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Antropologia - Lezione 8^

Capitolo I Storia di una ricerca: l’antropologia nella Bibbia e nella Tradizione (l’Antropologia prima e dopo il Vaticano II ). Antropologia - Lezione 8^.

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Antropologia - Lezione 8^

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Presentation Transcript


  1. Capitolo I Storia di una ricerca: l’antropologia nella Bibbia e nella Tradizione (l’Antropologia prima e dopo il Vaticano II) Antropologia - Lezione 8^

  2. Per fortuna sono cristiano! Il cristianesimo mi mantiene con qualcosa di giovanile e allegro, di appagato, di gradito, di sereno. Alla presenza sempre viva di Cristo devo il fatto di non ribollire di collera nei riguardi degli altri e di me stesso. Questa è la mia fortuna, anomala, impensata: essermi stato dato di credere in Dio e in Cristo. Solo perché sono cristiano mi visita la felicità, strana vittoria. Solo grazie al cristianesimo non giro corrucciato, offeso, le strade diurne e notturne della città. Il cristianesimo è tranustanziazione, non degli elementi chimici ma dell’uomo. La metànoia. Questo è il grande miracolo di Cristo Dio: la trasformazione della persona. Fin dove può arrivare: alla richiesta di crocifissione con la testa all’ingiù di Pietro, che l’aveva rinnegato (N. Steinhardt, monaco rumeno, prigioniero nel lager)

  3. Ripresa della QUESTIONE: il deficit cristologico in antropologia (durato per secoli) Due motivi: Primo motivo: • la giustapposizione e separazione dei due piani • L’ipotesi (diventata tesi!) che Dio avrebbe creato una “natura pura”

  4. Sopra-natura E  natura Ha la sua teorizzazione all’interno della teologia manualistica che distribuisce così i trattati:

  5. Sopra-natura De Deo elevante De Gratia e natura De Deo creante

  6. Il deficit cristologico in antropologia è causa di unavisione non cristiana della persona, conricadute negativein molti settori della teologia. Ad esempio: • La teologia del matrimonio • La teologia del laicato

  7. Una traslocazione dell’umano nel divino o una innervatura del divino nell’umano? Teologia del matrimonio Sopra-natura: sacramento = la grazia di Cristo e natura: contratto = tria bona Can. 1055: il matrimonio è elevato alla dignità di sacramento ? = i cristiani non praticanti e non più credenti

  8. Teologia del laicato Sopra-natura la Chiesa “i consacrati” spazio sacro e natura  IL MONDO “i laici” spazio profano Tra la vita di un sacerdote e quella di un semplice uomo retto deve sussistere la stessa differenza che vi è tra il cielo e la terra (Pio X – Enciclica Haerent animo, 1908) Una vita santa non è un dono straordinario riservato a qualche persona, mentre le altre se ne andrebbero a mani vuote: la santità è il compito generale e il dovere comune per tutti (Pio XI – Enc. Rerum omnium, 1923).

  9. Sopra-natura E  natura Cristo NON c’è qui!

  10. Siccome non posso dare per scontato la vostra conoscenza dei testi patristici in cui si parla del Verbo creatore • consideriamo alcuni passi degli scritti dei Padri:

  11. S’Atanasio contro gli Ariani(Disc. 2,78-79: PG 26,311) Cristo è la Sapienza creatrice e le cose create portano la sua immagine In noi uomini e in tutte le altre cose si trova l’immagine creata della Sapienza (Cristo). Lui che è creatore non è oggetto di creazione. Lui dice “Chi accoglie voi, accoglie me” (Mt 10,40) poiché in noi è delineato il suo ritratto. Nelle cose create vengono prodotte la sua forma e la sua figura e cioè, in certo senso, lui stesso. La ragione per cui nelle cose create vi è lo stampo della Sapienza è perché il mondo conoscesse il Padre. Ciò che viene donato agli uomini non è la natura divina della Sapienza, che è in sé indivisa e unigenita, ma la sua immagine che risplende nel creato. La Sapienza creatrice è il modello della sapienza creata e sparsa nel mondo.

  12. Pietro Crisologo(Disc. 117: PL 52,520-521) Il Primo Adamo fu creato dal secondo Adamo, dal quale ricevette l’anima per vivere. È il secondo Adamo che plasmò il primo e gli impresse la propria immagine. E così venne poi che egli ne prese la natura ed il nome, per non perdere ciò che egli aveva fatto a sua immagine. C’è un primo Adamo e c’è un ultimo Adamo. Il primo ha un principio, l’ultimo non ha fine. È proprio quest’ultimo infatti ad essere veramente il primo, dal momento che dice: “Sono io, io solo, il primo e anche l’ultimo” (Is 48,12)…

  13. Fa poi un’applicazione alla ri-creazione battesimale: Quelli che la sorgente fangosa aveva messo al mondo nella povera condizione di terrestri, il nuovo fonte partorisce celesti e li conduce alla somiglianza del loro divino autore. Perciò, ormai rigenerati, ormai riformati a immagine del nostro creatore… portiamola tutta l’immagine del nostro Autore, portiamola con totale somiglianza, non nella maestà che a lui compete, ma in quella innocenza, semplicità, mitezza…

  14. Secondo motivo del deficit cristologico in antropologia Il modello amartiocentrico: la centralità del peccato

  15. La teologia manualistica porta in sé un altro forte condizionamento alla comprensione del-l’uomo e della salvezza: la sua impostazione amartiocentrica. al centro della storia sta l’esperienza dell’amartia, ossia del “peccato” La storia della salvezza si trova letteralmente divisa in «due»: due tempi, distinti e successivi, creazioneeredenzione. Questa prospettiva dà al peccato un ruolo centrale, considerandolo il perno attorno al quale lo sviluppo della salvezza ha effettivamente ruotato.

  16. Ecco l’esposizione della storia della salvezza: L’uomo, concretamente, è stato creato con unduplice fine (naturale e soprannaturale), ma storicamente ha peccato, precludendosi così la via alla salvezza, il raggiungimento del fine superiore e soprannaturale. Gli è ormai impossibile ottenere quella felicità piena per cui Dio lo aveva creato ed elevato  precisamente per questo Gesù Cristo entra nella storia: incarnandosi ridona la grazia all’uomo e lo salva. Ecco la redenzione.

  17. Schematicamente si può ricondurre la storia della salvezza al ritmo: creazione – peccato - redenzione (o grazia)

  18. Di fronte ad una simile esposizione il giudizio parrebbe spontaneamente positivo: non è forse avvenuto storicamente così? E, soprattutto,lo stessoracconto biblico non segue questo ordine? • Certo, lo sviluppo cronologico degli eventi è visibilmente stato questo. Tuttavia, ci si deve interrogare seriamente se questo è sufficiente per dire l’effettiva verità delle cose, oppure se l’assolutizzazione del ritmo cronologico non impedisca di vedere alcuni elementi e momenti essenziali della storia.

  19. In altri termini, elevare l’ordine storico o cronologico degli eventi a livello ontologico, ossia come ordine di comprensione sistematico, non haprecluso la loro comprensione? è avvenuto così: prima questo, poi quello; dunque la realtà è così: prima c’è questo, poi quello… primail peccato poi Cristo! Critica elenchiamo quattro motivi per cui il modello amartiocentrico ci appare insufficiente e riduttivo per leggere la storia della salvezza:

  20. come afferma il termine stesso, alcentro sta il peccato, non Gesù Cristo. Questo, dunque, sarebbe il perno della storia. L’effettivo «anno zero» sta nel peccato dell’Eden e non nell’incarnazione del Figlio. Ma è questo ultimo evento ad aver cambiato il corso della storia. Nell’impostazione amartiocentrica l’evento che ha determinato il senso e la direzione della storia è stato il peccato, non Gesù Cristo. 2)Ciò è talmente evidente che di Gesù Cristo si parla solo dopo il peccato. Anzi, lentamente si arriva a pensare che interviene proprio perché c’è stato il peccato: senza la colpa Cristo si sarebbe incarnato lo stesso?

  21. Questo interrogativo rimane senza alcuna risposta poiché rientra nell’ordine dei possibili e, dunque, delle ipotesi. Non possiamo fare la storia coi se e coi ma. Dobbiamo, infatti, accogliere la realtà così come si è data. Il problema che invece sta a monte di questa domanda è un altro: Gesù Cristo non ha alcun legame con l’uomo che non sia dovuto al peccato?  Ossia, prima ancora dell’atto dell’incarnazione o meno, non si dà alcun rapporto tra i due? Occorre, in positivo, recuperare l’originaria relazione Cristo-uomo che è quella costitutiva, quella che ha effettivamente determinato il corso ed il senso della storia.

  22. 3) Nella visione amartiocentrica Gesù Cristo entra solo «in un secondo tempo» nella vita dell’uomo: dopo e a motivo del peccato. All’ori-gine, invece, nel «primo tempo», pare non entrare in alcun modo. La conseguenza è che il ruolo di Cristo è ridotto a quello di Redentore. Il suo rapporto con il mondo, con l’uomo e con la storia è ricondotto unicamente a quello di redentore dal peccato.  Dunque, anche la sua presenza nel mondo è condizionata dal peccato.

  23. 4) Ma se questo non ci fosse stato, non solo l’uomo avrebbe potuto tranquillamente fare a meno di Lui, ma Cristo stesso non avrebbe avuto niente a che fare con la storia umana. A che titolo avrebbe potuto rivendicare un ruolo nella definizione dell’uomo (se non come Salvatore dal peccato/morte)? È, dunque, una tesi riduzionista anche dal punto di vista cristologico oltre che antropologico: impoverisce la figura-opera di Cristo

  24. Alcune considerazioni conclusive alla luce delle 4 critiche fatte: • la problematicità di questo modello soteriologico amartiocentrico s’intreccia • con la questione precedente della antropologia del duplice ordine

  25. Ne risulta che: il rapporto uomo-Cristo rimane “secondo” nella definizione di uomo. Dunque, estrinseco, aggiuntivo, e non costitutivo ed originario. Gesù Cristo non è il punto di partenza per la comprensione dell’uomo (Colui in cui è stato creato), bensì è un «di più».  E in questo senso, è qualcosa di cui si può anche fare a meno. Vi si può prescindere senza perdere nulla di essenziale.

  26. L’uomo “cristiano” è creato, pensato, capito anche a prescindere da Gesù Cristo. • Gesù entra in campo solo dopoil peccato. Ciò implica: dal punto di vista cristologico una dimenticanza completa del ruolo originario di Gesù Cristo nella creazione.  L’affermazione “Egli è Colui nel quale tutte le cose sono state create”: diventa una tesi filosofica. Dal punto di vista antropologico: l’uomo è descrivibile a partire dall’azione creatrice, è un qualcosa che Dio ha «fatto». E, dunque, può realizzarsi da se stesso, ad un piano puramente naturale.

  27. L’intervento di Gesù Cristo viene a colmare il vuoto in cui era caduto con la colpa, serve a riequilibrare una lacuna, non a definire l’essenza, la natura del progetto divino.  Così, però, si insinua la convinzione che, senza il peccato, l’uomo avrebbe comunque potuto realizzarsi anche senza di Cristo.

  28. Bilancio In definitiva, sia la teologia del duplice ordine che la prospettiva amartiocentrica(non cristocentrica) trovano il loro limite fondamentale nella pretesa di definire l’uomo a prescindere da Cristo. Poi non si recupera più il rapporto con Lui, se non come un qualcosa di “secondo” che, però, rimane estrinseco. In questo modo, inevitabilmente parlano dell’uo-mo in dipendenza di qualche precompren-sione filosofica o culturale e fanno apparire aggiuntivo ciò che Cristo dà all’uomo.

  29. Prospettive aperte prima del Concilio • Se il limite del percorso storico – fissatosi rigidamente soprattutto nella teologia manuali-stica – risiede nell’insufficienza del riferimen-to cristologico • si intuisce che il recupero coerente della centralità di Cristo fornirà un nuovo puntodi partenza • ripensare l’antropologia a partire da Gesù Cristo, quale criterio interpretativo di tutto l’umano,piuttosto che da un concetto previo di “natura” • ciò aprirà la possibilità di un nuovo e fecondo incontro anche con la cultura.

  30. CONCLUSIONE DALLA STORIA DELL’ANTROPOLOGIA: «La prospettiva che si ricava dalla storia prevede non solo il superamento della separazione tra il De deo creante et elevante e il De Gratia, ma il ripensamento sistematico di tutti itemi antropologici a partire dal cristocentrismo e in particolare dalla tesi dellapredestinazione di tutti gli uomini in Cristo» (F.G.Brambilla)

  31. L’antropologia teologica nel Concilio Vaticano II

  32. L’immediatopreconcilio I contributi di: M. Flick K. Rahner

  33. Le istanze da affrontare in Concilio: 1) la svolta antropologica in teologia ha reso necessario ridare unità al tema rispetto alla trattazione frammentata della manualistica 2) la priorità diun orientamento teologico, non filosofico (recuperando la rivelazione biblica come punto di riferimento) 3) il superamentodel limite costantemente rimarcato: la perdita del cristocentrismo e dell’orizzonte storico-salvifico, di fronte ad una visione astratta dell’uomo.

  34. Una correzione né improvvisa, né istantanea! Il decennio precedente il Vaticano II fu la fucina di pensiero che raccoglie i fermenti da tempo presenti nella cultura e prepara il terreno anche all’interno della chiesa per quel passaggio di mentalità che avverrà col Concilio stesso e che cercherà in seguito di maturare. 1955: la prima proposta di rivisitazione del manuale classico Maurizio Flick,«La struttura del Trattato “De Deo creante et elevante”», Gregorianum 36 (1955) 284-290.

  35. chiede una «revisione» del manuale, di cui denuncia due evidenti limiti: • la mancanza di unità tra i momenti che lo compongo (creazione, PO, giustificazione, grazia) • e il taglio “filosofico” con cui si tratta della creazione: «quella serie di tesi che vanno dalla creazione del mondo all’Immacolata Concezione sembrano legate tra loro in modo piuttosto estrinseco. Inoltre, è assai difficile comprendere il valore propriamente teologico del De Deo creante, in cui si ha l’impressione che si cerchi soltanto una confermaex fontibus revelationisdi verità già dimostrate in teodicea o in psicologia»

  36.  Flick riconduce questi limiti alla «storia della formazione» del trattato, che si è composto in «modo quasi fortuito» in seguito alla contro-versia baianista(la “natura pura”). • Contrappone la convinzione che è possibile«arrivare ad un’intrinseca ed organica unità di tutto il trattato soltanto dando ad esso, nella sua totalità, un’impostazione strettamente teologica». L’obiettivo è di ritornare al senso teologico del trattato sulla creazione ritrovando, coerente-mente, il nesso tra creazione dell’uomo e la chiamata all’ordine sovrannaturale.

  37. Per recuperare il valore teologico della creazione, Flick la collega alla historia salutis, ossia a quella «serie progressiva d’interventi di Dio che hanno per fine di portare l’umanità a vivere pienamente la vita di grazia in Cristo, nella Gerusalemme celeste». • Secondo la tradizionepiù recente«ilcentrodi quest’historia salutis è l’incarnazione redentiva», il «termineè segnato dal ritorno di Cristo giudice» e «l’inizio,secondo non pochi autori è la vocazione di Abramo».

  38. Dunque, nei trattati recenti è positivo il recu-pero della nozione di storia della salvezza, ma è ancora parziale: • La creazione non rientra nella “serie” delle azioni salvifiche di Dio • confermando ulteriormente il suo carattere non teologico, quasi fosse semplicemente la “premessa” per l’intervento salvifico.

  39. Flick si distacca dai luoghi comuni e recupera la tradizione antica di Agostino che, nel De civitate Deirisale fino alla creazione: «questo primo articolo infatti non è una specie di “portico dei gentili” in cui ci incontriamo coi filosofi in un terreno neutro per la fede. Già professiamo in esso di credere al Dio Uno e Trino che ha creato il mondo per collocarvi il genere umano elevato all’ordine soprannaturale».  Flick recupera il legame originario tra crea-zione e storia della salvezza, riconoscendo nella creazionela prima tappa di questo progetto divino.

  40. Titolo: se la creazione è già l’inizio della sal-vezza, Flick propone che il trattato sulla creazione venga chiamato non piùDe Deo creante et elevante, maDe primordiis Salutis (= sugli inizi della Salvezza). Lo schema del trattato diviene il seguente:  la creazionedel mondo materiale, che insiste sulla «totale dipendenza del mondo da Dio», piuttosto che «sull’analisi del concetto filosofico di creazione»  l’uomocollocato nel mondo materiale, rispetto al quale emerge il suo “primato”; attenzione alla sua struttura – anima e corpo – e discendenza di tutti da un’unica coppia

  41.  la vocazione a vivere la vita della grazia: la descrizione della vita paradisiaca di Adamo ed Eva = «si ha un’immagine dell’“historia salutis” quale sarebbe stata se il peccato non fosse avvenuto»  la risposta umana: il peccato di Adamo ed Eva con il conseguente stato di peccato per tutti gli uomini  gli angeli, quali aiuto per la salvezza;  La Mariologia ormai costituiva già un trattato a se stante.

  42. 1957:Karl Rahner  Un secondo intervento autorevole è quello di K. Rahner nella voce Antropologia teologica per ilLexikon für Theologie und Kirche • dopo due contributi dedicati all’antropologia dal punto di vista biblico e filosofico, Rahner presenta la prospettiva teologica, in un articolo che porta per la prima volta il titolo “antropologia teologica”: una disciplina ancora inesistente all’epoca! • critica la persistente frammentazione della materia, suddivisa in diversi trattati, e propone una sistema-tizzazione coerente ed unitaria, che prenda le mosse da un comune punto di partenza:

  43. «La costruzione propriamente detta dell’antropologia (teologica) non è ancora avvenuta. La antropologia viene ancora ripartita nei differenti trattati senza un’elaborazione del fondamento sistematico della sua totalità. La antropologia nel senso qui indicato è ancora un compito non realizzato dalla teologia, naturalmente non nel senso che le affermazioni concrete e di contenuto di tale antropologia debbano ancora essere trovate per la prima volta – si tratta per supposto di affermazioni della rivelazione sull’uomo -, ma nel senso che la teologia cattolica ancora non ha sviluppato nessuna antropologia completa partendo da un punto di vista originario»

  44. Tale punto di partenza dev’essere «teologico» (non filosofico) e «dogmatico» (non di teologia fondamentale) = si tratta di definire che cosa è l’uomo a partire dalla rivelazione. L’unico punto di partenza che soddisfa tutte queste caratteristiche è l’affermazione che l’uomo è un essere interpellato da Dio nella storia. Tale chiamata di Dio alla comunione con Lui è la sua stessa comunicazione libera e per grazia.  Questo costituisce dal punto di vista dogmatico il punto di partenza per definire l’essere umano: l’uomo si trova sempre nell’«esistenziale soprannaturale».

  45. Rahner abbozza una distribuzione ipotetica della materia nel trattato di antropologia teologica. • Ne indica i quattro punti fondamentali: La connotazione creaturale dell’uomo: è interpellato da Dio proprio perché non è Dio. La condizione creaturale è caratterizzata dalla sua originaria apertura di fronte a Dio. L’uomo è un uditore della Parola.

  46. Immediatamente, però, occorre affermare che l’uomo si trova, subito, come creatura aperta a Dio, nell’ordine della grazia. Grazia che è anzitutto l’autocomunicazionepersonaledel Dio triunitario.  Si pone sin dall’origine il rapporto natura / grazia, non in un momento posteriore, poiché l’esistere nell’ordine di grazia dell’autocomu-nicazione di Dioappartiene all’essenzastessadell’essere umano concreto. Non basta la nota della creaturalità a definire l’uomo (= uomo creatura di Dio), ma: uomo creato nella grazia di Dio

  47. Questo uomo, creato nell’ordine di grazia dell’autocomunicazione di Dio, è un essere storico. Ciò cosa comporta? che la sua interpellazione avviene nella sua realtà di famiglia, di determinazione sessua-le, di etnia, di cultura,di personalità ecc. • questo uomo storico da una parte è chiamato alla vita divina, dall’altra è un uomo peccatore • l’interpellazione si realizza storicamente: dentro la storia, in modo storico (parole/gesti), secondo le leggi della storia (es. le età della vita e la risposta alla vocazione)

  48. Il rapporto Cristo/uomo Rahner riprende l’idea di Flick. L’interpellazione storica che Dio rivolge all’uomo, non gliela rivolge soltanto nella previsione che il Suo Figlio dovrà incarnarsi, ma accade proprio in quel fatto L’incarnazione è lo spazio di chiamata e autocomprensione dell’uomo  pur avendo “effetti retroattivi” fino alla creazione in Cristo.

  49. La grande interpellazione all’uomo storico è Dio cheentra nella storia (= Marco 1,15: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo»). • Spesso in teologia si è partiti dal fatto che si sapeva già che cosa fosse l’uomo - dice Rahner - senza mettere in discussione la definizione di uomo alla luce di Cristo. • Bisogna invece ritornare alla mentalità dei Padri della Chiesa, dove è la stessa defini-zione di uomo a essere messa in gioco, quando si parla del rapporto con il Cristo incarnato e non soltanto la sua eventuale redenzione.

  50. Si noti, infine, che in un altro articolo del Lexikon sulla Grazia, Rahner sostiene che bisogna leggere anche il trattato sulla grazia in luce cristologica: • l’oggetto del trattato sulla grazia non è “la grazia” (come un quid entitativo), ma l’uomo in quanto riceve questa grazia, l’uomo in quanto riceve l’autocomunicazione del Dio Triuno (la grazia è l’uomo cristificato)  dunque non fare della grazia un’entità sepa-rata dall’uomo che è il destinatario di questa autocomunicazione divina

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