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IPERTESTO. DI. STORIA DELLA PEDAGOGIA. ROMA. LA LEGGENDA. LE ORIGINI. LA VITA QUOTIDIANA. LINEA DEL TEMPO.
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IPERTESTO DI STORIA DELLA PEDAGOGIA
ROMA LALEGGENDA LEORIGINI LA VITA QUOTIDIANA LINEA DELTEMPO
I Romani avevano appena concluso la guerra contro gli Etruschi, quando nel 390 a.C. un gruppo di Galli, uomini di origine celtica, invase Roma e la saccheggiò. All’assalto dei nemici resistette solo la rocca del Campidoglio che, per la sua posizione risultò inespugnabile. Si narra che le oche, sacre a Giunone, abbiano dato l’allarme. Tuttavia, dopo un lungo assedio, i Romani dovettero arrendersi. I Galli decisero di allontanarsi solo quando il popolo romano diede a Brenno, il loro capo, tutto l’oro della città.
Quando i Romani cercarono di espandersi verso sud, si scontrarono contro i Sanniti che vivevano tra l’Appennino e le colonie greche della Campania. Le guerre sannitiche durarono circa 50 anni, dal 343 a.C. al 295 a.C. e furono molto aspre. Nella prima guerra prevalse Roma. Nel 321 a.C., nel corso della seconda guerra sannitica, i Romani finirono in un’imboscata, vennero sconfitti e subirono l’umiliazione delle ForcheCaudine: i Sanniti costrinsero i Romani a passare, disarmati, sotto un giogo formato da due lance conficcate al suolo e collegate da un lancia orizzontale. I Romani seppero riorganizzarsi, alcuni anni più tardi intrapresero una terza guerra e sconfissero definitivamente i Sanniti
FONDAZIONE DI ROMA 753 a.C. VIII a.C. ROMOLO NUMA POMPILIO MONARCHIA TULLO OSTILIO VII a.C. ANCO MARZIO TARQUINIO PRISCO VI a.C SERVIO TULLIO NASCITA DELLA REPUBBLICA 509 a.C. TARQUINIO IL SUPERBO 493 a.C. LEGA LATINA REPUBBLICA V a.C.
390 a.C. INVASIONE DEI GALLI GUERRE SANNITICHE 343 a.C.-295 a.C. IV a.C. 275 a.C. GUERRA CONTRO PIRRO III a.C. 264 a.C.-241 a.C. PRIMA GUERRA PUNICA SECONDA GUERRA PUNICA 219 a.C.-202 a.C. 168 a.C. CONQUISTA DELLA MACEDONIA E DELLA SIRIA 149 a.C.-146 a.C. II a.C. TERZA GUERRA PUNICA
88 a.C. I GRACCHI E LE GUERRE CIVILI 60 a.C. PRIMO TRIUMVIRATO I a.C. 44 a.C. MORTE DI CESARE 42 a.C. SECONDO TRIUMVIRATO NASCITA DELL’IMPERO 31 a.C. OTTAVIANO AUGUSTO PRIMO IMPERATORE 0 Nascita di Gesù TIBERIO CALIGOLA CLAUDIO NERONE IMPERO I d.C. VESPASIANO TITO DOMIZIANO NERVA TRAIANO ADRIANO ANTONINO PIO MARCO AURELIO II d.C.
SETTIMIO SEVERO CARACALLA AURELIANO DIOCLEZIANO III d.C. MASSENZIO COSTANTINO 313 d.C. Editto di Milano IV d.C. 395 d.C. Morte di Teodosio e divisione dell’Impero ROMOLO AUGUSTOLO V d.C. 476 d.C. ODOACRE depone Romolo Augustolo: fine dell’Impero Romano d’Occidente
LA FAMIGLIA L’ALIMENTAZIONE LA RELIGIONE IL LAVORO I GIOCATTOLI LA SCUOLA LECASE L’ESERCITO L’ABBIGLIAMENTO
Nell’ 800 a.C. vivevano nel Lazio comunità di pastori e contadini di stirpe italica: i Latini e i Sabini. Abitavano in poveri villaggi di capanne. Nel corso dell’VIII secolo a.C., alcuni di questi villaggi, sorti lungo il Tevere nei pressi dell’ Isola Tiberina (che facilitava l’ attraversamento del fiume), si unirono in una lega e si fusero in un’ unica città: Roma. Essa comprendeva sette colli: Capitolino (o Campidoglio), Palatino, Quirinale, Viminale, Esquilino, Celio e Aventino. Lo sviluppo di Roma e la sua trasformazione da villaggio a città si compirono tra l’ VIII e il V secolo a.C. e furono favoriti dalla posizione geografica e dall’ influenza degli Etruschi, i cui domini si estendevano poco più a nord. La posizione favoriva il commercio soprattutto del sale, abbandonate sul lido marino e assai ricercato; per questo motivo, una delle più antiche strade di Roma fu chiamata Via Salaria, cioè via del sale.
L’ eroe Enea, fuggito da Troia, sua città natale, prese il mare con i compagni e navigò a lungo, fino ad approdare alla foce del Tevere. Qui si sposò con Lavinia, figlia del re Latino. Il loro discendente, Giulio, fondò la città di Alba Longa e i suoi successori per 300 anni regnarono sui Latini. Il regno pervenne infine a Numitore, ma suo fratello Amulio lo cacciò dal trono e costrinse la figlia di Numitore, Rea Silvia, a diventare sacerdotessa perché non avesse figli. Marte però, il dio della guerra,si innamorò di Rea Silvia; dal loro matrimonio nacquero due gemelli: Romolo e Remo. Amulio ordinò che fossero uccisi, ma colui che aveva ricevuto il crudele comando li depose invece in una cesta e li abbandonò sulle acque del Tevere. La cesta con i neonati si arrestò ai piedi del colle Palatino e una lupa, attratta dai loro vagiti, li allattò. Un pastore poi si prese cura di loro. Divenuti adulti, i due fratelli uccisero Amulio e ristabilirono sul trono Numitore. Essi vollero poi fondare una città, sulle rive del Tevere nel luogo dove erano stati abbandonati. Poiché erano gemelli, nessuno dei due aveva più diritto dell’ altro di dare il nome della città e così si affidarono al volere degli dei, i quali designarono Romolo. Egli fondò Roma, tracciando con l’ aratro un solco quadrato sul colle Palatino per segnare la cerchia delle future mura. La leggenda stabilisce la data della fondazione di Roma nel 21 aprile del 753 a.C.
Secondo la tradizione, Romolo fondò Roma, diede alla città le prime leggi, distinse la popolazione in patrizi (ricchi proprietari) e plebei (agricoltori, commercianti e artigiani) e istituì il Senato. Secondo la leggenda un giorno Romolo stava passando in rassegna l’ esercito. Una tempesta scoppiata all’ improvviso con un gran fragore di tuoni avvolse il re in una nube così densa che lo sottrasse alla vista. Ritornati la luce e il sereno, il trono di Romolo apparve vuoto; i senatori che erano rimasti al suo fianco affermarono che egli era stato portato via da un fulmine. Il popolo stette per lungo tempo in mesto silenzio. Poi tutti salutarono Romolo come un dio, re e padre di Roma, e invocarono il suo favore, pregandolo di proteggere sempre benevolo la loro stirpe. Da allora fu venerato come dio della città di Roma con nome di Quirino.
Nel primo periodo dell’ età repubblicana, dal510al264 a.C., Roma conquistò buona parte dell’ Italia, a cominciare dal Lazio. Nel 493 a.C Roma si alleò con i Latini: i due popoli stabilirono di vivere insieme in pace e di aiutarsi reciprocamente. Gli Equi furono conquistati per sempre nel 493 a.C. Nel 458 a.C i Volsci e gli Equi si allearono e accerchiarono l’ esercito romano. Roma allestì in fretta un nuovo esercito, comandato da Cincinnato, che circondò e sconfisse i nemici. Nel 431 a.C. gli Equi furono conquistati per sempre dai Romani. Nel 396 a.C. Roma combattè contro gli Etruschi per conquistare la città di Veio. I Romani vinsero e il territorio fu ammesso allo Stato romano. Nel 338 a.C i Volsci furono sconfitti definitivamente.
Come dice il nome Tullo Ostilio doveva proprio essere un sovrano assai ostile (dal latino hostilis che a sua volta deriva dal sostantivo hostis = nemico). Durante il suo regno ci furono guerre e alleanze. Le guerre con Alba Longa portarono Roma ad avere il comando assoluto fra le città del Lazio. In questa occasione avvenne la sfida tra i tre Orazi e i tre Curiazi. Tra le varie guerre condotte da questo re c’è anche quella contro i Sabini. Dopo un po’ i romani si stancarono di tanta violenza e tante guerre , così che quando Tullo Ostilio trovò la morte in un incendio che distrusse la sua casa, il popolo disse che era stata la volontà divina a eliminarlo…
Anco Marzio era un ex guerriero di stirpe Sabina e tra il 650 e il 640 a.C. diventò re. Assoggettò molti villaggi e riuscì a popolare l’ Aventino con i vari prigionieri di guerra. Attribuì ad ogni colle una popolazione: sul Palatino mise le famiglie più antiche della città, sul Campidoglio collocò i Sabini, sul Celio portò tutti i superstiti di Alba Longa. Tra le opere civili fece costruire ponte Sublicio e fortificò l’ ingresso al Tevere con la costruzione di Ostia che fu la prima colonia romana.
Tarquinio Prisco è il primo re etrusco. Come ci dice il nome, proveniva da Tarquinia ed era un ricco mercante, così ricco e influente da essere eletto dal Senato dopo la morte di Anco Marzio. Gli venne aggiunto il nome di Prisco (cioè vecchio) perché fu il primo di due Tarquini. Egli intensificò i commerci e fece bonificare le pianure intorno al fiume Tevere. Roma fu abbellita e fu creato il Foro romano, la piazza dove i cittadini si riunivano, e il tempio di Giove sul Campidoglio. Fu lui a voler edificare il Circo Massimo, nel luogo che i romani già utilizzavano per gare sportive. Fu assassinato dai figli di Anco Marzio che, stanchi di essere dominati dallo “ straniero”, lo uccisero. Ma la moglie riuscì a lasciare sul trono il figlio adottivo Servio Tullio.
Tarquinio il Superbo era un guerriero di origine etrusca, famoso non solo per la sua cattiveria, ma anche per la realizzazione di opere importanti, come la Cloaca Massima (nata dalla necessità di prosciugare l’ ambiente acquitrinoso su cui sorgeva Roma). Costruì il tempio di Giove sul Campidoglio: secondo una leggenda,se l’avesse fatto costruire, Roma sarebbe diventata la prima città del Mediterraneo. Così per mettere in pratica questo oracolo chiamò grandi scultori. Secondo la tradizione, nel 509 a.C. i romani esplosero in una sollevazione contro di lui e lo misero in fuga. La rivolta scoppiò quando Sesto, figlio ti Tarquinio, offese Lucrezia una donna romana, che per la vergogna si uccise. Contro Tarquinio si scagliarono i patrizi, ostili al re, guidati dal marito di Lucrezia. Fu in questo periodo che i romani furono protagonisti di atti eroici: ricordiamo il famoso gesto di Muzio Scevola. Soppresso il potere regio, venne instaurata la Repubblica: il potere fu affidato a due consoli scelti tra i patrizi e affiancati dal Senato.
Numa Pompilio doveva essere un uomo molto pacifico, forse un sacerdote. La sua origine era sabina. Fu proprio lui a voler costruire il tempio di Giano la cui porta era chiusa in tempo di pace e aperta durante le guerre. Si racconta anche che di notte avesse incontri e discussioni con la ninfa Egeria; fu lei a consigliargli la riforma del calendario. Scrive Plutarco: “Durante il regno di Romolo i mesi erano disordinati e caotici… Numa Pompilio affrontò anche questo problema …”.
Tullo Ostilio dichiarò guerra ad Alba Longa, la più importante città latina di allora. Il re di Alba Longa capì che l’ ostilità fra la sua città e Roma avrebbe favorito gli Etruschi , che volevano sottomettere le città latine. Per evitare questo pericolo le due città decisero di risolvere la loro contesa facendo combattere tre soldati romani contro tre albani. I Romani scelsero i tre fratelli Orazi, gli Albani i tre fratelli Curiazi. Ben presto due degli Orazi caddero uccisi . Gli Albani si credevano già vincitori : un solo uomo non poteva tener testa a tre contemporaneamente . Ma non fu così. Il soldato superstite ebbe una geniale trovata. Non affrontò insieme i tre nemici ma si mise a correre finché i tre Curiazi non si trovarono distanti uno dall’ altro. Il romano duellò con il primo dei Curiazi e lo uccise. Lo stesso fece con il secondo e poi con il terzo. “Il giuramento degli Orazi” in un quadro di Jacques-Louis David
I Romani decisero di estendere la loro supremazia anche nell’Italia meridionale e nel 282 a.C. inviarono il loro esercito contro Taranto, una città ricca e potente. I Tarantini chiesero aiuto a Pirro, re dell’Epiro (oggi Albania). Egli attraversò il mare con i suoi soldati e con alcuni elefanti da guerra che portavano sul dorso delle torrette con gli arcieri. Pirro si scontrò con i Romani ad Eraclea, sulle rive del golfo di Taranto e li battè. L’insuccesso dei Romani fu dovuto in gran parte alla paura che si sparse nelle loro fila alla vista degli enormi animali. Pirro vinse una seconda volta ma perse tantissimi soldati. Nel 275 a.C. egli venne definitivamente sconfitto: lo scontro decisivo si ebbe presso la città di Maleventum che, dopo questa vittoria, i Romani chiamarono Beneventum che significa buon evento. Poco dopo Taranto si arrese e molte città della Magna Grecia vennero sottomesse dai Romani.
Caio Muzio si introdusse nell’ accampamento etrusco deciso a uccidere il re Porsenna, ma per errore,anziché lui uccise il suo segretario. Catturato, mise la mano destra sul fuoco di un braciere per punirla dello sbaglio, senza emettere un lamento. Ammirato da tanta forza d’animo, Porsenna lo lasciò libero e concluse la pace con Roma. Da allora Muzio fu chiamato Scevola, cioè “mancino”.
Le case patrizie,chiamate domus, erano di forma rettangolare,a un solo piano,costruite con mattoni e ricoperte di calce. Le finestre esterne erano poche: le stanze ricevevano l’aria e la luce dall’atrio,il cortile interno della casa. Vi si accedeva dalla strada attraverso il vestibolo. L’ atrio aveva un’apertura sul soffitto dalla quale entrava l’ acqua piovana; essa veniva raccolta in un’ apposita vasca, detta impluvio. Sull’ atrio si affacciavano le camere o cubicoli. Sul fondo dell’atrio, dall’ altra parte opposta al vestibolo, si trovava il soggiorno o tablino, luogo di riposo del capo famiglia. Superato il tablino c’era il peristilio, un giardino ben curato con il porticato retto da colonne. Da lì si entrava nelle esedra, sala scoperta di forma semicircolare destinata ai ricevimenti e alla conversazione. Dal peristilio si accedeva anche al triclinio, la sala da pranzo quadrangolare dove si mangiava sdraiati secondo l’ uso greco. Uno spazio piccolo era occupato dalla cucina e un altro dal gabinetto. In età imperiale Roma contava un milione di abitanti, e ciò creava gravi problemi a causa della mancanza di spazio per le abitazioni della plebe. Il problema venne risolto con la costruzione delle insulae (isole), alti edifici che potevano raggiungere fino a sette piani di altezza. Le insulae erano il complesso edifici poco sicuri, a causa dei crolli e degli incendi che,a causa delle strutture in legno,si propagavano facilmente. DOMUS INSULAE
L’accampamento era quadrato, con due larghe strade perpendicolari che si incrociavano al centro, là dove c’era l’ altare: da lì il sacerdote assicurava la protezione degli dei all’intero accampamento. Una strada andava da nord a sud ed era detta cardo;l’altra da est a ovest ed era detta decumano. Nel punto di incrocio delle due strade sorgeva anche la tenda del comandante. Ai lati vi erano le tende dei ufficiali e quelle dei soldati. Gli accampamenti per lunghi soggiorni si cingevano di una palizzata e di un fossato. TENDA DEL COMANDANTE ALTARE PALIZZATA TENDE SUD EST FOSSATO
I bambini giocavano molto con la palla , il cerchio e le trottole. Le bambine , a volte , possedevano bambole con gli arti snodabili. Alcuni avevano dei carretti e si facevano tirare dai cani , dalle capre o da un asinello; si lasciavano trasportare da questi animali e organizzavano anche gare di corsa fra carretti. I bambini romani si dondolavano volentieri sull’ altalena e giocavano alle “noci”;il gioco consisteva nel far crollare, con un solo colpo di noce, una piccola piramide di noci; chi vinceva si teneva la frutta secca. In gruppo giocavano ai soldati e costruivano armi finte per imitare le scene di guerra e i legionali dell’ esercito. Si divertivano anche a giocare a testa e croce o pari e caffo.
Per la società romana il nucleo principale era la famiglia, formata da tutti coloro che vivevano in una stessa domus. Il pater familias (padre) era il capo famiglia e aveva la massima autorità. La moglie era compagna dell’ uomo nella gestione familiare: aveva la sua fiducia e per questo divideva con lui l’ autorità sui figli e sui servi. Della famiglia facevano parte anche gli schiavi e i liberti (schiavi liberati). Vi erano poi i clienti, persone che non facevano parte della famiglia, ma che si mettevano spontaneamente sotto la protezione del pater familias in cambio di denaro. La nascita dei figli era accolta con gioia e con feste; i genitori appendevano al collo del bambino un piccolo astuccio d’oro detto “bulla”, contenente amuleti per scongiurare il malaugurio.
I Romani erano politeisti. Inizialmente credevano che le divinità fossero spiriti della natura; consideravano sacri gli alberi, le sorgenti, la terra e i boschi. In seguito concepirono gli dei come simili all’ uomo e accolsero divinità greche quali Giove, dio del cielo; Marte, dio della guerra; Giano, rappresentato con due facce, che proteggeva le parti della città. Altre divinità importanti erano i Lari e i Penati: i primi proteggevano i campi e la casa; gli altri il focolare domestico e la famiglia. Secondo i romani, l’ uomo e lo stato avevano bisogno in ogni momento della protezione degli dei; i sacerdoti celebravano sacrifici animali per ingraziarsi il loro favore e placare le loro furie. La giornata di una famiglia romana cominciava quasi sempre con un’offerta agli dei Lari
MINERVA GIOVE DIANA GIANO APOLLO MARTE
Gli uomini romani indossavano solitamente la toga, un lungo telo, in genere di lana bianca, drappeggiato sulle spalle e intorno al corpo. La toga veniva indossata sopra la tunica, un indumento lungo fino al ginocchio e stretto alla vita da una cintura. Anche le donne indossavano la tunica; sopra di essa portavano la stola, un abito lungo fino alla caviglia, con le maniche corte, allacciato sulle spalle da fibbie e munite di cintura. Quando uscivano indossavano un ampio mantello, detto palla, che copriva anche il capo. I bambini vestivano come gli adulti: una tunica e, per uscire, una piccola toga o il mantellino per le bambine. I romani calzavano abitualmente i sandali formati da una suola di cuoio stretta al piede con stringhe di cuoio.
Durante la Monarchia e nei primi secoli della Repubblica, i bambini studiavano con il padre, ma nel II-I secolo a.C. il compito di educare i fanciulli passò a un maestro privato, di solito greco, che teneva le lezioni a domicilio. Verso la fine della Repubblica si aprirono le prime scuole pubbliche. I bambini maschi ricchi dai 7 ai 12 anni imparavano a leggere , a scrivere e a contare con le dita, con i sassolini e con l’abaco. Successivamente, fino ai 17 anni, i ragazzi imparavano a memoria le leggi delle XII tavole, si esercitavano nella lettura di testi greci e latini, studiavano geografia, storia, matematica, fisica e astronomia L’ istruzione era privilegio di pochi e l’ analfabetismo era quasi generale.
I Romani mangiavano tre volte al giorno; facevano una prima colazione verso le otto, una seconda colazione a mezzogiorno e una terza, la cena, verso la sera. Quest’ultima era considerata la più importante e, nelle case dei ricchi, era costituita da piatti a base di carne come maiale, cinghiale, cervo, lepre o vitello accompagnati da vini , oppure da pesci e molluschi serviti con carciofi , olive, fave ,piselli e asparagi. I servi porgevano le pietanze ai commensali, sdraiati sui triclini. Per concludere la cena, i ricchi mangiavano creme, dolci, biscotti, miele, fichi secchi e noci,allietati da artisti che cantavano, suonavano e ballavano fino a tarda notte. I poveri mangiavano pappa di miglio, ceci o lenticchie, cavoli, cipolle, formaggio e pane nero. La colazione del mattino era frugale anche per i ricchi: pane, frutta secca, latte e uova; a mezzogiorno si mangiavano gli avanzi della cena o legumi, funghi e frutta, bevendo acqua. Tutti, ricchi e poveri, mangiavano con le mani. CIBO DEI RICCHI CIBO DEI POVERI
Il segreto delle vittorie romane risiedeva nella perfetta organizzazione militare. I Romani avevano un esercito permanente e tutti i cittadini maschi dai 17 ai 60 anni erano, a seconda delle necessità, soldati. L’ esercito era costituito da alcune legioni; ogni legione era formata da 4200 fanti e da 300 cavalieri ed era divisa in 10 coorti a loro volta divise in centurie (di circa 100 soldati) comandate da un centurione. A capo dell’ esercito c’ era il console: egli aveva sotto di sé i tribuni militari, che comandavano le legioni. I fanti di solito appartenevano alle classi sociali più povere. Come armi avevano la lancia e il gladio, una spada corta a doppio taglio. Spesso usavano anche l’arco e le frecce. Indossavano l’elmo, lo scudo e la lorica (una corazza che proteggeva il busto). I cavalieri combattevano a cavallo ed erano armati di scudo e spada. L’accampamento era costruito con estrema cura per evitare gli attacchi improvvisi del nemico o qualunque altro imprevisto.
I clienti erano plebei poveri o stranieri che servivano un patrizio in cambio di assistenza e protezione
Gli schiavi erano prigionieri di guerra o plebei indebitati. Appartenevano ad un padrone e non avevano diritti. I liberti erano schiavi liberati. Essi potevano rimanere presso il padrone come segretario, potevano aprire una scuola o una bottega di artigiano. Non diventavano mai cittadini romani.
I membri del Senato restavano in carica a vita. Le loro sedute si tenevano dall’alba al tramonto su convocazione di un magistrato. Il Senato aveva ampi poteri e le sue decisioni servivano per stabilire le leggi. Il Senato assisteva i magistrati, dichiarava la guerra, distribuiva i territori conquistati, autorizzava la spesa pubblica, poteva dichiarare lo stato di emergenza e dare pieni poteri ai consoli
Su un altare dove era stato bruciato l’incenso, gli animali venivano sacrificati secondo un preciso rituale. Dall’esame dei visceri delle vittime, gli arùspici interpretavano il futuro.
L’arredamento del triclinio consisteva in tre letti disposti su tre lati di un tavolo basso; il quarto lato era lasciato libero per il servizio, svolto dagli schiavi. I componenti della famiglia si sdraiavano sul letto di sinistra, gli ospiti sugli altri due.
Roma sognava da tempo di cacciare i cartaginesi da tutta la Sicilia. Per riuscirvi occorreva costruire una flotta potente. I Romani allestirono 120 navi, ciascuna era munita di un ponte girevole di legno chiamato “corvo”. Lanciando il ponte sulle navi avversarie, i combattenti riuscivano ad affrontare il nemico come sulla terraferma. A Milazzo le due flotte nemiche si scontrarono e la flotta cartaginese fu sbaragliata.
La seconda guerra punica ebbe inizio dopo la presa di Sagunto, città della Spagna alleata dei Romani e saccheggiata dai Cartaginesi. Dalla Spagna, Annibale con il suo esercito giunse in Italia valicando le Alpi a dorso di elefante. Penetrato in Italia, Annibale scese nella Pianura Padana e sconfisse due legioni romane sui fiumi Ticino e Trebbia. Poi sbaragliò un terzo esercito romano presso il lago Trasimeno e infine inflisse ai Romani una tremenda sconfitta a Canne, in Puglia. I romani non si scoraggiarono e decisero di applicare la stessa strategia di Annibale: portare a guerra in territorio nemico. Pertanto mandarono il console Cornelio Scipione in Spagna: egli riuscì ad avere la meglio. Successivamente Scipione si recò in Africa e nel 202 a.C. a Zama sbaragliò definitivamente Annibale e il suo esercito. Le condizioni di pace furono durissime. I Cartaginesi dovettero consegnare la flotta militare e gli elefanti e cedere tutti i domini in Africa e in Spagna.
Dopo la sconfitta della seconda guerra punica, Cartagine rifiorì, pertanto Roma volle distruggerla e per la terza volta dichiarò guerra alla città: Cartagine fu attaccata nel 146 a.C. I Cartaginesi cercarono di difendersi e diedero prova di grande eroismo ma, dopo una serie di duri scontri Cartagine fu abbattuta e rasa al suolo. Il suo territorio divenne una provincia romana d’Africa.
I due fratelli Tiberio e Gaio Gracco affrontarono il problema della giusta distribuzione della terra di proprietà dello Stato che finiva sempre nelle mani dei nobili e dei ricchi. Tiberio, eletto Tribuno della plebe, propose una riforma agraria a favore del popolo ma venne ucciso. Dieci anni dopo suo fratello Gaio Gracco perfezionò le riforme già iniziate da Tiberio ma anche lui incontrò l’odio dei ricchi e si uccise nel 122 a.C. Dopo la vicenda dei Gracchi, i cittadini romani erano divisi in due gruppi: i conservatori, cioè coloro che difendevano gli interessi dei nobili e dei ricchi, capeggiati da Silla e i popolari guidati da Mario, che invece volevano attuare delle riforme a vantaggio del popolo.Nell’88 a.C. iniziarono le guerre civili che portarono i romani a combattere contro altri romani. Nell’82 a.C. Silla sconfisse le forze del partito popolare e si fece nominare dal Senato dittatore a vita, cioè per sempre. Durante il suo governo, il partito aristocratico aumentò il proprio potere a scapito della parte popolare. TIBERIO E GAIO GRACCO MARIO SILLA
Dopo la morte di Silla, Gneo Pompeo, del partito aristocratico, strinse un’alleanza politica con Caio Giulio Cesare, capo del partito popolare, e con Crasso, rappresentante dei ricchi romani. Essi formarono nel 60 a.C. un governo a tre: un triumvirato. Cesare si dimostrò il più forte dei tre: conquistò la Gallia ed ampliò i domini romani fino all’Atlantico e al Reno. Alla morte di Crasso, Cesare si trovava in Gallia; Pompeo si fece nominare dal Senato console unico e pretese di governare anche la Gallia conquistata da Cesare. Cesare si ribellò e rientrò in Italia con le sue truppe. Scoppiò così una guerra civile fra Cesare e Pompeo. Nel 48 a.C. Cesare vinse e restò l’unico padrone di Roma, capo assoluto, console e dittatore a vita. Cesare passa il Rubicone
Cesare introdusse importanti riforme a favore del popolo: distribuì terre pubbliche ai contadini poveri; concesse la cittadinanza romana alle città della Gallia e fece partecipare al governo anche gli abitanti delle province. Egli aveva però numerosi nemici tra i senatori che prepararono una congiura guidata da Cassio e da Marco Bruto. Il 15 marzo del 44 a.C. Cesare fu ucciso con ventitrè pugnalate ai piedi della statua di Pompeo.
La morte di Giulio Cesare, nel 44 a.C., aveva determinato una netta divisione tra i senatori e la plebe, desiderosa di avere un capo forte. Scoppiò così una nuova guerra civile. I seguaci di Cesare erano Antonio, Ottaviano e Lepido, che si coalizzarono in un secondo triumvirato, anche con lo scopo di eliminare gli avversari politici. Essi vinsero i nemici nella battaglia di Filippi in Macedonia nel 42 a.C.. Ottaviano e Antonio strinsero poi un nuovo accordo che però durò poco: nel 31 a.C., nella battaglia navale di Azio, nel nord della Grecia, Ottaviano vinse e rimase da solo al potere. BATTAGLIA DI FILIPPI BATTAGLIA DI AZIO
Caio Giulio Cesare Ottaviano, dopo la vittoria di Azio e la conquista dell’Egitto, ebbe il sostegno di tutta la popolazione. Egli divenne capo assoluto dello Stato: fu nominato console, censore, pontefice massimo, tribuno e capo dell’esercito. Ottaviano accettò il titolo di “Augusto” conferitogli dal Senato per affermare il carattere quasi sacro della sua persona. Il regno di Ottaviano Augusto durò dal 31 a.C. al 14 d.C.: in questo periodo egli portò a compimento le riforme già iniziate da Cesare e trasformò il mondo romano in uno Stato ordinato e pacifico. Con l’anno 31 a.C. incominciò un nuovo periodo della storia romana, il periodo imperiale, che durò fino al 476 d.C. Augusto non stabilì un criterio per la successione degli imperatori: essa si effettuò in vari modi a seconda della situazione politica.
I plebei erano contadini, artigiani, piccoli commercianti. Erano i più numerosi, vivevano poveramente e non partecipavano alla vita politica
A Servio Tullio, forse di umile nascita (si pensa che sia nato da una schiava , poi cresciuto da Tarquinio Prisco ), si devono importanti riforme politiche e sociali: i cittadini furono divisi in cinque classi secondo la ricchezza; fu autore di una riforma timocratica (dal greco: governo dei ricchi, perché al potere andavano sempre le prime classi); ampliò la cinta muraria di Roma (le famose mura serviane, vicino la stazione Termini). Tito Livio ci narra che radunò tutti i cittadini nel Campo di Marte (attuale Montecitorio) e lì li sottopose a un rito di purificazione sacrificando un maiale, un toro e una pecora; questi riti erano chiamati lustrum (= purificare) ma poiché Servio Tullio volle farli ogni cinque anni , ancora oggi per “lustro” si intende un periodo di cinque anni. Servio Tullio fu ucciso dalla figlia Tullia, resa pazza dall‘amore per il marito; con il cocchio passò più volte sul corpo del padre, poi portò il corpo davanti agli dei che per l’ira giurarono di dare ai Romani un sovrano ingiusto e superbo, proprio come non era stato il buon Servio Tullio. E’ così che Tito Livio spiega il perché di un regno tanto folle: il regno di Tarquinio il Superbo.
Tiberio (14-37 d.C.) continuò l’opera di Augusto: favorì la ripresa dell’agricoltura e consolidò i confini dell’Impero. Era un bravo generale, ma fu un sovrano sospettoso e crudele. A Tiberio successe il nipote Caligola (37-41 d.C.) , ma a causa della sua condotta tirannica fu presto assassinato. A lui successe Claudio (41-54 d.C.). Egli migliorò l’amministrazione delle province e rafforzò il dominio romano conquistando parte della Britannia, la Mauritania (oggi Marocco)e la Tracia. Per dotare Roma di acqua fece costruire un grande acquedotto, chiamato Acqua Claudia. Nerone (54-68 d.C.) salì al trono a soli 17 anni e all’ inizio governò saggiamente. in seguito, però, manifestò segni di pazzia. Sospettando tradimenti, fece uccidere sua madre, sua moglie, il suo maestro Seneca e famosi poeti latini. Nel 64 d.C. un terribile incendio distrusse gran parte di Roma e Nerone riversò la colpa sui Cristiani: da ciò trasse il pretesto per arrestarli e mandarli al supplizio. Per tanta crudeltà Nerone fu accusato dal senato e dall’ esercito e nel 68 d.C. si uccise. Tiberio Caligola Claudio Nerone
Nel 69 d.C., dopo un anno di lotte per la presa del potere, salì al trono Vespasiano, eletto dalle legioni. Vespasiano fu il primo imperatore di origine non aristocratica. Fu un buono amministratore e stabilì la pace nell’ impero. A Roma diede inizio alla costruzione di una grande arena destinate agli spettacoli: l’anfiteatro Flavio, detto poi Colosseo. Durante il suo governo in Palestina scoppiò una rivolta: Vespasiano inviò a soffocarla suo figlio Tito. Fu proprio Tito (79-81d.C.) a salire al potere alla morte di Vespasiano. In accordo con il senato, egli seguì una politica di ordine e pace. Nel primo anno del suo governo, l’eruzione del Vesuvio seppellì Ercolano e Pompei. Tito fece completare il Colosseo ed erigere un arco di trionfo simbolo del potere romano. A Tito successe il fratello Domiziano (81-96 d.C.). Egli fortificò i confini sul Reno e fece costruire strade e acquedotti. Volle però essere venerato come un Dio e per questo si rese odioso al punto da essere ucciso da una congiura. Vespasiano Tito Domiziano