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ESSERE SERVITORE-INSEGNANTE

A.R.C.A.T.T. (Associazione Regionale Club alcolisti in Trattamento della Toscana) ACAT GROSSETO. ESSERE SERVITORE-INSEGNANTE. Grosseto, 17 Marzo 2007. Flaviano Bardocci Francesco Bardicchia. PROGRAMMA DI EDUCAZIONE CONTINUA DEI SERVITORI-INSEGNANTI 2007.

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ESSERE SERVITORE-INSEGNANTE

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Presentation Transcript


  1. A.R.C.A.T.T. (Associazione Regionale Club alcolisti in Trattamento della Toscana) ACAT GROSSETO ESSERE SERVITORE-INSEGNANTE Grosseto, 17 Marzo 2007 Flaviano Bardocci Francesco Bardicchia PROGRAMMA DI EDUCAZIONE CONTINUA DEI SERVITORI-INSEGNANTI 2007

  2. STORIA • 1964-1985: TERAPEUTA • 1985: OPERATORE (in base alla relazione di Hudolin al Congresso italo- Jugoslavo dei Club degli Alcolisti in Trattamento ad Opatija) • 1994: SERVITORE (secondo la definizione che propose Hudolin in occasione dei Corsi di aggiornamento nazionali nel 1994) • 1996:SERVITORE-INSEGNANTE

  3. Il nome “terapeuta” è lo stesso che fu assegnato a colui che dirige le comunità terapeutiche intese in senso tradizionale nell’approccio ai problemi psichiatrici. L’astinenza rappresentava il primo passo del recupero bio-psico-sociale dell’alcolista che si sviluppava secondo il principio dell’auto-aiuto. La finalità dell’approccio psico-medico-sociale è anche EDUCATIVA, oltre che TERAPEUTICA; pertanto il terapeuta in senso classico si doveva occupare di TERAPIA ed anche di EDUCARE il paziente alla conoscenza della propria malattia. La MALATTIA ALCOLISMO all’inizio attirava l’attenzione per i suoi aspetti cronici coinvolgenti la famiglia, il luogo di lavoro ed il territorio; in tal senso sempre la TERAPIA si doveva occupare della RIABILITAZIONE ed al REINSERIMENTO NELLA VITA SOCIALE.

  4. Con la crescita numerica dei Club si crea un CAMBIAMENTO CULTURALE che influenza dinamicamente le risposte che il metodo di Hudolin si propone. Nel 1985, grazie ad Hudolin, si inizia a valutare la possibilità di considerare l’alcolismo nella sua complessità come espressione di uno STILE DI VITA. • Ciò richiama la comunità umana alla responsabilità di occuparsi del problema • Non essendoci le condizioni per curare una malattia che non esiste, decade la necessità di utilizzare il termine TERAPEUTA (sostituito con il termine OPERATORE).

  5. Per poter lavorare insieme alle famiglie, per il miglioramento della qualità della vita comunitaria e della cultura generale L’operatore acquisisce le caratteristiche personali ed una formazione di base tali da poter produrre un’empatia ed indurre l’inizio del cambiamento dello stile di vita in maniera produttiva. Il termine OPERATORE è l’espressione della responsabilità di ciascuno, vale a dire quella di non cessare di essere operativi nel proprio cammino

  6. I CLUB DEGLI ALCOLISTI IN TRATTAMENTO, ricercando uno stile di vita sobrio nel servizio e nella solidarietà, vogliono affermare il valore più elevato di una società con valori quali la dignità della persona, la giustizia e la pace rifiutando la violenza ed anche la disistima fra gli uomini. • SERVIRE la vita è un compito di tutti gli uomini; Servire la vita vuol dire contribuire al rinnovamento della società attraverso la ricerca del bene.

  7. IL SERVITORE-INSEGNANTE NEL SISTEMA ECOLOGICO-SOCIALE • Una delle più importanti caratteristiche del club degli Alcolisti in Trattamento è la presenza del servitore-insegnante in queste comunità. • Il Servitore-insegnante non è il padrone od il conduttore o lo psicoterapeuta de Club. • E’ una persona interessata ai problemi alcol-correlati presenti nella comunità in cui vive e che, grazie al Corso di Sensibilizzazione (secondo il Metodo Hudolin), ha acquisito le conoscenze base fondamentali riguardo a questi problemi SERVITORE perché mette al servizio delle famiglie del Club e della Comunità locale la sua disponibilità e le sue conoscenze.

  8. Il Servitore - Insegnante partecipa regolarmente agli incontri settimanali, ma non fa il verbale o l’appello, né conduce la discussione. • Stimola i membri del Club ad assumersi gli incarichi che hanno durata di sei mesi- un anno (presidente, segretario, cassiere, ecc.), e gli incarichi settimanali (conduttore, responsabile delle visite agli amici, verbalista). • Se il servitore - Insegnante è assente per qualche motivo, il club funziona regolarmente. Infatti i membri del club possono decidere qualsiasi cosa ritengano necessaria per affrontare i problemi, ed è meglio che siano il più attivi possibile.

  9. Il Servitore - Insegnante deve stare attento che: • La discussione non duri troppo a lungo; 2) Tutti i problemi siano affrontati nell’ora e mezza e gli incarichi settimanali vengano assegnati: se il Club lavora bene durante la settimana ci saranno meno discussioni durante gli incontri; 3) Durante la discussione nessuno venga accusato. Non deve essere dato nessun giudizio: ognuno parla della sua esperienza personale e familiare; 4) Si eviti di parlate del passato; ma “qui ed ora”; 5) Si comprenda che la cosa più importante è quella di sviluppare relazioni di altruismo, solidarietà, amicizia, amore; 6) La famiglia intera sia presente (aspetto importante dell’approccio familiare). Il Club propone uno stile di vita sobrio a tutti i membri della famiglia.

  10. Inoltre Il Servitore - Insegnante collabora con il Club per trovare un altro servitore, per poter dividerlo alla tredicesima famiglia o dopo un anno. • Con il tempo saranno gli stessi membri del Club ad imparare di prendersi cura di questi importanti aspetti e saranno loro ad assicurarsi che la discussione si svolga regolarmente. • Quindi, durante gli incontri settimanali, meno interviene il servitore, meglio è.

  11. Ci sono delle cose che Il Servitore - Insegnante deve fare: • Condurre un primo colloquio, di circa 10/20 minuti, con la famiglia che chiede di entrare nel Club, per spiegare i principi fondamentali del suo funzionamento, e assicurare un transfert positivo; • Assicurarsi che non siano presenti più del 20% membri con problemi complessi (alcol e altre droghe, alcol e problemi psichiatrici, ecc.,) • Partecipare alla riunione mensile dei servitori della zona, per discutere e confrontare i problemi del lavoro nel Club, nel cosiddetto incontro di “autosupervisione”; • Insegnare nelle scuole alcologiche territoriali: questa è la ragione per la quale lo definiamo INSEGNANTE.

  12. Dato che il Club è libero e completamente autosufficiente nelle sue attività, il servitore-insegnante non ha da rispondere se non alle stesse famiglie. • Il servitore-insegnante rappresenta spesso l’anello di congiunzione nella cooperazione fra i servizi pubblici e privati. • Il servitore-insegnante, come è stato proposto e sviluppato da Hudolin, rappresenta l’espressione concreta del tanto atteso punto d’incontro fra il settore pubblico e quello privato.

  13. “All’inizio era sufficiente la formazione ottenuta con i corsi di sensibilizzazione, e qualsiasi cosa si facesse era meglio che niente. Ma con il passare del tempo il sistema si è modificato richiedendo all’operatore un continuo aggiornamento. • Oggi all’operatore nei programmi alcologici si chiede di • Continuare il lavoro nel club anche se svolge altre attività nel sistema (insegnamento, ricerca, impegni nell’associazione dei club, ecc.); • Prepararsi bene per il lavoro nel club e negli altri programmi, in particolare per la multidimensionalità della sofferenza umana; • Aggiornarsi con lo scopo di inserirsi come insegnante nelle scuole alcologiche territoriali ed in altri tipi di insegnamento; • Collaborare nelle ricerche alcologiche; • Veicolare negli altri programmi alcologici le esperienze maturate e le ricerche svolte;

  14. “Molte volte non è chiaro chi e come sceglie l’operatore per il lavoro nei club. L’approccio ecologico-sociale richiede soltanto l’espressione della disponibilità per tale compito da parte dell’interessato e che abbia portato a termine un corso di sensibilizzazione. Dopo di ciò un club potrebbe richiederlo o più facilmente lo faranno l’associazione dei club, un centro alcologico o, almeno, un operatore già inserito in club. • Il motivo dell’invito è l’esistenza di un posto vacante. La scelta definitiva avviene dopo un periodo di rodaggio. In molte situazioni l’associazione o il servizio alcologico pubblico tendono a disporre dispoticamente del potere di nomina dell’operatore, dimenticando che in caso di cattiva scelta i membri abbandonano il club.

  15. Inopportunamente alcune associazioni hanno inserito addirittura nello statuto delle regole per la scelta dell’operatore, richieste formali e tirocini più o meno lunghi, in contrasto con il sistema ecologico-sociale che non accetta tirocini. • Questo modo di fare consente manipolazioni oltre che con i club e le famiglie, anche con gli operatori, che hanno altri obblighi oltre quello di essere presenti regolarmente alle riunioni di club ed alle riunioni mensili degli operatori che servono anche per un aggiornamento ed una autosupervisione o una supervisione reciproca. • L’operatore che non riesce ad adempiere a tali impegni farebbe meglio a lasciare il lavoro del club, oppure occorrerà chiederglielo. • Vladimir Hudolin, 1995 (Sofferenza multidimensionale della famiglia. Eurocare, Padova)

  16. Formazione è… “La formazione è un processo di crescita della persona, durante la quale si attivano riflessioni sulle proprie esperienze e si sviluppa la capacità di mettere in relazione le diverse realtà con cui si viene in contatto.” Fondazione per il Volontariato

  17. La formazione nell’approccio ecologico-sociale E’ apprendere dall’esperienza L’esperienza del “sapere vissuto” è per sua natura un’esperienza integrata e personale; essa nasce da una sintesi fra le varie dimensioni della personalità: • Cognitiva sapere • Affettiva saper essere • Operativa saper fare Formazione, crescita, apprendimento e cambiamento sono sinonimi. Fabio Folghereiter

  18. Un percorso che si costruisce man mano che si procede nel confronto di esperienze, le quali non costituiscono modelli prefissati, ma esempi ai quali attingere per individuare il proprio percorso.

  19. Quale impegno è richiesto al servitore-insegnante? • Aver partecipato al corso di sensibilizzazione • Partecipare all’incontro settimanale di club • Partecipare alla riunione mensile dei servitori-insegnanti • Partecipare ad almeno un’iniziativa formativa all’anno.

  20. “L’approccio ecologico-sociale ai problemi alcolcorrelati è un concetto dinamico in continuo cambiamento, influenzato dai risultati delle ricerche e dalle nuove esperienze. Gli aspetti metodologici cambiano in modo relativamente rapido e, se non fosse previsto un aggiornamento degli operatori e delle famiglie, molto presto si bloccherebbe la crescita e lo sviluppo dei programmi”. (Vl.Hudolin 1996)

  21. La riunione mensile dei servitori-insegnanti è * un momento diverso dall'incontro organizzativo * l'incontro di servitori-insegnanti dello stesso territorio e solo loro * uno spazio riservato ai servitori-insegnanti attivi all'interno di un Club (aperto ai corsisti dopo il corso di sensibilizzazione) * organizzata per un gruppo non troppo numeroso (10/12 servitori-insegnanti) * con cadenza mensile regolare e durata tra 60 e 120 minuti * con stesura del verbale e conduzione a turno * uno spazio empatico: non è il Club dei servitori-insegnanti, ma ha lo stile del Club...

  22. ...si può parlare: * di come ci sentiamo nel Club * della capacità di condividere storie, problemi, successi delle famiglie * per far emergere ansie, dubbi ed elementi positivi delle interferenze-interazioni con altre professionalità * per migliorare la capacità di relazionarsi con gli altri servitori-insegnanti * della propria sensibilizzazione ed eventuali momenti di crisi *.........

  23. …l'importante è che si parli : per rendere patrimonio comune e condiviso l'esperienza personale non tanto per informare o per trovare soluzioni quanto per . sciogliere le tensioni . comprendere avvenimenti e fenomeni . orientarsi . trovare sostegno e conforto, stimoli e conferme.

  24. Il servitore-insegnante e la formazione La formazione lavora secondo gli stessi principi del Club: • Mezzi e fini • Insegnamento come funzione di servizio • Tutti possono svolgere qualunque tipo di funzione formativa, previo adeguato percorso uguale per tutti • Chi insegna impara • Tutti hanno qualcosa da insegnare (e tutti qualcosa da imparare)

  25. Se il Club comprende veramente fino a 10-12 famiglie e se il numero degli operatori deve essere doppio rispetto a quello dei Club, è facile calcolare approssimativamente il numero di persone che necessitano di formazione. • L’operatore professionale e volontario che intraprende il lavoro nei Club e nei programmi alcologici territoriali non vi rimane però per sempre, si dovrebbe calcolare che fino al circa 30% degli operatori abbandona annualmente l’attività alcologica. Questo significa che tramite una formazione continua degli operatori bisognerebbe abilitare annualmente un gran numero di persone nuove che si sostituiranno a quelle che hanno abbandonato i programmi e parallelamente un altro numero che si inserirà nei programmi che si vanno sviluppando.

  26. Bisogna calcolare che i programmi aumentano annualmente di circa il 20%. Tutto questo richiede che si preveda e si organizzi la formazione di un numero molto grande di operatori. • Qualcuno potrebbe dire verosimilmente che col tempo diminuiranno i problemi e sarà necessario un numero minore di operatori. La risposta può essere data dalle ricerche epidemiologiche. Basta analizzare i dati sul numero degli alcolisti in riferimento alla popolazione totale e sul consumo medio pro capite di alcol. Nel Club è entrato finora un numero di alcolisti inferiore alla totalità di alcolisti esistente fra la popolazione e il loro numero non diminuirà se non diminuisce il consumo. • Vladimir Hudolin- relazione introduttiva VI congresso dei club degli alcolisti in trattamento della Jugoslavia e dell’Italia a Riva del Garda nel 1990 • Pubblicato su CAMMINANDO INSIEME n.4. Dicembre 1990

  27. A parte l’empatia personale, individuale, nella letteratura professionale si parla sempre più dell’empatia sociale: ciò significa comprensione umana per la società e per la sua cultura. Molte volte in uno sviluppo sociale si cerca di proteggere la democrazia con un numero enorme di regole creando una burocratizzazione e perdendo così l’empatia sociale. • Vladimir Hudolin- discorso tenuto a Trieste al II congresso dei club degli alcolisti in trattamento del Friuli Venezia Giulia nell’ottobre 1993 • Pubblicato su CAMMINANDO INSIEME n.1. Marzo 1994.

  28. Come in tutte le associazioni di volontariato, anche nelle associazioni di Club degli Alcolisti in Trattamento esiste un continuo pericolo che proviene dalla provocazione di tensioni da due centri di potere. Uno è rappresentato dalle istituzioni pubbliche che cercano di appropriarsi dei Club per scopi propri, l’altro è rappresentato dalle stesse Associazioni dei Club, che tentano di soddisfare i loro interessi fra i quali c’è il potere e il denaro. • Spesso queste tensioni sono provocate dai professionisti o dagli alcolisti, che vanno alla ricerca di una posizione professionale o sociale che non sarebbero stati in grado di ottenere attraverso un iter regolare. Può capitare che un alcolista in trattamento che non è cresciuto e maturato faccia di tutto per restare presidente o mantenere un’altra carica, perché è l’unica via per assicurarsi uno status sociale nella comunità. • Vladimir Hudolin- relazione tenuta al IV congresso dei club degli alcolisti in trattamento a Salerno nel 1995 • Pubblicato su CAMMINANDO INSIEME n.4. Dicembre 1995

  29. C’è una parola magica cha, quando si è in procinto di fare disastri o a disastri avvenuti, viene evocata per garantirsi l’impunità, quando non addirittura il rispetto anche da parte di chi non condivide le posizioni e soprattutto le conseguenze delle azioni. Questa parola magica si chiama “coscienza”. • Ma cosa è questa “coscienza”? • E’ la dittatura del principio della soggettività che non si fa carico di alcuna responsabilità collettiva e tanto meno delle conseguenze che ne derivano.

  30. Questo tipo di “coscienza” che non assume alcuna responsabilità sociale è una coscienza troppo ristretta, troppo angusta per poter essere eretta a principio della decisione. Se poi, alle sue spalle lavora l’obbedienza a principi che qualche autorità pone come “vincolanti”, allora si giunge a quell’autolimitazione della responsabilità che abbiamo conosciuto in epoca nazista, dove tutti, dalle più alte gerarchie ai semplici militari, si sentivano responsabili solo di fronte ai superiori (“Ho obbedito agli ordini”) e non responsabili di fronte alle conseguenze delle loro azioni.

  31. Se la dittatura della coscienza soggettiva, che in nome dei propri principi non si piega alla mediazione e non si fa carico delle domande sociali, diventa principio inappellabile in politica, che è il luogo dove dovrebbe trovare compensazione il conflitto delle diverse posizioni, allora bisogna dire chiaro e forte che coloro che si attengono alla dittatura della coscienza non devono entrare in politica, perché la loro coscienza non prevede alcuna responsabilità collettiva, ma solo l’osservanza dei propri principi.

  32. Se si attiene unicamente ai propri principi, senza farsi carico delle mediazioni e soprattutto delle conseguenze delle proprie azioni, una simile coscienza, che limita a tal punto il “principio di responsabilità collettiva e sociale”, è troppo ristretta e troppo angusta per diventare il punto di riferimento della decisione politica, che per sua natura deve farsi carico della mediazione e delle conseguenze delle sue risoluzioni. • Umberto Galimberti- da “La dittatura della coscienza”. • La Repubblica. 26-02-2007

  33. L’ETICA DELLA COMUNITA’ “Tutta la società si trova in una crisi profonda che non può essere risolta con una proclamazione ecologica formale. Bisogna coltivare l’amicizia, l’amore, la solidarietà, la convivenza armoniosa,la compartecipazione (condivisione)” V. Hudolin, 1994

  34. “I programmi per i problemi alcolcorrelati e complessi devono attenersi a una etica del lavoro che richiede la responsabilità non solo verso gli individui, ma anche verso le famiglie, le comunità e la società intera, e che richiede una ecologia e una giustizia sociale” V. Hudolin, 1994

  35. “Sono forse io custode di mio fratello?” “Certamente io sono responsabile di mio fratello; e sono e rimango un essere morale fin tanto che non chiedo un motivo speciale per esserlo. Che io l’ammetta o no, sono responsabile di mio fratello perché il suo benessere dipende da ciò che faccio o che mi astengo dal fare. Sono un essere morale perché riconosco questa dipendenza e accetto la responsabilità che ne consegue. Nel momento in cui metto in discussione questa dipendenza domandando ragione del perché dovrei prendermi cura degli altri, in questo momento abdico alla mia responsabilità e non sono più un essere morale. La dipendenza del mio fratello è ciò che fa di me un essere morale. La dipendenza e la morale o si danno insieme, o non si danno” Emmanuel Levinas

  36. L’acquisizione da parte di ciascuno di noi di una vera e propria capacità di essere moralmente responsabile richiede una autonomia di scelta. • Accediamo all’etica quando la nostra condotta non è più spiegata con frasi come ”ho fatto questo perché me lo ha detto …”, “non ci sono andato tanto non ci va nessuno …”, ecc ecc.

  37. Solo quando l’individuo assume su di sé la responsabilità di ciò che ha fatto, avanzando le sue ragioni, testimonia il suo accesso alla sfera morale. • Importante è riuscire a capire che spetta a noi decidere o valutare cosa fare e che nessuno può e deve assumersi quella responsabilità al posto nostro. Divenire autonomi e responsabili è solo un punto di partenza, muovendo dal quale occorre cercare regole e criteri etici che possiamo riconoscere come nostri.

  38. La realizzazione di quella crescita personale, che è prerequisito necessario per rendere possibile un’effettiva responsabilità morale e individuale,non passa solo attraverso la consapevolezza della propria autonomia e libertà, ma procede anche attraverso una peculiare sensibilità e un’attenzione verso gli altri. Eugenio Lecaldano “Un’Etica senza Dio”

  39. L’Etica non può prescindere dalla relazione fra le persone (non potrebbe esistere fuori da un contesto di relazioni). • L’uomo è l’unico essere conosciuto capace di essere responsabile, di essere consapevole della propria responsabilità. • Ciò porta al concetto che tutti siamo responsabili di tutti. • La responsabilità comporta un potere, non nel senso di sottomettere gli altri ma un potere verso il quale dobbiamo essere al servizio.

  40. L’etica è quella parte della filosofia che affronta il problema di ciò che è buono e perciò studia le possibilità che ha l’uomo di comportarsi liberamente e di fare le sue scelte di fronte ai concetti di bene e di male e le sue reazioni nei confronti degli altri. (Dizionario Italiano Ragionato). • L’etica si occupa di fare una speculazione, un ragionamento una discussione per definire cosa è buono e cosa non è buono. Poi in questa definizione c’è il concetto di libertà (Data una serie di concetti di bene e di male quali margini di libertà ha la persona umana nell’agire all’interno di queste definizioni etiche?)

  41. Un balzo in avanti sta in questo: oggi noi parliamo di un’etica che non è soltanto legata ad un senso di responsabilità a due (fra me ed un’altra persona), ma un’etica che coinvolga gruppi, che coinvolga sistemi, che coinvolga comunità di persone. Dal punto di vista sistemico non esiste il servitore-insegnante che è in contatto con il club, il Club che è in contatto con l’Associazione, ecc. Ognuno di noi come individui, come famiglie, come Club, facciamo parte di più sistemi collegati fra loro. COMPLESSITA’

  42. Se si dovesse pensare ad un codice etico del servitore-insegnante non potrebbe essere disgiunto dal codice etico del Club nel suo insieme. Sarebbe complicatissimo pensare di poter scrivere un codice etico del servitore-insegnante, ma il servitore-insegnante deve comunque porsi il problema etico È bene quello che sto facendo o non è bene quello che sto facendo?

  43. Deve chiedersi se quello che sta facendo in ogni momento sia una cosa buona od una cosa cattiva e deve quindi acquisire la consapevolezza di questo, perché noi tante volte nella foga delle azioni che riteniamo giuste per gli altri, le famiglie e l’associazione, rischiamo di fare delle cose che magari sono più utili a noi come persona e non tanto per gli altri, addirittura dannosi a loro. Michele Sforzina- relazione introduttiva: “Etica nel lavoro del Servitore-insegnante” in “ETICA NEI PROGRAMMI ALCOLOGICI PER IL NUOVO MILLENNIO- Cecina 2001

  44. GRAZIE e buon lavoro

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