1 / 11

Cosa significa la parola “partigiano”?

Cosa significa la parola “partigiano”? Quando agirono, dove e da chi erano costituite le brigate partigiane? Lotta partigiana in Valle Trompia Chi erano le “staffette partigiane”? La testimonianza del partigiano Ferremi Luigi, classe 1924.

lucas
Télécharger la présentation

Cosa significa la parola “partigiano”?

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Cosa significa la parola “partigiano”? • Quando agirono, dove e da chi erano costituite le brigate partigiane? • Lotta partigiana in Valle Trompia • Chi erano le “staffette partigiane”? • La testimonianza del partigiano Ferremi Luigi, classe 1924

  2. Un partigiano è un combattente armato che non appartiene ad un esercito regolare ma ad un movimento di resistenza e che solitamente si organizza in bande o gruppi, per fronteggiare uno o più eserciti regolari, ingaggiando una guerra "asimmetrica". Letteralmente significa "di parte", ovvero persona schierata con una delle parti in causa. In Italia, con il termine "partigiano" ci si riferisce ai protagonisti della Resistenza durante la Seconda guerra mondiale. Per "lotta partigiana" si intende una guerra di difesa contro l'occupazione militare, di un territorio. Ciò che contraddistingue il partigiano dal soldato, oltre all’irregolarità, è la sua natura territoriale, legata alla difesa della zona nella quale egli vive.

  3. Queste formazioni operarono nel periodo compreso tra l'8 settembre 1943 e la fine delle ostilità (primi di maggio del 1945). L'origine delle formazioni partigiane ebbe due percorsi, intrecciati tra loro: uno politico antifascista e uno militare. All’inizio esistevano delle bande di partigiani, ovvero aggregazioni nate prevalentemente da scelte fatte dagli ex-militari dopo lo scioglimento, avvenuto l’8 settembre 1943, delle Regie Forze Armate presenti nei territori del Centro-nord Italia e nei territori di occupazione militare italiana come i territori della zona balcanica. Agli ex - militari sbandati si affiancarono gli antifascisti attivi, gli ex inviati al confino, gli esiliati e gli espatriati all’estero. Nacquero così, per primi al centro-nord, i "battaglioni Garibaldi“:erano brigate d’assalto che dovevano essere immediatamente operative. Le prime formazioni si modellarono via via , richiamandosi alle forze politiche nazionali dal novembre 1943 fino agli ultimi giorni dell’aprile 1945. Una tappa significativa fu il 9 giugno1944, quando nacque il “Comando generale del Corpo Volontari della Libertà” con sede a Milano dove c’erano i vertici delle principali organizzazioni partigiane. Nel corso della lotta di Resistenza le formazioni si accorparono e si suddivisero, secondo le situazioni presenti nelle varie “aree operative”, con criteri e dimensioni diverse.

  4. Dopo l’8 settembre, la valle fu percorsa da soldati allo sbando, prigionieri in fuga, e si costituirono i primi organismi di coordinamento dell’antifascismo. I monti valtrumplini (Croce di Marone, Colma di Zone, Croce di Pezzolo) divennero teatro d’azione di vari gruppi di partigiani e ribelli. Nell’ottobre 1943, agendo nottetempo, i rivoltosi bisognosi di armi e munizioni, rubarono un consistente numero di armi alla fabbrica Beretta. Già la mattina del 7 ottobre alcuni antifascisti che lavoravano in Beretta vennero tratti in arresto e successivamente rilasciati perché considerati colpevoli del furto. Il mese successivo camicie nere supportate da tedeschi attaccarono le formazioni avversarie e sgombrarono dai partigiani Croce di Marone e Colma di Zone. Venne costituito, sempre nel novembre 1943, un battaglione partigiano denominato “Valtrompia”, affidato al comando di Giuseppe Pelosi. A fine mese i nazifascisti rastrellarono i monti dell’alta valle, e il 13 dicembre numerose camicie nere diedero la caccia ai nemici sulle alture sopra Gardone. Il 1943 si chiuse con una sostanziale vittoria dei repubblicani di Salò. Ma nel 1944 i partigiani si rafforzano costituendo diverse brigate comuniste, socialiste e cattoliche. L’alta valle cadde in mano partigiana; a Gardone fascisti e tedeschi posizionarono una sbarra che di fatto divideva in due la valle. Il 24 giugno nelle vicinanze del monte Guglielmo si verificò uno scontro tra partigiani e nazifascisti, che risultò favorevole ai secondi che catturarono alcuni giovani partigiani. Il 15 agosto fu contrassegnato da un altro fatto di sangue a Bovegno, dove persero la vita 15 persone. Frattanto le fabbriche d’armi, che in tempo di pace producevano fucili da caccia, vennero convertite alla produzione militare e il personale aumentò di numero, grazie al lavoro delle donne. Il personale di tutte le fabbriche che in qualche modo potevano essere utili alle forze armate venne aumentato considerevolmente, mentre rallentava la produzione in quelle aziende non strategiche per la guerra.

  5.  Nel 1944 si intensificarono i bombardamenti alleati, incoraggiati dalle carenti difese anti-aeree e dalla presenza in Valle Trompia di numerose fabbriche utili per il conflitto. Gardone fu tra i centri presi di mira in quanto fu bombardato per ben tre volte. Frattanto i tedeschi, che cominciavano la “ritirata”, cercavano di aprirsi una via di fuga attraverso rastrellamenti e rappresaglie, in genere sostenuti dalle camicie nere. Il 19 aprile 1945  in un combattimento sul Sonclino, sopra Lumezzane, restarono sul campo 18 vittime tra i partigiani; dalle fonti in nostro possesso non vengono menzionati caduti tra i fascisti. Lo stesso giorno le principali fabbriche gardonesi si fermarono per uno sciopero. Il 25 aprile a Gardone la partita non pareva tuttavia ancora conclusa: la presenza in paese di guastatori tedeschi indicavano l’intenzione di minare la Beretta; dopo una difficile trattativa, lo stabilimento venne risparmiato. Alcuni morti su entrambi i fronti si registrarono non solo durante tutto il 1944 e i primi mesi dell’anno dopo, ma anche nei giorni immediatamente successivi al 25 aprile 1945, contemporaneamente al ritiro dei tedeschi che risalivano la provinciale verso l’alta valle.

  6. Tra gli eccidi più gravi ci fu quello di Lumezzane, dove vennero massacrati dalla brigata comunista di Tito Tobegia undici persone. Sul sentiero che porta alla Corna del Sonclino, sul monte S.Bernardo a Lumezzane Pieve,troviamo una lapide a ricordo dei partigiani uccisi a Lumezzane. Immagine di un “rastrellamento” fascista

  7. I primi corrieri e informatori partigiani furono le donne. Inizialmente portavano, assieme agli aiuti in viveri e indumenti, le notizie da casa e le informazioni sui movimenti del nemico. Ben presto questo lavoro spontaneo venne organizzato, ed ogni distaccamento si creò le proprie staffette, che si specializzarono nel fare la spola tra i centri abitati e i comandi delle unità partigiane.Le staffette costituirono un ingranaggio importante della complessa macchina dell'esercito partigiano. Senza i collegamenti assicurati dalle staffette le direttive sarebbero rimaste lettera morta, gli aiuti, gli ordini, le informazioni non sarebbero arrivati nelle diverse zone. Delicato e duro, quasi sempre pericoloso era il loro lavoro; anche quando non attraversavano le linee durante il combattimento, sotto il fuoco del nemico, dovevano, con materiale pericoloso, talvolta ingombrante, salire per le scoscese pendici dei monti, attraversare torrenti, percorrere centinaia di chilometri in bicicletta o in camion, spesso a piedi, non di rado sotto la pioggia e l'infuriare del vento.

  8. TESTIMONIANZA DEL PARTIGIANO FERREMI LUIGI: Quando scoppiò la seconda guerra mondiale io avevo 16 anni. Alcuni giovani di Agnosine erano già soldati di leva, altri furono mandati al fronte in Grecia, in Albania, in Francia e in Africa. Nel 1942 mio fratello Rino partì per la Russia con tanti suoi coscritti del paese. Nel 1943 fui mandato a Gargnano per l’addestramento; l’8 settembre quando fu firmato l’armistizio l’esercito si trovò senza comando. Io riuscii a scappare e attraverso la Valvestino, a piedi, ritornai ad Agnosine; avrei dovuto consegnarmi al comando Fascista o alla caserma Papa, sede del battaglione Monterosa, ma mi rifiutai. Ero così “sbandato” e lavoravo a Lumezzane presso un artigiano, dove vivevo nascosto. Nel Febbraio 1944 un ordinanza chiedeva ai soldati allo sbando di consegnarsi ad un distretto altrimenti potevano essere fucilati: l’artigiano mi licenziò per timore. Insieme a cinque compaesani mi consegnai e fui imprigionato presso la caserma Papa; dopo una settimana fui mandato in un campo di concentramento a Bergamo. Venti giorni dopo, fui invitato a Cuneo: ogni giorno andavamo a Col di Tenda a caricare i camion di polvere da sparo che veniva poi spedita in Germania. Dopo un mese, fui trasferito a Firenze dove scaricavo munizioni sotto i bombardamenti. Il 22 giugno 1944, durante un bombardamento, riuscii a fuggire e, a piedi, percorsi gli Appennini; feci ritorno a casa dopo tre giorni. Ero ricercato come “ fuorilegge” dai soldati tedeschi: i miei genitori, quando venivano interrogati, dicevano di non sapere dove fossi.

  9. Vivevo nei boschi, sui monti di Agnosine e dormivo nei fienili; di notte facevo delle scappatine a casa per prendere del cibo. Nel paese, soldati tedeschi e fascisti ogni tanto facevano i rastrellamenti alla ricerca di partigiani e di “sbandati” come me. C’era una rete di aiuto fra i paesani per avvertire chi doveva scappare. Per sapere dove fossi o per avvisarmi che il pericolo era passato, mio papà chiamava “Bubà” ed io rispondevo. Parecchie volte riuscii a fuggire, magari scalzo, per i prati nascondendomi nei fienili; una volta mi salvai su un tetto. Nell’autunno 1944 lavoravo in un roccolo sottostante la chiesina di S. Giorgio insieme al mio amico di Lumezzane, Faustino. Una mattina fu organizzato un rastrellamento perché la strada lì sotto era considerata importante ( conduceva a Brescia e sul Maniva). Faustino fu catturato nel fienile adiacente alla chiesetta; i tedeschi, vedendo l’impronta nel pagliaio di un’altra persona, volevano sapere dove fossi. Io ero riuscito a nascondermi fra le rocce; vidi il mio amico catturato, scortato dai soldati, che veniva portato via. Io ero disperato e scesi in paese a dare la triste notizia; Faustino, fortunatamente, a Mura venne poi liberato e fece ritorno: l’avevamo scampata bella! Trascorsi l’inverno molto rigido e nevoso sui monti di Lumezzane tagliando la legna. In Aprile cominciammo a vedere i fascisti che scappavano e colonne di soldati tedeschi che battevano in ritirata. Il 25 Aprile la radio annunciò la fine della guerra: tornai a casa, libero e felice di essere vivo. Non si può raccontare cosa vuol dire vivere nel terrore di essere uccisi o che potessero far del male ai tuoi familiari, senza avere alcuna colpa; il freddo e la fame non erano nulla in confronto.

  10. Nell’Agosto 1945 fece ritorno a casa anche mio fratello Rino dalla campagna di Russia; molti suoi compagni invece risultavano morti o dispersi. Ci raccontò le atrocità viste e subite. Beffa del destino …. Nel 1946 fui chiamato alle armi perché non avevo assolto l’obbligo del servizio militare: fui così mandato a Brescia, poi a Trani dove facevo il trombettiere.Ricordatevi, ragazzi che la GUERRA è un cosa brutta per tutti.

  11. FINE …

More Related