"Riservato ai bianchi". Non potremo mai essere soddisfatti finché i negri del Mississippi non potranno votare e i negri di New York crederanno di non avere nulla per cui votare. No, non siamo ancora soddisfatti, e non lo saremo finché la giustizia non scorrerà come l’acqua e il diritto come un fiume possente.Non ha dimenticato che alcuni di voi sono giunti qui dopo enormi prove e tribolazioni. Alcuni di voi sono venuti appena usciti dalle anguste celle di un carcere. Alcuni di voi sono venuti da zone in cui la domanda di libertà ci ha lasciato percossi dalle tempeste della persecuzione e intontiti dalle raffiche della brutalità della polizia. Siete voi i veterani della sofferenza creativa. Continuate ad operare con la certezza che la sofferenza immeritata è redentrice. Ritornate nel Mississippi; ritornate in Alabama; ritornate nel South Carolina; ritornate in Georgia; ritornate in Louisiana; ritornate ai vostri quartieri e ai ghetti delle città del Nord, sapendo che in qualche modo questa situazione può cambiare, e cambierà. Non lasciamoci sprofondare nella valle della disperazione.E perciò, amici miei, vi dico che, anche se dovrete affrontare le asperità di oggi e di domani, io ho sempre davanti a me un sogno. E’ un sogno profondamente radicato nel sogno americano, che un giorno questa nazione si leverà in piedi e vivrà fino in fondo il senso delle sue convinzioni: noi riteniamo ovvia questa verità, che tutti gli uomini sono creati uguali.Io ho davanti a me un sogno, che un giorno sulle rosse colline della Georgia i figli di coloro che un tempo furono schiavi e i figli di coloro che un tempo possedettero schiavi, sapranno sedere insieme al tavolo della fratellanza.Io ho davanti a me un sogno, che un giorno perfino lo stato del Mississippi, uno stato colmo dell’arroganza dell’ingiustizia, colmo dell’arroganza dell’oppressione, si trasformerà in un’oasi di libertà e giustizia.Io ho davanti a me un sogno, che i miei quattro figli piccoli vivranno un giorno in una nazione nella quale non saranno giudicati per il colore della loro pelle, ma per le qualità del loro carattere. Ho davanti a me un sogno, oggi!.Io ho davanti a me un sogno, che un giorno ogni valle sarà esaltata, ogni collina e ogni montagna saranno umiliate, i luoghi scabri saranno fatti piani e i luoghi tortuosi raddrizzati e la gloria del Signore si mostrerà e tutti gli essere viventi, insieme, la vedranno. E’ questa la nostra speranza. Questa è la fede con la quale io mi avvio verso il Sud.Con questa fede saremo in grado di strappare alla montagna della disperazione una pietra di speranza. Con questa fede saremo in grado di trasformare le stridenti discordie della nostra nazione in una bellissima sinfonia di fratellanza. Con questa fede saremo in grado di lavorare insieme, di pregare insieme, di lottare insieme, di andare insieme in carcere, di difendere insieme la libertà, sapendo che un giorno saremo liberi. Quello sarà il giorno in cui tutti i figli di Dio sapranno cantare con significati nuovi: paese mio, di te, dolce terra di libertà, di te io canto; terra dove morirono i miei padri, terra orgoglio del pellegrino, da ogni pendice di montagna risuoni la libertà; e se l’America vuole essere una grande nazione possa questo accadere.Risuoni quindi la libertà dalle poderose montagne dello stato di New York. Risuoni la libertà negli alti Allegheny della Pennsylvania.Risuoni la libertà dalle Montagne Rocciose del Colorado, imbiancate di neve. Risuoni la libertà dai dolci pendii della California. Ma non soltanto. Risuoni la libertà dalla Stone Mountain della Georgia.Risuoni la libertà dalla Lookout Mountain del Tennessee. Risuoni la libertà da ogni monte e monticello del Mississippi. Da ogni pendice risuoni la libertà.E quando lasciamo risuonare la libertà, quando le permettiamo di risuonare da ogni villaggio e da ogni borgo, da ogni stato e da ogni città, acceleriamo anche quel giorno in cui tutti i figli di Dio, neri e bianchi, ebrei e gentili, cattolici e protestanti, sapranno unire le mani e cantare con le parole del vecchio spiritual: "Liberi finalmente, liberi finalmente; grazie Dio Onnipotente, siamo liberi finalmente".

  48. Posizione dell’Italia INTERVENTISTI promuovevano la guerra a fianco dell’intesa NEUTRALISTI • si dividevano in: • irredentisti democratici, che volevano non solo la liberazione di Trieste e Trento, ma anche dei popoli slavi oppressi dall’Austria. • liberal-conservatori, volevano una guerra vittoriosa, così si sarebbero rafforzate le istituzioni, e si sarebbero acquistate importanti posizioni di forza sull’Adriatico. • Nazionalisti, che dapprima volevano l’entrata in guerra a fianco degli imperi centrali e vedevano la guerra come un’avventura gloriosa e rinnovatrice. • . • sindacalisti rivoluzionari, cheerano convinti che con la guerra si potesse arrivare ad una rivoluzione proletaria. • Mussolini, che da direttore dell’"Avanti", ed esponente del Partito Socialista Italiano, dal quale fu espulso, divenne direttore del "Popolo d’Italia" con il quale esortava i giovani a "fare storia" attraverso la guerra. • il Partito Socialista Italiano, che era dalla parte delle masse contadine e operaie, che vedevano nella guerra una tragedia. • I cattolici, per la solidarietà con l’Austria cattolica, e per i principi evangelici. • Giolitti e i giolittiani, che a differenza dei comandi militari stranieri che prevedevano una guerra "lampo", prevedeva una guerra lunga e sanguinosa. Inoltre pensava che l’Austria avrebbe dato molto in cambio della neutralità.

  49. Trattati pace 1^ G.M. • Con la resa dell’Alleanza, nel 1919, venne organizzata una conferenza di pace il cui artefice fu il presidente americano Wilson, il quale propose un programma di 14 punti con l’intento di garantire all’Europa la pace. • Tra questi punti i principali sono: • Garanzia che gli armamenti saranno ridotti all’estremo limite compatibile con la sicurezza di ogni paese. • Libera sistemazione con largo spirito e assoluta imparzialità di tutte le rivendicazioni coloniali. • Ridisegnazione della cartina dell’Europa, rispettando i principi di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli, mediante i quali i popoli decidono sotto quale governo vogliono stare. • TRATTATO DI VERSAILLES (28 giugno 1919) • La Germania doveva restituire l’Alsazia e la Lorena alla Francia ed inoltre permetteva lo sfruttamento carbonifero della Saar. • Perdeva tutti i possedimenti coloniali che vennero spartiti tra Francia ed Inghilterra. • Doveva cedere alla Polonia il corridoio di Danzica. • Doveva risarcire tutti i danni di guerra. • Doveva sciogliere l’esercito. • Smilitarizzazione della Romania. • Cedere alla Cecoslovacchia il territorio dei suddetti. • Diventava repubblica con il divieto di unirsi all’Austria. •  TRATTATO DI S. GERMAIN (10 settembre 1919) • Disgregazione dell’Impero Austro-Ungarico, facendo così nascere: Jugoslavia, Ungheria, Cecoslovacchia e Polonia. • L’Austria diventava un piccolo territorio con capitale Vienna, di governo repubblicano e con il divieto di unirsi alla Germania.

  50. Conseguenze 2^ GM CONSEGUENZE POLITICHE Lo scenario mondiale del dopoguerra fu caratterizzato dalla presenza di due grandi blocchi di paesi, ordinati al loro interno secondo modelli di riferimento forniti dalle due superpotenze, l'URSS ad est e gli USA a ovest. Nell'area soggetta all’egemonia sovietica (campo socialista) si impose la dittatura dei partiti comunisti filo–russi: le leve dell’economia erano centralizzate dallo stato, divenuto unico proprietario delle grandi imprese; la grande proprietà fondiaria era stata smantellata e la terra era stata distribuita ai contadini riuniti in cooperative. A una più o meno ampia serie di misure assistenzialistiche, si unì il ferreo controllo dell’opinione pubblica attraverso il monopolio dei mezzi d’informazione e dell’educazione dei giovani sottratta alla Chiesa.Nell'area soggetta agli Stati Uniti (mondo libero) prevalse la democrazia rappresentativa parlamentare, a meno che non si temessero minacce per l’ordine sociale esistente; l’economia fu ispirata ai principi libero–scambisti, nella completa tutela della proprietà privata e della libera iniziativa imprenditoriale. CONSEGUENZE ECONOMICHE Considerando che l’economia inglese e quella francese, nonostante la vittoria, erano state enormemente danneggiate dalla guerra, solo gli Stati Uniti emergevano fra le nazioni occidentali con il loro strapotere economico. Un accordo raggiunto a Bretton Woods negli Stati Uniti nel 1944 tra i membri della vecchia Società delle Nazioni delegò al dollaro, di cui Washington assicurava la convertibilità in oro, la funzione di moneta di riferimento su cui commisurare il valore delle rispettive divise nazionali. Il governo di Washington varò, nei primi mesi del 1947, un piano di interventi economici che fu chiamato Piano Marshall dal nome del segretario di stato: lo scopo di questa operazione era di aiutare la ricostruzione nei paesi devastati dal conflitto, ma i suoi obiettivi politici erano ben più ambiziosi. Anche l’URSS si era elevata a potenza di primo piano, esercitando la propria egemonia sull’Est europeo, incrementando rapidamente la propria produzione industriale, costruendo un notevole apparato militare, inseguendo nella ricerca scientifica i paesi occidentali, diventando polo di riferimento per molti popoli dell’Asia e dell’Africa.

More Related