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Analisi di distribuzione dimensionale

Analisi di distribuzione dimensionale. La caratterizzazione della distribuzione dimensionale di particelle in dispersion e ( PSD ) é parte essenziale delle procedure di controllo qualita’ dei sistemi dispersi, sia di interesse biologico che industriale .

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Analisi di distribuzione dimensionale

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Presentation Transcript


  1. Analisi di distribuzione dimensionale • La caratterizzazione della distribuzione dimensionaledi particelle in dispersione (PSD) é parte essenziale delle procedure di controllo qualita’dei sistemi dispersi, sia di interesse biologico che industriale. • La caratterizzazione PSD di un sistema disperso ha la medesima rilevanza della caratterizzazione di massa molecolare di un sistema omogeneo. • Le tecniche analitiche per l’analisi PSD hanno quindi per i sistemi dispersi la stessa importanza fondamentale della Spettrometria di Massa per le molecole. • Per l’analisi PSD di sistemi dispersi sono state sviluppate metodologie e strumentazioni specifiche.

  2. Il significato di “dimensione” • Il termine “dimensione” di una particelle dispersa non è univoco. • La “particella” può essere una macromolecola o un aggregato di molecole, una proteina idratata, una particella discreta, una goccia d’olio, una micella. • La “dimensione” di una “particella” dipende quindi dalle caratteristiche della “particella”. • La misura della “dimensione” dipende quindi dalla definizione del dato e dal metodo di misurazione.

  3. Dimensione di una particella • E’ stata proposta la seguente definizione di “particella”: porzione discreta di materia di dimensioni piccole rispetto alla entità di materia del mezzo disperdente. • Una particella si può quindi considerare materia puntiforme in uno spazio illimitato. • Una dispersione colloidale contiene un numero elevatissimo di tali particelle, tuttavia le proprietà della dispersione dipendono: • Dalla dimensione “media” della particella • Dalla dispersione dimensionale attorno alla media

  4. Definizione di “dimensione” Se le particelle sono sferiche, la dimensione di una particella è sufficientemente definita solo dal suo diametro. Se le particelle sono non sferiche, la dimensione di ciascuna particella può essere espressa in termini di diametro della sfera equivalente alla particella relativamente ad una certa proprietà. Questo comporta una definizione di dimensione dipendente dal metodo: la PSD dipende dal metodo per determinarla. Un cubo di lato unitario ha lo stesso volume di una sfera di diametro pari a 1.24 il lato del cubo

  5. Definizione di diametro equivalente Consideriamo una particella cubica di lato 1 cm, volume V= 1 cm3 e area superficiale S= 6cm2 Definiamo dv : diametro della sfera avente pari volume ds : diametro della sfera avente pari superficie Rapporto superficie/volume influisce sulle proprietà della particella

  6. Diametro di Stokes Una particella sferica che sedimenta in un fluido raggiunge, per via dell’attrito, una velocità finale di sedimentazione che dipende dal diametro. Se la particella è irregolare, la sua velocità terminale può essere confrontata a quella di una sfera di pari densità. Il diametro di Stokes è quindi il diametro della sfera di pari densità che raggiunge la medesimà velocità di sedimentazione. I diametri equivalenti dipendono dalla orientazione della particella che sedimenta: il diametro di Stokes ne rappresenta quindi la media

  7. Diametro di Stokes di una particella irregolare Diametro di Stokes di una particella irregolare Diametro della sfera di volume equivalente dv=204 µm

  8. Diametro medio Definizione di moda, mediana e mediadi una PSD Moda: è il punto di massima frequenza della PSD. Se ci sono più massimi la PSD è detta multimodale Mediana: il punto che divide a metà la PSD cumulativa Media: il centro di gravità della PSD

  9. Tipi di PSD • Per descrivere la distribuzione dimensionale attorno ad una media è necessario fare delle assunzioni sul tipo di distribuzione. • Le PSD che risultano più frequenti sono: • PSD simmetriche (gaussiane) • PSD log-normali Distribuzione log-normale z=lnx

  10. PSD log-normale • Rispetto a distribuzioni gaussiane, con distribuzioni log-normali i dati di PSD hanno queste caratteristiche: • Moda, media e mediana dei logaritmi (valori geometrici) coincidono. • La PSD è completamente definita da media e deviazione standard. • PSD in numero e in massa hanno la medesima deviazione standard geometrica.

  11. Metodi di analisi di sistemi dispersi Metodi di analisi diretta • Microscopia ottica, elettronicaa scansione (SEM) e a trasmissione (TEM) Metodi di analisi indiretta • Tecniche ottiche: Nefelometria, Laser Scattering, Diffrazione Fraunhofer, Citometria a flusso • Tecnica del Coulter counter • Tecniche separative: Cromatografia Idrodinamica, Frazionamento in Campo e Flusso

  12. Microscopia Le tecniche di microscopia sono le uniche metodiche di analisi di tipo assoluto: le singole particelle vengono osservate e misurate. Sono molto adatte ad analisi morfologica, meno per studi PSD. E’ più semplice ottenere PSD numeriche che PSD di massa poiché la riproducibilità dipende solo dal numero di particelle misurate: se si “perde” una sola particella di 10µm l’errore è uguale a perdere 1000 particelle da 1µm.

  13. Microscopia ottica Microscopia ottica: 3µm – 1 mm SEM: 20nm – 1 mm TEM: 2 nm – 1µm Profondità focale: in caso di campioni polidispersi, solo poche particelle sono presenti nel campo ottico. Potere risolutivo: minima distanza alla quale due particelle sono distinguibili come due entità NA=µsinq • = apertura angolare m = indice rifrazione

  14. Misura in microscopia ottica Le immagini al microscopio ottico sono le aree di proiezione delle particelle. Le particelle in orientazione stabile tendono a porre all’osservatore la massima area possibile. Le dimensioni misurate tendono ad essere maggiori delle dimensioni misurate con altri metodi (diametro di Stokes). I diametri accessibili in microscopia ottica sono: dM: diametro di Martin dF: diametro di Feret da: diametro di proiezione (diametro equivalente al cerchio con medesima area di proiezione della particella).

  15. Altre definizioni di diametro di particelle irregolari Particella irregolare di quarzo la cui dimensione è determinata dalla immagine al microscopio. (a): da; (b): dM ; (c): dF da: diametro della circonferenza avente la stessa area di proiezione della particella in orientazione stabile dM: lunghezza “alla corda” parallela ad una direzione prefissata, che divide la proiezione della particella in due parti di uguale area dF: distanza tra le tangenti ai bordi della proiezione della particella in una certa direzione

  16. PSD in numero In microscopia ottica la PSD in numero si ottiene dalla misurazione di mr particelle in j classi di particelle di dimensioni medie dr trovate nei campi nrar con l’errore standard in ciascuna classe dimensionale Numero di particelle in ogni classe

  17. Image analysis • I metodi manuali per analisi PSD in microscopia ottica sono lenti, impegnativi per l’operatore e facilmente affetti da errori. • Metodi di image analysis che impieghino tecniche di digitalizzazione delle immagini permettono di: • Esaminare molti campi visivi ed acquisire un numero elevato di dati per rafforzare l’accuratezza statistica; • Applicare procedure automatiche ed oggettive di analisi dei parametri dimensionali e morfologici. Tuttavia essendo indipendenti dalla valutazione dell’operatore, nonsono in grado di distinguere due particelle quando sono a contatto tra loro.

  18. Microscopia elettronica • Quando un solido viene bombardato da elettroni ad alta energia l’interazione produce tra l’altro: • Elettroni secondari (elastici) • Elettroni retrodiffusi (anelastici) • Elettroni Auger • Fotoelettroni • Elettroni diffratti • Raggi X • Queste interazioni sono impiegate per: • Caratterizzare le proprietà fisiche del campione campione • Identificare il campione e le sue diverse componenti

  19. Microscopia elettronica a trasmissione (TEM) Microscopia ottica: 3 µm – 1 mm SEM: 20 nm – 1 mm TEM: 2 nm – 1µm • Nella microscopia TEM: • Gli elettroni elastici danno un segnale di contrasto che è proporzionale allo spessore di massa della particella • Gli elettroni anelastici hanno perso energia e danno contrasto di fase • Immagini scure si formano quando gli elettroni anelastici si combinano con elettroni non diffusi • Immagini chiare si formano solo da elettroni diffusi

  20. TEM Ingrandimento: da 600X a 106X Potere risolutivo: ca. 0.2 nm Sorgente di luce: generatore di elettroni a 100-200 keV Schermo: lastra fotografica o schermo fluorescente Portacampione: film sottile (10-20 nm) trasparente agli elettroni (formvar) depositato su griglia conduttrice Griglia per analisi al TEM

  21. Analisi chimica al TEM Il bombardamento con elettroni provoca emissione radiativa dal campione. L’analisi di tale radiazione fornisce informazione qualitativa sulla composizione del campione. Processo Auger: coinvolge elettroni secondari e provoca l’espulsione di elettroni dai livelli di energia più interni. L’energia del processo è caratteristica della molecola coinvolta. ESCA (Spettroscopia Elettronica per Analisi Chimica) o XPS (Spettroscopia Fotoelettronica a Raggi X): i raggi X prodotti dalla collisione hanno energia sufficiente per espellere elettroni dai livelli energetici interni. Sono spettri atomici caratteristici dell’atomo coinvolto.

  22. Microscopia elettronica a scansione (SEM) Microscopia ottica: 3µm – 1 mm SEM: 20nm – 1 mm TEM: 2 nm – 1µm Nella microscopia SEM un fascio di elettroni di media energia scansiona il campione su tracce parallele. L’interazione del campione con gli elettroni genera elettroni secondari, elettroni retrodiffusi, luminescenza e raggi X. Non c’e’ trasmissione. Le immagini ad elevata profondità di campo vengono generate da elettroni secondari ottenuti da collisioni elastiche.

  23. SEM Ingrandimento: da 20X a 105X Potere risolutivo: 5-7 nm Profondità di campo: 300 volte la microscopia ottica. Immagini tridimensionali Sorgente di luce: generatore di elettroni a 5-50 keV Schermo: Tubo catodico Portacampione: disco di grafite su cui il campione è incollato con materiale conduttore e ricoperto di un film conduttore (oro)

  24. Metodi nefelometrici a laser scattering • I metodi basati sullo scattering della luce sono di gran lunga i piu’ utilizzati nella analisi PSD di sistemi colloidali Richiamo dalle Proprietà dei Colloidi • Lo scattering della luce da parte di sistemi dispersi non segue le leggi dell’ottica geometrica • Le leggi dell’ ottica geometrica vengono seguite solo per dimensioni della fase dispersa molto superiori alla lunghezza d’onda incidente: scattering a basso angolo o diffrazione Fraunhofer

  25. Sistemi dispersi di dimensioni a<<l Effetto Tyndall: Una dispersione (sol) colloidale illuminata appare trasparente se posta tra l’osservatore e la sorgente e risulta colorata se osservata a 90° rispetto alla sorgente Scattering Rayleigh d=cammino ottico N=numero particelle q=angolo scattering h=indice di rifrazione

  26. Sistemi dispersi di dimensioni al Teoria di Mie L’intensità di scattering e’ funzione di molti parametri oltre alla dimensione delle particelle: indice di rifrazione lunghezza d’onda angolo di scattering polarizzabilità

  27. Schema strumentazione per nefelometria

  28. Differential (Multiangle) Laser Scattering (DALS, MALS) I profili di scattering dipendono dall’angolo di lettura Profili di scattering ottenuti da diverse distribuzioni di particelle di diametro 500 nm e indice di rifrazione pari a 1.50 d : mezza larghezza della distribuzione a metà altezza, espressa come percentuale del diametro medio

  29. Schema MALS Schema di un sistema MALS (Wyatt) Q: angolo di scattering

  30. Rivelatore MALS a flusso (Wyatt) • 18 rivelatori ad angoli da ~10° a ~160° • Possiblità di misurazioni QELS a 18 diversi angoli • MM da ~102 to ~108 g/mol • Raggio di girazione da ~10 nm a ~1 µm • Accoppiabile online a SEC o FFF

  31. Cella a flusso per MALS fotodiodi Raggio incidente Flusso dalla colonna Raggio trasmesso

  32. Principi del light scattering • 1. La quantità di luce di scattering è direttamente proporzionale al prodotto tra la massa molare e la concentrazione (in massa/volume) • 2. La variazione dell’intensità di scattering al variare dell’angolo è proporzionale alla dimensione media delle molecole. Equazione di Zimm R(q): intensità di scattering P(q): funzione di scattering A2: secondo coefficiente del viriale • : angolo di scattering c: concentrazione K: coefficiente di scattering

  33. Turbidimetria La turbidimetria misura lo scattering impiegando spettrofotometri convenzionali per misure di assorbanza. t = turbidità I = luce trasmessa I0 = luce incidente b =cammino ottico A =assorbanza misurata K= coeff. estinzione

  34. Turbidimetria: estinzione geometrica Nel caso di particelle sferiche perfettamente opache possiamo considerare l’ estinzione geometrica dovuta al solo oscuramento della luce dovuta alla sezione geometrica della particella

  35. Turbidimetria: estinzione reale Tuttavia sappiamo che le particelle estinguono la luce sia per oscuramento che per scattering. L’ estinzione totale sarà data quindi dalla estinzione moltiplicata dalla efficienza di estinzione Q = efficienza di estinzione Per determinare l’efficienza di estinzione esistono metodi approssimati alla teoria di Mie validi in determinati range dimensionali.

  36. Turbidimetria in sistemi dispersi a>>l Tali sistemi danno scattering a basso angolo (diffrazione) Vale il paradosso di estinzione (di Babinet): una particella di questo tipo tende adestinguere una intensità di luce doppia di quella che intercetta 1 unità di efficienza dovuta a oscuramento geometrico 1 unità di efficienza dovuta allo scattering (diffrazione)

  37. 2 2 3.5 3 2.5 Q Q 2 1.15 1.5 1.1 0 m m 50 100 1.05 150 x x 200 L’efficienza di estinzione tende ad un valore costante pari a 2 al crescere delle variabilixe m. Quindi aumentando il diametro o l’indice di rifrazione relativo oppure diminuendo la lunghezza d’onda ci si avvicina alla favorevole condizione in cui l’efficienza di scattering e’ costante Modello di van de Hulst-Walstra Indice rifrazione relativo

  38. Luce diffusa Raggio incidente q Sensore Cella Efficienza di estinzione reale Uno spettrofotometro impiegato come turbidimetro ha un angolo di accettazione q di valore finito: la frazione di luce proveniente dalla cella e che raggiungere il sensore e’ incrementata in misura variabile a seconda della radiazione diffratta. Il caso limite e’ che tutta la luce diffratta a basso angolo riesca a raggiungere il sensore. Principo di Babinet: delle due unita’ di efficienza (Q=2) di estinzione una e’ dovuta a tale luce diffratta Quindi il caso limite e’ che l’ efficienza reale tenda ad 1, quando tutta la luce diffratta entra nel cono di accettazione

  39. 1 1 4 3 8 2 Q* Q* 6 1 0 4 0 20 q q 40 2 60 r 80 r 0 100 Modello di van de Hulst-Walstra Esiste una zona ove l’efficienza effettiva Q* non e’ significativamente diversa da 1. E’ possibile scegliere le condizioni sperimentali in modo tale che Q* sia prevedibile e costante

  40. Spettroscopia correlazione fotonica (PCS) • Tecnica di laser scattering: utilizza luce polarizzata e l’analisi si compie sui profili di interferenza generati dalla luce scatterata dato il moto browniano delle particelle del colloide • La spettrofotometria PCS analizza le fluttuazioni di intensita’ per ottenere il coefficiente di diffusione Metodo di autocorrelazione

  41. Scattering dinamico Intensità di scattering in funzione del tempo (valore medio e relative fluttuazioni) Se le particelle sono sottoposte al moto browniano, la loro posizione rispetto al raggio laser incidente cambia continuamente. Il campo elettrico di scattering è quindi funzione della posizione della particella, e quindi cambia continuamente: scattering dinamico

  42. Funzione di autocorrelazione L’informazione sul coefficiente di diffusione delle particelle è “contenuta” nelle fluttuazione della intensità di scattering. Può essere descritta da funzione di correlazione tempo-dipendenti. Funzione di autocorrelazione • Significa che • L’intensità di scattering ha diverso valore in funzione del tempo; • Il prodotto dell’intensità con i valori di intensità a tempi successivi è mediato

  43. Autocorrelazione delle fluttuazioni temporali Il movimento delle particelle è correlato su di un tempo che è breve se confrontato alle fluttuazioni temporali Il prodotto delle intensità di scattering ha quindi un valore elevato a tempi brevi, con la funzione di autocorrelazione che è uguale alla intensità quadratica media. A tempi lunghi la autocorrelazione è persa per decadimento e l’intensità è pari al quadrato della intensità media L’intensità della funzione di autocorrelazione decade esponenzialmente con il tempo

  44. Schema di un sistema PCS multiangolo

  45. Coulter Counter (ESZ) Se una particella che non conduce e’ sospesa in un mezzo che conduce all’interno di una piccola apertura, si ottiene un aumento di resistenza attraverso l’orifizio Questo metodo richiede una opportuna procedura di calibrazione mediante standard di particelle monodisperse Il campo di applicazione e’ tra 0.5÷1000µm Vantaggi: non e’ necessaria nessuna conoscenza delle specifiche del campione Svantaggi: uso di fasi disperdenti ad alta forza ionica

  46. Principio di funzionamento ESZ Passaggio di una particella attraverso l’orifizio

  47. Analisi dimensionale in ESZ La risposta analitica è dipendente dalla resistività del mezzo ma non dalla resistività della particella Per particelle sferiche Nel caso più generale La risposta analitica è proporzionale al volume della sfera modificato della funzione F

  48. Coulter Multisizer II

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