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LA VIA DELLA SETA. -1 Via della seta - 2 Viaggi e viaggiatori - 3 La via settentrionale - 4 La via meridionale - 5 La via verso occidente - 6 La seta raggiunge l’occidente - 7 Le merci di scambio - 8 Nei luoghi di scambio - 9 Le genti, i popoli e i luoghi
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-1 Via della seta - 2 Viaggi e viaggiatori - 3 La via settentrionale - 4 La via meridionale - 5 La via verso occidente - 6 La seta raggiunge l’occidente - 7 Le merci di scambio - 8 Nei luoghi di scambio - 9 Le genti, i popoli e i luoghi - 10 Alla scoperta delle oasi - 11 Dunhuang - 12 Loulan e le sue antiche mummie - 13 Kashgar - 14 L’oasi di Khotan - 15 I cavalli celesti del Ferghana INDICE
Tante strade per una via La via della seta Con le parole “Via della seta” si indica quell’insieme di percorsi carovanieri e rotte commerciali che congiungevano l’Asia Orientale, e in particolare la Cina, al vicino Oriente e al bacino del Mediterraneo; lungo questi percorsi hanno transitato nel corso del tempo molte carovane di cammelli carichi di seta e di altre merci.
L’espressione Seidenstrassen, “Via della seta” venne coniata da uno studioso tedesco, Ferdinand Von Richtofen, per indicare i traffici commerciali e gli scambi culturali tra l’Oriente e l’Occidente. Questa espressione evoca avventura, esotismo, viaggi in terre lontane e suscita emozioni. Si chiama “Via della seta”, ma sarebbe più giusto usare il nome al plurale, perché le vie erano moltissime.
Queste vie, oltre ai commerci, hanno “assistito”a incroci di culture, religioni e lingue. Dunque questa via è stata un “melting pot”, nel quale si incontravano e si fondevano esperienze culturali diverse. Gli itinerari seguiti dai viaggiatori ebbero variazioni nel corso del tempo, ma una parte di essi è rimasta invariata lungo i secoli: quella che dalla Cina e dalla sua capitale Chang’an, si distendeva in direzione nord-ovest inoltrandosi nell’Asia centrale, dove nei pressi dell’oasi di Dunhuang si biforcava in due percorsi principali. I due percorsi transitavano lungo i limiti settentrionale e meridionale del bacino del Tarim e del deserto dei Taklamakan e poi si ricongiungevano a Kashgar.
Da Kashgar la via della seta poteva prendere direzioni diverse a seconda delle esigenze mercantili. Le rotte carovaniere, valicati i passi del Pamir, proseguivano in altri percorsi verso l’India, l’Iran e i bacini dei fiumi Tigri ed Eufrate.
Per giungere in Cina con un interprete, due servitori e la mercanzia, le spese ammontavano a 60- 80 somme d'argento.
Una sola volta all' anno partiva una carovana da Lahore per Kashgar e molte persone si aggiungevano con carri, cammelli e cavalli.
I mezzi di trasporto erano molteplici: cammelli, cavalli, asini e carri.
La diffusione della staffa, del pettorale e del basto favorirono i trasporti a cavallo.
L' asino presentava non pochi vantaggi: era meno fragile e più resistente del cavallo, ma in compenso più lento.
Il cammello portava carichi più pesanti dei cavalli e copriva la distanza di 35 Km al giorno.
La via settentrionale La via settentrionale, o bei dao, era una delle tante alternative per effettuare scambi commerciali con l’oriente. Partiva da Dunhuang e procedeva lungo il bordo settentrionale del deserto del Taklamakan, luogo molto temuto dagli antichi. Dopo il deserto si raggiungeva la prima oasi, ossia Hami. La piccola oasi fu visitata da illustri viaggiatori, come Marco Polo e Xuanzang. Il mercante veneziano grazie al suo libro “Il Milione”, che racconta di questo posto e delle sue avventure, ha descritto anche le abitudini e i passatempi dei popoli delle oasi.
Continuando la strada verso nord-ovest per circa 800 Km, le piste carovaniere raggiungevano la profonda depressione che ospita l’oasi di Turfan, centro più importante e antico tra tutti quelli della via carovaniera settentrionale. In epoca Han i cinesi ne fecero uno dei loro capisaldi in Asia centrale. Ancora oggi Turfan è un piccolo centro dall’atmosfera rilassante e piacevole. Gli abitanti sono discendenti delle antiche popolazioni turche dell’Asia Centrale.
I dintorni di Turfan sono ricchi di mete di notevole interesse storico-artistico, dove si trovano i monumenti che testimoniano l’antico passato dell’oasi. A ovest si trovano le suggestive rovine di Jiaohe, avamposto militare in epoca Han. Uguale potere suggestivo esercitano le rovine di Gaochang. Nei pressi di questa, su un fianco delle Montagne di Fuoco, è possibile ammirare ciò che resta del complesso di grotte buddiste di Bezeklik. Un’altra località di rilievo della zona è costituita dal cimitero di Astana, dove venivano seppelliti gli abitanti della città di Gaochang; dentro alle tombe sono state trovate molte sete, preservate grazie al clima secco della zona.
La via verso Occidente Passando per Samarcanda, si poteva discendere, percorrendo la parte settentrionale dell’Afghanistan, a Balk, dove si soffermò anche Marco Polo e dove, secondo una leggenda, Alessandro Magno sposò la figlia del re della Persia. Una località famosa per la presenza di due colossali statue raffiguranti il Buddha (distrutte dai talebani nel 2001) era Bamiyan, situata più a sud e a ovest di Kabul. A nord-ovest della città regale si trova una statua del Buddha raffigurato in piedi; essa è alta da centoquaranta a centocinquanta piedi, è splendente d’oro e magnifici sono i suoi ornamenti preziosi. Proseguendo verso ovest si poteva raggiungere la città di Herat. Qui gli uomini si radevano il capo e si avvolgevano in una pezza di stoffa bianca (il bianco era considerato il colore della gioia, mentre il nero il colore del lutto); le donne si coprivano la testa, lasciando solo una fessura per gli occhi.
Le località della Persia visitate da Marco Polo sono: Kerman, Isfahan, Tabriz, Baghdad e Mosul. Tabriz era un centro attivissimo di scambi commerciali; al di là di essa si entrava nel territorio controllato dai mercanti veneziani e genovesi. Baghdad era un grande centro commerciale; la città occidentale era priva di mura, mentre la città orientale era fortificata, data la grandissima quantità d’oro e di pietre preziose che vi si trovava. A partire dalla Mesopotamia si potevano scegliere diverse direzioni per raggiungere l’Italia e l’Europa occidentale. Si potevano seguire le vie commerciali dell’antichità classica, passando per Dura-Europos, Palmira o Antiochia, oppure San Giovanni d’Acri, per poi attraversare il Mediterraneo. Oppure si poteva raggiungere Costantinopoli, l’odierna Istanbul, sia dalla Crimea, sia dalla Turchia orientale, per poi attraversare il Mar Nero e raggiungere, sempre via mare, l’Italia.
LA "ROTTA MERIDIONALE" La rotta meridionale o nan dao, era una via necessaria per le carovane per evitare un enorme deserto roccioso a ovest di Dunhuang. Tale posto era chiamato TAKLAMAKAN che significa “luogo del non ritorno.”
Ben pochi riuscirono a sopravvivere e ad attraversare sani e salvi questo deserto; uno di essi fu un europeo di nome ALBERT VON LE COQ, un archeologo del secolo scorso.
Egli ha tramandato questo scritto in un suo diario.“Improvvisamente il cielo diventa nero... e un attimo più tardi la tempesta, di una violenza inaudita, si scatena sulla carovana. Enormi masse di sabbia mischiata a rocce vengono innalzate come fuscelli, ruotano in aria e si abbattono su uomini e animali; aumenta l’oscurità, rumori di cose che vengono sbattute si uniscono al furore della tempesta... È come se si spalancassero le porte dell’inferno. Il viaggiatore che venga sorpreso da tale tempesta deve, incurante del caldo, avvilupparsi completamente nelle coperte per sfuggire alle pietre scagliate violentemente all’intorno dalla tempesta. Uomini e cavalli devono sdraiarsi a terra e resistere all’uragano, che talvolta dura anche per ore e ore”.
La seta raggiunge l'occidente La seta cominciò a uscire con una certa regolarità dalla Cina verso la fine del III secolo a.C.,sia come parte dei beni razziati dai nomadi sul territorio cinese, che come dono ufficiale inviato ai capi nomadi dai primi imperatori. Allo storico romano Lucio FLORO (II secolo d.C.) dobbiamo la prima menzione della seta nelle fonti letterarie occidentali, quando egli ricorda gli insoliti tessuti di cui erano fatti i vessilli sventolati dai soldati persiani .
La diffusione commerciale della seta su scala internazionale si avviò non appena i Cinesi ebbero cominciato a controllare essi stessi i commercio del prezioso materiale, specie dopo l’assoggettamento al loro controllo politico dell’Asia Centrale e delle rotte commerciali che di qui passavano.
LE MERCI DI SCAMBIO • Grazie alle carovane, le merci venivano avviate in tutte le direzioni. La seta era il principale prodotto commerciato; il prezzo di vendita della seta nei luoghi di destinazione era molte volte maggiore del prezzo d’acquisto in Cina. Tolte le spese di trasporto, pari circa alla metà del prezzo d’acquisto, il mercante poteva contare su un profitto estremamente alto. Era buona regola non partire a mani vuote, ma portare con sé merci di scambio: cavalli (utili anche per il trasporto), tessuti e stoffe di lino. E’ chiaro che i mercanti diretti alla volta della Cina portavano con sé le mercanzie che più scarseggiavano nel paese orientale, oltre a doni per gli imperatori e funzionari di Stato cinesi.
Alla volta della Cina, viaggiavano numerosi prodotti: spezie e altre sostanze (coriandolo, chiodi di garofano, sandalo, noce moscata, cardamono, mirra); prodotti per le necessità estetiche quali lapislazzuli, indaco, henné; pietre preziose come i coralli, le perle e i diamanti che venivano usati come pietre da taglio, oggetti di vetro. La Cina esportava soprattutto seta, ma anche spezie, come zenzero, ginseng,curcuma, cannella e non ultimo il tè, che si diffuse in Occidente grazie alla mediazione dei Paesi arabi.
Nei luoghi di scambio Dal I secolo a.C. le merci viaggiavano regolarmente dalla Cina verso il Mediterraneo per oltre 7000 km, tramite carovane trainate da cammelli, che si spostavano sulle rotte della Via della seta facendo soste nelle oasi e nelle città carovaniere affollate da mercanti. Lì veniva effettuato lo scambio di merci da una carovana a quella che le avrebbe successivamente portate a destinazione. Le carovane erano spesso soggette all’attacco dei predoni, ma erano anche protette da milizie che venivano pagate con tasse o balzelli.
Per i trasporti internazionali venivano cambiate spesso le strade, perché diventavano pericolose per chi le percorreva e per le merci trasportate. Gli Stati lungo la Via della seta cercavano di trarre il massimo profitto da qualunque azione ed a causa di questo i prezzi lievitavano.
Si imponevano infatti dei dazi doganali sui beni circolanti e la rete carovaniera era utilizzata per far giungere i prodotti locali a mercati stranieri.
LE GENTI,I POPOLI, I LUOGHI
I tracciati delle vie carovaniere sono stati una occasione di incontro tra le civiltà dell’Asia orientale (soprattutto quella cinese) e i paesi del Vicino Oriente e del Mediterraneo, attraverso la mediazione delle popolazioni nomadi dell’Asia centrale. Questo territorio costituiva il cuore del continente asiatico, compreso fra il Mar Caspio e il Fiume Giallo. A oriente dell’Asia Centrale fiorì l’impero cinese, con la provincia del Gansu, traversata dal “corridoio di Hexi”, passaggio naturale che conduce dalla Cina all’Asia Centrale.
A occidente c’erano gli imperi persiano e achemenide, a cui seguirono poi i regni di Battriana e Sogdiana: il primo era famoso perché patria del cammello, la Sogdiana fu terra di abili mercanti. Tra l’impero cinese e il mondo classico e iranico, si trovava l’Asia Centrale, una regione stepposa e desertica, interrotta da catene montuose. In questa regione fiorirono diversi sistemi di vita, opposti ma destinati a interagire l’uno con l’altro.
Le regioni del Nord rimasero infatti abitate da genti nomadi, mentre in quelle del sud comparvero popolazioni agricole, destinate a trasformarsi in civiltà sedentarie autonome. Lì si formarono città-stato, rese prospere dall’intenso traffico commerciale tra Oriente e Occidente. Gli uomini che abitavano nel territorio compreso tra la Manciuria e l’Asia Occidentale erano abili cavalieri e allevatori e vivevano in case mobili.
Attratti dalla ricchezza e prosperità delle popolazioni sedentarie, in tempi di pace commerciavano con esse, in guerra diventavano terribili predoni e conquistatori. Anche se le genti nomadi erano accomunate tra loro dal fatto di essere cavalieri e pastori, esse appartenevano tuttavia a differenti famiglie linguistiche ed etniche: l’indogermanica e l’altaica.
ALLA SCOPERTA DELLE OASI LOESS è il nome di una terra finissima di colore bruno-giallastro Questa terra si trova nella CINA centrale...
...grazie al vento, dai deserti del nord, è arrivata questa terra.
La friabilità di questa terra ha consentito alla natura e all’uomo di lavorarla: i fiumi vi hanno scavato dei canyon, le piogge e i venti hanno sagomato i rilievi, gli uomini vi hanno costruito le loro abitazioni ed hanno coltivato le superfici disponibili.
Loulan e le sue antiche "mummie" Delle due rotte carovaniere che si dipartivano da Dunhuang, quella meridionale attraversava a ovest il deserto del Lopnor. Il Lopnor è un lago semiprosciugato, poiché i venti e gli accumuli alluvionali ne hanno mutato frequentemente i contorni e la posizione. Marco Polo, che percorse il deserto che separa il Dunhuang dal Lopnor, lo descrisse così: «Una pianura di sabbia circondata da sterili montagne, senza animali né uccelli, che i cammelli attraversano nel tempo massimo di un mese. L’acqua è fornita quotidianamente da pozzi; ma gli spiriti creano pericolosissime illusioni allo sguardo e all’udito».
Vicino alla distesa salmastra del Lopnor sorgeva l’oasi di Loulan, che fu abbandonata nel 400 d.C. forse a causa della siccità.Tra le rovine di Loulan gli archeologi hanno trovato numerosi frammenti di sete e altri tessuti di produzione cinese e occidentale. Si ritrovarono anche i resti di alcuni esseri umani; infatti il deserto intorno a Loulan ha restituito i corpi essiccati di individui non solo risalenti alle epoche Han e Tang, ma addirittura a periodi molto piú antichi. Le datazioni al radiocarbonio di una serie di «mummie», come vengono chiamate, di Loulan, ha fornito risultati sorprendenti: esse risalirebbero infatti al 4.000-2.000 a.C.circa, all’epoca dunque del Neolitico e della età cinese del Bronzo.
Lo stato di conservazione di queste «mummie naturali» è sorprendente, come nel caso dell’uomo, di circa 55 anni, rinvenuto a Zaghunluq, presso Niya, perfettamente intatto e con indosso gli abiti originari e gli stivali in pelle di cervo, simili a quelli ancora oggi utilizzati dalle popolazioni che vivono nell’area interessata dai ritrovamenti. Le analisi del DNA hanno rilevato che questi individui appartenevano a una delle nove famiglie alle quali è riconducibile la popolazione europea.
Dal Lopnor, l’itinerario meridionale proseguiva attraverso le oasi di Ruoqiang, Qiemo, Khotan (Hetian, in cinese), Yarkand, per raggiungere Kashgar, posta all’estremità occidentale del deserto del Taklamakan, ai piedi del Pamir. Il paesaggio compreso tra il Lopnor e Khotan è uno dei piú inospitali che si possano immaginare. Il pellegrino cinese Xuanzang lo percorse nel 645 d.C. durante il suo ritorno dall’India, e cosí ce lo descrive: «Un grande deserto di sabbie mobili. Le masse di sabbia hanno una mostruosa estensione: secondo il capriccio del vento si riuniscono e si separano. I viaggiatori non trovano tracce umane e molti di loro si perdono. Da ogni parte il deserto si estende fino all’orizzonte, e nessuno sa da che parte deve dirigersi. I viandanti ammucchiano perciò, per indicare il cammino, ossa di animali. Non si trova né acqua né vegetazione, e spesso soffiano venti infuocati.
Quando i venti si scatenano, uomini e animali cadono nello spossamento e nella malattia. Talvolta si odono ora canti e fischi, ora grida di dolore; ma quando ci si ferma ad ascoltare attentamente, si rimane confusi, e incapaci di muoversi. In seguito a ciò, spesso i viaggiatori perdono la vita. Queste illusioni sono opera di demoni...». E’ una descrizione dei miraggi e delle temibili tempeste, che anticipa di qualche secolo i resoconti di Marco Polo e di Von le Coq.
Dunhuang E’ in mezzo alle sabbie e alle dune, ai piedi delle propaggini più orientali del massiccio del Kunlun che sorgeva l’ultima città della Via della seta.
DUNHUANG significa “faro illuminante”, era la porta di entrata e di uscita dalla Cina. Oltre Dunhuang si distendevano i tracciati dei percorsi carovanieri interrotti da oasi. Era qui che terminava la Grande Muraglia.
...la leggenda narra.... Secondo una leggenda, le prime grotte a essere scavate sul fianco della collina, estesa per un chilometro, furono realizzate da un monaco BUDDHISTA nel IV sec.d. C. in seguito ad una visione di migliaia di Buddha apparsi nel cielo blu. Dopo questo fatto, il luogo divenne meta di un intenso pellegrinaggio e si trasformò in una specie di “santuario” buddista.
Kashgar Kashgar era il grande centro da cui si dipartivano le vie che conducevano, attraverso i passi montani, a occidente ed era il luogo dove si ricongiungevano i due tracciati della Via della seta che attraversavano l’Asia Centrale. L’oasi era vasta, c’erano villaggi che furono, all’epoca della Via della seta, città importanti. Per quanto lontana dai confini della Cina, Kashgar venne a volte posta sotto il controllo politico e militare dei cinesi, che combatterono contro i Turchi dell’Asia centrale per mantenere il possesso di questo luogo e così controllare i collegamenti con l’Occidente
Kashgar Dal X secolo Kashgar divenne un attivo centro musulmano; nel XVIII secolo ritornò sotto il controllo cinese, ma ancora oggi si ritrovano caratteristiche islamiche nell’architettura e nella popolazione. Una delle caratteristiche dell’oasi, il cui suolo è sabbioso e pietroso, sono i mercati all’aperto, dove, come nei secoli passati, ancor oggi vengono scambiati prodotti orientali e occidentali: cammelli, stoffe, cavalli, asini, frutta, copricapi, capre.
Cavalli celesti del Ferghana La zona del Ferghana, vicina a Kashgar, era famosa in tutto il mondo asiatico per la particolare razza di cavalli lì allevati. Un inviato cinese in Asia Centrale, Zhang Qian, riferì per primo all’imperatore Wudi di aver visto con i propri occhi i celebri cavalli celesti del Ferghana, che si diceva sudassero sangue, essere estremamente resistenti e superiori a tutte le altre razze conosciute. L’imperatore aveva bisogno di questi cavalli per allestire validi reparti di cavalleria con cui fronteggiare i nomadi Xiognu sul loro stesso terreno e con la stessa arma : il cavallo, usato da sempre dai nomadi ma raramente dai cinesi dove prevaleva la fanteria .
Wudi inoltrò molte richieste per avere quei cavalli che venivano dall’Estremo occidente, mandò ambasciatori con ricchi doni presso il re di Dayuan (nome con cui i cinesi chiamavano il Ferghana). Il re rifiutò, allora Wudi spedì un esercito di 6.000 uomini che fallirono. Solo con una seconda spedizione di 60.000 militari l’imperatore riuscì a garantirsi un tributo annuo di cavalli celesti del Ferghana.