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Educazione degli adulti Prof.ssa Elena Marescotti

Educazione degli adulti Prof.ssa Elena Marescotti. Dispense a solo uso didattico interno  Elena Marescotti 2012 Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Scienze dell’educazione Anno Accademico 2011/2012.

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Educazione degli adulti Prof.ssa Elena Marescotti

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Presentation Transcript


  1. Educazione degli adultiProf.ssa Elena Marescotti Dispense a solo uso didattico interno  Elena Marescotti 2012 Università degli Studi di Ferrara Facoltà di Lettere e Filosofia Corso di Laurea in Scienze dell’educazione Anno Accademico 2011/2012

  2. “Educazione degli adulti”:aspetti didattici e organizzativi del corso - Programma d’esame (prerequisiti, contenuti, obiettivi) - Calendario e argomenti delle lezioni - Dispense didattiche on-line - Modalità di svolgimento dell’esame (prova orale; a partire dall’esposizione un argomento a scelta) - Appelli d’esame (21/05; 05/06; 19/06; 10/07; 11/09; 25/09/2012 – 08/01; 30/01/2013 – ore 10.30) - Pre-appelli d’esame (17/04 e 08/05/2012, ore 12.00, Aula 14; riservati agli iscritti al III anno di corso per l’a.a. 2011/2012) - Ricevimento studenti - Tesi di laurea

  3. Educazione degli adulti:polisemia e ambiguità 1) Prassi (educazione in età adulta) (più o meno razionalizzata, più o meno eteronoma, più o meno spontaneistica, che ha una sua storia, sue regole, suoi presupposti, sue circostanze facilitanti e ostacolanti, suoi spazi, suoi contenuti, suoi metodi, ecc. Prassi che non di rado si è posta al servizio di determinate esigenze sociali, economiche, politiche – un qualcosa che accade; apprendimento) 2) Teoria (educazione per gli adulti) (che organizza al meglio quella prassi, o meglio teorie – di vario stampo: politiche, economiche, psicologiche, sociologiche – che intendono organizzare al meglio quella prassi e finalizzarla funzionalmente a determinati scopi contingenti – un qualcosa che si fa accadere in vista di obiettivi circoscritti; attività di formazione e di conformazione) 3) Teoria/Prassi della ricerca educativa (educazione permanente) (che fa capo ad una scienza, la Scienza dell’educazione, dalla quale trae i suoi presupposti e le sue necessità logiche e al cui sviluppo, chiarimento, approfondimento e progresso contribuisce. Il senso più corretto, allora, di Educazione degli Adulti, anche se esiste come disciplina di insegnamento a se stante, è quello di attività scientifica della Scienza dell’educazione – un settore di ricerca; una modo di essere dell’educazione; un qualcosa che si persegue in vista di finalità universalistiche e miglioristiche)

  4. Alcuni aspetti fondamentali: • Nella dizione Educazione degli adulti, ormai sedimentatasi linguisticamente, la specificazione “adulti” non sta a significare l’oggetto di ricerca, bensì la sottolineatura di una situazione esistenziale e concettuale specifica; si tratta solo di denunciare l’intenzione di puntare i riflettori su questa dimensione per ragioni di tipo metodologico a livello euristico (di ricerca) ed ermeneutico (di interpretazione) • In altri termini, si tratta di individuare un momento e una situazione particolare dell’educazione (quella che coinvolge l’adultità e tutto quello che ne consegue) per meglio comprendere il significato e la portata dell’educazione stessa come “universale”

  5. Diverse posizioni in contrasto… Educazione degli adulti… • una scienza autonoma, a sé stante • una delle presunte tante Scienze dell’educazione • una scienza pratica • una prassi • una teoria • una pista di ricerca della Scienza dell’educazione

  6. Problemi disistemazione epistemologica… Fino agli anni Ottanta del Novecento, la maggior parte degli studi in questo ambito seguivano per lo più tre linee guida: 1) quella che porta a rimarcare la diversità all’interno degli altri luoghi entro i quali si attua la formazione dell’individuo 2) quella volta a considerare la relazione formativa con adulti un oggetto di studio prevalentemente orientato alla messa in luce di bisogni urgenti (l’alfabeto, il titolo di studio, l’aumento di professionalità, ecc.) 3) quella di ritenere che fosse possibile stabilire un’equazione deterministica, di immediata sequenzialità causa-effetto, tra azione educativa e azione di responsabilizzazione (coscientizzazione) politica, tra associarsi di adulti e valenze emancipative. Secondo Duccio Demetrio, aver sostenuto, molto più di quanto fosse necessario, che l’Educazione degli adulti è “altra cosa” rispetto ad altri canali formativi e che i bisogni adulti sono sempre specifici, finì con il separare i discorsi sugli adulti e sulla loro educabilità dal più generale dibattito scientifico che agitava il mondo dell’educazione. (D. Demetrio, La ricerca in Educazione degli adulti, in D. Demetrio, A. Alberici, Istituzioni di Educazione degli adulti, Milano, Guerini, 2002, pp. 18-19)

  7. Questioni di fondo… • il problema della distinzione è un problema cruciale nel fare ricerca, in qualsiasi settore • dalla Pedagogia alle Scienze dell’educazione • Scienze dell’educazione: una “metafora irrigidita” • moltiplicazione di presunte scienze: a) aggettivare la parola “pedagogia” o specificarla con un genitivo: sociale, interculturale, speciale, comparata, olistica, ecc. per il primo caso; della marginalità, della famiglia, del gioco, del lavoro, della scuola, del tempo libero, ecc. per il secondo caso; b) completare con la specificazione “dell’educazione” il nome di altre scienze già esistenti: psicologia dell’educazione, sociologia dell’educazione, medicina dell’educazione, economia dell’educazione, ecc. c) utilizzare le “varie” educazioni come nomi di discipline: educazione degli adulti, educazione ambientale, educazione alimentare, educazione interculturale, ecc. Articolare non è, e non deve essere, frammentare il senso e le finalità dell’educazione! Educazione in senso scientifico = processo di portata tendenzialmente universale

  8. La “nascita” dell’EdA:alcuni contributi teorici e situazioni storiche Platone (427-347 a.C.) A. Comenio (1592-1670) J. Locke (1632-1704) J. J. Rousseau (1712-1778) Rivoluzione industriale Rivoluzione francese

  9. Platone (427-347 a. C.) • Il percorso formativo che Platone descrive ne La Repubblica, un percorso pensato per i veri filosofi, ovvero per gli uomini d’oro[1], coloro che sarebbero diventati i governanti, che può arrivare sino all’età di 50 anni (fino ai 20 anni, un’educazione propedeutica e la ginnastica; dai 20 ai 35 anni si svolgeva l'alta scuola di dialettica, seguivano poi altri 15 anni di prova, per dimostrare il proprio valore nel campo pratico e nel sapere, e a 50 anni si poteva giungere alla meta, ovvero ad esercitare il ruolo di governante); scrive Platone: “Fatti cinquantenni, quelli che si siano mantenuti integri e abbiano sotto ogni riguardo e in tutto primeggiato in opere e scienze, van finalmente condotti al punto finale, e obbligati, rivoltando in su il lume dell’anima, a guardare ciò che dà a tutti luce; e visto che abbiano il Bene in sé, e di esso servendosi come modello, a dar ordine allo stato, ai privati e a sé stessi nel resto della vita, ciascuno a turno, passando la maggior parte del tempo intenti alla filosofia, e quando giunge il loro turno, travagliandosi nelle faccende politiche e ricoprendo uffici di governo, ciascuno per amor dello stato, e non come facendo qualcosa di bello bensì di necessario; e così educando altri consimili, e lasciandoli al loro posto come Guardiani della città, se ne andranno infine ad abitare le Isole dei beati. E la città dovrà far loro pubblici monumenti funebri e sacrifici…”[2]. • Il concetto di anamnesi, ovvero il conoscere come memoria che ricostruisce, si tratta della reminescenza delle idee, che è l’atto supremo del conoscere: le idee, dimenticate, ovvero cadute nell’oblio dopo aver bevuto l’acqua del fiume Lete, ritornano alla mente attraverso la conoscenza che, a questo punto, è un ricordare. Conoscere significa risvegliare quelle conoscenze che l’individuo ha in potenza. La stessa etimologia della parola, appunto di origine greca, anamnesis, significa ricordo. Bene, si tratta di un’ esperienza, questa, che accompagna l’individuo per tutto l’arco della vita; • Il concepire la vita dell’uomo come continuo interrogarsi, in un ininterrotto dialogo ove il filosofo incarna la figura talvolta reale talvolta solo ideale del maestro; secondo Platone, l’insegnamento doveva avvenire attraverso discussioni e conferenze, volta volta retti anche dai discepoli più anziani. [1]. Questa la ripartizione sociale di Platone: gli uomini d’oro (i filosofi cui spettava il compito di governare); gli uomini d’argento (i guerrieri); gli uomini di rame (i commercianti); gli uomini di ferro (gli schiavi). [2]. Platone, La Repubblica, Milano, BUR, 1999, p. 555 (Libro VII, 540 b, c).

  10. Amos Comenio (1592-1670) • Idea di educazione che egli propugna come universale: si tratta dell’ideale pansofico, secondo cui educare significa sempre insegnare tutto a tutti. Per Comenio questo ideale ha motivazioni teoriche, cioè non deriva da necessità di carattere contingente, ma si tratta di una necessità di principio che anima l’educazione: l’educazione o è per tutti – adulti compresi, quindi – o non è educazione. • Tuttavia, Comenio si concentra soprattutto su quella che chiama “l’età crescente” e che egli suddivide in quattro fasi: infanzia, puerizia, adolescenza, giovinezza. • Ad ognuna di queste fasi, Comenio fa corrispondere una scuola particolare: la scuola dell’infanzia (da 0 a 6 anni); la scuola di lingua nazionale (6-12 anni); la scuola di latino (12-18 anni) e l’Accademia (18-24 anni). • In queste scuole, che seguono il principio della gradualità, non si fanno cose diverse, ma le stesse cose in modo diverso. • È comunque tramite questo esercizio che si pongono le premesse affinché il processo di formazione possa durare sempre.

  11. J. Locke (1632-1704) • Saggio sull’intelletto umano (1690): ogni individuo è suscettibile in ogni momento della sua vita di educazione, in quanto è suscettibile di creatività di pensiero. A quest’opera, segue come una sorta di completamento, La Guida dell’intelletto umano, che sarà pubblicata postuma: qui Locke traduce in una sorta di modello formativo il modello conoscitivo elaborato nel Saggio sull’intelletto umano. • In questo modello formativo, emergono chiare le caratteristiche di un’educazione che, necessariamente, deve durare per tutta la vita. • Seppure non manchino forti limiti, legati alla politica e alla ripartizione in classi sociali (educazione del gentleman), sono presenti nel pensiero di Locke germi assai fecondi, come l’idea che l’educazione sia la condizione necessaria per formare un uomo non più soggetto a un’autorità indiscutibile e, per questo motivo, capace di autogovernarsi a livello politico, ma anche a livello morale. • Questo percorso educativo deve condurre l’uomo lungo il sentiero che gli consente di acquisire i tratti propri dell’umanità, che sono poi i tratti della ragionevolezza. • Quindi, l’educazione dell’individuo-cittadino non è di tipo morale o civico, ma di tipo logico e intellettuale. L’intelletto deve essere educato, l’intelletto che è alla base dell’agire, della libertà del volere e dell’autodeterminazione.

  12. J. Locke (1632-1704) • L’intelletto deve essere educato: questo significa sottoporlo ad un esercizio continuo e, pertanto, significa dotarsi di strumenti, di un valido indirizzo metodologico. Per giungere alla piena maturità, che è sinonimo di capacità, di retto giudizio e di autodeterminazione – oggi noi diremmo di adultità – è necessario abituarsi a guardare quanto ci circonda in maniera dubitativa, senza pregiudizi e senza ossequio verso l’autorità. • Locke, infatti, usa spesso in questa opera l’espressione “libero esame”, per sottolineare la sua polemica contro i pregiudizi, i dogmi, la pigrizia, la parzialità, la presunzione, l’indifferenza e la superficialità con cui sovente, ci si approccia al mondo e ai suoi fenomeni, di qualsivoglia natura essi siano. • Al contrario, Locke insiste sull’opportunità di considerare con attenzione l’esperienza, di lavorare sui concetti, di distinguerli, di ordinarli. • Lo scopo di questo esercizio continuo non è solo l’arricchimento del contenuto del pensiero, certo anche questo, ma ancora di più la conquista della varietà e della libertà degli atti del pensiero e la crescita dei poteri e dell’attività della mente. Per questo sono necessarie pazienza, calma e gradualità. • Solo attraverso l’acquisizione di una simile forma mentis l’uomo potrà dirsi pronto per affrontare argomenti e riflessioni impegnative, come i problemi morali, politici e religiosi e le questioni che riguardano quelle che lui chiama “verità fondamentali”

  13. J. J. Rousseau (1712-1778) • In generale, l’educazione deve mirare a realizzare un rinnovamento della società che sia radicale, sviluppando nel soggetto le sue potenzialità in modo che possa diventare un individuo autonomo, capace di trovare in sé la capacità di fronteggiare sempre, in modo personale, le varie situazioni che si potranno verificare. • Per Emilio si pensa ad una educazione continua, in tutte le fasi della sua esistenza (Emilio o dell'educazione, 1762). • Organizzazione politica ed educativa del vivere sociale: “comunità educante” (Considerazioni sul governo della Polonia (1771-1782): si prevedono tutta una serie di attività – spettacoli, feste, ecc. – con intento formativo per un pubblico di adulti)

  14. Rivoluzione industriale • accentua il cosiddetto sentimento dell’infanzia, sia per una separazione netta a livello lavorativo (cosa che in un sistema agricolo non avveniva), sia per l’intensificarsi delle rivendicazioni dei diritti dei bambini, sfruttati nelle fabbriche • la categoria “adulta” rafforza la propria identità e gli operai sono sempre più chiamati ad istruirsi per meglio contribuire allo sviluppo industriale • il formarsi della classe operaia, del resto, stimola una presa di coscienza a livello politico e sindacale, che sfocerà poi per buona parte nel socialismo utopico, ove l’istruzione e l’alfabetizzazione vengono ad essere concepite come ineludibili strumenti di emancipazione • l'impianto industriale impone una inedita parcellizzazione del lavoro, che aliena l'individuo in quanto lo mette nella condizione di non conoscere più l'intero processo del lavoro - come accadeva con l'artigianato - inducendogli quindi il bisogno di capacità di ricostruzione, e quindi di strategie concettuali • in stretta connessione a questo aspetto, va altresì sottolineato come la scuola e l'educazione degli adulti comincino ad attecchire per la presa di consapevolezza che si danno come strumenti di mobilità sociale: imparare continuamente serve a migliorare continuamente la propria qualità della vita.

  15. Rivoluzione francese(1789-1799) • filosofia dei “lumi” • istruzione come strumento per rendere gli uomini più uguali e più liberi • alfabetizzazione come requisito fondamentale per supportare il suffragio universale

  16. Rivoluzione francese • Nel Rapporto Condorcet, la relazione redatta da Antonine Caritat de Condorcet[1] su L'Organisation Générale de l'Intruction Publique (21 aprile 1792) leggiamo: "L'istruzione deve essere universale e cioè essere estesa a tutti i cittadini… Deve, nei suoi diversi livelli, abbracciare l'intero sistema delle conoscenze umane e assicurare agli uomini in tutte le età della vita, la facilità di conservare le loro conoscenze e di acquisirne delle nuove". • Gli eventi storici, nell'immediato, impedirono la realizzazione delle proposte. • Occorre aspettare almeno il 1820 per vedere affermarsi una serie di iniziative a favore della cultura del popolo. [1]. Marie Jean Antoine Caritat marchese di Condorcet (1741-1794 suicida). Di formazione matematico, segretario dell'Accademia delle Scienze dal 1776, si autoproclama discepolo di Voltaire. Si accosta ai lavori dell'Enciclopedia, coltivando sempre meno la "scienza pura" per dedicarsi ad esaltarne la virtù rinnovatrice e rivoluzionaria. Eletto deputato alla legislativa di Parigi, fu nominato presidente dell'Assemblea, cui presentò la relazione sull'istruzione pubblica. Tale relazione non fu mai discussa, ma divenne il punto di riferimento della cosiddetta "pedagogia rivoluzionaria" (Cfr. Ernesto Codignola, in Enciclopedia Italiana (Treccani), Roma, 1949, vol. XI, p. 102).

  17. L’origine “danese” dell’EdA e il suo “capostipite” simbolico”… Nicolai Frederik Severin GRUNDTVIG (1783-1872) FolkehØjskole

  18. INGHILTERRA Nel 1903 Albert Mansbridge (1876-1952) fonda la Workers’ Educational Association, che svolgeva il suo lavoro educativo in povere stanze affittate nei quartieri periferici delle grandi città, vicino alle fabbriche, e che, secondo il suo fondatore, doveva diventare un movimento di autoeducazione popolare, realizzando altresì un solido collegamento tra le forze del lavoro e la scienza, e cioè tra sindacati, cooperative e università

  19. FRANCIA • La Rivoluzione Francese ha avuto un ruolo di tutto rilievo nella costituzione teorica e operativa dell'Educazione degli Adulti. Nel Rapporto Condorcet, il rapporto di Antonine Caritat de Condorcet su L'Organisation Générale de l'Intruction Publique (21 aprile 1792) leggiamo: "L'istruzione deve essere universale e cioè essere estesa a tutti i cittadini… Deve, nei suoi diversi livelli, abbracciare l'intero sistema delle conoscenze umane e assicurare agli uomini in tutte le età della vita, la facilità di conservare le loro conoscenze e di acquisirne delle nuove". • Gli eventi storici, nell'immediato, impedirono la realizzazione delle proposte. • Occorre aspettare almeno il 1820 per vedere affermarsi una serie di iniziative a favore della cultura del popolo. Nel 1830 viene fondata l'Association polythecnique pour le Développement de l'instruction populaire, alla quale prestò la propria opera anche Auguste Comte • Nel 1862, alla Esposizione Internazionale di Londra, avvengono i primi contatti tra i movimenti di cultura popolare francesi e i movimenti operai inglesi, che portano alla formazione della I Internazionale e a sempre più pressanti richieste di istruzione. • Nel 1866 si costituisce la Ligue de l'enseignement. • Il 16 giugno 1881 viene votata la legge sulla gratuità dell'insegnamento che nel 1889 viene reso obbligatorio e laico. • Nel 1892 si costituisce la Lega per i diritti dell'uomo e sorgono le prime Università popolari.

  20. ITALIA • A Torino, sin dal 1853 era stata fondata una Società di Istruzione, di educazione e di mutuo soccorso tra gli insegnanti, con l'intento di portare il contributo di una esperienza diretta alla scuola popolare. • Nel 1893 nasce a Milano la Società Umanitaria, al fine di fornire l'alfabetizzazione a chi non l'avesse ancora ricevuta. • Nel 1901 sorgono le Università popolari per iniziativa di organismi popolari, con l'eccezione dell'Università popolare di Roma che si costituì per volontà di un gruppo di docenti. • Numerose furono le iniziative a favore, più o meno direttamente, dell'educazione degli adulti: leghe contadine, corsi rurali, cooperative, ecc. e anche i corsi fondati dalle Società di mutuo soccorso e dalle Società operaie che andavano moltiplicandosi. • Particolare attenzione va riservata alle scuole per i contadini dell'Agro romano, fondate dal poeta Giovanni Cena e alla Associazione per gli interessi del mezzogiorno (1910): entrambe affrontarono il problema dell'analfabetismo degli adulti inquadrandolo nell'ambiente e nelle tradizioni locali; la prima, concentrandosi sulla cura e prevenzione della malaria (contributo di Angelo Celli) e sulle forme creative del lavoro artigianale, la seconda legando l'educazione col fattore economico tramite l'appoggio dato alla costituzione delle cooperative. • Con l'avvento del fascismo, tutte queste iniziative vennero, in genere, osteggiate o comunque “sostituite”.

  21. CANADA 1899: nasce il Frontier College per opera di Alfred Fitzpatrick, un pastore presbiteriano missionario, con lo scopo principale di alfabetizzazione degli adulti. Con la prima guerra mondiale e in seguito all'ondata di nazionalismo che pervase il Canada, il centro si assunse altresì il compito di "canadesizzare" gli immigrati, per prevenire eventuali processi rivoluzionari. Secondo le intenzioni del fondatore, non solo tutti i lavoratori avrebbero dovuto avere accesso all'istruzione superiore, ma lavoro e educazione avrebbero dovuto alternarsi.

  22. U.S.A. • L'opera di alfabetizzazione primaria degli adulti si accompagnò a quella dell'adattamento degli immigrati alla lingua e alla cultura del nuovo ambiente, senza trascurare, con i problemi posti da una forte industrializzazione e da una forte crescita urbana, i temi della fruizione del tempo libero. • Un esempio significativo: La Hull House, fondata a Chicago nel 1889 da Jane Addams: è il più famoso fra i social settlements che si diffusero negli Stati Uniti dalla seconda metà dell'Ottocento. La Hull House ospitava stabilmente, per periodi più o meno lunghi intellettuali impegnati nella difesa delle classi più deboli della società, offriva a tali classi non solo aiuti concreti e materiali (ad esempio, nursery per accudire i bambini), ma anche l'apporto di molte competenze culturali (corsi di inglese, teatro, musica, lavori artigianali, conferenze di filosofia e di economia) NB: per un approfondimento di alcuni momenti paradigmatici della storia dell’educazione degli adulti, cfr. A. Lorenzetto, Lineamenti storici e teorici dell’educazione permanente, Studium, Roma, 1976.

  23. John Dewey (1859-1952) Egli afferma decisamente che l'educazione non è un fatto costituito di tappe concluse in se stesse, ma è, come l'esperienza di tutti i momenti esistenziali, un processo che non conosce conclusioni, ma solo momenti significativi, solo apparentemente conclusivi, i quali sono a ben vedere punti di partenza per ulteriori approfondimenti. L'educazione, per Dewey, dura per tutta la vita e non può che essere così. Curiosità, immaginazione, senso critico, apertura ai problemi e sforzo di risoluzione - che sono le stesse fasi del metodo scientifico e dello stile democratico di vita - sono per Dewey costitutive dell'educazione e del comportamento di ogni uomo che è veramente tale. Per Dewey, l'educazione degli adulti è strettamente congiunta al problema della democrazia, intesa come stile di vita in cui ciascuno deve essere messo in grado di dare il meglio di sé. L'educazione degli adulti, per Dewey, ha dunque un senso nell'ottica dell'educazione che non può che essere permanente, ovvero costante compagna dell'uomo in tutti i suoi tentativi di interpretazione e trasformazione del mondo.

  24. Caratteristiche “iniziali”dell’EdA • percorso formativo per pochi, finalizzato politicamente e/o economicamente per preservare, mantenere, consolidare o raggiungere un determinato assetto • percorso compensativo di alfabetizzazione primaria: ovvero attività di recupero di quanto avrebbe dovuto essere appreso negli anni dell’infanzia e dell’adolescenza • percorso di “educazione popolare” con finalità politico-sociali, assimilabile, nei suoi intenti di fondo, all’educazione dell’infanzia, per via di una sovrapposizione, nelle concezioni delle classi dirigenti, tra infanzia e popolo • nascenti tensioni intitolate al nesso educazione/istruzione/emancipazione

  25. UNESCO • UNESCO: United Nations Educational Scientific and Cultural Organization • ONU: 26 giugno 1945 • 16 novembre 1945 (Londra) – 4 novembre 1946 (Parigi) • 8 novembre 1947 – 27 gennaio 1948: ammissione dell’Italia • Potere di “orientamento culturale” e “normativo” (2011: 194 Stati membri; 7 Stati associati)

  26. Principali avvenimenti nell’ambito dell’Educazione degli Adulti: • Conferenza di Elsinör (16-26 giugno 1949) • Convegno internazionale di studi sull'educazione degli adulti (Roma, 4-6 aprile 1951) • Conferenza di Montreal (21-31 agosto 1960) • Convegno "Alfabeto e società" (Roma, 24-29 settembre 1962) • Congresso mondiale dei Ministri dell'educazione sull'eliminazione dell'analfabetismo (Teheran 8-19 settembre 1965) • Conferenza internazionale di Tokyo su "L'educazione degli adulti nel contesto dell'educazione permanente“ (25 luglio-7 agosto 1972) • … • V Conferenza internazionale sull'Educazione degli Adulti (Amburgo, 14-18 luglio 1997)

  27. I temi della Conferenza di Elsinor: • cultura di pace • concetto di condivisione: l'umanità è un destino comune al quale tutti sono chiamati a partecipare • idea di educazione degli adulti non come mera istruzione e trasmissione di contenuti, quanto, soprattutto, di strategie; in questo senso l'educazione stessa è vista come un fine, come un processo che non ha termine • concezione dell'alfabetizzazionecome mezzo dell'educazione degli adulti e non come suo fine ultimo • l'educazione degli adulti, intesa anche come educazione popolare, non deve cadere nello stesso errore dell'educazione di èlite, cui intende ovviare, ovvero diventare altrettanto settaria (la cultura non si può pensare in termini di up e down, serie A e serie B, tantomeno la scienza che rappresenta la forma più raffinata dal punto di vista razionale di conoscenza) • la cultura, l'educazione e la scienza, per essere veramente tali, devono essere pensate come di tutti • insistenza sul nesso tra istruzione/educazione, libertà e democrazia (libertà e democrazia non solo a livello di organizzazione politica ma, ancor prima, come habitus mentale, come forma mentis); • stretta relazione tra educazione e lavoro, nel senso di fornire all'individuo gli strumenti per realizzarsi nel lavoro, non subirlo in prospettiva di alienazione, e non concepirlo alla stregua di un mero strumento di sopravvivenza • problema del tempo libero

  28. I limiti della Conferenza di Elsinor: • Paesi dell’Europa dell’Ovest e dell’America del Nord. • Tradizionale impostazione liberale inglese dell’educazione degli adulti, definita come l’insieme degli studi volontari intrapresi da un individuo che ha raggiunto la maggiore età al fine di sviluppare capacità e attitudini al fine di assumere responsabilità sociali, morali e intellettuali in seno alla comunità. In questo senso, si presuppone sia già stato raggiunto un certo grado di istruzione generale. • Manca una concettualizzazione dell'educazione permanente come sfondo logico che giustifichi l'educazione degli adulti; quest'ultima continua ad esse percepita come un tipo di educazione sollecitata da esigenze contingenti: la grande assente, in sostanza, è la Scienza dell'educazione che, necessariamente e a prescindere dalle contingenze, richiede che l'educazione sia per tutti gli individui e, quindi, anche per gli adulti

  29. I temi della Conferenza UNESCO sull’Educazione degli adulti di Amburgo (1997) Educazione degli adulti e risoluzione dei grandi problemi che attanagliano l'epoca a noi contemporanea: il problema ecologico, il totalitarismo politico, la giustizia, il razzismo, la violenza, l'economia, la scienza SETTORI INDIVIDUATI: • l'alfabetizzazione degli adulti • il diritto al lifelong learning • il diritto alle pari opportunità • la cultura della pace • la diversità culturale • la promozione della salute • l'educazione ambientale • l'accesso all'informazione • l'integrazione dei disabili • l'apprendimento in età senile } Multiculturalismo Nuove tecnologie Progressiva senilizzazione della società

  30. Dal MULTICULTURALISMOall’INTERCULTURA Intercultura: emergenza e compito (cfr. F. Cambi, Intercultura: fondamenti pedagogici, Roma, Carocci, 2001) EMERGENZA: 1) il ritorno del razzismo, con le sue chiusure, le sue violenze, le sue varie forme di manifestazione; 2) le migrazioni dei popoli, spinte dall’incremento demografico, dal sottosviluppo, dagli scambi resi sempre più possibili dal villaggio globale creatosi a livello planetario, e che hanno ormai reso l’Europa quel melting pot che già si è realizzato negli USA; 3) la crisi della cultura occidentale, ormai molto più insicura intorno ai propri valori guida, ai propri ideali di civiltà e percorsa da esigenze di profonda autocritica, che induce ad una apertura verso modelli culturali altri, per riceverne suggestioni, prospettive, strumenti interpretativi. Questo aspetto dell’emergenza è quello più operativo e contingente, ed anche quello più studiato e su cui pare si abbiano le idee più chiare in relazione all’intercultura. Si tratta di affrontare un problema che emerge con forza nel mondo contemporaneo e che pone quesiti urgenti e complessi: accettare gli immigrati, spesso di culture radicalmente altre rispetto a quelle autoctone; stabilire un dialogo con loro; apprendere a collaborare; rifiutare razzismo e intolleranze.

  31. MULTICULTURALISMO COMPITO: • Si tratta del fronte teorico, cioè della lettura del problema intercultura a livello di epistemologia pedagogica, ovvero a livello di strutture portanti della pedagogia stessa come scienza. Un ambito che viene spesso ignorato o fagocitato da quello intitolato all’emergenza o da un vago buon senso, e ancora che viene spesso considerato un eventuale punto di arrivo, e non un punto di partenza. Nel senso che solitamente ci si imbatte in un modo di procedere che va dalla constatazione di una necessità contingente (l’interculturalità) all’attribuzione di tale dimensione alla pedagogia che, in qualche modo, viene sollecitata a farvi fronte. • A ben vedere, la questione è molto più complessa, poiché il discorso della diversità, del dialogo, del rapporto con altro, della trasformazione, è un discorso che appartiene alla pedagogia, se vuole essere una scienza, a prescindere dai flussi migratori più o meno intensi. Questi, più che altro, disvelano le complessità operative di un problema che, a livello teorico, va considerato comunque. • Questa impostazione è decisiva per la stessa identità della pedagogia come scienza, che va pensata come a capo dei processi educativi, e non in coda, come referente principale e garanzia logica dell’educazione e non come giustificazione a posteriori. • L’emergenza in atto consente di insistere ulteriormente su alcuni punti fondamentali della pedagogia come scienza, e di ogni sapere che voglia dirsi scientifico: congedo definitivo e totale dell’etnocentrismo, assunzione di una visione laica(dal greco laikos = del popolo) della scienza e della convivenza sociale, che ponga al centro i principi della tolleranza, del dialogo, della ragione come guida e come costruzione in comune.

  32. NUOVE TECNOLOGIE 1) il versante della formazione, dell’aggiornamento e della riqualificazione professionale: apprendere ad usare le nuove tecnologie come credito da spendere sul mercato del lavoro 2) il versante dell’informazione: di fronte all’esplosione mass-mediatica, dell’informazione creata da pochi per molti, si rende necessario riflettere sulla necessità di raffinare di continuo, in un processo che non conosce fine, le nostre capacità critiche, di interpretazione, di analisi di quanto ci viene offerto, di pensiero autonomo, di scelta e di responsabilità di scelta 3) le nuove tecnologie sono solo strumenti, privi di significato intrinseco, oppure contengono in sé logiche, saperi diversi da quelli tradizionali e quindi si configurano veramente come paradigmi di conoscenza e di costruzione della conoscenza? 4) l’impatto dell’e-learnig e della formazione a distanza (FAD), sistemi utilizzati massicciamente proprio nell’ambito dell’educazione degli adulti, soggetti da un lato impegnati in un lavoro, e quindi con meno tempo a disposizione o, meglio, con una gestione del tempo che varia da soggetto a soggetto e a seconda del momento e delle disponibilità individuali (ritagli di tempo) e, dall’altro, che proprio in quanto adulti hanno un maggiore grado di autonomia, autodisciplina, consapevolezza

  33. NUOVE TECNOLOGIE FAD = Formazione A Distanza Si tratta di una pratica ormai largamente diffusa che ha mantenuto pressoché inalterati i caratteri individuati per le cosiddette open university inglesi degli anni Sessanta: • separazione tra docente e discente • separazione dei discenti tra di loro • influenza di un’organizzazione formativa nello sviluppo e nell’acquisizione dei materiali utili all’apprendimento • uso di mezzi di comunicazione (video, registrazioni, radio, tv, satellite, internet, e-mail, videoconferenze, telefono, ecc.) per mettere in contatto docenti e discenti e introdurre i contenuti da insegnare • comunicazione a due vie: il discente può dialogare con il sistema anche di sua iniziativa (con il docente o con tutor intermediari) • una sorta di industrializzazione del processo di insegnamento (nonostante seri tentativi di individualizzazione, il processo insegnamento/apprendimento pare mercificarsi come un qualsiasi prodotto standardizzato, di cui non si condividono più le fasi intermedie, ma si riceve solo qualcosa di finito e predefinito).

  34. SENILIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ Dalla logica della medicalizzazione/assistenza a quella dell’educazione • La vecchiaia è oggi una realtà demografica in continua espansione, che pertanto impegna la società, le politiche e, non ultimo, la ricerca scientifica ad accendere i riflettori su un tema che le attuali pressioni globalizzanti - ma sarebbe meglio dire omologatizzanti – tendono a trascurare e marginalizzare sul piano del consumismo e dell’assistenzialismo. • Anche la Pedagogia ha acceso i riflettori su questo tema, e qui vale lo stesso discorso fatto per l’intercultura: l’anziano diventa soggetto educabile perché ne ravvisiamo l’opportunità o perché non può che essere così? Può sembrare lo stesso, ma non lo è: che cosa succederebbe se ci legassimo al fattore opportunità condivisa e un giorno non lo fosse più? La scienza non avrebbe alcuna garanzia, sarebbe in balia del momento.

  35. Alcuni dati/previsioni ISTAT • L’aspetto in assoluto più certo di tutte le previsioni è il progressivo e inarrestabile incremento della popolazione anziana • I numeri assoluti dicono che, rispetto agli attuali 11,8 milioni, gli anziani ammonteranno entro il 2051 a 20,3 milioni • Gli ultra 64enni, oggi pari al 19,9% del totale (1 anziano ogni 5 residenti), perverranno al 33% nel 2051 (1 anziano ogni 3 residenti) • Cresce in misura soverchiante il numero delle persone molto anziane: i cosiddetti “grandi vecchi” (convenzionalmente individui di 85 anni e oltre) passano da 1,3 milioni nel 2007 a 4,8 milioni nel 2051, per una proporzione che aumenta dal 2,3% al 7,8%”[1] • “La vita media per l’Italia passa da 78,6 a 84,5 per gli uomini (+ 5,9) e da 84,1 a 89,5 per le donne (+ 5,4)”[2]. • Guardando, infine, alla composizione in termini percentuali della popolazione italiana per classi d’età, la situazione risulterebbe così definita: 0-14 anni (14% nel 2011, 12,9% nel 2051); 15-29 anni (15,7% nel 2011, 14% nel 2051); 30-44 anni (22,8% nel 2011, 16,8% nel 2051); 45-64 anni (27,2% nel 2011, 23,4% nel 2051); 65-84 anni (17,5% nel 2011, 25,1% nel 2051); 85 anni e oltre (2,8% nel 2011, 7,8% nel 2051)[3]. • [1]. Previsioni demografiche 1 gennaio 2007 – 1 gennaio 2051, nota informativa ISTAT, 19 giugno 2008, p. 4 • [2]. Ivi, p. 11. • [3]. Cfr. http://www3.istat.it/grafici_ra/sostenibilita/demografica.html, consultato in data 19 settembre 2011.

  36. SENILIZZAZIONE DELLA SOCIETÀ Pedagogia e età senile • Si tratta di un accostamento che, ai non addetti ai lavori, potrebbe sembrare azzardato, se non addirittura improprio. Ma, se andiamo oltre al senso comune e assumiamo l’ottica scientifica, quello tra pedagogia ed età senile si configura come un nesso più che plausibile, ossia necessario. Il modello educativo messo a punto dalla pedagogia come scienza, infatti, si identifica con un processo di crescita e sviluppo delle potenzialità umane che si snoda lungo tutto l’arco della vita e che, quindi, non può non riguardare anche la cosiddetta terza età. • La pista intrapresa dalla pedagogia in questo settore si configura come una vera e propria sfida ai quei radicati stereotipi che concepiscono l’età senile come età dell’inevitabile ed inarrestabile decadimento, della rassegnazione, dell’inattività fisica e mentale. Si tratta di una sfida che non solo intende rilanciare la vecchiaia come risorsa, mettendone in evidenza tutto il potenziale intellettuale, creativo ed affettivo, ma anche e soprattutto rinsaldare l’identità della pedagogia come scienza dell’educazione tout court. In effetti, oggi più che mai la pedagogia necessita sbarazzarsi di quei riduttivismi che per lungo tempo l’hanno identificata con la riflessione sui problemi educativi dell’infanzia, depauperandone non solo gli ambiti di intervento ma anche e soprattutto il suo stesso spessore scientifico.

  37. Centri Territoriali Permanenti • L’istituzione dei CENTRI TERRITORIALI PERMANENTI pare volere rispondere alle esigenze complesse che, sinergicamente, le tre istanze citate – intercultura, nuove tecnologie, progressiva senilizzazione della società – in sinergia tra di loro, producono nella nostra attuale compagine sociale. • I CTP sorgono con l’O.M. n. 455 del 29 luglio 1997. • riduttivismi pratici: formazione civica e professionale, e non vera scuola!

  38. L’istituzione e il ruolo dei Centri Territoriali Permanenti In Italia, una delle iniziative più interessanti, nell’alveo delle molteplici attività promosse sia dal comparto pubblico sia dal comparto privato, è rappresentata dall’istituzione, con l’Ordinanza Ministeriale n. 455 del 29 luglio 1997, dei Centri Territoriali Permanenti (CTP), “per l’istruzione e la formazione in età adulta”. • Il CTP nasce in stretto aggancio con la scuola: esso viene, di fatto, istituito dal Provveditore agli Studi – poi Dirigente CSA (Centro Servizi Amministrativi), oggi Dirigente USP (Ufficio Scolastico Provinciale) – e funziona presso una istituzione scolastica il cui Collegio dei docenti è chiamato alla programmazione delle attività, sulla base delle puntuali proposte formulate dal Coordinamento del personale del CTP medesimo, che comprende, a sua volta, tutti coloro che sono impegnati nella realizzazione delle sue attività didattiche e formative. L’organico di base assegnato al CTP è composto da tre docenti di scuola elementare e cinque docenti di scuola media inferiore • Il CTP si presenta come un’entità indissolubilmente agganciata alla scuola e organizzata, nei suoi principali meccanismi di gestione, in maniera assai similare ad essa: il CTP, sulla base e al termine delle attività realizzate, può rilasciare certificazioni relative al conseguimento di licenza elementare e media, nonché di attestati di attività di professionalizzazione o di riqualificazione professionale e di attività di cultura generale Ordinanza Ministeriale n. 455 del 29 luglio 1997: “Educazione in età adulta, istruzione e formazione”

  39. Alcuni problemi… • Resta, tuttavia, da verificare se, anche dal punto di vista sostanziale, il CTP possa essere considerato una vera scuola, a prescindere dal rilascio o meno di titoli dal valore legale. È necessario appurare se le finalità che intende perseguire possano essere considerate finalità educative oppure se si tratta di finalità prevalentemente agganciate alle esigenze del territorio, come, ad esempio, l’acquisizione di specifiche competenze pensate al solo scopo di essere spese nel settore lavorativo (licenza delle scuole dell’obbligo, corsi di lingua inglese, corsi di informatica, ecc.) o, per quello che riguarda la massiccia presenza di immigrati, la padronanza della lingua italiana e la conoscenza del tessuto culturale in senso lato del Paese. • Il testo di legge, così come i rapporti di monitoraggio sull’offerta formativa dei CTP, la loro distribuzione territoriale, l’affluenza ai corsi organizzati, ecc., non sembrerebbero consentire, di primo acchito, di dare una risposta ben definita, giacché richiami e coloriture educative e cedimenti alle pressioni contingenti si mescolano. Ciononostante, una lettura attenta dell’O.M. e di diversi documenti che, a vario titolo, rendono conto delle attività progettate e svolte o riflettono su di esse cercando di evidenziarne la ratio, la valutazione non può che propendere per un CTP che, potenzialmente scuola, tende di fatto a porsi come un servizio.

  40. Le attività svolte dai CTP sono sintetizzabili in attività di “accoglienza, ascolto e orientamento; alfabetizzazione primaria funzionale e di ritorno, anche finalizzata ad un eventuale accesso ai livelli superiori di istruzione e di formazione professionale; apprendimento della lingua e dei linguaggi; sviluppo e consolidamento di competenze di base e di saperi specifici; recupero e sviluppo di competenze strumentali, culturali e relazionali idonee a duna attiva partecipazione alla vita sociale; acquisizione e sviluppo di una prima formazione o riqualificazione professionale; rientro nei percorsi di istruzione e formazione di soggetti in situazione di marginalità”. Si specifica, inoltre, che il CTP opera “per l’acquisizione di saperi che permettano una reale integrazione culturale e sociale e che sostengano e accompagnino i percorsi di formazione professionale per facilitare l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro, in relazione alle dimensioni: comunicazione; progettualità, operatività. Pertanto gli assi culturali di riferimento dovranno essere: i linguaggi e le culture; l’alfabetizzazione e la multimedialità; la formazione relazionale come conoscenza del sistema sociale, ambientale, economico, geografico” • Dal 2008 si attende ancora la trasformazione dei CTP in CPIA (Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti): questa riforma presenta un dato positivo (l’assegnazione di un organico ad hoc) ed uno negativo (un’offerta pensata sull’”invarianza” della domanda)

  41. A questo proposito, i rilievi da segnalare, nella prospettiva della Scienza dell’educazione sono essenzialmente due: 1) Il primo (# problema di Scienza dell’educazione #).Fino a quando il linguaggio dell’universo educativo non sarà chiarito e disambiguato, ovvero fino a quando non si potrà contare su un linguaggio scientifico e tecnico per designare, in primis, le entità educazione e scuola, permarranno confusioni e scorrettezze teoriche dalle ampie ricadute sulla prassi. Ne è un significativo esempio il fatto che quando, a vari livelli, si parla di CTP, si usano pressoché indifferentemente i termini educazione, formazione, istruzione, alfabetizzazione, integrazione, ecc. La stessa etichetta “Educazione degli adulti” ufficialmente assunta a perno dei CTP, contrassegna, di fatto, attività formative, compensative, di aggiornamento, ecc. 2) Il secondo (# problema della Politica #). Il CTP come servizio pensato soprattutto, in ultima analisi, per la promozione economica di un territorio e, nonostante questo, presentato come una emanazione della scuola, riflette, purtroppo, in maniera coerente e le derive della gestione Berlinguer (1996-2000; Prodi/D’Alema)-De Mauro (2000-2011; Amato) prima, e della gestione Moratti (2001-2006; Berlusconi), poi che hanno, infatti, disegnato una non-scuola, volta a soddisfare le diversificate esigenze del territorio, votata alla personalizzazione e al precoce inserimento nel mondo del lavoro, del tutto sorda ai princìpi di una Scienza dell’educazione degna di tale nome.

  42. Per concludere:una brevissima annotazione • Ben vengano le attività di aggiornamento professionale, i corsi mirati per acquisire abilità strumentali, le opportunità formative per gli immigrati, ecc. Non è certamente a un tale fermento politico, economico e culturale che si rivolge il commento critico, a meno che tale fermento non agisca prevaricando la scuola e contribuendo a snaturare ulteriormente il significato dell’espressione “Educazione degli adulti”, come, invece, è sempre più frequente riscontrare. • Se vogliamo, infatti, che di educazione e, quindi, di scuola si tratti, dobbiamo abbandonare la logica del servizio e perseguire, appunto, quella della scuolità, andando ben oltre al mero sforzo di adeguamento alle istanze imposteci dalla realtà contingente e dalle schiaccianti forze economico-politiche. • Potenziare – qualitativamente non meno che quantitativamente – sia la ricerca nel campo della Scienza dell’educazione sia il raccordo tra ricerca e didattica e armonizzarne il rapporto con la politica, mi sembra, a monte, l’unica chance su cui valga veramente la pena investire, affinché si possa pensare di organizzare il vivere civile guardando all’ideale di unacomunità permanentemente educante

  43. Linguaggio e Scienza dell’educazione • In ambito scientifico, il problema del linguaggio rappresenta, in stretta interazione con quello del metodo e dell’oggetto di ricerca, una delle questioni più complesse ed ardue da affrontare, per via delle innegabili “responsabilità epistemologiche” di cui è portatore. • In effetti, il linguaggio entra in gioco a tutti i livelli di fondazione scientifica di un sapere, qualificandolo dal punto di vista euristico (di individuazione e percorribilità di piste di ricerca), ermeneutico (di interpretazione e re-interpretazione continua della realtà) e, non ultimo, divulgativo, cioè di partecipazione pubblica ai suoi processi e prodotti, in un’ottica di circolarità che rende questi tre momenti necessari l’uno all’altro. • Non è certo questa la sede per ripercorrere il contraddittorio dibattito intitolato al linguaggio delle scienze cosiddette “umane” in generale (e della pedagogia in particolare), definite spesso ambigue e incerte, in altre parole “meno scientifiche”, proprio a causa di un registro più incline alla suggestione e al senso comune che non all’argomentazione logica e alla chiarezza di significato. Tuttavia, tale dibattito è da tenere sempre presente sullo sfondo delle riflessioni qui proposte, se non altro come ideale termine di confronto.

  44. Scienza e linguaggioScienza è linguaggio “ogni linguaggio si può considerare come un sistema di ‘modelli’ isomorfi basati su ripetute duplicazioni. Anzitutto esso ‘duplica’ le cose, permettendo di sostituirle fino a un certo punto con degli equivalenti maneggevoli sui quali vengono esperite operazioni ‘vicarie’.La scienza muove dai fenomeni, ma ragiona su ‘enunciati’ che ne fanno le veci… per la natura combinatoria del linguaggio, questo viene a costituirsi con elementi variamente connessi. Oltre al criterio di verificabilità empirica (che include anche il controllo di falsificabilità delle ipotesi) ossia di ‘referenza’ significativa, il linguaggio deve rispettare nelle sue connessioni regole di coerenza, a cominciare dalla non-contraddizione; altrimenti si autodistruggerebbe. Ciò induce a un livello più basilare di quello linguistico, che è quello logico; dalle strutture superficiali del linguaggio manifesto siamo rinviati alle sottostanti intenzioni comunicative, e da queste alle strutture basilari del pensiero (logica delle proposizioni e logica dei predicati, giudizi e inferenze induttive, deduttive, abduttive)” M. Laeng, Termini e testi. Dizionari ed enciclopedie, in “CADMO”, n. 8, 1995, pp. 7, 8, passim

  45. Educando Giovanni Vidari, voce Educando: “L’educazione si riferisce soltanto… al momento iniziale, così che possa definirsi la pedagogia come la scienza dell’educazione dell’uomo nel periodo di suo sviluppo, oppure essa si riferisce all’uomo in qualunque momento e fase di sua vita?… Se l’educazione si rivolge all’uomo in quanto soggetto cosciente e autocosciente, essa avrà ragione di essere sempre là dove la vita spirituale appaia, pur in gradi e forme diverse, in processo di continua elaborazione e di svolgimento; epperò nell’infante come nel fanciullo, nell’adolescente e nel giovine, nell’uomo e nella donna, nel normale e nel deficiente, purché un qualche barlume di spiritualità vera, cioè attiva e non mecanizzata (sic), vi brilli. E l’educazione d’altra parte non ha più ragione né possibilità di essere là dove la vita dello spirito sia spenta o vada spegnendosi nella ripetizione meccanica di atti, nella incoscienza, nella insensibilità: se essa si rivolge essenzialmente all’uomo, l’uomo che si educa non può essere in largo senso che il giovine: quando l’uomo invecchia (e si può invecchiare a venti anni), cessa di essere soggetto di educazione” (in Dizionario delle Scienze pedagogiche, diretto da G. Marchesini, Milano, Società Editrice Libraria, 1929, vol. I, p. 443)

  46. Il concetto di ADULTO Chi è l’adulto? Sulla base di quali parametri si costruisce la sua identità concettuale? L’etimologia del termine così come la pluralità di canoni solitamente utilizzati per definirlo – di natura fisica, psicologica, giuridica, sociale, culturale, ecc. – fanno capo ad una significazione che, evidentemente, rimanda alla conclusione di un percorso di crescita e all’acquisizione e stabilizzazione di determinate capacità e ruoli sociali. Dal latino adultum, participio passato di adolescere, cresciuto, sviluppato.

  47. Il concetto di ADULTO • Non è possibile rilevare una congruenza tra i criteri comunemente adottati per sancire lo status di adulto né una loro affidabile continuità nel tempo e nello spazio: basti pensare alle possibili sfasature, in prospettiva sia diacronica che sincronica, tra il raggiungimento della maggiore età, l’ingresso nel mondo del lavoro, la maturità sessuale, la conclusione degli studi, il godimento dei diritti politici, l’autosufficienza, ecc. • Tuttavia, il principio sostanziale comune è quello di decretare il compimento della fase evolutiva per eccellenza – quella dell’infanzia e dell’adolescenza, appunto – e l’ingresso in una fase della vita contraddistinta, fondamentalmente, dalla responsabilità sociale, dalla partecipazione al ciclo produttivo e da un sempre più accentuato decadimento fisico e mentale • Poco importa se, presi ad uno ad uno ed a seconda dei contesti e dei periodi storici, tali criteri anticiperanno o posticiperanno, da un punto di vista meramente cronologico, questa tappa esistenziale. Di fatto, in questa prospettiva, essa segna il passaggio da un periodo di crescita e trasformazione – e quindi, di educazione – ad un periodo di stabilità che precede una presunta involuzione senile e la morte.

  48. Il concetto di ADULTO • Per contro, introducendo il criterio della Scienza dell’educazioneper la definizione concettuale dell’individuo adulto si pongono le premesse per ribaltare quelle radicate concezioni che per lungo tempo hanno pesantemente influenzato sia l’affermazione scientifica del sapere sull’educazione sia l’organizzazione del sistema formativo (“oltre” la Pedagogia) • Introdurre il criterio della Scienza dell’educazione, infatti, significa introdurre la prospettiva della permanenza dell’educazione in qualsiasi fase della vita dell’individuo. Prospettiva che si dà come necessaria da un punto di vista logico – e, quindi, a prescindere da un’ideologia politica, da una spinta filantropica, da un’emergenza contingente, ecc. – nel momento in cui si avverte l’esistenza di una SCIENZA DELL’EDUCAZIONE che, in quanto tale, mette a punto un oggetto, l’educazione, che non cambia o non svanisce a seconda dei soggetti cui via via si rivolge. • In altre parole, nell’ottica della Scienza dell’educazione, l’adulto non può essere considerato come colui che ha terminato la sua crescita, il suo sviluppo. • Portando alle estreme conseguenze un simile discorso, potremmo affermare che, nell’ottica della Scienza dell’educazione, tutti gli individui sono adolescenti, ovvero soggetti in crescita • Scienza dell’educazione e riconoscimento dell’educabilità continua dell’individuo vanno di pari passo.

  49. Il concetto di ADULTO Vale a dire che, laddove il sapere sull’educazione perdesse la sua connotazione scientifica, non vi sarebbe alcuna garanzia logica di perseguimento continuo dell’educazione. E viceversa: laddove venisse meno l’idea dell’individuo come entità passibile di educazione – ossia di trasformazione migliorativa– da una certa età o situazione in poi, e su questo venisse organizzato il vivere sociale in generale e il sistema formativo in particolare, il sapere sull’educazione subirebbe un duro colpo a livello di legittimità scientifica, poiché si troverebbe a mettere a punto un oggetto di studio che non solo non può sperimentare a pieno, ma non può neppure pensare in ottica universalistica.

  50. Adulto e “adultità” • Tutta la saggistica più recente tende a definire l’adulto in modo tale da avvalorare l’idea di educazione come continuum esperienziale; tuttavia molto spesso ci si concentra su questo aspetto più per le ricadute tecniche del “fare educazione” che non per rinsaldare l’impianto scientifico del sapere sull’educazione • Adultità  volontà di concettualizzare l’insieme delle caratteristiche che definiscono l’essere adulto

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