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Fauna protetta

Fauna protetta. Lupo. Stambecchi. Aquila. Daino. Orso. Il Lupo Italiano. Caratteristiche fisiche, comportamento, habitat, territorio:.

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Fauna protetta

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Presentation Transcript


  1. Fauna protetta Lupo Stambecchi Aquila Daino Orso

  2. Il Lupo Italiano

  3. Caratteristiche fisiche, comportamento, habitat, territorio: Il Lupo (Canis lupus) è un mammifero placentato appartenente alla famiglia dei Canidi, ordine sistematico dei Carnivori. La specie è suddivisa in 13 sottospecie, differenti a seconda di caratteristiche fenotipiche, genetiche e comportamentali. Il Lupo, un tempo presente in quasi tutte le zone dell'emisfero boreale, nei secoli scorsi è stato perseguitato da una caccia indiscriminata che ne ha minacciato l'esistenza portando alcune specie sull'orlo dell'estinzione. Negli ultimi decenni sono stati avviati numerosi piani di protezione e re-introduzione, ma la caccia è ancora permessa in molti stati

  4. Caratteristiche fisiche: l Lupo ha arti lunghi, zampe larghe e un'ottima capacità di resistenza grazie alla quale può coprire oltre 30 km con un trotto costante alla velocità di 6 -10 km/h. L'odorato è il senso più sviluppato del lupo, il suo olfatto è infatti 100 volte più sensibile di quello dell'uomo e può individuare la sua preda ad un chilometro di distanza.. Benchè la loro vista notturna sia molto sviluppata non sono in grado di focalizzare oggetti lontani più di 23 metri circa. Il Lupo può udire l'ululato dei suoi simili a oltre 15 km di distanza, perché ha un udito molto sensibile ( 20 volte più dell'uomo ). Le mandibole possono esercitare una pressione di oltre 100 kg per cm2. Le larghe zampe sono dotate di 5 cuscinetti carnosi che a contatto con la neve si dilatano per offrire una base d'appoggio più ampia. Le dimensioni del Lupo variano a seconda della specie, ma generalmente questo animale ha la taglia di un grosso cane: i maschi mediamente sono lunghi 135-170 cm, mentre l'altezza al garrese varia da 45 a 90 cm ed il peso si attesta circa a 45-55 kg, con esemplari più grossi che arrivano anche a 65 kg. Le femmine sono più piccole.

  5. Habitat : Un tempo il Lupo era il predatore più diffuso sulla terra. Capace di sopportare temperature estreme e piuttosto abile nel cacciare prede di varie dimensioni: dall'alce al topo. Il Lupo può sopravvivere ovunque le sue prede siano sufficientemente numerose; evita solo le giungle tropicali ed i deserti. Oggi è diffuso soprattutto nelle regioni più remote dell'emisfero boreale. Per trovare cibo a sufficienza in un territorio inospitale o deserto, un branco può arrivare ad occupare un territorio di 2500 kmq.

  6. Origini del Lupo in Italia: Il Lupo italiano era stato in passato ascritto alla sottospecie italicus, ma recenti indagini genetiche hanno smentito la validità di tale sottospecie. Lupo e cane (Canis lupus familiaris) appartengono alla stessa specie polimorfica e sono quindi tra loro interfecondi. La specie si è evoluta probabilmente nell’Europa centro-settentrionale, diffondendosi successivamente in tutto l’emisfero settentrionale fino a raggiungere il nord America. Fino al secolo scorso la popolazione italiana risultava in continuità con le altre popolazioni europee; l’attuale isolamento geografico e genetico che caratterizza la residua popolazione italiana è quindi recentissimo e, insieme alla straordinaria mobilità che caratterizza questo carnivoro, è all’origine del ridotto differenziamento genetico che è stato rilevato nel lupo italiano e quelli dell’Europa centro-orientale.

  7. DISTRIBUZIONE DEL LUPO IN EUROPA

  8. Distribuzione geografica del Lupo in Italia: Il Lupo è uno dei mammiferi selvatici con la distribuzione geografica più estesa. L’area di originari, infatti, interessava gran parte dell’emisfero settentrionale e comprendeva l’intero continente nord-americano ed eurasiatico. In seguito alla persecuzione operata dall’uomo, ha progressivamente ridotto il suo areale, fino a risultare estinto, nel secolo scorso, da tutta l’Europa centrale e settentrionale. Un quadro articolato e completo della evoluzione del popolamento di lupo in Italia è quello presentato nella relazione introduttiva "Evoluzione della popolazione di lupo in Italia dal 1900 ad oggi" al Convegno di Sanremo (30 novembre 2000, "Grandi carnivori e attività umane: come gestire i conflitti") i cui Atti sono in pubblicazione a cura dell'E.N.P.A.

  9. Status e Conservazione del Lupo in Italia: Nonostante il numero dei lupi in Italia abbia mostrato negli ultimi decenni un costante e progressivo aumento, la specie resta minacciata per la limitata consistenza complessiva della popolazione presente sulle montagne dell' Italia, che è stimata in 400-500 individui. Il principale fattore di minaccia è rappresentato dalla persecuzione diretta operata dall’uomo.Attualmente si stima che 50-70 lupi vengano uccisi illegalmente ogni anno, con un impatto sulla popolazione superiore al 10%.

  10. Ecologica e etologia del Lupo. l Lupo è una specie particolarmente adattabile, come risulta evidente dalla sua amplissima distribuzione geografica; frequenta quasi tutti gli habitat dell’emisfero settentrionale, con le uniche eccezioni dei deserti aridi e dei picchi montuosi più elevati. In Italia le zone montane densamente forestate rappresentano un ambiente di particolare importanza, soprattutto in relazione alla ridotta presenza umana in tale habitat. L’adattabilità del Lupo è anche legata al carattere opportunistico della sua dieta; questo carnivoro infatti, oltre a predare mammiferi selvatici e domestici di dimensioni molto variabili, si ciba di carcasse, rifiuti, e limitate quantità di frutta. Questo predatore è caratterizzato da bassissime densità, determinate dall’organizzazione sociale: vive in piccoli gruppi familiari, di solito formati da una coppia di adulti con la prole, all’interno di un territorio che viene difeso dai conspecifici.

  11. Gli stambecchi Storia Distribuzione e habitat Aspetto morfologico ecologia

  12. Storia: La scomparsa dello stambecco dalla regione alpina avviene fra il sedicesimo e il diciottesimo secolo a causa di un eccessivo prelievo dovuto in particolare a tre fattori: • il fatto che vive su terreni aperti ed è quindi facilmente individuabile; • l`uso che si faceva delle sue parti come rimedio a certi mali; • il fatto che spesso le popolazioni rimangono isolate dalla presenza di valli. L`unica popolazione che riuscì a sopravvivere si trovava allora nella regione del Gran Paradiso, riserva di caccia dei regnanti italiani che hanno imposto una drastica protezione della specie a partire dal 1821. La reintroduzione dello stambecco in Svizzera inizia nel 1906, quando individui puri, contrabbandati dal Parco del Gran Paradiso, sono portati nel parco naturale Pietro e Paolo di San Gallo .

  13. Distribuzione e habitat • Distribuzione e Habitat La distribuzione dello Stambecco nel nostro Cantone è limitata e il gruppo più numeroso è sicuramente quello della Greina che si estende fino alla Val Malvaglia e Val Pontirone. Durante il censimento primaverile del 1994 sono stati avvistati oltre 496 capi nella sola parte ticinese mentre tutta la colonia conta più di 1600 esemplari. Nelle altre località del Cantone le colonie sono più piccole e composte da alcune decine di unità frutto dei ripopolamenti. Lo stambecco vive prevalentemente nella zona alpina e nivale fra i 1600 e i 3200 m di altitudine, dove predilige i versanti ripidi, rocciosi e ben articolati dal punto di vista topografico. I pendii erbosi rivolti a sud sono pure luoghi prediletti dallo stambecco, in particolare durante il periodo invernale. In generale egli vive nelle fasce altitudinali più alte per la maggior parte dell`anno e solo in primavera si abbassa a quote meno elevate alla ricerca di spazi erbosi.

  14. Aspetto morfologico:dimensione Lo stambecco, in modo particolare il maschio, è caratterizzato da un corpo massiccio e pesante appoggiato su arti relativamente corti. Il dimorfismo sessuale fra i due sessi è evidente nella taglia nelle dimensioni e nella forma delle corna. I maschi possono pesare anche fino a 100 Kg, mentre il peso della femmina varia generalmente da 40 a 50 kg. L`altezza al garrese non supera rispettivamente il metro e gli 80 cm. Il pelo è fitto e atto a sopportare le basse temperature invernali. Muta due volte all`anno, in luglio e in ottobre. Il colore chiaro rende particolarmente difficile distinguere l`animale nelle rocce. Le corna dei maschi hanno degli anelli annuali molto visibili che permettono la determinazione dell`età. Nella parte frontale del corno troviamo anche dei nodi, 1 o 2 ogni anno, molto visibili. I nodi annuali si consumano durante la crescita e sono meno vistosi a partire dagli 8 anni.  La crescita annua delle corna è di circa 10 cm nei primi 8 - 10 anni; la loro lunghezza massima raggiunge in media i 90 cm e possono pesare fino a 5 kg. Le corna delle femmine sono invece molto più piccole, i nodi annuali sono poco visibili e la loro lunghezza raggiunge solo i 30 cm. Il meccanismo di crescita è simile a quello del camoscio. Sviluppo delle corna dello Stambecco • a. 3 mesi • b. 6 mesi • c. 2 anni ( ca. 29 cm) • d. 3 anni ( ca. 39 cm) • e. 4 anni ( ca. 48 cm) • f. 5 anni ( ca. 54 cm) • g. 7.5 anni ( ca. 71 cm) • h. 10.5 anni ( ca. 81 cm) • i. 13 anni ( ca. 88 cm)

  15. Particolarità morfologiche e fisiologiche Nello stambecco gli zoccoli sono larghi, elastici e articolati in maniera indipendente, ciò che rende questi animali molto adatti agli spostamenti su pareti e in zone difficili. Particolarmente sviluppati sono la vista e l`odorato. La specie può essere facilmente osservata anche a brevissima distanza, in particolare i maschi adulti. Tuttavia nelle regioni dove sono sottoposti all`attività venatoria sono più difficili da avvicinare. Il loro nutrimento è generalmente povero e lo stambecco è in grado di accumulare uno spesso strato di grasso durante la bella stagione in modo da non patire troppo durante il periodo invernale. Dai mesi invernali esce tuttavia smagrito e in primavera si abbassa sovente alla ricerca della nuova vegetazione.

  16. Ecologia:Utilizzazione e occupazione dello spazio Lo stambecco utilizza durante tutto l`anno le zone ben al di sopra del limite del bosco. Dei movimenti verticali si possono osservare in particolare in primavera quando gli animali si abbassano per approfittare della nuova erba o le femmine per mettere al mondo i piccoli in luoghi riparati e con vegetazione più avanzata. Dei movimenti di dispersione possono coprire diversi chilometri, ciò che ha facilitato la sua colonizzazione nell`arco alpino.

  17. Utilizzazione del tempo Durante l`estate sono attivi in particolare la mattina presto fino verso le 9.00 ed in seguito alla sera dopo le 16.00. In inverno la loro attività comincia invece più tardi e con alcune pause si protrae fino nel tardo pomeriggio. Durante le fasi di riposo, in particolare durante l`inverno, si rifugiano al riparo nelle rocce e sono molto difficili da trovare.

  18. Comportamento sociale La vita sociale vede le femmine e i giovani separati dai maschi durante il periodo primaverile, estivo e autunnale e solo in inverno, in concomitanza con il periodo degli  amori, si osservano ruppi misti. Le femmine che devono partorire si isolano di solito dal loro gruppo e cercano luoghi riparati e difficilmente accessibili. I giovani maschi si staccano dal gruppo di femmine per unirsi ai branchi di maschi normalmente all`età di 3 anni.

  19. Comportamento sessuale Il periodo degli amori si situa in inverno, nei mesi di dicembre - gennaio. La gestazione dura da 170 a 196 giorni e i piccoli nascono verso fine maggio-inizio giugno. Generalmente ogni femmina partorisce un solo piccolo ma i parti gemellari non sono rari. I piccoli vengono allattati per diversi mesi. Le femmine si riproducono all`età di 3 - 4 anni.

  20. Relazione interspecifiche Nell`ambiente alpino lo stambecco non ha praticamente nemici naturali se si trascura l`aquila reale che può talvolta attaccare i piccoli. La morte di alcuni individui può essere causata da cadute, da valanghe o da frane. Lo stambecco si incrocia facilmente con la capra domestica, fenomeno che è stato osservato anche in Ticino.

  21. L’orso marsicano

  22. Mi presento: sono l'Orso Bruno Marsicano e faccio parte dei  Mammiferi   e rientro nella Fauna protetta italiana    .Vivo nell'Appennino Centrale, in particolare nelle Montagne d'Abruzzo  siamo circa 50-80 rappresentanti della sottospecie Ursusarctosmarsicanus. Come noi non c'è nessuno in tutto il mondo. In particolare noi   Orsi Bruni viviamo nel Parco Nazionale d'Abruzzo , nei Monti della Majella, nel Monte Velino, nel Monte Sirente, Monte Genzana, sul Gran Sasso e Monti della Laga, e inoltre nell'Alto Molise e sugli Ernici-Simbruini. Ma alcuni di noi, più "vagabondi", si muovono verso i monti del reatino sui Monti Sibillini (Marche-Umbria) e sulle Montagne della Duchessa (Lazio).

  23. L’Orso bruno marsicano costituisce uno straordinario simbolo di quanto ancora resta integro degli ambienti appenninici centrali e non è un caso che il WWF, che tanti sforzi ha dedicato a questa specie sin dalla sua fondazione, lo abbia individuato come una “specie bandiera”

  24. Come nasce: L'orso bruno conduce una vita solitaria e gli unici legami sono quelli che si instaurano fra la madre ed il piccolo e fra adulti di sesso opposto, durante il periodo degli accoppiamenti.L’accoppiamento avviene all’inizio dell’estate e dopo una gestazione di circa 8 mesi nascono generalmente uno o due cuccioli che la femmina partorisce in gennaio, durante il letargo.Alla nascita il piccolo pesa appena 500 grammi ed è del tutto inetto ma il suo sviluppo è veloce e presto è in grado di seguire la madre e resta con lei per circa due anni, il periodo necessario per divenire autosufficiente.

  25. L'orso si alimenta in maniera differenziata nell'arco dell'anno:

  26. Quando esce dal letargo spesso non trova ancora disponibili le specie vegetali appetibili e continua a perdere peso. In questo periodo la dieta è composta principalmente da piante erbacee, radici, germogli ma anche dalle carcasse degli animali morti durante l'inverno.

  27. Durante l'estate e l'autunno, quando deve costituire le scorte di grasso che gli consentiranno di superare l'inverno, passa gran parte del tempo ad alimentarsi (fase di iperfagia); in questo periodo l'incremento di peso giornaliero può arrivare a circa mezzo kg. In questa fase gli insetti (soprattutto formiche), la frutta (mirtilli, lamponi, mele, pere, frutti della rosa canina, noci, ecc.), nonché semi, e radici diventano importanti componenti alimentari.

  28. Nonostante l'orso abbia evoluto, rispetto agli altri carnivori, un apparato gastrointestinale più lungo che gli consente di estrarre maggiori energie dai vegetali, è comunque meno efficiente degli erbivori. Ne consegue che, per far fronte alle sue esigenze energetiche e nutrizionali, è costretto ad ingerire grandi quantità di cibo: fino a 15 kg di alimento al giorno. Tutto questo comporta un notevole impiego di tempo nella ricerca degli alimenti. Anche le coltivazioni dell'uomo possono contribuire all'alimentazione dell'orso. In Trentino le piantagioni di mele vengono per esempio regolarmente frequentate dagli orsi in autunno. Generalmente i plantigradi trovano molta frutta priva di valore al suolo e quindi solitamente non producono eccessivi danni. Gli orsi sono altresì attratti dalle coltivazioni di prugne, mais, avena e uva.

  29. Durante l'estate e l'autunno, quando deve costituire le scorte di grasso che gli consentiranno di superare l'inverno, passa gran parte del tempo ad alimentarsi (fase di iperfagia); in questo periodo l'incremento di peso giornaliero può arrivare a circa mezzo kg. In questa fase gli insetti (soprattutto formiche), la frutta (mirtilli, lamponi, mele, pere, frutti della rosa canina, noci, ecc.), nonché semi, e radici diventano importanti componenti alimentari.

  30. CARATTERI GENERALI FOTO IL DAINO ALTRE INFORMAZIONI

  31. caratteristiche Il daino maschio raggiunge un’altezza al garrese di circa 90 cm. sono lunghi circa 150 cm. e possono pesare fino a 100 kg..La femmina leggermente più bassa può raggiungere il peso di 60 kg.Il colore del mantello può variare notevolmente tra i branchi selvatici e gli animali allevati da privati o presenti nei parchi.Esistono alcune varietà che presentano un colore scuro tendente al nero ed altre di colore albino, bisogna tenere presente che il mantello varia anche in funzione delle stagioni.

  32. Il colore naturale estivo è un bruno rossiccio con la presenza di alcune grandi macchie bianche, nei piccoli le macchie bianche sono particolarmente evidenti e numerose, il ventre è di colore chiaro.Il colore del manto, nel periodo autunnale e primaverile, è di colore bruno scuro - grigiastro, il ventre resta chiaro e le macchie di colore bianco non sono più presenti.Se osserviamo un daino dalla parte posteriore, la coda ed il bordo della culatta hanno la forma di una ancora capovolta. MANTO ESTIVO MANTO INVERNALE

  33. habitat Il daino essendo originario delle foreste di latifoglie delle regioni mediterranee si è ben ambientato sia in pianura, sia in collina come pure in montagna; e possibile trovarlo nelle pianure a ridosso del mare sino ai 1000 metri di altitudine.

  34. palco La principale caratteristica dei cervidi è quella di avere ampie corna formate da una struttura ossea compatta, le corna, cilindriche alla base e per il resto foggiate a pala larga, piatta, assai allungata, prendono il nome di “palco”.Nei daini il palco, presente esclusivamente nei maschi, si sviluppa dopo il primo anno di età, cade annualmente per rigenerarsi immediatamente e rapidamente.I daini aiutano il processo di pulitura del palco sfregandolo contro arbusti o alberi.La caduta avviene ogni anno nel periodo gennaio-febbraio; a differenza della maggior parte dei cervidi nel daino le corna sono palmate anziché ramificate e possono raggiungere la larghezza di 80 cm. ciascuna.Dalla forma del palco si può definire l’età dell’animale.

  35. alimentazione Il daino è un ruminante, cioè dopo una prima masticazione sommaria, durante il pascolo, gli alimenti vengono convogliati nel primo compartimento gastrico, (rumine) e quindi rigettati nella bocca dove subiscono una seconda e più accurata masticazione per essere mangiati definitivamente.Allo stato selvatico si ciba di erba, foglie, arbusti, germogli, mangia anche la frutta che cade dalle piante (mele, pere, prugne, albicocche, susine, uva, castagne, ghiande, ecc.).In cattività gli si può somministrare pane, fiocchi misti formati da grano, orzo avena e granoturco, carote e mele, ma mai abbondantemente per evitare di impigrire la fase di ruminazione.

  36. riproduzione Il periodo dell'accoppiamento dura tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre. Il grido d'amore è stonato, rauco e stridente. Gli animali si scavano il loro talamo nel fondo del bosco e combattono aspramente contro gli avversari per la conquista della femmina. Soltanto rare volte, comunque, ci sono dei ferimenti seri, questo avviene a seconda della grandezza dei palchi.

  37. La femmina gravida si isola dal branco nel giugno o luglio successivi e partorisce uno o due piccoli, con una colorazione rossa e con macchie bianche, nel folto del sottobosco. La madre nutre i cuccioli fino alla seguente stagione amorosa, e dopo 10 giorni li porta nel branco. Là si trovano ancora in inverno gli animali giovani, mentre invece i vecchi esemplari si separano dal gruppo alla fine di novembre.

  38. INDOLE Il daino è molto più fiducioso rispetto al cervo rosso e non conduce vita prevalentemente notturna. È possibile infatti vedere i branchi delle femmine e dei piccoli, che sono numerosi, soggiornare spesso per tutto il giorno, nei campi e nei prati o tra i campi coltivati. I vecchi esemplari, che vivono per loro conto in piccoli gruppi, sono invece più timorosi e più prudenti e difficilmente sono avvicinabili, almeno quanto i vecchi cervi rossi. Alla fine di settembre-inizio di ottobre essi si uniscono al grosso branco formato dai loro simili, cacciano i cervi più giovani, che si riuniscono in gruppi più piccoli e lottano con perseveranza per le femmine.

  39. DISTRIBUZIONE Popolava, dopo l'era glaciale, l’ Asia minore, la Nersia, la Mesopotamia e l’africa del nord; oggi negli ultimi tre paesi citati è quasi scomparso; fin dall'antichità è stato portato di nuovo in Europa da dove scomparve durante le ere glaciali; oggi vive in semi-cattività in parecchi dei nostri boschi e luoghi selvatici.

  40. DISTRIBUZIONE DI DAINI NEL MONDO

  41. foto

  42. L’aquila reale in Italia. L’aquila reale vive nelle regioni montagnose ed impervie, ben lontano dall’uomo, ma sempre sotto il livello delle nevi perenni, ed è completamente assente dalle pianure. In Italia la sua presenza è stimata in circa 500 coppie delle quali circa 300 si trovano sulle Alpi, 100 sugli Appennini, ed il resto tra Sicilia e Sardegna.

  43. Come è fatta: L’aquila reale raggiunge una lunghezza che può variare tra i 75 e gli 88 cm, mentre la sua apertura alare può raggiungere i 2,30m, e il suo peso arriva fino a 6,7kg. Gli esemplari più grossi sono le femmine. Il becco è robusto e ricurvo, è dotata di una vista straordinaria, sei volte più acuta dell’uomo, e di un campo visivo di 300 gradi (uomo 180 gradi).

  44. Di cosa si nutre: L’aquila si nutre principalmente di mammiferi piccola e media taglia (conigli, piccoli daini, marmotte, scoiattoli) oppure di uccelli o rettili. Nel caso che la preda sia un mammifero la coppia si divide i compiti, cioè uno plana radente al suolo per impaurire la preda, mentre l’altro si lancia in picchiata dall’alto. Gli uccelli invece, vengono spesso cacciati in volo.

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