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“L’Integrazione scolastica dei bambini con disturbi specifici di linguaggio e di apprendimento”

“L’Integrazione scolastica dei bambini con disturbi specifici di linguaggio e di apprendimento”. I problemi psicopatologici nei DSA. Qual’ è l’impatto che il D.S.A. può avere sullo sviluppo psicologico, emotivo e affettivo di un bambino?.

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“L’Integrazione scolastica dei bambini con disturbi specifici di linguaggio e di apprendimento”

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Presentation Transcript


  1. “L’Integrazione scolastica dei bambini con disturbi specifici di linguaggio e di apprendimento” I problemi psicopatologici nei DSA

  2. Qual’ è l’impatto che il D.S.A. può avere sullo sviluppo psicologico, emotivo e affettivo di un bambino?

  3. Tra gli alunni c’è Francesco che spesso fa fatica a trattenere le lacrime. Vede che gli altri bambini capiscono i segni che la maestra ha scritto alla lavagna, mentre per lui quei trattini sembrano uguali o quasi, altri hanno lo stesso suono, ma vede che vengono scritti diversamente. La maestra gli sottolinea che non fa abbastanza attenzione, ecco perché sbaglia e rimane sempre indietro.

  4. Per la maestra sembra che lo faccia apposta. Giocherella con le mani, si gira, guarda i compagni, dice di non riuscire a vederebene alla lavagna, chiede d’uscire. Poi rientra e scrive in modo disordinato, un po’ su e un po’ giù, con lettere grandi grandi e altre piccole piccole, le gambine del corsivo tutte sbagliate, a destra dove devono essere a sinistra e a sinistra dove devono essere a destra, in su dove devono essere in giù. Pare sempre svogliato e si direbbe che non gli importi niente della scuola.

  5. In effetti Francesco a queste condizioni non vuole più imparare a leggere e a scrivere.L'inserimento nella prima società formale rivela al bambino con D.S.A. la suadiversità

  6. I Disturbi Specifici di Apprendimento Difficoltà nell’acquisizione del controllo del codice scritto (lettura, scrittura, calcolo) • in presenza di • Normodotazione intellettiva • Adeguate opportunità di apprendimento in assenza di • disturbi neuromotori o sensoriali • disturbi psicopatologici (pre-esistenti)

  7. EPIDEMIOLOGIA DEI DSA IN ITALIA4,5% di DSA1% sono seguiti

  8. Levi, Faruggia (1984): i bambini con DSA rivelano un rischio psicopatologico per la Depressione 8-9 volte superiore rispetto alla popolazione generale della stessa fascia d’età. Levi, Penge, Biondi (1988): tra i bambini con DSA studiati, 2 su 5 presentano depressione. Studi negli USA riscontrano una prevalenza della depressione nella fascia di età 7 –12 della popolazione generale dell’1,8% mentre risulta dal 30 al 40% nei bambini con DSA COMORBILITÀla DEPRESSIONE

  9. DSA come conseguenza-sintomo del disturbo psicopatologico; • Disturbo psicopatologico come risultato di un DSA primitivo; • DSA e disturbo psicopatologico come quadri clinici indipendenti.

  10. Classificazione empirica Specifici aspetti di comportamenti infantile, potenzialmente problematici, in base alla frequenza con cui si presentano vengono raggruppati in due pattern: Esternalizzanti Scarsa compliance –aggressività – distruttività – condotte delinquenziali Comportamenti diretti verso gli altri e l’ambiente “esterno” Comportamenti “disturbanti” Iperattività – impulsività – Disattenzione Internalizzanti Ansia – paura – vergogna – stanchezza – preoccupazioni somatiche – bassa autostima - depressione Comportamenti problematici rivolti “all’interno” Sintomi emozionali

  11. Disturbi internalizzanti • Pattern di comportamenti disfunzionali e di difficoltà • psicologiche dirette “verso l’interno”: nucleo di sintomi • associati a comportamenti connessi ad eccessivo controllo • (Raynold ’92) (sintomi emozionali); • Disturbi d’ansia; • Depressione; • Disturbi somatoformi

  12. Disturbi esternalizzanti • Pattern di comportamenti disfunzionali che si manifestano • in diversi contesti in cui il bambino entra in conflitto con gli • altri (comportamenti disturbanti) : • Disturbo della condotta(CD); • Disturbo oppositivo-provocatorio(DOP); • Disturbo da Deficit d’Attenzione ed Iperattività (DDAI)

  13. Disturbi esternalizzanti Ipocontrollo Distinzione comportamentale Deficit di elaborazione Disturbi internalizzanti Distinzione cognitiva Ipercontrollo Elaborazione disfunzionale e distorta

  14. DISTURBO DEPRESSIVO • La prevalenza di tale disturbo in età scolare è intorno all’1,8%. • La sintomatologia è quanto mai polimorfa. • L’umore depresso, a differenza degli adulti, tende a manifestarsi con l’irritabilità, con le lamentele somatiche e con il ritiro sociale. • Perché il disturbo depressivo del bambino venga definito tale, accanto alla tristezza e all’infelicità che possono produrre un cambiamento nell’umore, si deve assistere contestualmente ad una compromissione funzionale nelle prestazioni e nel comportamento a scuola, nel gioco, nei rapporti con i coetanei e con i familiari.

  15. I I rischi di presentare tale disturbo consistono: • •Influenze genetiche: il DDM ha una ereditarietà dell’80%, il disturbo depressivo lieve del 10-50%. • •Eventi prenatali che influenzano la trasmissione neuroregolatoria • •Attaccamento insicuro o disorganizzato • •Esposizione a pensieri, comportamenti ed emozioni negativi e pessimistici dei genitori • •Ambiente familiare povero di stimoli e incapace di sostenere il bambino • •Deficit nei rinforzi positivi • •Scarsa e inadeguata comunicazione familiare (Goodman & Gotlib, 1999)

  16. ADHD Disattenzione nSembra non ascoltare nCambia gioco continuamente nNon sta sulle attività proposte Iperattività nFatica a stare seduto (si muove spesso) nCorre e si arrampica eccessivamente Impulsività nRisponde precipitosamente nNon sa aspettare (non tollera l’attesa) nNon rispetta le regole perché vuole fare a modo suo

  17. Disturbo OppositivoProvocatorio • ·Stile ricorrente di comportamento negativistico, provocatorio, disobbediente, ed ostile nei confronti delle figure dotate di autorità. • ·Sono comportamenti comuni in età prescolare e adolescenziale, per cui bisogna essere cauti • ·Maggiormente presente in famiglie con turn-over di figure di accudimento: problemi coniugali, psicopatologie (depressione materna), eccessiva rigidità educativa, scarsa attenzione verso il figlio • ·spesso va in collera • ·spesso litiga con gli adulti • ·spesso sfida attivamente o si rifiuta di rispettare la/le richieste o regole degli adulti • ·spesso irrita deliberatamente le persone • ·spesso accusa gli altri per i propri errori o il proprio cattivo comportamento • ·è spesso suscettibile o facilmente irritato dagli altri • ·è spesso arrabbiato e rancoroso • • è spesso dispettoso e vendicativo • ·dell’adolescenza

  18. Disturbo della Condotta • Scarsa empatia e scarsa attenzione per i sentimenti, i desideri, e il benessere degli altri. • Travisano le intenzioni degli altri come più ostili e minacciose del vero e reagiscono con un'aggressione che essi ritengono ragionevole e giustificata. • Hanno scarsa autostima sebbene vogliano dimostrare l'aspetto di un duro. • Hanno scarsa tolleranza alla frustrazione, irritabilità, esplosioni di rabbia. • Esistono fattori predisponenti: • rifiuto o abbandono da parte dei genitori, • temperamento infantile difficile, • norme contraddittorie di educazione con disciplina rigida, • maltrattamento fisico o sessuale, • mancanza di sorveglianza, • inserimento precoce in istituzioni, • frequenti cambiamenti delle persone che si prendono cura del soggetto, • famiglia numerosa, • associazione con gruppi di delinquenti.

  19. Il rischio è dunque generalmente cumulativo e multideterminato (Masi et al., 1998).

  20. Un esempio: Il bambino si accorge che non sa fare come gli altri ed elabora un’immagine di sé improntata sulla sfiducia Gli insegnanti sono preda del dubbio, aumentano gli stimoli, confermano l’insuccesso La famiglia è in allarme; subisce la ferita narcisistica conseguente al messaggio di avere un figlio diverso dalla proprie rappresentazioni e aspettative

  21. TRE MODELLI DI INTERAZIONE COMUNICATIVA: • Coalizione: famiglia e scuola condividono la stessa valutazione; il bambino viene accerchiato attraverso un trattamento intensivo con il rischio di saturarne l’esistenza; • Contrapposizione: la famiglia non accetta la valutazione degli insegnanti, ritiene il bambino vittima di sorprusi e di incomprensioni…inizia il pellegrinaggio da specialisti o si giunge a cambiare scuola… • Collaborativo-sinergico: famiglia e scuola si aiutano reciprocamente e richiedono l’intervento di aiuti esterni qualificati.

  22. Il disagio psicopatologico può essere espresso attraverso la svalutazione e la frammentazione delle richieste d’apprendimento, l’intolleranza alla frustrazione, la perdita di autostima e tentativi di difesa ansiosa.

  23. Per questi bambini con DSA, che vanno incontro di frequente ad insuccesso scolastico, la percezione di inadeguatezza sembra, quindi, diventare pervasiva di molti aspetti della realtà interna ed esterna.

  24. Autostima e funzionamento scolastico Molti studi hanno messo in evidenza come il funzionamento scolastico rappresenti uno dei fattori più importanti in grado di condizionare l’autostima. Oltre a essere una componente base della salute mentale, l’autostima appare associata ai successi scolastici. Performance scolastica e autostima si trovano quindi in un rapporto interattivo. Da un punto di vista patogenetico, la bassa autostima sembra essere l’elemento più caratterizzante.

  25. SE’ COGNITIVO È la rappresentazione che un individuo possiede circa la propria capacità di comprendere e controllare il mondo esterno e il mondo interno con i propri strumenti di pensiero.

  26. Una difficoltà scolastica può rappresentare una esperienza traumatica, in grado di indebolire il Sé cognitivo. L’espressione clinica di un Sé cognitivo debole può coinvolgere lo sviluppo emotivo, il rapporto con la realtà, il funzionamento intellettivo, le dinamiche familiari e le relazioni sociali.

  27. Bambini, e soprattutto adolescenti, con un Sé cognitivo debole sentono di avere una scarsa “presa” sulla realtà, il futuro sembra sfuggire al loro controllo, l’approccio alla realtà è prevalentemente passivo. Le relazioni sociali possono essere scarse e superficiali, in quanto dominate dal timore del rifiuto, ma talora questo timore porta a relazioni adesive e ipercontrollanti.

  28. Ma, dopo 3,4,6 o più anni di scuola, i ragazzi con DSA non credono più nella loro intelligenza. Stentano a formarsi unareale e unitaria immagine di sé (ciò può portare a patologie di personalità). Nella maggior parte dei casi il loro vissuto, comunque, soprattutto a scuola, propende per farli sentire tra gli “stupidi”. Troppo poche sono, di solito, le occasioni in cui riescono a fare emergere altre caratteristiche non legate ai risultati scolastici.

  29. componente iper-protettiva: • (“Poverino, non ce la fa!”). • componente aggressiva: • (“Potrebbe farcela, ma non vuole!”).

  30. TEORIE DELL’INTELLIGENZA( Dweck e Licht, 1981) TEORIA STATICA DEL FUNZIONAMENTO INTELLETTIVO: L’intelligenza è una dotazione fissa, immodificabile, al di fuori del proprio controllo. Lo sforzo cognitivo è inutile, perché non conduce ad alcun cambiamento. TEORIA DINAMICA DEL FUNZIONAMENTO INTELLETTIVO: L’intelligenza è modificabile.Il soggetto può fare qualcosa per aumentarla, con un maggiore sforzo cognitivo.

  31. La teoria dell’intelligenza può influenzare atteggiamenti e obiettivi di fronte ad un apprendimento scolastico: • obiettivo di apprendimento: incrementare le proprie conoscenze. • obiettivo di prestazione: ricevere gratificazioni ed evitare frustrazioni.

  32. TEORIE ATTRIBUZIONALI Interpretazione dei fattori causali all’origine degli eventi Ragazzi con DSA • Insuccesso scolastico  fattori interni (scarsa capacità,impegno ridotto o scarsa intelligenza). • Successo scolastico  fattori esterni (fortuna, aiuti esterni). Ragazzi senza DSA • Teorie attribuzionali protettive che salvaguardano l’autostima (ricavare forza dai successi e minimizzare gli insuccessi per tollerare le frustrazioni).

  33. Questo insieme di convinzioni negative, sentimenti di rabbia, di depressione, di difficoltà nelle relazioni sociali, di fallimento ed esitamento delle difficoltà, possono condurre con il tempo alla impossibilità di costruirsi una identità positiva

  34. I ragazzi con DSA si sentono spesso inferiori e vulnerabili per le proprie capacità, e inoltre sentono di avere uno scarso controllo sul proprio ambiente e sul proprio destino, con un disinvestimento sia nei processi di apprendimento, sia nell’intervento riabilitativo.

  35. Ciò che spesso segnalano, è proprio la difficoltà a capire, riguardo al loro iter scolastico, cosa e quanto dipende da loro e dal loro impegno e quanto dipende dalla presenza del disturbo di apprendimento.

  36. Fattori di rischio per lastrutturazione di disturbipsicopatologici nei DSA • gravità del DSA • segnalazione tardiva • discontinuità nella presa in carico terapeutica • discontinuità nella storia scolastica e nelle relazionieducative • modalità di elaborazione dei conflitti e organizzazione di personalità • ruolo del DSA nel processo di identificazione • peso e ruolo del DSA nelle interazioni familiari e sociali

  37. Quale intervento?Il trattamento dei Disturbi dell’Apprendimento in relazione alla molteplicità dei fattori patogenetici ed alle implicazioni relazionali sempre presenti, richiede la presa in carico globale del bambino, inserito nella rete delle sue relazioni familiari e scolastiche.

  38. Quale intervento? Gli interventi sul bambino devono essere di rassicurazione e di sostegno, affinché egli possa superare i sentimenti di inadeguatezza e di frustrazione ed acquisire una maggiore fiducia in sé stesso

  39. Fattori protettivi Il ragazzo • vedersi come risorsa in una prospettiva al di • là di quelle che sono le difficoltà scolastiche; • il ridotto livello di compromissione negli apprendimenti o delle aree dell’apprendimento; • la presenza di interessi extrascolastici positivi su cui investire; • sentirsi riconosciuto dal gruppo dei coetanei.

  40. Fattori protettivi La famiglia • condivisione del progetto di aiuto; • lettura complessa del bisogno educativo e di • maturazione del bambino/ragazzo; • la consapevolezza delle proprie proiezioni • relativamente alle difficoltà.

  41. Fattori protettivi La scuola • l’attivazione dell’intero consiglio di classe per • predisporre un progetto didattico educativo • condiviso; • un consiglio di classe che in collaborazione con i • servizi sappia effettuare una valutazione • contestuale e sia capace di vedersi come risorsa; • sapere riconoscere la variabile emotiva legata alla • difficoltà scolastica.

  42. FATTORI PREDISPONENTI Il ragazzo • mancato riconoscimento e valorizzazione delle • proprie abilità; • incapacità di elaborare e mettere in pratica tutte • le indicazioni offerte per affrontare più • adeguatamente la propria condizione; • sentirsi fuori dal gruppo, vivere un isolamento • sociale.

  43. FATTORI PREDISPONENTI La famiglia • eccessivo investimento nelle scuola e negli • apprendimenti; • intrusività elevata; • assenza di sostegno e di aiuto; • difficoltà nel cogliere il peso sociale, scolastico e • cognitivo del disturbo di apprendimento.

  44. FATTORI PREDISPONENTI La scuola • enfatizzare l’apprendimento e la lettura • neuropsicologica; • calibrare gli obiettivi su livelli di apprendimento • troppo elevati; • sottovalutare la variabile emotiva legata alle • difficoltà scolastiche; • rigidità nel perseguire il programma scolastico; • in alcuni casi l’insegnante di sostegno ha dato • origine a forti vissuti di diversità.

  45. si ha spesso paura di parlare con il bambino delle sue difficoltà; un disturbo condivisibile è meno pericoloso di un disturbo innominabile; è necessario aiutare il bambino e gli adulti che lo circondano a distinguere gli aspetti che sono riparabili da quelli che non lo sono; modificare ciò che è trasformabile, accettare ciò che non lo è, distinguere gli uni dagli altri.

  46. Quindi individuare un DSA il più precocemente possibile permette di: • Riconoscere che quel bambino non è pigro, non è svogliato, non è poco intelligente • Riconoscere che il disturbo esiste e si può nominare • Segnare un confine chiaro tra ciò che dipende dall’impegno del bambino e ciò che non dipende da lui • Sapere che quel disturbo ha certe caratteristiche e che si può fare qualcosa • Capire ciò che è modificabile e quello che serve per modificarlo • Accettare che qualcosa non si modificherà

  47. Quale aiuto? • Restituire significato alla sofferenza; • Evitare che si cristallizzi una reazione di difesa dovuta alla • ferita insanabile della propria identità; •   Evitare l’instaurarsi di una dinamica di vergogna, colpa, • rifiuto che può pregiudicare anche l’accettazione di ogni • aiuto; • Aiutare il ragazzo ad avere consapevolezza precocemente; • Incoraggiare a sperimentare la capacità di agire sulla realtà • esterna per modificarla; • Favorire lo sviluppo di un senso di autoefficacia e di • competenza per recuperare uno sviluppo armonico pur • conservando aree di vulnerabilità. •

  48. Imparare con più difficoltà non significa che il bambino dislessico non è in grado di apprendere

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