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AGN: meccanismi di emissione e modello unificato

Lea Giordano. AGN: meccanismi di emissione e modello unificato. introduzione storica prima classificazione degli AGN spettri meccanismi di emissione IPOTESI DI LAVORO modello unificato riclassificazione alla luce del modello unificato extras bibliografia e referenze. 20.01.03.

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AGN: meccanismi di emissione e modello unificato

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  1. Lea Giordano AGN: meccanismi di emissionee modello unificato • introduzione storica • prima classificazione degli AGN • spettri • meccanismi di emissione • IPOTESI DI LAVORO • modello unificato • riclassificazione alla luce del modello unificato • extras • bibliografia e referenze 20.01.03

  2. INTRODUZIONE STORICA • Carl Seyfert • Markarian • Khachikian e Dan Weedman • scoperta dei QUASARs • 3C 48 • 3C 273

  3. Carl Seyfert Carl Seyfert scoprì che alcune galassie possedevano la peculiarità di avere nuclei straordinariamente brillanti e puntiformi. Nel 1943 selezionò dalla survey dell’osservatorio di Mt. Wilson sei galassie (NGC1068, NGC1275, NGC3516, NGC4051, NGC4151 e NGC7469) che avevano in comune righe di emissione allargate (broad line emission) e ne analizzò lo spettro. Cinque delle suddette galassie erano spirali, tranne NGC1275, un’irregolare peculiare. Da allora “galassia di tipo Seyfert” indica un’intera classe di galassie attive.

  4. NGC 1068 NGC 4151 NGC 4051

  5. NGC 3565 NGC 7469

  6. B.E. Markarian Nel 1963 pubblica i risultati dello studio di 41 galassie peculiari di cui si ha evidenza di emissione non termica, ovvero non direttamente proveniente dalle fotosfere stellari. • Sono incluse tutte le galassie analizzate da Seyfert. Markarian inizia una survey (con il telescopio Schmidt da 1m del Byurakan Observatory, in Armenia), selezionando una serie di oggetti che presentano un eccesso blu-UV nel loro continuo, che terminerà con la pubblicazione di un catalogo comprendente circa 1500 galassie che oggi sono note come Markarian galaxies. In realtà questa non è una classe vera e propria di AGN, ma piuttosto una selezione di oggetti, a basso redshift, che presentano una particolare caratteristica dell’attività galattica: l’eccesso blu-UV.

  7. Markarian thumbnails

  8. Markarian 421 – broad band spectrum

  9. Khachikian e Dan Weedman Nel 1974, grazie ai progressi delle tecniche spettrografiche, riclassificano le galassie di tipo Seyfert in due classi: • Seyfert type I righe permesse: H (in massima parte), HeI, HeII e FeII; con [FWHM] corrispondenti a velocità comprese tra 1 e 104km/s righe proibite: OIII hanno [FWHM] corrispondenti a soli ~103km/s • Seyfert type II righe permesse e proibite hanno circa le stesse [FWHM] pari a ~103km/s

  10. SCOPERTA DEI QUASARs I quasar furono identificati per la prima volta (negli anni 50 del secolo scorso) come intense sorgenti radio piuttosto estese. Poiché le controparti ottiche erano puntiformi furono identificati con l’acronimo di QSRSs (Quasi-Stellar Radio Sources), da cui QUASARs. L’emissione di queste sorgenti presenta una variabilità su tempi scala di decine di mesi (molto meno in alcuni casi) il che porta a pensare che deve esserci qualcosa di veramente peculiare nella geometria della regione emettitrice: le dimensioni della regione da cui proviene la luce non possono essere superiori al tempo che la luce stessa impiega per attraversare la regione. Da questo possiamo ricavare un limite superiore per le dimensioni lineari della regione di variazione che per i quasar in genere è al massimo di 1 anno luce.

  11. 3C 48 La posizione di questa sorgente fu trovata (con un’accuratezza di ~5 arcsec) nel 1960 dagli astronomi del Caltech e la controparte ottica fu identificata su una lastra presa da Alan Sandage al 5m di Mt. Palomar, dove appariva come una stella blu di 16^ magnitudine associata ad una debole nebulosità con una bassissima brillanza superficiale di circa 12 x 5 arcosecondi, con la sorgente radio non perfettamente al centro. Dallo spettro emergevano delle righe di emissione allargate. Si apre una lunga e dibattuta controversia sulla natura galattica o extragalattica di questa sorgente, che si risolverà con l’attribuzione di un redshift pari a 0.37. 3C 273 I radioastronomi del Jodrell Bank utilizzarono il metodo dell’occultazione lunare per misurare la posizione di questa sorgente che sostenevano essere di natura extragalattica. Anche per questa individuazione della controparte ottica furono utilizzate lastre prese a Palomar (da Rudolph Minkowski) e si trovò che la sorgente sembrava essere una stella di 13^ magnitudine anch’essa associata ad una debole nebulosità allungata. Dallo spettro di 3C 273 emersero righe dell’idrogeno corrispondenti ad un redshift di 0.16 (che corrisponde ad una velocità di allontanamento di ~16% di c). Questa sorgente si trova quindi ad una distanza di ~950 Mpc (per H0=50; ~685 per H0=70). La magnitudine apparente è 13, con la formula del modulo di distanza è possibile trovarne la magnitudine assoluta: Il Sole ha una magnitudine assoluta MV=4.8 da cui possiamo ricavare la luminosità visibile di 3C 273 in termini di luminosità solare L☼: ovvero pari a 4.8·1012L☼. Si ricava che MV=-26.9, che paragonata con una galassia luminosa (MV~-23, ~1011L☼) fa capire quanto peculiari siano gli oggetti a cui ci troviamo di fronte. 3C 48 e 3C 273

  12. 3C 48

  13. 3C 273

  14. a cosa siamo di fronte? Abbiamo presentato diverse tipologie di oggetti e abbiamo sottinteso che siano tutti parte della classe di sorgenti astronomiche denominata AGN(Active Galactic Nuclei). Ovvero oggetti: • GALACTIC: che vivono in galassie quindi extragalattici; • NUCLEI: che vivono nel cuore di queste galassie, vicine e lontane (lontanissime); • ACTIVE: che presentano una qualche sorta di attività, ovvero la luce che vediamo non è direttamente attribuibile a processi di origine stellare.

  15. Metodi d’indagine di una sorgente in astrofisica Per analizzare le sorgenti con cui si ha a che fare in astrofisica gli strumenti d’indagine sono prevalentemente due: • FOTOMETRIA • SPETTROGRAFIA Entrambe si estendono su quasi tutto lo spettro elettromagnetico, con minori risoluzioni per le lunghezze d’onda maggiori (dovute alla difficoltà tecnica di collimare un raggio di fotoni ad altissima energia). Dalla spettrografia in particolare si ricavano indicazioni preziosissime riguardo allo spettro di emissione delle sorgenti (righe atomiche), strumento insostituibile per stimare le distanze di questi oggetti.

  16. DISTANZA Il redshift attribuibile agli AGN è quasi unanimemente interpretato come effetto cosmologico. Nel modello cosmologico “standard” il redshift z di una riga spettrale emessa ad una lunghezza d’onda λe e rivelata a λ0 è legato alla distanza della sorgente emettitrice dalla seguente relazione: dove H0 è la costante di Hubble, q0 il parametro di decelerazione e z è definito come: Il primo termine della serie si può interpretare come velocità di recessione z=v/c, i termini successivi sono le correzioni relativistiche che diventano non trascurabili per ~ z>0.3

  17. distanza - continua La distanza calcolata in questo modo dà la diminuzione del flusso totale per una sorgente di luminosità L che irraggia isotropicamente: Es.: per il quasar 3C 273: circa 102 volte maggiore di una galassia gigante e proveniente da un volume probabilmente circa 106 volte inferiore. Nel corso della storia questo ha spesso fatto sì che fosse messa in dubbio l’interpretazione cosmologica del redshift di questi oggetti. In realtà: • sono stati trovati quasar in cluster con galassie allo stesso redshift • il range di luminosità che va dalle Seyfert 1s ai quasar è continuo (una Seyfert estremamente brillante ad alto redshift non sarebbe distinguibile da un quasar debole) • le righe di assorbimento a zabs inferiore al redshift zem delle righe di emissione è probabilmente dovuto al cammino ottico percorso dal raggio luminoso lungo la l.o.s., a cui può capitare di attraversare delle nubi di gas, la cui distanza è addirittura stimabile da un rapporto tra le intensità delle righe di emissione e quelle di assorbimento.

  18. DIMENSIONI Da osservazioni dirette è possibile stimare i limiti superiori delle dimensioni dei nuclei attivi:

  19. SPETTRI Gli AGN in genere hanno spettri BROAD BAND, ovvero che si estendono lungo tutto lo spettro elettro- magnetico.

  20. MECCANISMI DI EMISSIONE Come si può spiegare lo spettro broad band che emerge da una galassia attiva? È necessario fare ricorso a processi fisici di emissione della radiazione che possiamo raggruppare in due classi fondamentali: • EMISSIONE TERMICA • PROCESSI AD ALTA ENERGIA(emissione non termica) Un strumento di indagine fondamentale nell’analisi degli spettri degli AGN sono le RIGHE DI EMISSIONE, fondamentali per determinare il redshift e quindi la distanza degli oggetti astronomici.

  21. EMISSIONE TERMICA L’emissione termica è una proprietà di tutti i corpi che irraggiano e per analizzarne le proprietà dobbiamo fare ricorso ad un’idealizzazione fondamentale in tutta quanta la fisica: il CORPO NERO. Un corpo nero è un oggetto in equilibrio termico con l’ambiente che lo circonda che è in grado di comportarsi sia come perfetto assorbitore che come perfetto emettitore. Costruire un corpo nero ideale (ovvero che si comporti da tale a tutte le frequenze) non è possibile, ma, ad esempio, una stella può essere presa come un’ottima approssimazione di corpo nero e quindi è possibile calcolarne la temperatura conoscendo la lunghezza d’onda alla quale emette.

  22. legge di Planck Un corpo nero è univocamente identificato mediante la TEMPERATURA. Poiché il corpo nero, per definizione, assorbe tutta la radiazione che incide su di esso, quella che vediamo emergere è quindi il risultato della sola emissione. Il profilo della curva è dato dalla legge di Planck:

  23. corpo nero – continua (1) La luminosità irraggiata da un corpo nero sferico è data da: • la luminosità dipende dall’area della superficie che irraggia e da T4. • i corpi molto luminosi devono essere molto grandi, avere alte temperature o entrambe le cose. All’aumentare della temperatura del corpo, la lunghezza d’onda del picco di emissione cambia secondo la legge (di Wien):

  24. tabella comparativa T – lmax - picco

  25. free-free emission (bremsstrahlung termica) L’emissione free-free è tipica di un gas caldo ed è prodotta ovunque ci sia un’adeguata densità di elettroni liberi, ad esempio: • atmosfere stellari • plasmi caldi e densi • regioni HII • toro di gas ionizzato attorno ad Io La regione HII attorno ad una stella calda è formata dalla fotoionizzazione dell’idrogeno da parte di fotoni UV provenienti dalla stella. Il continuo proveniente da una regione del genere è dovuto all’emissione free-free prodotta dagli elettroni liberi del gas. Lo spettro si può estendere dal radio all’ottico ed è piatto in regime di mezzo otticamente sottile.

  26. free-free emission – continua (1) I fotoni possono interagire con gli elettroni legati di un atomo e dare origine a ionizzazione (interazione bound-free) oppure l’inverso e dare origine a ricombinazione (interazione free-bound). Nel caso di elettroni liberi e gas ionizzato siamo nel caso dell’interazione free-free. In ciascuno di questi casi lo spettro è continuo. Qui considererò esclusivamente l’emissione free-free più comune in astrofisica, ovvero quella di una regione di idrogeno ionizzato riscaldato da una sorgente calda. In genere l’emissione free-free è tipica di un mezzo otticamente sottile, anche se ad alcune particolari lunghezze d’onda il mezzo si comporta come otticamente spesso e quindi la radiazione viene autoassorbita.

  27. free-free emission – continua (2) Lo spettro si estende dal radio al visibile e dipende dalla densità del gas. Il grafico ha un flesso in corrispondenza della lunghezza d’onda a cui il mezzo inizia a comportarsi come otticamente spesso: a lunghezze d’onda maggiori la radiazione è riassorbita. Esiste quindi, in dipendenza dalla densità del gas, una particolare frequenza, detta di cut-off, oltre la quale il mezzo emette come corpo nero. La parte dello spettro dove il mezzo è otticamente spesso è dato da: dove In è l’intensità emessa in funzione della frequenza. Nella regione a legge di potenza l’indice spettrale a è pari a 2. Nella parte dello spettro otticamente sottile l’intensità è debolmente dipendente dalla frequenza, con indice spettrale pari a –0.1.

  28. EMISSIONE NON TERMICA • L’emissione non termica è dovuta a processi di alta energia che coinvolgono sia fotoni che particelle e si dice non termica proprio perché la distribuzione, sia dei fotoni che delle particelle, non è Maxwelliana. • I processi fisici che danno luogo ad emissione di alta energia sono: • RADIAZIONE DI SINCROTRONE • EFFETTO COMPTON (diretto e inverso) • PRODUZIONE DI COPPIE

  29. RADIAZIONE DI SINCROTRONE Alfvén e Herlofson (1950) e Shklovsky (1953) proposero che per spiegare alcuni spettri di sorgenti radio a legge di potenza del tipo con indice spettrale a >> 2 fosse necessario ricorrere ad emissione di tipo non termico ed in particolare emissione di sincrotrone.

  30. L’emissione di sincrotrone denota la presenza di un campo magnetico: gli elettroni relativistici che attraversano una zona di spazio permeata da questo vengono deflessi e quindi irraggiano. A differenza della trattazione classica (per basse energie) dove gli elettroni irraggiano come un dipolo, nell’emissione di sincrotrone l’elettrone emette in un cono di luce di apertura (a) inversamente proporzionale al fattore di Lorentz degli elettroni (g). Elettroni di una data energia irraggiano ad una frequenza specifica, dato il campo magnetico: Irraggiando gli elettroni perdono un’ energia pari a: dove Umagè la densità di energia nel campo magnetico: B2/(8p·10-7) Da cui si può ricavare una vita media per irraggiamento: dove th è il tempo (in secondi) in cui l’elettrone perde metà della sue energia. La vita media di elettroni relativistici dipende quindi dall’inverso del quadrato del campo magnetico e dall’energia. sincrotrone – continua (1)

  31. sincrotrone – continua (2) Esiste una semplice relazione tra l’indice della distribuzione di energia degli elettroni (s) e l’indice spettrale (α) dello spettro di emissione per sincrotrone: Questa relazione è estremamente utile in quanto da una semplice misura dell’indice spettrale si possono ricavare informazione sulla distribuzione di energia degli elettroni emettitori. Per gli AGN l’emissione di sincrotrone riguarda solamente il getto relativistico. Sappiamo che in regioni simili il campo magnetico è di ~10-4 T  emissione X di 10 KeV da Blazars è dovuta ad elettroni di ~1012 eV

  32. EFFETTO COMPTON (diretto e inverso) Quando un fotone di alta energia interagisce con un elettrone a bassa energia si ha scattering Compton. L’elettrone acquista energia a spese del fotone. La relazione tra la lunghezza d’onda del fotone incidente, λi, e quella dopo lo scattering, λs è: [1] dove m0 è la massa a riposo dell’elettrone e  l’angolo di scattering. Possiamo riscrivere [1] in termini della lunghezza d’onda ComptonλC: dove λC è definita come:

  33. effetto compton – continua (1) Un caso particolare è rappresentato dallo scattering di Thompson, la coda a più bassa energia, il più comune in astrofisica. L’effetto Compton è statisticamente rilevante in quelle regioni in cui vi sono degli elettroni immersi in un campo di fotoni ad alta energia. In astrofisica è possibile anche trovare situazioni in cui avviene il processo inverso (IC), ovvero quando elettroni di alta energia interagiscono con dei fotoni cedendo parte della loro energia e accelerandoli. L’effetto Compton inverso è l’analogo elettrico del sincrotrone. La perdita di energia di un elettrone relativistico che interagisce con il campo generato da fotoni (con densità di energia Urad) è dato da: dove σT è la sezione d’urto Thompson.

  34. effetto compton – continua (2) N.B.: Il numero di fotoni è conservato e questi vengono accelerati ad energie superiori di un fattore γ dato da: L’effetto Compton è quindi una sorgente di fotoni ad alta energia (X e gamma) a partire da una popolazione di elettroni relativistici. Il profilo dello spettro dipenderà quindi dalla distribuzione energetica degli elettroni.

  35. PRODUZIONE DI COPPIE La produzione di coppie è un fenomeno statisticamente incidente in astrofisica solo in quelle regioni con una densità di fotoni gamma veramente elevata. Quando un fotone di grande energia interagisce con il campo di un altro fotone o di un nucleo da origine alla formazione di una coppia elettrone-positrone:

  36. produzione di coppie – continua (1) Dalla conservazione dell’energia si ha che: [1] Per la coppia e+e- il momento è: [2] Per il fotone il momento è, da [1]: [3] Uguagliando [2] e [3] si vede che, poiché ν non può essere uguale a c, momento ed energia non possono essere conservati simultaneamente nello spazio libero: è necessaria la presenza di un terzo oggetto (il campo di un nucleo o di un altro fotone) che assorba parte del momento di rinculo. La massa a riposo di e+ ed e- è 0.511MeV  il regime di questa interazione sarà nella regione che va dagli X estremi ai gamma di bassa energia. Questa interazione può avvenire anche sottoforma di annichilazione di una coppia e+e- con la produzione di un fotone di energia 0.511 MeV (ad esempio, ne sono stati osservati dalla regione del Centro Galattico).

  37. RIGHE DI EMISSIONE Dall’analisi delle righe di emissione possiamo fare ipotesi sullo stato fisico del gas che le ha emesse. Per semplicità (e visto che è la situazione più comune in astrofisica) considereremo come regione emettitrice una nube di gas d’idrogeno ionizzato (HII region). Si assume un regime di LTE (Local Thermodynamic Equilibrium) per poter derivare l’equazione di stato per il materiale emettitore, legata alle condizioni di pressione (densità di energia) in funzione della temperatura e della densità di massa. Per una riga di emissione jmn [Wm-3] è coefficiente di emissione per una transizione da uno stato quant. m ad un’altro stato n. La luminosità della riga m  n sarà quindi: L=jmnV, con V volume della nube di gas emettitore. Per gli AGN il volume delle regioni emettitrici è stimato da misure dirette.

  38. righe di emissione – continua (1) Il coefficiente di emissione è legato ai parametri fisici dell’atomo emettitore: dove Amn è la probabilità di transizione spontanea dallo stato m a n, Emn(=hνmn) è l’energia del fotone emesso e Nm è il numero di atomi per unità di volume che si trovano nello stato m. Amn e Emn sono noti dalla fisica atomica e Nm, detto anche numero di popolazione, si ottiene, in funzione della temperatura, dall’equazione di Boltzmann: che riscriviamo nella forma: dove gm e gn sono i pesi statistici degli stati m e n.

  39. righe di emissione – continua (2) Per quanto riguarda l’emissione da HII region si fa spesso ricorso alla cosiddetta “case B approximation”, ovvero il numero di ricombinazioni per unità di volume per secondo è uguale al numero di fotoni La prodotti per unità di volume per secondo. Questa approssimazione è applicabile in condizioni di profondità ottiche grandi per le righe dello spettro di Lyman: ciascun fotone Lyman è scatterato più volte nel gas fino ad essere convertito in un fotone La, Balmer o altro. Applicando la cBa non è possibile ricavare direttamente Nm o Nn, tuttavia, utilizzando il rapporto tra due righe spettrali, è possibile ricostruire il numero di atomi nei due livelli e la temperatura. Per temperature tra i 20000K e i 5000K il rapporto Ha/Hb previsto di 2.75-3.0 combacia perfettamente con le osservazioni. Per gli AGN bisogna considerare la presenza di polveri che assorbono preferibilmente fotoni Hb il rapporto Ha/Hbsarà superiore.

  40. righe di emissione – continua (3) Nella trattazione seguente faremo in ogni caso ricorso alla cBa, riconducendoci ad una sorgente di radiazione non circondata da polveri. Da ciò deriva che da una misura delle righe di Balmer si può determinare l’intensità del continuo. L’approssimazione fatta è in ogni caso valida in quanto la regione ionizzata è detta “radiation bounded” ovvero tutta la radiazione ionizzante proveniente dal motore centrale è assorbita dagli atomi del gas circostante (otticamente spessi alla radiazione)  per l’osservatore esterno il continuo di ionizzazione sarà quindi invisibile. I rapporti tra righe spettrali possono essere utilizzati per determinare: • la struttura della regione ionizzante • la massa di gas • le dimensioni della regione emettitrice

  41. Dallo studio delle righe proibite (e per “proibito” s’intende che non sono osservabili in analisi di laboratorio) si possono ottenere informazioni sulla densità di elettroni e sulla temperatura della regione ionizzata emettitrice (ad es.: il rapporto 500.7436.3 del [OIII]). Nelle regioni in cui la presenza di polveri è dominante, si utilizzano i rapporti tra righe in infrarosso. Recentemente, con l’avvento della spettroscopia X e gamma da satellite, è possibile indagare anche le regioni più centrali degli AGN, andando a verificare gli eventuali rapporti tra righe anche a queste lunghezze d’onda estreme. righe di emissione – continua (4)

  42. ampiezza delle righe  velocità di dispersione L’ampiezza delle righe atomiche può dare informazioni riguardo all’origine delle righe stesse, almeno in termini di velocità di dispersione del gas che ha emesso la riga: una riga atomica risulta allargata quando è prodotta da atomi che non hanno la stessa velocità lungo la linea di vista. Per questo, ad esempio, si può ipotizzare che • nelle galassie Seyfert II le righe permesse e proibite sono originate nella stessa regione in quanto hanno [FWHM] molto simili mentre - nelle galassie Seyfert I la regione di origine delle righe di emissione è differente: le righe permesse e proibite hanno [FWHM] molto diverse.

  43. un primo tentativo di classificazione • Seyfert galaxies • QUASARs • Blazars • LINERs e ULIRGs

  44. Seyferts galaxies • continuo non stellare • righe di emissione di alta ionizzazione

  45. Seyferts gallery Queste immagini sono prese in banda V usando un CCD Texas Instruments CCD al telescopio Hall (1.1 m) del Lowell Observatory. Keel - Astronomical Journal (vol. 111, p. 696, 1996).

  46. QUASARs A basse luminosità sono indistinguibili dalle Seyferts 1s: questo è dovuto al fatto che in realtà si tratta probabilmente di una classe di oggetti simili divisa in due da limiti osservativi (impossibilità di risolvere galassie con bassa brillanza superficiale attorno a quasar molto brillanti).

  47. radio galaxies gallery The Fornax A data were presented by E. Fomalont, K. Ebneter, W. van Bregel, & R. Ekers in ApJL 346, L17 (1989), and the data for 3C 285, 219, and 315 are from a study by P. Alexander and J.P. Leahy in MNRAS 225, 1 (1987). The data for 3C 449 span a 0.15-degree field and are from the NRAO VLA Sky Survey (NVSS) via WWW retrieval. Leahy has pointed out that the extreme north and south extensions on 3C 449 are artifacts of the FIRST survey data collection.

  48. QSO 1229+204

  49. Blazars Sono la classe degli oggetti più “violenti”: hanno emissioni che si spingono fino al gamma estremo e presentano variabilità su tempi scala brevissimi.

  50. 3C 279 – superluminal motion One of the greatest surprises provided by very-long baseline interferometry (VLBI) observations was the fact that some quasars, radio galaxies, and BL Lacertae objects exhibit motion along their jets which works out to several times faster than light. Motion of material at such velocities is forbidden by relativity (which otherwise checks out perfectly, to the chagrin of some diehard science-fiction fans), but relativity also provides a way in which we can see such blobs appear to move faster than light (that is, superluminally). If we see a train of objects moving close to the speed of light and moving almost exactly toward us, tracking the apparent position in our time frame will make them appear to move sideways mush faster than they actually do. And the sources with superluminal motion are typically just those most likely to be pointed toward us - they are bright because of Doppler boosting, and there also seems to be a connection between strong gamma-ray emission and superluminal radio structure. This series of VLBI images, with pseudocolor intensity coding to make the structures easier to see, follows the quasar or blazar 3C 279 over a three-year period. The prominent outer knots are moving with an apparent speed of 4c, typical for superluminal sources. Just what we are seeing here remains unclear. Some objects show twisted paths for the emerging knots, fitting with theoretical expectations that material may move along helical twists (driven by instabilities in the jets and their imbedded magnetic fields). This montage may show some support for this idea, with complex structure changing rapidly between the brightest knots. It is also unclear whether the knots that we see are physical objects, clumps of gas moving together along the jet, or bunchings of material in which the constituent matter constantly changes, as we see in waterfalls and waves. These images were provided by Ann Wehrle and Steve Unwin, described in a paper in press in the ApJ by Wehrle et al. They have been rotated by 30 degrees to make the jet horizontal, and vertically displaced according to the date of observation. The observations here were taken from 1991- 1994; more recent regular monitoring has been done with the VLBA. The resolution is about 0.2 milliarcsecond, corresponding to about 2 light-years at this distance. These data were obtained at a frequency of 22 GHz (wavelength 1.3 cm).

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