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1. LA VALUTAZIONE SU PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI ITALIANE

1. LA VALUTAZIONE SU PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI ITALIANE. 2. PERCHE’ PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI SONO IMPORTANTI. 3. QUANTE E QUALI PRIVATIZZAZIONI SI SONO FATTE. 4. QUANTE E QUALI LIBERALIZZAZIONI SI SONO FATTE.

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1. LA VALUTAZIONE SU PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI ITALIANE

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  1. 1. LA VALUTAZIONE SU PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI ITALIANE 2. PERCHE’ PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI SONO IMPORTANTI 3. QUANTE E QUALI PRIVATIZZAZIONI SI SONO FATTE 4. QUANTE E QUALI LIBERALIZZAZIONI SI SONO FATTE

  2. 1. LA VALUTAZIONE SU PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI ITALIANE Cosa si diceva di voler fare alle origini delle privatizzazioni Il processo di privatizzazione ha avuto inizio nel 1992, sotto la pressione dell’emergenza finanziaria Gli obiettivi del piano di privatizzazione venivano all’epoca così descritti dal Governo • Migliorare l’efficienza delle imprese • Accrescere la concorrenza dei mercati • Ampliare il mercato mobiliare e promuovere l’internazionalizzazione sistema industriale • Per ultimo aumentare le entrate dello Stato Erano obiettivi condivisibili. L’Italia era in ritardo e aveva assoluto bisogno di riforme per rilanciare la competitività

  3. A distanza di otto anni si può dire che gli obiettivi sono stati raggiunti? Le risposte che diamo sono • L’azione di liberalizzazionesi è mantenutaal di sotto delle sue potenzialità • La capitalizzazionedi borsaè aumentata, ma non l’internazionalizzazione • Gliobiettivi di efficienza sono stati raggiunti in misura inadeguata • Rimane nel 2000 insoddisfatta l’esigenza di liberalizzare; c’è ilrischio di un nuovo ampliamento della presenza pubblica nell’economia

  4. L’insufficienza del processo è derivata dal fatto che • L’obiettivo del “fare cassa” ha fatto premiosugli altri • E’ entrato in conflitto con le esigenze di liberalizzazione • Non si è accompagnato a una completa ritirata dello Statodalla proprietà delle attività produttive • La diversificazione del business delle public utilities in mano pubblicarende possibile una nuova estensione dello Stato nelle attività produttive

  5. 2. PERCHE’ PRIVATIZZAZIONI E LIBERALIZZAZIONI SONO IMPORTANTI Sviluppo economico = offerta dei fattori x produttività dei fattori L’efficienza dei fattori. Liberalizzazioni e privatizzazioni influiscono sulla produttività delle imprese privatizzate e dell’intero sistema economico. Ogni “pezzo” del sistema economico che si muove attiva un elevato fabbisogno di servizi di pubblica utilità

  6. IL PESO DELLE PUBLIC UTILITIES NELL’ECONOMIA ITALIANA Fonte: elaborazioni su dati ISTAT

  7. 3. QUANTE E QUALI PRIVATIZZAZIONI SI SONO FATTE Quanto valgono le dismissioni finora fatte Le dismissioni italiane hanno assunto dimensioni molto ampie, tra le più ampie in Europa • 208.000 miliardi di incassi complessivi tra il 1993 e oggi, 66% realizzato dopo il 1996 • 13,3% del PIL dell’anno in cui hanno avuto inizio (il 1993); ogni anno in media sono stati venduti asset pubblici pari all’1,7% del PIL del 1993 • Sulla base di queste cifre l’Italia è il secondo paese in Europa per privatizzazioni

  8. CONFRONTO DEGLI INCASSI DA PRIVATIZZAZIONI NEI PRINCIPALI PAESI EUROPEI Paesi Incassi In % del Pil (1) milioni di $ (Valuta nazionale) UK (1984-1999) 118.875 23,0 Italia (1993-2000) 121.057 13,3 Francia (1986-1999) 64.813 7,2 Germania (1986-1999) 48.009 4,0 Spagna (1993-1999) 44.070 10,3 (1) Incassi in valuta nazionale in percentuale del PIL dell’anno in cui il processo di privatizzazione è stato avviato in modo sostanziale. Fonte: Ministero del Tesoro, IFR

  9. Il conto delle privatizzazioni effettive Solouna parte delle dismissioni italiane ha rappresentato effettiva cessione del controllo ai privati Per una stima delle privatizzazioni effettive occorre togliere: • l’indebitamento finanziario delle aziende dismesse • la cessione di pacchetti di minoranza • le cessioni che, pur riguardando la maggioranza del capitale, hanno consentito di mantenere “minoranze di controllo” • le cessioni a operatori rientranti nella sfera d’influenza dei poteri pubblici (fondazioni)

  10. PRIVATIZZAZIONI DEL TESORO E DELLE SOCIETA’ IN CAPO AL TESORO (1993-2000) Controvalore complessivo 208.268 - Indebitamento finanziario trasferito 24.941 = Ricavo al netto dell’indebitamento 183.327 - Cessioni non di controllo 100.318 = Cessione controllo 83.009 - Fondazioni 12.173 = Privatizzazioni 70.836 Fonte: elaborazioni su dati Ministero del Tesoro

  11. Privatizzazioni e sistema bancario Nelle banche si è ridimensionata la proprietà statale; non il ruolo che la proprietà pubblica mantiene attraverso le fondazioni A fine 99 le fondazioni detenevano almeno la maggioranza relativa nei primi 5 gruppi bancari italiani e in 6 dei primi 9 Questa situazione tende a ridurre gli incentivi all’efficienza perché • Le fondazioni non sono istituzioni di mercato • Le fondazioni più importanti sono presenti in più gruppi bancari; ciò distorce il funzionamento del mercato dei diritti di proprietà del settore La legge Ciampi può non avere gli effetti sperati. Lascia aperta la possibilità che le fondazioni mantengano la loro presenza nei nuclei stabili

  12. Quanto resta da privatizzare Il processo di privatizzazione italiano è quindi lungi dall’essere concluso. A parte il capitolo bancario, restano in modo diretto nelle mani dello Stato quote di controllo del settore energetico (ENEL ed ENI), dei trasporti (Alitalia, Fincantieri, Tirrenia, oltre ovviamente a Ferrovie dello Stato), del settore dell’aeronautica e della difesa (Finmeccanica) e delle telecomunicazioni (Poste e Rai)

  13. STIME RICAVI NETTI DA CESSIONE DI PARTECIPAZIONI DI SOCIETÀ QUOTATE

  14. 4. QUANTE E QUALI LIBERALIZZAZIONI SI SONO FATTE Le public utilities: problemi e risposte della teoria economica La domanda è: vendere in blocco la public utility (incassando molto) o separare prima e vendere poi le varie parti (incassando forse meno)?

  15. Le indicazioni della teoria economica sono nette • separare verticalmente la rete dalle altre fasi che possono essere svolte in concorrenza • frammentare orizzontalmente tra più operatori i segmenti concorrenziali • evitare che il proprietario della rete rimanga integrato con i segmenti competitivi Le motivazioni alla base di questo schema sono: • impedire al proprietario della rete di approfittare dell’integrazione • favorire l’attività di regolamentazione

  16. Come si è proceduto in Italia In Italia non si è avuta una netta separazione tra le varie parti delle public utilities. La priorità assegnata alla massimizzazione dei ricavi ha favorito le vendite in blocco, rimandando a fasi successive le ristrutturazioni Ciò è stato gradito ai vecchi monopolisti pubblici: il mantenimento quanto più a lungo possibile di strutture verticalmente integrate e i ritardi nelle liberalizzazioni hanno consentito di precostituire vantaggi nei confronti dei nuovi entranti

  17. Nel concreto le liberalizzazioni di public utilities italiane hanno avuto le seguenti caratteristiche • Si è scelto un approccio graduale che di fatto si è tradotto nel regalare tempo al vecchio monopolista (telecomunicazioni, elettricità, gas) • la struttura dei vecchi monopoli o è stata mantenuta verticalmente integrata (telecomunicazioni, ferrovie, poste) o è stata separata in modo insufficiente (elettricità e gas) • la liberalizzazione è stata del tutto formale (poste) o ha interpretato in senso minimale e ancora una volta formalistico le direttive comunitarie (ferrovie)

  18. Telecomunicazioni: la liberalizzazione sta marciando Lo Stato è uscito dal controllo dell’ex monopolista, gli effetti della liberalizzazione si evidenziano nella diminuzione delle tariffe C’è il rischio di un rientro dello Stato nella telefonia attraverso ENEL/Wind/Infostrada

  19. Energia elettrica: persiste il monopolio pubblico, la liberalizzazione non parte Il Tesoro detiene il 68% del capitale ENEL: la liberalizzazione non è decollata Forti difficoltà a creareun’offerta veramente competitiva Barriere amministrative ostacolano la costruzione di nuove centrali da parte dei produttori alternativi ENEL mira a mantenere quanto più a lungo la posizione dominante, ritardando la cessione delle GenCo Alti costi fissi per i nuovi entranti nella fornitura di elettricità Le conseguenze del mancato ammodernamento del “parco centrali” : alta bolletta energetica, inquinamento, prezzi elevati ENEL resta detentore della nuda proprietà della rete; la gestione è affidata a un ente indipendente (che nasce da ENEL). ENEL può utilizzare la rete per abusare della posizione dominante

  20. Gas: opzione a liberalizzare più che liberalizzazione effettiva Il decreto Letta va oltre il semplice recepimento della Direttiva CEE Rapida liberalizzazione della domanda, ma come per l’elettricità è difficile la creazione di un’offerta veramente competitiva ENI mantiene un ruolo dominante. In prospettiva, i tetti antitrust previsti non sembrano in grado di incidere significativamente su questa posizione dominante Costi eccessivi vengono fatti gravare sui nuovi entranti, soprattutto con riferimento al rigido sistema di autorizzazione per le importazioni dai paesi extra-UE Insufficienza della separazione societaria. Usando ancora le parole dell’Autorità garante Antitrust, “Per Snam la scelta poi è stata ancor meno coraggiosa [...rispetto a ENEL...], atteso che è stata proposta una ristrutturazione solo societaria, permettendo cioè l’integrazione proprietaria anche nella gestione della rete” (Relazione annuale, 30 aprile 2000)

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