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ANALISI DELLE INTERAZIONI NON VERBALI 21 maggio 2002

ANALISI DELLE INTERAZIONI NON VERBALI 21 maggio 2002. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA. LABORATORIO DI ANALISI DELL’INSEGNAMENTO 14-31 maggio 2002. a cura di DAVIDE PARMIGIANI. IL PERCORSO.

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ANALISI DELLE INTERAZIONI NON VERBALI 21 maggio 2002

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Presentation Transcript


  1. ANALISI DELLEINTERAZIONI NON VERBALI21 maggio 2002 UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI GENOVA FACOLTA’ DI SCIENZE DELLA FORMAZIONE CORSO DI LAUREA IN SCIENZE DELLA FORMAZIONE PRIMARIA LABORATORIO DI ANALISI DELL’INSEGNAMENTO 14-31 maggio 2002 a cura di DAVIDE PARMIGIANI

  2. IL PERCORSO Prospettiva della formazione degli Animatori-formatori-facilitatori-mediatori VEDERSI: analisi delle sensazioni cinestetiche RACCONTARSI: narrare le proprie sensazioni metacomunicando PERSONALMENTE: sviluppare capacità autovalutative IN GRUPPO: feed-back multiplo

  3. AVVIO E SENSIBILIZZAZIONE Attraverso piccoli esercizi motori (comunica con le mani, i ciechi a spasso, la cosa, la maschera) tratti dai testi di E. Spaltro, Giochi psicologici, e di M. Jelfs, Tecniche di animazione, il relatore intende avviare e sensibilizzare i partecipanti ad alcune forme di comunicazione non verbale che, solitamente, non vengono notate ma, soprattutto, non assurgono a livello di coscienza e, quindi, a un buon grado di consapevolezza negli educatori. Al termine degli esercizi è opportuno verbalizzare le sensazioni vissute dai partecipanti allo scopo di creare un canale semiotico-ermeneutico fra il codice analogico e quello numerico. Nei riquadri sottostanti sono raccolte alcune sensazioni riportate dagli studenti. SENSAZIONI DEI PARTECIPANTI Attenzione per gli altri sensi paura terrore Diffidenza emozione panico inibizione gioia fiducia divertimento Insicurezza iniziale curiosità blocco

  4. ESERCITAZIONE CENTRALE Come nella tradizione del microteaching, tre studenti, a turno, condurranno micro-lezioni di argomenti vari. Il focus sarà centrato sui comportamenti non verbali dell’”insegnante in prova”, anche perché, a sua insaputa, il relatore istruirà gli “alunni” a tenere un atteggiamento premeditato, precisamente: Alunni attenti, ma silenziosi, che non reagiscono ad alcuno stimolo Alunni disattenti, disinteressati alla lezione Alunni che fanno capire all’”insegnante” che non interessa loro l’argomento e che intendono andarsene. Il relatore videoregistrerà l’”insegnante” durante tutta la sua performance, ma la re-visione avverrà solo dopo la discussione.

  5. DISCUSSIONE Gli studenti, organizzati in piccoli gruppi, enucleano le tematiche principali sottolineando gli aspetti più significativi. SENSAZIONI DELL’“INSEGNANTE” All’inizio imbarazzo e disagio; difficoltà per l’impossibilità a interagire. Difficoltà nella lettura e nell’interpretazione dei feed-back degli alunni. Fastidio per la videocamera. SENSAZIONI DEGLI “ALUNNI” Vago senso di cattiveria e difficoltà di fronte all’imbarazzo dell’ “insegnante”; ANNOTAZIONI NON VERBALI Le mani dell’insegnante denotavano una forte tensione; un’insegnante abbassava gli occhi, l’altra, invece, cercava sostegno negli occhi degli alunni. ANNOTAZIONI DIDATTICHE Riconoscimento dell’utilità dei sussidi e della ricerca dell’interazione; gli atteggiamenti dei bambini indicano all’insegnante in che modo procedere, può capire se la lezione è strutturata secondo le esigenze dei bambini. • Lo scopo principale dell’esercitazione è quello di sensibilizzare gli studenti alla valenza educativa evidenziata • da Watzlawick degli assiomi della comunicazione riguardanti: • L’impossibilità di non comunicare • L’utilizzo nella comunicazione umana di moduli numerici e analogici • La compresenza nelle interazioni di messaggi di contenuto e di relazione

  6. RIFLESSIONE Alcune citazioni per approfondire l’argomento LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA di P. Watzlawick PERCENTUALI DEL MESSAGGIO di A. Mehrabain LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE di R. Stevens COMUNICAZIONE E EDUCAZIONE di M. Contini DALLE PAROLE AL DIALOGO di G. Colombero INTRODUZIONE ALLA DINAMICA DI GRUPPO di J. Luft LA COMUNICAZIONE IN AULA di C. Amplatz CENTRO STUDI E RICERCHE DI PSICOLOGIA DELA COMUNICAZIONE di L. Anolli

  7. La comunicazione è determinata dall’apporto attivo di tutto il nostro corpo. In quale percentuale la voce, il viso, le mani incidono sull’efficacia del messaggio? Albert Mehrabain ha cercato di suddividere i messaggi, per evidenziare in che misura ogni componente connota la comunicazione umana. Cliccando su questa immagine potrete accedere al sito del centro studi di psicologia della comunicazione dell’università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Sebbene l’impronta scientifica delle ricerche sia tipicamente psicologica, l’educatore e l’insegnante possono trarre suggerimenti utili per il loro lavoro.

  8. LA PRAGMATICA DELLA COMUNICAZIONE UMANA di P. Watzlawick 1° ASSIOMA Comunque ci si sforzi, non si può non comunicare. L’attività o l’inattività, le parole o il silenzio hanno tutti un valore di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono non rispondere a queste comunicazioni e in tal modo comunicano anche loro. (pag. 42) 2° ASSIOMA Ogni comunicazione implica un impegno e perciò definisce la relazione. E’ un altro modo per dire che una comunicazione non soltanto trasmette informazione, ma al tempo stesso impone un comportamento. (…) L’aspetto di notizia è sinonimo del contenuto del messaggio. (…) L’aspetto di comando si riferisce alla relazione tra i comunicanti. (pag. 44-47) 4° ASSIOMA Nella comunicazione umana si hanno due possibilità di far riferimento agli oggetti: o rappresentarli con un immagine o dar loro un nome. (…) Questi due modi di comunicare sono equivalenti ai concetti di analogico e numerico. (…) Gli esseri umani comunicano sia con il modulo numerico che con quello analogico. Il linguaggio numerico ha una sintassi logica assai complessa e di estrema efficacia ma manca di una semantica adeguata nel settore della relazione, mentre il linguaggio analogico ha la semantica ma non ha alcuna sintassi adeguata per definire in un modo che non sia ambiguo la natura delle relazioni. (pag. 54-59) VAI ALLA 2aPAGINA RIFERITA AL TESTO DI WATZLAWICK

  9. LA METACOMUNICAZIONE Quando non usiamo più la comunicazione per comunicare ma per comunicare sulla comunicazione, gli schemi concettuali che adoperiamo non fan parte della comunicazione ma vertono su di essa. Definiamo, quindi, metacomunicazione, la comunicazione sulla comunicazione. (pag. 33) DEFINIZIONE DEL SE’ E DELL’ALTRO A livello di relazione gli individui definiscono implicitamente se stessi. Una persona P dà la definizione di sé a O. Qualunque cosa comunichi, il prototipo della comunicazione sarà: ecco come mi vedo in rapporto a te in questa situazione. La comunicazione umana consente tre possibili reazioni da parte di O alla definizione di P che ha dato di sé stesso. CONFERMA: accetta la definizione che P ha dato di sé stesso; RIFIUTO: rifiuta la definizione che P ha dato di sé stesso, ma il rifiuto presuppone il riconoscimento; DISCONFERMA: nega la realtà di P come emittente di tale definizione, tu non esisti. (pag. 75-82) ERRORI NELLA “TRADUZIONE” DEL MATERIALE ANALOGICO IN NUMERICO Il materiale del messaggio analogico ha molti aspetti contraddittori, si presta a interpretazioni numeriche assai diverse e spesso del tutto incompatibili. (…) Tutti i messaggi analogici sono invocazioni di relazione. (pag. 91-93) • LA TEORIA DEL DOPPIO LEGAME • Due persone sono coinvolte in una relazione significativa; • In un simile contesto viene dato un messaggio strutturato così: • Asserisce qualcosa; • Asserisce qualcosa sulla propria asserzione; • Queste due asserzioni si escludono a vicenda; • Si impedisce al ricettore del messaggio di uscir fuori dallo schema stabilito, • (…) egli non può non reagire ad esso, ma non può nemmeno reagire • in modo adeguato (non paradossale), perché il messaggio stesso è paradossale. • (pag. 208-210) VAI ALLA 1a PAGINA RIFERITA AL TESTO DI WATZLAWICK

  10. LA COMUNICAZIONE INTERPERSONALE di R. Stevens LA MIMICA LA CINESICA • LA MIMICA FACCIALE • Essa mostra lo stato emotivo di una persona con cui si interagisce, per • quanto essa possa cercare di mascherarlo. • (…) La mimica facciale può avere altri tre ruoli: • Fornisce una retroazione continua, informando se l’ascoltatore capisce, è sorpreso, è d’accordo,… • Costituisce il secondo canale d’informazione più importante… • Segnala agli altri gli atteggiamenti del parlante. • La mimica facciale può costituire una metacomunicazione, • modificando o commentando ciò che in quel momento viene detto o • fatto. • (pag. 66-68) • L’USO DEGLI OCCHI • Argyle sottolinea l’importanzadei seguenti punti: • Il contatto oculare e la direzione dello sguardo; • Lo sguardo come ricerca di informazioni; • Lo sguardo come segnale o tecnica sociale. • (pag. 113-124) • IL TOCCO E IL CONTATTO CORPOREO • Toccare e essere toccati è probabilmente un bisogno fondamentale • dell’uomo. • Si ricordino, a tal proposito, gli esperimenti di Harlow. • (pag. 70-75) • Lo studio della comunicazione mediante i gesti, le • posture e i movimenti del corpo si chiama cinesica. • I significati che in questo modo si possono • trasmettere rientrano in cinque categorie principali: • Informazione: servono per veicolare un’informazione al pari del linguaggio verbale; • Marcatori della comunicazione: servono ad accentuare o chiarire il significato di una parola; • Stati emotivi: servono per accompagnare l’umore e le emozioni di un individuo; alcuni gesti specifici accompagnano emozioni particolari anche in culture molto diverse tra di loro; • Espressione di sé: servono per dare un’immagine di sé; • Espressione di rapporti sociali. • (pag. 75-79) LA PROSSEMICA L’antropologo E. Hall ha coniato il termine proxemics per definire lo studio dell’uso che le persone fanno dello spazio sociale e personale. Hall ha scoperto che gli esseri umani non apprezzano l’intrusione nel proprio spazio personale, ma desiderano tenere gli altri a una distanza appropriata, variabile a seconda dell’occasione e del tipo di rapporto sociale. (pag. 80-83)

  11. LA COMUNICAZIONE IN AULA di C. Amplatz I LINGUAGGI NON VERBALI LA CINESICA LA PROSSEMICA • I linguaggi non verbali sono contraddistinti da: • Un’estrema sensibilità alle minime variazioni dei loro significanti; • Una caratterizzazione continua e non discreta di questi ultimi (i loro elementi non sono in numero definito e non sono distinti); • Una sintassi estremamente limitata (al contrario del verbale non possono esplicitare direttamente la negazione, la consequenzialità, la disgiunzione, …) • Sono quindi regolati da delle codificazioni deboli per cui la significazione è polisemica, ambigua, implicita, difficilmente definibile al di fuori del contesto. • (…) Tre principali funzioni: • La gestione della situazione sociale immediata; • Il supporto alla comunicazione verbale; • La sostituzione della comunicazione verbale. • (pag. 42-44) • La cinesica, fondata da Ray Birdwhistell all’inizio degli anni 50, si occupa dei movimenti del corpo come forme strutturate di linguaggio. • (…) Oggi si tende a suddividere la cinesica secondo due principali aree di comportamenti: • La microcinesica (soprattutto il volto); • La macrocinesica (la postura e la gestualità). • (…) Classificazione dei gesti secondo Ekman e Friesen: • Emblematici, hanno una traduzione verbale orale diretta; • Illustratori, accompagnano il parlato; • Regolatori della comunicazione, coordinano gli scambi verbali fra persone; • Espressivi di emozioni, comunicano stati d’animo; • Di adattamento, hanno funzioni di controllo e soddisfacimento di bisogni ed emozioni. • (pag. 50-58) • La prossemica studia i comportamenti spaziali degli individui, il modo, cioè, in cui nel rapporto interpersonale vengono a regolarsi spazi e distanze delle persone fra loro e in rapporto agli oggetti, e il loro valore linguistico. • (…) Fra le tipologie o classi di comportamento che si fanno riferimento al linguaggio prossemico, si possono menzionare: • Il contatto fisico; • Distanza o prossimità; • Intima (fino a 40 cm); • Personale (da 40 a 120 cm); • Sociale (da 120 a 360 cm); • Pubblica (da 360 cm in poi); • L’orientamento spaziale. • (pag. 45-49)

  12. INTRODUZIONE ALLA DINAMICA DI GRUPPO di J. Luft LA FINESTRA DI JOHARI Noto a sé ignoto a sé 1 aperta 2 cieca 1 si riferisce al comportamento e alla motivazione noti a sé e agli altri 2 si riferisce a ciò che gli altri possono vedere in noi e che noi ignoriamo 3 si riferisce ad aspetti che ognuno conosce di sé ma che non rivela ad altri 4 si riferisce a comportamenti e motivazioni di cui né l’individuo né gli altri sono consapevoli Noto agli altri 3 nascosta 4 sconosciuta Ignoto agli altri In un gruppo di recente formazione l’area 1 è molto piccola, non c’è molta interazione libera e spontanea. Via via che il gruppo cresce e matura, l’area 1 si espande perché ci si sente più liberi di esprimersi e di comunicare, l’area 3, di conseguenza, si contrae. L’area 2 si modifica più lentamente e in maniera diversificata, mano a mano che le aperture sono più consapevoli; l’area 4 si modifica ancora più lentamente. 1 2 2 1 3 4 4 3 All’inizio di un gruppo un gruppo maturo

  13. DALLE PAROLE AL DIALOGO di G. Colombero COMUNICAZIONE E EDUCAZIONE di M. Contini Limitare il significato di comunicazione nell’ambito dei rapporti interumani alla sola forma verbale è impoverirlo. (…) La parola è soltanto uno dei tanti veicoli comunicativi. (…) Si comunica con tutta la persona. Tutto il comportamento dice; si dice sempre, perfino il silenzio è detto eloquente. (…) corpo e comportamento sono linguaggio. (…) Specialmente nel primo incontro, si fa un’attenta lettura degli elementi di questo linguaggio quanto mai espressivo: i gesti, le facies, la voce, le mani, la posizione del corpo, il modo di parlare, lo sguardo, i silenzi,… (…) Il corpo ci offre una opulenza di vocaboli, di dettagli significativi, ricchi di valore semiotico per chi vuol conoscere la persona nel modo più ampio possibile. (…) Nell’organizzazione di un gruppo sociale e nelle relazioni fra i suoi membri il linguaggio gestuale ha una grande importanza e costituisce un vero linguaggio sociale. (…) Il gesto parla con immediatezza. (…) Il gesto è immagine e metafora, azione e simbolo; il gesto disegna e scolpisce, ritaglia spazio; parla alla mente per immagini; è trasparenza e evidenza. (pag. 36-40) Ci sembra opportuno soffermarci sull’”utilizzo pedagogico” del non verbale. (…) La scuola, in forza di una presunta validità esaustiva della parola, anche quando cerca di valorizzare l’espressione non verbale ne propone il relativo codice comunicativo solo come supporto alla verbalizzazione e lo confina spesso in aree marginali di tipo ludico-compensatorio. (…) Per la mancanza di una visione unitaria dei vari moduli di comunicazione, si procede a una dicotomizzazione del bambino, insegnandogli ad operare senza testa (gioco=svago=intervallo in cui sono ammessi i linguaggi corporei) e pensare senza corpo (seduti=inattivi con l’imposizione del linguaggio verbale e scritto). (…) Se si intende accordare spazio e legittimità al non verbale, occorre individuare le leggi più elementari che lo regolano per non collocarlo in una dimensione spontaneistica, fine a se stessa e perciò non funzionale alla comunicazione stessa. (…) E’ necessario instaurare la prassi di utilizzare i diversi tipi di linguaggio, combinandoli e “traducendo” in continuazione da un codice all’altro. (pag. 75-83)

  14. DECOMPRESSIONE Gli esercizi precedentemente proposti possono apparire innocui; invece, da un punto di vista relazionale, sono notevolmente ansiogeni. Sono necessari, quindi, alcuni momenti per scaricare le tensioni create dalla partecipazione. Si utilizzano, solitamente, esercizi di rilassamento non verbale di contatto, come il massaggio della pioggia o parlare in silenzio al buio.

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