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RETI MOBILI E MULTIMEDIALI

Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Dipartimento INFOCOM. RETI MOBILI E MULTIMEDIALI. Aldo Roveri Lezioni dell’ a.a. 2009-2010. 1. XI. Il sistema LTE . Aldo Roveri, “RETI MOBILI E MULTIMEDIALI” Univ. di Roma “La Sapienza” - a.a. 2009-2010. Contenuti.

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RETI MOBILI E MULTIMEDIALI

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Presentation Transcript


  1. Università degli Studi di Roma “La Sapienza” Dipartimento INFOCOM RETI MOBILI E MULTIMEDIALI Aldo Roveri Lezioni dell’ a.a. 2009-2010 1

  2. XI. Il sistema LTE Aldo Roveri, “RETI MOBILI E MULTIMEDIALI” Univ. di Roma “La Sapienza” - a.a. 2009-2010

  3. Contenuti • XI.1 Obiettivi dello sviluppo LTE • XI.2 La nuova architettura di rete • XI.3 L’interfaccia radio

  4. Il sistema LTE • XI.1Obiettivi dello sviluppo LTE

  5. Gli obiettivi prestazionali (1/2) • Accanto a uno sviluppo tutto orientato ad una infrastruttura con operatività pienamente a pacchetto, ulteriori obiettivi (da rapportare a quanto conseguibile con UMTS e HSPA) sono i seguenti • una riduzione dei tempi richiesti per un cambiamento di stato: per MS dovrebbe essere possibile passare da uno stato di inattività (idle state) a uno di connessione completa alla rete in meno di 100 ms; • una ridotta latenza nel piano di utente in modo da conseguire un ritardo paragonabile a quello ottenibile con reti fisse: per questo scopo il contributo a questo ritardo da parte dell’interfaccia radio dovrebbe essere dell’ordine di 5 ms;

  6. Gli obiettivi prestazionali (2/2) • una larghezza di banda del canale radio con valore scalabili: dall’attuale larghezza di 5 MHz come con UMTS e HSPA, un più elevato throughput può essere ottenuto aumentando la larghezza di banda della portante a 10 o 20 MHz; per certe applicazioni può però essere preferibile una larghezza minore; • un aumento del throughputche, per il nuovo sistema, dovrebbe raggiungere in condizioni ideali e in downlink un valore orientativo di 100 Mbit/s.

  7. I vincoli architetturali (1/3) • Per conseguire questi obiettivi e per assicurare, per quanto possibile, compatibilità con i sistemi cellulari di passata o futura generazione, la nuova architettura di rete (chiamata SAE – System ArchitectureEvolution) deve rispondere ai seguenti requisiti • supportare un’ampia varietà di sistemi di accesso (esistenti o futuri) permettendo a un operatore un elevato gradi di flessibilità sia nella scelta di tecnologie di accesso che nell’uso di reti di accesso già possedute;

  8. I vincoli architetturali (2/3) • migliorare le prestazioni odierne nei termini chiariti in precedenza; • gestire la mobilità delle MS tra le diverse piattaforme di accesso radio: in particolare, consentire la mobilità fra accessi 2G/3G, LTE e sistemi non-3GPP, quali ad esempio WLAN e WiMAX, garantendo “l’Inter 3G System Handover”; • essere garantita la continuità dei servizi erogati tra reti non-3GPP e 3GPP;

  9. I vincoli architetturali (3/3) • garantire la QoS negoziata attraverso tutto il nuovo sistema e, in particolare nelle varie fasi di interlavoro tra i vari domini di rete, tra le reti e nei collegamenti con MS; • supportare e mantenere le stesse potenzialità di controllo dell’accesso (autenticazione e autoriz-zazione), di riservatezza delle comunicazioni e di tariffazione per gli utenti, indipendentemente dalle piattaforme di accesso.

  10. Il sistema LTE • XI.2La nuova architettura di rete

  11. La struttura dell’accesso (1/5) • L’architettura che è stata progettata nel quadro LTE tiene conto delle ormai affermate tendenze tecnologiche di evoluzione delle reti verso il modello “all-IP” e dell’interlavoro con le reti fisse tramite nuovi paradigmi quali quelli prospettati dall’architettura IMS. • La soluzione adottata per l’accesso presenta quindi una struttura semplificata rispetto a soluzioni 3G o precedenti; è basata su due tipi di nodi organizzati su due livelli (Fig.XI.1): • una stazione radio-base evoluta, denominata eNB (enhancedNode B); • un gateway di accesso, denominato aGW (accessGateWay).

  12. La struttura dell’accesso (2/5) Fig.XI.1

  13. La struttura dell’accesso (3/5) • Rispetto a strutture di accesso 3G (o anche 2G) non c’è più un nodo di controllo centrale del tipo RNC (Radio Network Controller): le sue funzioni sono trasferite in parte a eNB e in parte a aGW. • Più in particolare le nuove stazioni radio-base • garantiscono le funzioni di accesso e di gestione delle risorse radio; • svolgono autonomamente la gestione del traffico di interfaccia; • assicurano il conseguimento della qualità di servizio; • sono responsabili dell’effettuazione dell’handover.

  14. La struttura dell’accesso (4/5) • A quest’ultimo riguardo gli eNB possono comunicare tra loro direttamente attraverso l’interfaccia X2 (che è opzionale) oppure tramite gli aGW: la comunicazione può avvenire solo tra una singola eNB verso un MS e può essere effettuato solo un handover di tipo hard.

  15. La struttura dell’accesso (5/5) • Negli aGW risiedono le funzionalità di • instradamento dei pacchetti; • compressione delle intestazioni dei protocolli; • cifratura delle comunicazioni. • L’interconnessione dei nodi aGW e eNB è effettuata con un trasporto che è completamente IP e basata su porte di tipo Ethernet a ritmi di 100 Mbit/s o anche superiori a 1 Gbit/s.

  16. La core network (1/4) • Le linee guide della core network sono state definite in modo da rendere questa sezione di rete valida qualunque sia la tecnologia di accesso adottata; conseguentemente il nucleo della rete mobile di IV generazione diventa “agnostico” rispetto alle tecnologie di accesso utilizzate. • In particolare la semplificazione della struttura, che consente di connettere un nodo di accesso radio con un gateway per il traffico dati a pacchetto si traduce in un costo dell’infrastruttura poco dipendente dal traffico in rete, dato che il suddetto gateway può raccogliere migliaia di stazioni radio.

  17. La core network (2/4) • Ovviamente rimane fermo il vincolo rappresentato dall’occupazione di una risorsa spaziale che è condivisa tra gli utenti. • Dalla rete di accesso, tramite l’interfaccia S1 si perviene alla core network, dove si distinguono due entità logiche (Fig. XI.2) • il Serving Gateway (Serving GW), • la Mobility Management Entity(MME),

  18. La core network (3/4) Fig. XI.2

  19. La core network (4/4) • Queste entità logiche • svolgono insieme compiti analoghi al nodo SGSN (Serving GPRS Support Node) in UMTS; • possono essere implementate sulla stessa piattaforma fisica ovvero possono essere separate per una scalabilità indipendente.

  20. MMG • L’entità MMG è la responsabile del piano di controllo , con i seguenti compiti • la mobilità dell’utente e la segnalazione di gestione della sessione: ciò comprende funzioni quali l’autenticazione, l’instaurazione dei “radio bearer”, il supporto dell’handover tra differenti eNB e verso/da differenti reti radio; • l’inseguimento della localizzazione per MS nello stato di inattività; • la scelta di un gateway verso Internet quando un MS richiede l’instaurazione di una sessione.

  21. Serving GW (1/2) • L’entità Serving GW è la responsabile del piano di utente , e cioè dell’inoltro dei pacchetti IP tra un MS e Internet; come nel caso UMTS, l’inoltro dei pacchetti è attuato con il protocollo GTP (GPRS TunnelingProtocol), ma con una differenza: il tunnel per un utente attivo è terminato sul nodo eNB (e non sul RNC come nel caso UMTS).

  22. Serving GW (2/2) • A differenza di quanto si riscontra in reti 3G e precedenti (in cui un nodo SGSN è responsabile di un certo numero di RNC e ognuno di questi ultimi ha il controllo di un certo numero di nodi B) l’interfaccia S1 può supportare una topologia di tipo magliato : ciò • consente al numero di MME di evolvere separatamente da quello dei Serving GW; • aggiunge ridondanza per fronteggiare eventuali situazioni di guasto.

  23. Gateway verso Internet • Il router alla frontiera tra la core network e Internet (cfr. Fig.XI.2) è chiamato PDN (Packet Data Network) – Gateway e assolve compiti analoghi a quelli dell’entità GGSN in UMTS. • In particolare un suo compito è gestire gli indirizzi IP per le sessioni che sono attivate nella rete mobile e assegnare uno di questi all’utente che ne fa richiesta all’inizio di una sessione in cui è coinvolto ovvero non appena il suo MS si registra nella rete mobile. • L’interfaccia tra la PDN-GW e l’MME/ServingGW è indicata con S5.

  24. La banca dati di utente • Un’altra interfaccia rilevante nell’architettura della core network è la S6: questa è tra le entità MME e la banca-dati che contiene i dati degli utenti di rete. • In LTE questa banca dati è stata chiamata Home Subscriber Server (HSS) come nell’architettura IMS. • HSS è l’archivio dei clienti della rete e contiene il profilo dei servizi sottoscritto; effettua l’auten-ticazione del cliente e rilascia l’autorizzazione per la fruizione del servizio richiesto. • Sull’interfaccia S6 il protocollo utilizzato è il Dia-meter , che è di tipo IP-oriented.

  25. Il sistema LTE • XI.3L’interfaccia radio

  26. Utilizzazione della tecnica multi-portante (1/2) • L’interfaccia radio in ambiente LTE abbandona la soluzione adottata in UMTS (una sola portante a sostegno di una larga banda di frequenza) e adotta in sua vece uno schema multi-portante. • I vantaggi sostanziali di questa soluzione risiedono nella possibilità di meglio fronteggiare il fenomeno dei cammini multipli e il conseguente spreading dei ritardi sui diversi cammini tra emettitore e ricevitore.

  27. Utilizzazione della tecnica multi-portante (2/2) • Infatti • data la diminuzione del ritmo supportato da ogni sotto-portante (se N è il numero delle sotto-portanti, detto ritmo è 1/N di quello del caso mono-portante), si riesce a minimizzare l’effetto dello spreading dei ritardi; • data la assunzione di una banda per ogni sotto-portante che rimane di larghezza costante al variare della larghezza di banda del canale radio, si consegue indipendenza tra i valori scelti per quest’ultima e gli effetti del fading multipath. • La comprensione di quanto segue presuppone la conoscenza dei contenuti in Appendice C.

  28. Il trasferimento in downlink (1/2) • In downlink la tecnica multi-portante scelta è quella OFDMA (OrthogonalFrequencyDivision Multiple Access), di cui si è già parlato in precedenza; per maggiore chiarezza se ne riassumono i passi compiuti per la sua attuazione nel trasmettitore e nel ricevitore. • Tali passi sono descritti sommariamente nello schema funzionale di FigXI.3.

  29. Il trasferimento in downlink (2/2) FigXI.3

  30. Operazioni nel trasmettitore (1/3) • In trasmissione i bit d’ingresso costituiscono un simbolo e sono raggruppati in un numero dipendente dalla modalità di modulazione (ad es. QAM) a due o più livelli, che è stata adottata; in Fig.XI.3 si suppone per semplicità che un simbolo raggruppi due bit; come è ovvio, a parità di durata del simbolo (e quindi del relativo ritmo), l’aumento del numero di bit raggruppati può consentire di aumentare il ritmo dei dati da trasferire da parte di ogni sorgente.

  31. Operazioni nel trasmettitore (2/3) • Il passo successivo al raggruppamento dei dati in simboli è l’affidamento di ogni simbolo a una specifica sotto-portante; questa operazione può essere concepita come una trasformazione f t dal dominio della frequenza a quello del tempo. • Nel dominio della frequenza si può immaginare un diagramma in cui in ascissa sono riportati i valori discreti delle frequenze delle sotto-portanti, mentre in ordinata sono rappresentate le ampiezze (in generale complesse) ordinatamente affidate a tali frequenze.

  32. Operazioni nel trasmettitore (3/3) • La trasformazione f t , se N è il numero delle sotto-portanti, consente di passare da una sequenza di campioni frequenziali ad una di campioni temporali ed è convenientemente effettuabile con una IFFT (Inverse Fast Fourier Transform), che fornisce in uscita una sequenza periodica di N elementi. • Per completare la catena di trasmissione, il passo finale è una modulazione a radio-frequenza e una successiva amplificazione del segnale sul canale radio.

  33. Operazioni nel ricevitore • Come appare in Fig.XI.3, in ricezione il segnale è dapprima amplificato e demodulato; viene poi campionato in modo da ottenere sequenze consecutive ciascuna delle quali è composta da N campioni nel dominio del tempo. • Ciascuna di queste sequenze viene poi trasformata nel dominio della frequenza; l’algoritmo impiegato è quello FFT (Fast Fourier Transform) e il risultato è una sequenza di campioni nel dominio della frequenza, in cui al variare della frequenza si ri-ottengono le ampiezze (in generale complesse) dei simboli affidati al trasmettitore.

  34. Il trasferimento in uplink (1/3) • Lo schema adottato per il trasferimento in uplink è leggermente diverso da quello adottato in downlink; infatti con OFDMA la trasmissione soffre di un elevato PAPR (PeaktoAveragePowerRatio). • Tale elevato PAPR avrebbe conseguenze negative nel progetto del trasmettitore di una MS e, in particolare, dell’amplificatore di potenza: infatti in quest’ultimo occorre conseguire un’efficienza che deve essere la più elevata possibile e un elevato PAPR ne è di impedimento.

  35. Il trasferimento in uplink (2/3) • La scelta dello schema di trasmissione in uplink si è quindi orientata verso una modalità multi-portante, che presenta un PAPR decisamente migliore rispetto all’OFDMA: tale modalità è quella del SC-FDMA (Single Carrier – FrequencyDivision Multiple Access). • Questa tecnica si differenzia dall’OFDMA in quanto alla catena di operazioni descritta in Fig.XI.3 si aggiunge un ulteriore passo di elaborazione in trasmissione e in ricezione, come viene mostrato in Fig.XI.4.

  36. Il trasferimento in uplink (3/3) Fig.XI,4

  37. Operazioni nel trasmettitore (1/2) • In trasmissione il blocco aggiuntivo è collocato all’ingresso del trasmettitore in Fig.XI.4 e provvede a “spalmare” l’informazione di ogni bit avente origine nei trattamenti a monte su tutte le sotto-portanti. • Questa operazione (che equivale a una pre-codifica) si effettua • con un raggruppamento dei bit provenienti dal trattamento a monte e con la formazione di una sequenza di ampiezze nel dominio del tempo;

  38. Operazioni nel trasmettitore (2/2) • con la trasformazione di questa sequenza in un’altra trasformata nel dominio della frequenza, che a sua volta è l’ingresso della trasformazione IFFT presente nel trasmettitore OFDMA; tale trasformazione aggiuntiva è attuata con l’algoritmo FFT.

  39. Operazioni nel ricevitore • In ricezione il blocco aggiuntivo è collocato all’uscita del ricevitore in Fig.XI.4: sulla sequenza uscente dalla trasformazione t f effettuata dall’al-goritmo FFT si opera una seconda trasformazione f t attuata con l’impiego dell’algoritmo IFFT, che consente di riottenere la sequenza dei dati entranti nel trasmettitore.

  40. Osservazione sul SC-FDMA • Per concludere, si nota che i blocchi FFT e IFFT posti nel trasmettitore in Fig.XI.4 operano trasformazioni reciproche , che si annullano: il sistema di modulazione equivale quindi ad un modulatore di una singola portante ; da ciò deriva il nome dato a questa tecnica.

  41. Schema a blocchi di un modem OFDM (1/2) • Nello schema in Fig.XI.5 è mostrata la catena dei blocchi di un modem OFDM nelle due sezioni di modulazione e di demodulazione. • La parte iniziale della catena di modulazione e quella finale della catena di demodulazione corrispondono ai trattamenti di codifica/decodifica di canale, di interleaving/deinterleaving e di modulazione/demodulazione (QAM mapping/de-mapping) non considerate nello schema di Fig.XI.3.

  42. Schema a blocchi di un modem OFDM (2/2) Fig.XI.5

  43. Sezione trasmittente (1/4) • A valle del trattamento a monte si ha un flusso seriale di simboli di dati , ognuno dei quali raccoglie un gruppo di bit, il cui numero è dato dalla modulazione utilizzata (2 con la 4-PSK fino a 6 con la 64-QAM). • In questo flusso vengono inseriti altri simboli, cosiddetti pilota che • sono riconosciuti dal ricevitore; • non portano dati di utente; • servono al ricevitore per sincronizzarsi ai vari parametri del sistema.

  44. Sezione trasmittente (2/4) • Il flusso dei simboli così ottenuti è parallelizzato con una conversione serie/parallelo (S/P), in cui la sequenza di bit formante il flusso seriale viene parallelizzata in tanti flussi paralleli quante sono le sotto-portanti utilizzate: in tal modo i bit che nel flusso informativo principale sono contigui vengono mandati a modulare sotto-portanti distanziate tra di loro; con questo accorgimento, denominato frequencyinterleaving , un fading che interessa una piccola porzione di spettro non comporta la perdita di sequenze di bit contigui sul flusso seriale principale, ma solo una serie di errori distanziati: ciò rende più agevole l’operatività dei FEC.

  45. Sezione trasmittente (3/4) • A valle della trasformazione IFFT e dopo un ritorno ad un flusso seriale con una conversione parallelo/serie (P/S), in testa a ciascun simbolo si inserisce un intervallo di guardia (avente una durata di circa un quarto di quella del simbolo nelle condizioni di propagazione meno favorevoli) che, attraverso un prefisso ciclico (CP), consente al simbolo precedente, nel caso in cui questo arrivi ritardato da cammini multipli, di invadere la durata del simbolo attuale senza però interferire sulla ricostruzione dell’informazione almeno finchè i ritardi dei cammini multipli sono minori dell’intervallo di guardia.

  46. Sezione trasmittente (4/4) • Dopo l’inserimento del CP, i simboli sono tradotti da un convertitore digitale/analogico (D/A), che modula in quadratura la portante radio: si ottiene così un segnale analogico a radio frequenza che va ad alimentare il trasmettitore radio (RF TX).

  47. Sezione ricevente • Sulla sezione ricevente del modem, il segnale viene dapprima ricevuto (RF RX) e successivamente digita-lizzato (A/D); il risultato viene inviato a un blocco di calcolo che esegue le operazioni di temporizzazione e di sincronismo in frequenza. • Dopo la rimozione del prefisso ciclico e una conversione serie/parallelo (S/P), interviene la trasformazione FFT; i valori ottenuti (nel dominio della frequenza) vengono inviati a un equalizzatore che recupera le distorsioni di fase e di ampiezza subite. • Segue un decisore che associa ai valori ricevuti i simboli QAM e che invia il tutto alla fase finale di correzione di errore e di restituzione dei bit informativi.

  48. Parametri fisici (1/3) • Per LTE i parametri fisici che sono stati scelti sono i seguenti Δf = spaziatura delle sotto-portanti = 15 kHz TS = durata di un simbolo OFDM = 1/ Δf =66,667 μs TC = durata del prefisso ciclico in condizioni standard = 4,7 μs per ambienti sfavorevoli = 16,67 μs

  49. Parametri fisici (2/3) • La spaziatura delle sotto-portanti è stata scelta in modo da compensare lo spostamento frequenziale che si verifica con l’effetto Doppler in presenza di un mobile che si sposta con velocità superiori a 250 km/h. • Secondo lo standard, le larghezze di banda del canale radio possono assumere valori che vanno da un minimo di 1,25 MHz e arrivano a un massimo di 20 MHz; nella Tabella XI.1 sono riportate, per sei valori di larghezza di banda, il numero delle sotto-portanti da utilizzare per ognuna di queste e la larghezza delle sequenze su cui operano gli algoritmi di trasformazione veloce (dimensione FFT).

  50. Parametri fisici (3/3) Tabella XI.1

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