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Polinomi di Zernike - 1

Tecnologie Astronomiche. M. Brescia. Polinomi di Zernike - 1.

elise
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Polinomi di Zernike - 1

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  1. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Polinomi di Zernike - 1 Un’altra possibile espansione in forma polinomiale della funzione di fronte d’onda, per sistemi ottici con pupilla circolare, è quella definita dai polinomi di Zernike. Questi sono polinomi ortogonali ed esprimibili come il prodotto di una parte radiale e una parte angolare. Ogni funzione di base di Zernike è il prodotto di due altre funzioni, una che dipende solo dal raggio e l’altra che dipende solo dal meridiano. Questo schema base, costituito dal prodotto fra un polinomio e un’armonica, si ripete per tutte le funzioni di Zernike. Dove la parte radiale è data da

  2. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Polinomi di Zernike - 2 Possiamo descrivere matematicamente l’aberrazione di un telescopio come somma pesata delle funzioni di base di Zernike. Questa rappresentazione è chiamata espansione di Zernike dell’aberrazione del fronte d’onda. Il peso che deve essere applicato ad ogni polinomio nel calcolo della somma è chiamato coefficiente di aberrazione. Ciascun coefficiente di aberrazione è un numero, di solito espresso in micron, o tal volta espresso in unità di lunghezza d’onda della luce. I coefficienti di aberrazione dell’espansione di Zernike sono analoghi ai coefficienti di Fourier dell’espansione di Fourier, che sono a loro volta analoghi allo spettro di energia di una sorgente luminosa. Quindi è comune parlare dello spettro di Fourier di un’onda e, allo stesso modo, possiamo parlare dello spettro di Zernike del sistema ottico del telescopio

  3. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Polinomi di Zernike - 3 Uno degli aspetti più interessanti dell’insieme dei polinomi di Zernike è che essi sono reciprocamente ortogonali, ciò significa che essi sono matematicamente indipendenti l’uno dall’altro (base dello spazio vettoriale relativo ad un fronte d’onda sferico). Un altro aspetto utile è che tutti i polinomi, eccetto il primo, hanno media uguale a zero e sono calibrati in modo da avere variazioni unitarie. Questo pone tutti i polinomi su una base comune, in modo che le loro grandezze relative possano essere comparate facilmente. L’ortogonalità delle funzioni di Zernike permette di calcolare facilmente la varianza totale di un fronte d’onda, come somma delle varianze dei singoli componenti.

  4. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Polinomi di Zernike - 4 Polinomi per le principali aberrazioni del fronte d’onda

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  8. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Polinomi di Zernike - 8 Proviamo a simulare le aberrazioni di Zernike in Matlab…

  9. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modellazione ottica di un telescopio A questo punto la domanda sorge spontanea: ora che sappiamo come progettare otticamente un telescopio e come calcolare analiticamente le aberrazioni, come facciamo a modellare le ottiche in modo da minimizzare il contributo delle aberrazioni nel telescopio?

  10. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Ray Tracing - 1 Per la progettazione di un sistema ottico si fa uso di strumenti software denominati programmi di ray tracing (tracciamento dei raggi). Il ray tracing è un procedimento basato, da un punto di vista teorico, sulle proprietà dell’ottica geometrica: la propagazione della luce in un mezzo omogeneo e la legge della rifrazione e riflessione di Snell, che a sua volta discende dal noto Principio di Fermat: in un sistema ottico il percorso seguito da un raggio luminoso tra due punti qualsiasi nello spazio è quello che ha il tempo di percorrenza minore. Il ray tracing è un metodo di rendering ottico basato sulla modellazione di dispositivi ottici in base all’analisi dei fasci luminosi che li percorrono. Questo metodo traccia dei raggi di luce da una sorgente fino al piano immagine. I raggi vengono testati in modo da determinare e ottimizzare le loro intersezioni con gli stop inseriti nel modello. Nel ray tracing un raggio di luce viene tracciato lungo la direzione scelta per il percorso ottico da una sorgente al piano immagine. Esso è rivelato sottoforma di un pixel dell’immagine finale. Il pixel sarà quindi rivelato in termini di immagine policromatica del fascio incidente.

  11. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Alcune definizioni - 2 In un sistema ottico (OS) esistono delle limitazioni fisiche al numero di raggi che lo possono attraversare. Ciò che delimita i raggi passanti si chiama stop di apertura. Esso dunque controlla la luminosità dell’immagine. Nel piano focale invece si trova lo stop di campo: un diaframma che delimita la regione del piano focale capace di accogliere i raggi. Esso dunque limita la dimensione dell’oggetto visto (FOV). Dallo stop di apertura di un sistema si risale a: Pupilla di entrata: immagine dello stop di apertura prodotta dalla parte di OS che lo precede. Pupilla di uscita: immagine dello stop di apertura prodotta dalla parte di OS che lo segue.

  12. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Alcune definizioni - 3 La posizione e dimensioni degli stop e pupille è importante perché condiziona la correzione delle aberrazioni e la qualità dell’immagine. Ridurre il diametro del fascio di raggi soddisfa meglio la condizione parassiale, ma ovviamente riduce la luminosità dell’oggetto (la brillanza del telescopio). Inoltre lo stop evita l’effetto del vignetting. In un telescopio l’obiettivo è la pupilla di entrata mentre quella di uscita è la sua immagine prodotta sul rivelatore. Molto importante è il raggio passante per il centro dello stop di apertura (chief ray). Tutti gli altri raggi convergono laddove il chief ray forma l’oggetto se e solo se l’OS è privo di aberrazioni. Il cono dei raggi che giunge al centro dell’immagine si definisce come l’F/#.

  13. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Figure di merito La figura di merito è lo strumento analitico con cui verificare la “bontà” di un sistema ottico. Infatti il passo successivo alla definizione dei parametri ottici dell’OS è decidere quando “accettare” una soluzione come “la migliore” in termini di qualità dell’immagine (che spesso è frutto di un compromesso tra requirements scientifici e costruttivi dell’OS). In un generico strumento di ray tracing, le principali figure di merito (MF) utilizzate sono: Point Spread function (PSF) Spot Diagram (SD) Encircled Energy (EE) Modulation Transfer Function (MTF)

  14. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Point Spread Function - 1 Nel caso di aperture circolari (specchi di telescopi) la distribuzione d’intensità luminosa segue quello che viene definito come il profilo di Airy (Airy pattern): una serie di anelli concentrici sempre meno luminosi (dovuti al fenomeno già visto della diffrazione). Questo profilo è un esempio di ciò che viene chiamata PSF: la distribuzione d’intensità luminosa sul piano immagine. La PSF di un OS è la distribuzionediirraggiamentosul piano immaginechescaturiscedaunasorgente (esempio: un telescopioche forma l’immaginediunastella). Sebbene la sorgentesiapuntiforme, la suaimmagine non lo è (diffrazione+seeing+aberrazioni). Q punto sul fronte d’onda W P punto sul piano immagine Ɛ ostruzione D diametro pupilla Q s P ρ r θ ɛ ψ W z D R pupilla d’uscita piano immagine

  15. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Point Spread Function - 2 La PSF, nel caso comune di un telescopio con primario di diametro D e con ostruzione ɛ (secondario in configurazione cassegrain), si può formalizzare genericamente come: Ove J1 è la funzione di Bessel di ordine 1, mentre ν è una variabile adimensionale che vale: Ove dal raggio lineare r siamo passati al raggio angolare α (che rappresenta l’angolo dell’oggetto in cielo) e introdotto un angolo adimensionale ω. Se l’ostruzione non c’è si ottiene allora la PSF come: Il primo minimo di questa funzione si ha per da cui:

  16. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Point Spread Function - 3 a lunghezze d’onda inferiori e a parità di prestazioni, la PSF è più sensibile alle aberrazioni, che prevalgono sulla distribuzione di luminosità diffrattiva. λ = 2mm, FOV = 0.7°, ɛ = 0.2 λ = 2mm, FOV = 0.7°, ɛ = 0.5 λ = 0.1mm, FOV = 0.7°, ɛ = 0.2

  17. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Point Spread Function - 4 Già sappiamo cos’è una variazione di fronte d’onda ΔW, o variazione di cammino ottico OPD. Esiste un criterio qualitativo per stabilire il limite della massima tolleranza accettabile di OPD (criterio di Rayleigh): uno strumento ottico non si discosta molto dalle prestazioni ideali, se la variazione di cammino ottico di un fronte d’onda non supera ¼ della lunghezza d’onda. Nelle condizioni di Rayleigh, in condizioni di pura diffrazione senza aberrazioni e senza ostruzione, l’84% dell’energia cade dentro il primo minimo (disco di Airy).

  18. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Point Spread Function - 5 Quando le distorsioni del fronte d’onda sono locali (è il caso ad esempio di zone di M1 deformate a causa di gradienti termici/gravitazionali) si preferisce usare il valore R.M.S. (RootMeanSquare): ove il numeratore sotto radice rappresenta le differenze “locali” tra il fronte d’onda locale e quello ideale (detto il best fit). Un altro criterio per valutare il fronte d’onda si basa sul criterio di Marechal: Definiamo rapporto di Strehl S come il rapporto tra il picco della PSF reale o aberrata e quella al limite di diffrazione: Il criterio prevede che S non debba essere inferiore all’80% dell’energia totale della PSF, che corrisponde alla condizione:

  19. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Spot Diagram La distribuzione geometrica dei raggi sul piano immagine prende il nome di spot diagram. Una griglia di raggi uniforme passante per la pupilla d’entrata, si presenta sul piano immagine con diversa forma, dipendente dalle aberrazioni dominanti. Qui sono raffigurati 3 spot diagram relativi ad un telescopio Schmidt-cassegrain di pupilla 50cm, F/#=4 e per λ=550nm, rispettivamente pari ad un FOV di 0°, 0.7° e 1°, in cui fuori asse si notano coma ed astigmatismo. La dimensione RMS dello spot viene confrontata con la dimensione del disco di Airy per verificare che le aberrazioni non dominino sul disco di diffrazione. In pratica la dimensione dello spot nel diagramma fornisce informazioni sulla distribuzione dell’energia, mentre la sua forma indica quali sono le eventuali aberrazioni dominanti sul FOV.

  20. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Encircled Energy Per quantificare l’energia raccolta sul piano immagine è utile l’Encircled Energy o EE. Essa è la frazione (percentuale) di energia totale contenuta in un cerchio di raggio r centrato intorno al chief ray. Ovviamente la max frazione di energia non può superare quella dovuta alla diffrazione

  21. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modulation Transfer Function - 1 Una caratteristica fondamentale per gli OS è di poter “contrastare” efficientemente gli oggetti. Un oggetto possiamo immaginarlo scomposto in infiniti componenti di Fourier, cioè di chiaro-scuri a frequenza spaziale crescente. Basandosi su quest’approccio, nel 1946 il francese P.M. Duffieux ha introdotto una funzione complessa per descrivere la risposta in frequenze spaziali di un OS: la Optical Transfer function(OTF): Ove x,y sono coordinate spaziali cui sono associate le frequenze u,v. Dunque la OTF è la trasformata normalizzata della PSF, dipendente dalla scelta del piano immagine. Il modulo della OTF è ciò che si chiama la Modulation Transfer Function (MTF), e rappresenta la degradazione del contrasto al variare delle frequenze. Nel caso unidimensionale si ha dunque:

  22. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modulation Transfer Function - 2 Allo scopo di verificare la capacità di contrasto di un OS, (esempio semplice: la messa a fuoco degli obiettivi di una camera fotografica), si utilizza come oggetto un disegno detto test chart: in questo modo si riesce a capire qual è il potere risolutivo del sistema in termini di max frequenza spaziale distinguibile in righe o linee per mm [l/mm]. Oltre un certo valore le righe B/N si confonderanno in un’unica tonalità di grigio. In genere il contrasto si ritiene accettabile per valori della MTF > 5%.

  23. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modulation Transfer Function - 3 Per conoscere il limite max della MTF (dovuto alla sola diffrazione) riprendiamo l’equazione del minimo della PSF già vista: Sviluppando la MTF per questa PSF, si ottiene una funzione decrescente, il cui massimo si ottiene in corrispondenza della frequenza: La curva superiore è il limite diffrattivo, cui corrisponde una frequenza max di circa 339 l/mm Il primo minimo di questa funzione si ha per da cui:

  24. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Sintesi del ray tracing Nota la specifica di prestazione dell’OS (ad es. 80% EE in 2 pixel), si innesca un processo iterativo, partendo dalla scelta della funzione di merito (fra quelle già viste). Si tratta in sintesi di minimizzare la funzione di merito normalizzata, che possiamo quindi schematicamente definire come: Ove con wi si indica il generico peso, ci è il valore calcolato della MF scelta, confrontato con il valore ai atteso (definito dalle specifiche). PSF: distribuzione di irraggiamento (intensità luminosa) sul piano immagine che scaturisce da una sorgente; SD: distribuzione geometrica dei raggi sul piano immagine ; EE: frazione (percentuale) di energia totale contenuta in un cerchio di raggio r centrato intorno al chief ray; MTF: degradazione del contrasto al variare delle frequenze (modulo della OTF, espansione infinita di chiaro-scuri dell’immagine nel dominio di Fourier);

  25. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Software di ray tracing: Zemax Zemax è uno dei SW di ray tracing più comuni. Consiste in un ambiente integrato in cui è possibile modellare un OS sottoforma di lenti o specchi disposti lungo un cammino ottico, per analizzare la qualità dell’immagine proiettata da una sorgente e ottimizzarne quindi le caratteristiche costruttive. Si compone di una tabella in cui ogni riga è un elemento ottico e le cui colonne ne costituiscono i parametri progettuali e costruttivi. Si parte sempre da una sorgente (OBJ) per arrivare all’immagine (IMA), attraverso una sequenza di stop e breaks che si inseriscono nell’OS. E’ poi possibile graficare le varie funzioni di merito analizzate, per valutarne le prestazioni complessive. Consente quindi di eseguire il processo iterativo menzionato. Ci deve sempre essere almeno uno stop nel cammino ottico (pupilla o obiettivo dell’OS).

  26. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 1 • Partiamo dal caso più semplice: un OS composto da una singola lente. Vogliamo progettare ed ottimizzare una lente singola F/4 composta dal materiale vetro N-BK7. • Le specifiche di progetto sono le seguenti: • f = 100mm • FOV (radius) = 5deg • λ centrale = 632.8nm • spessore centrale (CT) = 2mm < CT < 12mm • spessore minimo (ET) = ET > 2mm • La lente deve essere ottimizzata in termini di minima spot size RMS, mediata sul FOV alla lunghezza d’onda centrale • la sorgente è posta all’infinito

  27. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 2 • Le principali colonne sono: • Surf: Type: il tipo di superficie (cliccando sulla colonna si può selezionarne il tipo) • Comment: campo opzionale in cui specificare un commento • Radius: raggio di curvatura (con segno invertito) espresso in unità di lente • Thickness: spessore in unità di lente dal vertice della superficie corrente al vertice della superficie successiva • Glass: il tipo di materiale (vetro, aria etc..) della superficie • Semi-diameter: il semi-diametro (raggio) della superficie in unità di lente

  28. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 3 • La prima cosa da fare è stabilire quale deve essere l’unità di misura da usare nel seguito (unità di lente). Inoltre il primo parametro da settare è sempre l’apertura dell’OS. Esso definisce la dimensione del beam (fascio) che Zemax traccerà attraverso l’OS, oltre a definire i coseni direttori iniziali dei raggi dalla sorgente (OBJ). L’apertura può essere definita in vari modi: • EPD: EntrancePupilDiameter • (diametro della pupilla visto nello spazio) • ImageSpace: F/# • etc…

  29. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 4 L’EPD si può facilmente ricavare dalle specifiche di progetto:

  30. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 5 Definiamo ora il campo di vista FOV: si sceglie Angle (Deg) che è l’angolo che il chief ray forma con l’asse ottico Z. Date le specifiche, ci creiamo i due FOV minimi ed uno intermedio, in modo da valutare la qualità dell’immagine finale nelle zone d’interesse (dipende dal progetto).

  31. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 6 Definiamo ora la banda di lunghezza d’onda di nostro interesse: nel nostro caso la lente è puramente monocromatica (una sola λ) riferentesi ad una sorgente laser di Elio-Neon (He-Ne) a 0.6328μm. In generale lo si può fare manualmente o selezionando un tipo pre-impostato nel programma:

  32. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 7 Ora dobbiamo inserire le superfici del nostro OS e dargli un nome (commento intuitivo)

  33. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 8 Possiamo quindi iniziare a definire i parametri della lente, in base alle specifiche di progetto: Il tipo di vetro si può editare direttamente (Zemax lo riconosce) o cercare dal menu Tools. Circa lo spessore, dai vincoli progettuali, possiamo iniziare a sceglierne uno (sarà poi ottimizzato nel corso della procedura). Un valore di 4mm per una lente di apertura di 25mm. Il raggio di curvatura e lo spessore tra il vertice della lente e l’immagine non devono essere predeterminati, poiché saranno variabili dell’ottimizzazione. Per ora lasciamo il raggio dello STOP a infinito e cambiamo il thickness del retro-lente pari alla nostra focale (100mm). Notare come varia il raggio dell’immagine in base ai parametri inseriti.

  34. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 9 Una volta definiti dei parametri, vi sono 2 possibili metodi di ottimizzarne i valori: Rendere questi parametri variabili e aggiungere manualmente ulteriori vincoli nell’editor della funzione di merito; Usare speciali funzioni di risoluzione embedded nel programma per forzare i valori dei parametri, eliminandone alcuni ritenuti non necessari (migliore!!!) Tra i diversi metodi di risoluzione disponibili, uno importante è definire l’F/# per mantenere la desiderata lunghezza focale. Per implementare un metodo si clicca con il destro sulla casella di riferimento e si seleziona il tipo di metodo. Si aggiusta il raggio di curvatura automaticamente

  35. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 10 A questo punto siamo pronti per valutare la qualità dell’OS. In Zemax si possono usare diversi metodi: Layout: mostra la sezione in YZ attraverso la lente. Fornisce una visione d’insieme sempre utile dell’OS nei FOV scelti (3 nel nostro caso)

  36. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 11 Spot Diagram: indica l’immagine. In assenza di aberrazioni si avrà sempre un oggetto perfetto, per ogni FOV e rispetto al chief ray.

  37. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 12 OPD Fan: plot della differenza di cammino ottico come funzione delle coordinate della pupilla. In assenza di aberrazioni si avrà un fronte d’onda perfettamente sferico nella pupilla d’uscita.

  38. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 13 Ray Fan: plot delle aberrazioni come funzione delle coordinate della pupilla. Un certo raggio del fronte d’onda ha un punto d’intersezione in un punto a distanza non nulla dal chief ray. Di nuovo, in assenza di aberrazioni qualunque raggio dovrebbe incrociare la pupilla nell’origine.

  39. Tecnologie Astronomiche M. Brescia Modello di una lente in Zemax - 14 Dalla valutazione dei 4 plot visti, è ovvio che la lente ha un certo numero di aberrazioni, includenti sferica, coma, distorsione, defocus, curvatura di campo e astigmatismo. Un altro plot utile è in questo senso quello relativo alla curvatura di campo e distorsione. Uno degli errori commessi finora è stata la scelta casuale del fuoco. Sicuramente molte delle aberrazioni sono in parte dovute al fatto che il piano immagine non è ancora al suo best focus!

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