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POLITECNICO DI TORINO SCUOLA DI DOTTORATO BANDO DI ALTA FORMAZIONE

POLITECNICO DI TORINO SCUOLA DI DOTTORATO BANDO DI ALTA FORMAZIONE. MODULO FORMATIVO: ORGANIZZAZIONE, COMPORTAMENTI ORGANIZZATIVI E STILI DI LEADERSHIP. L’IMPRESA E LA SUA ORGANIZZAZIONE Strutture e Modelli Organizzativi. Massimo Battuello Antonella Borra.

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POLITECNICO DI TORINO SCUOLA DI DOTTORATO BANDO DI ALTA FORMAZIONE

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Presentation Transcript


  1. POLITECNICO DI TORINO SCUOLA DI DOTTORATO BANDO DI ALTA FORMAZIONE MODULO FORMATIVO: ORGANIZZAZIONE, COMPORTAMENTI ORGANIZZATIVI E STILI DI LEADERSHIP

  2. L’IMPRESA E LA SUA ORGANIZZAZIONE Strutture e Modelli Organizzativi Massimo Battuello Antonella Borra

  3. 1.L’ORGANIZZAZIONE E IL SISTEMA AZIENDALE

  4. un insieme di persone formalmente costituito per raggiungere un fine comune UNA ORGANIZZAZIONE E’

  5. UNA AZIENDA E’ “E’ il complesso dei beni organizzati dall'imprenditore per l'esercizio dell'impresa” (art. 2555 c.c.) E’ un’organizzazione dotata di: • Coordinazione sistemica • Economicità • Durata nel tempo • Autonomia • Decisionale • Finanziaria

  6. UN IMPRENDITORE E’ “E' imprenditore colui che esercita professionalmente un'attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” (art. 2082 c.c.)

  7. UNA IMPRESA E’ • Una azienda organizzata imprenditorialmente che: • Produce per il mercato • In condizioni di rischio • Con orientamento al profitto Organizzazione Azienda Imprenditore Impresa

  8. DIVISIONE CHI FA; CHE COSA FA COME LO FA; COME SI CONTROLLA COORDINAMENTO E CONTROLLO ORGANIZZAZIONE DI IMPRESA O AZIENDALE L’organizzazione di impresa o aziendale si occupa della definizione e della applicazione dei criteri di divisione, di coordinamento e di controllo del lavoro effettuato per il raggiungimento degli obiettivi dell’impresa ATTIVITA’ ATTIVITA’ RISULTAT I OBIETT IVI

  9. L’ORGANIZZAZIONE COMEDIFFERENZIAZIONE, INTEGRAZIONE, COORDINAMENTO E CONTROLLO c q u i s i DIFFERENZIAZIONE d i r e z i o n e g e n e r a l e p e r s o n a l e c o n t r o l l o a m m i n i s t r a z i o n e e e p r o g r a m m a z i o n e f i n a n z a p e r s o n a l e a m m i n i s t r a z i o n e e f i n a n z a a c q u i s t i d i r e z i o n e d i p r o d u z i o n e v e n d i t e c o n t r o l l o v e n d i t e INTEGRAZIONE e p r o g r a m m a z i o n e a c q u i s t i a s s e m b l a g g i o p r o d u z i o n e m e c c a n i c a a s s e m b l a g g i o p r o d u z i o n e m e c c a n i c a COORDINAMENTO E CONTROLLO

  10. RIASSUMENDO: L’ORGANIZZAZIONE E’... • Un sistema di parti interdipendenti che interagiscono in modo tale per cui le attività svolte da una parte del sistema inducono azioni e reazioni nelle altre e il risultato complessivo di queste attività è superiore alla somma di quelle effettuate dalle singole componenti (sinergie organizzative). • Un sistema caratterizzato da valori, cultura, regole condivise, aspettative, bisogni, comportamenti sociali e variabili psicologiche delle persone che lo compongono. Questi aspetti esercitano un peso rilevante nel progresso organizzativo e nella gestione del suo cambiamento.

  11. RIASSUMENDO: L’ORGANIZZAZIONE E’... • Una forma di collaborazione collettiva reiterata, basata su processi di differenziazione, integrazione, coordinamento e controllo: • Differenziazione: modalità secondo cui è realizzata la divisione del lavoro e la sua articolazione in compiti • Integrazione, coordinamento e controllo: modalità secondo cui è realizzato il processo di composizione dei compiti elementari, il loro coordinamento e il controllo dei risultati ottenuti Concorrenza Alleanze Evoluzione tecnologica ed organizzativa del settore Politiche e investimenti pubblici Visione Missione Strategie Fattori Critici di Successo Regolamentazione di settore Trend di mercato Obiettivi Strategici Valori Condivisi Cultura Organizzazione Modello operativo Gestione Risorse Umane Creazione di Valore Proposta di Valore Processi Stakeholder Clienti/Utenti Tecnologie/ Informazioni

  12. 2.L’EVOLUZIONE DEL PENSIERO ORGANIZZATIVO

  13. MAPPA STORICA DELLE TEORIE ORGANIZZATIVE

  14. MAPPA STORICA DELLE TEORIE ORGANIZZATIVE

  15. LE TEORIE CLASSICHE

  16. LE TEORIE CLASSICHE: ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO E PRINCIPI DI DIREZIONE DI IMPRESA Traggono origine, all’inizio del 1900, dalla necessità di superare la contraddizione tra le nuove potenzialità produttive e tecnologiche e i metodi arcaici di conduzione delle aziende,fino ad allora improntati allo stile individuale e pseudo-artigianale dell’imprenditore. • Le teorie classiche tentano di soddisfare le seguenti esigenze dell’impresa: • incrementarne l’efficienza degli stabilimenti mediante l’organizzazione delle attività svolte: Organizzazione Scientifica del Lavoro (Frederick Taylor) • migliorare l’organizzazione aziendale introducendo una gerarchia manageriale: Principi di Direzione (Henry Fayol)

  17. LE TEORIE CLASSICHE: L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO Il pensiero organizzativo di Frederick Taylor è così sintetizzabile: • Lo scopo principale dell’impresa è la realizzazione del massimo benessereper l’imprenditore e per il lavoratore, che non hanno interessi totalmente antagonistici • La massimizzazione del benessere può essere ottenuta attraverso il miglioramento dell’efficienza del lavoro, derivante da un controllo scientifico dei suoi tempi e metodi • Lo schema organizzativo suggerito è quello funzionale, in cui il lavoro direttivo di fabbrica è suddiviso tra un certo numero di persone, di cui alcune addette alla “programmazione del lavoro” e altre addette alla “istruzione e guida” degli operai. Nell’ordinamento funzionale una persona riceve disposizioni da diversi capi (capi di programmazione e capi officina)

  18. LE TEORIE CLASSICHE: PRINCIPI DI DIREZIONE DI IMPRESA Il pensiero organizzativo di Henry Fayol è così sintetizzabile: • Tutte le attività che si svolgono nelle imprese si possono dividere nei seguenti 6 gruppi diFunzioni: 1) Tecniche 3) di Sicurezza 5) Finanziarie 2) Commerciali 4) Contabili 6) Direttive • Le funzionidirettive assumono la maggiore importanza e si estrinsecano in una serie di attività: • Programmazione strategica • Organizzazione della struttura gerarchica • Comando • Coordinamento delle altre funzioni di impresa • Controllo dell’esecuzione dei lavori • Lo schema organizzativo suggerito è quello gerarchico che si estrinseca nel principio dell’unità di comando

  19. SINTESI DEI PRINCIPI ISPIRATORI DELLE TEORIE CLASSICHE La progettazione della struttura organizzativa classica “ideale” è basata sui seguenti principi: • Principi meccanicistici della natura umana e dell’azienda: • l’uomo è un essere razionale, guidato dalla logica economica • l’uomo è un essere individualista e competitivo • l’uomo è restio a identificarsi con l’azienda e i suoi obiettivi • l’uomo è motivato da stimoli estrinseci come denaro e carriera • l’uomo reagisce meccanicamente • i pochi uomini attivi e motivati occupano le posizioni di vertice aziendale • l’azienda è una “macchina” programmabile con precisione • le componenti dell’azienda devono avere compiti ben definiti, ripetitivi e controllati • l’azienda necessita di una gerarchia di comando in quanto incapace di autoregolarsi • Principio della razionalità economica finalizzata all’efficienza: • la struttura organizzativa ideale deve essere razionale ed efficiente

  20. SINTESI DEI PRINCIPI ISPIRATORI DELLE TEORIE CLASSICHE • Principio di specializzazione e parcellizzazione dei compiti: • per abbreviare i tempi di apprendimento • per aumentare l’efficienza operativa • Principi dell’ordinamento gerarchico: • principio della scala gerarchica chiara, continua e non scavalcabile • principio dell’ampiezza limitata del controllo per agevolare il comando • principio dell’unità del comando per evitare disposizioni contraddittorie • principio dell’eccezione: le decisioni ricorrenti e ripetitive possono essere delegate mentre quelle non routinarie sono limitate ai superiori gerarchici

  21. Uno dei simboli dell’Organizzazione Scientifica del Lavoro è la catena di montaggio, introdotta nel 1913 da H. Ford per la produzione dell’auto modello T. I concetti di base della catena di montaggio erano: Disporre strumenti e persone secondo l’ordine delle operazioni da eseguire Gestire la movimentazione del prodotto e delle parti con trasportatori meccanici, in modo da “portare il lavoro all’operaio” Eseguire le attività di montaggio direttamente sul trasportatore, prevedendo un tempo di avanzamento automatico predefinito HENRY FORD L’INTRODUZIONE DELLA CATENA DI MONTAGGIO

  22. HENRY FORD “Costruirò un’auto che avrà un costo così basso da essere accessibile a tutti” Henry Ford Il 16 giugno del 1903, a Detroit - nei locali di una vecchia fabbrica di vagoni ferroviari riconvertita per l'occasione - nasce Ford Motor Company, con un capitale iniziale di 28 mila dollari - corrispondendenti a neppure 300 mila euro odierni - raccolti da Henry Ford insieme a 11 uomini d’affari che avevano creduto a quell’idea. Henry Ford inventò la prima linea di montaggioautomobilistica definitiva nel 1913, a Highland Park (Michigan - Stati Uniti), e riuscì immediatamente ad aumentare di otto volte la velocità di montaggio. Nel 1915, la Ford Motor Company aveva conseguito un’importante pietra miliare dell’era industriale diventando il primo produttore a fabbricare un milione di unità per un singolo modello.

  23. Il fordismo diede origine a un nuovo modello industriale, caratterizzato da: Prodotti standardizzati e affidabili, a basso costo unitario, da vendere in volumi elevati Meccanizzazione del lavoro e della logistica Standardizzazione del lavoro Sfruttamento intensivo di manodopera di basso livello, anche a costo di un elevato turnover Salari mediamente elevati Conseguente creazione del mercato IL FORDISMO

  24. IL FORDISMO

  25. Netta separazione tra chi pensa e decide e chi esegue Mancata attenzione agli aspetti psicosociali del lavoro: sottovalutazione dei parametri psico-fisiologici e delle differenze tra individui effetti negativi indotti da parcellizzazione, ritmi di lavoro, monotonia e mancanza di autonomia Presunzione di scientificitànon adeguatamente fondata Visione semplicistica dell’uomo e del suo rapporto con il lavoro: scambio tra incentivo monetario ed esecuzione passiva non considerazione delle dimensioni sociali nel lavoro Entità dei costi indotti: investimenti in impianti ampiezza di gerarchia intermedia e staff CRITICHE ALLE TEORIE CLASSICHE

  26. LE TEORIE COMPORTAMENTISTICHE

  27. LE TEORIE COMPORTAMENTISTICHE: LA SCUOLA DELLE RELAZIONI UMANE E LA SCUOLA MOTIVAZIONALE Le teorie comportamentistiche introducono nell’organizzazione aziendale i concetti delle “scienze del comportamento umano” (psicologia, sociologia, antropologia), trascurati dalla scuola classica. • Le teorie comportamentistiche si dividono in due successivi filoni: • la scuola delle relazioni umane: gli studi sull’importanza delle variabili personali e di gruppo, effettuati dallo psicologo Elton Mayo presso gli stabilimenti Western Electric a Hawthorne (1927-1932) • la scuolamotivazionale: gli studi di Abraham Harold Maslow, Frederick Herzberg sulla motivazione individuale e collettiva al lavoro,gli assunti sull’uomo e sul suo comportamento lavorativo di Douglas McGregor (1940-1965)

  28. LE TEORIE COMPORTAMENTISTICHE: LA SCUOLA DELLE RELAZIONI UMANE I principi della scuola delle relazioni umane derivano da anni di ricerche, esperimenti e interviste condotti dallo psicologo Elton Mayo presso la Western Electric. I risultati di questi lavori evidenziano che: • le variabili psico-sociali hanno una importanza sul rendimento dei lavoratori almeno pari a quella delle condizioni fisiche e fisiologiche • in ogni azienda si crea una organizzazione “informale” (basata su sentimenti e interazioni sociali) che affianca l’organizzazione “formale” • In seguito a questi risultati, la scuola delle relazioni umane giunge a integrare il pensiero della scuola classica sostenendo che, per incrementare la produttività, occorre: • tenere conto anche delle caratteristiche personali e sociali degli operatori e non solo delle esigenze del compito da realizzare • adattare il compito al lavoratore e non solo adattare il lavoratore al compito

  29. LE TEORIE COMPORTAMENTISTICHE: LA SCUOLA MOTIVAZIONALE La scuola motivazionale sottolinea l’importanza della autorealizzazione e della significatività del contenuto del lavoro sulla produttività dei lavoratori. Secondo A.H.Maslow, l’uomo possiede una scala gerarchica di bisogni: • Fisiologici • di Sicurezza • Sociali • Di stima (altrui e autostima) • Di autorealizzazione Le relazioni che intercorrono tra i bisogni sono le seguenti: • un bisogno regolarmente soddisfatto è poco motivante • un bisogno non diviene motivante se non sono soddisfatti i bisogni che lo precedono nella scala • di conseguenza, i bisogni di stima e di autorealizzazione tendono ad assumere crescente importanza solo con il progredire del livello economico e professionale dei lavoratori.

  30. LE TEORIE COMPORTAMENTISTICHE: LA SCUOLA MOTIVAZIONALE F. Herzberg individua due tipologie di “fattori” che caratterizzano il mondo del lavoro: • Fattori igienici Si riferiscono a condizioni esterne di lavoro: ambiente fìsico, retribuzione • se negativi  forte insoddisfazione • se positivi  non sufficientemente motivanti • Fattori motivanti Si riferiscono al contenuto del lavoro e alla sua capacità di assicurare una crescita della personalità • se negativi  non soddisfazione • se positivi  fortemente motivanti INSODDISFAZIONE ASSENZA DI INSODDISFAZIONE ASSENZA DI SODDISFAZIONE SODDISFAZIONE

  31. LE TEORIE COMPORTAMENTISTICHE: LA SCUOLA MOTIVAZIONALE D.McGregor teorizza due opposti di concepire la natura umana e, di conseguenza, di organizzare il lavoro in azienda: • Teoria X • La direzione aziendale deve organizzare rigidamente i fattori produttivi per il raggiungimento dei fini dell’impresa, guidando, motivando e controllando il comportamento delle persone che, senza tale intervento, sarebbero indolenti e passive. L’uomo medio è, infatti, privo di ambizioni, timoroso delle responsabilità, unicamente preoccupato dei propri bisogni personali e poco propenso ai cambiamenti. • Teoria Y • La direzione aziendale deve organizzare i fattori produttivi per il raggiungimento dei fini dell’impresa, agevolando il comportamento delle persone che, se adeguatamente coinvolte, sanno essere attive e interessate ai fini aziendali che, in parte, possono coincidere con quelli individuali.

  32. SINTESI DEI PRINCIPI ISPIRATORI DELLE TEORIE COMPORTAMENTISTICHE La progettazione della struttura organizzativa “ideale” della scuola comportamentistica è basata sui seguenti principi: • Principi psico-sociologici della natura umana e dell’azienda: • l’uomo è un essere solo parzialmente razionale, animato da una forte componente emotiva • l’uomo è un essere sociale • l’uomo è un essere attivo e responsabile, purché si creino le premesse psicologiche per queste condizioni • l’uomo è motivato non solo da incentivi estrinseci (come denaro e carriera), ma anche da altri stimoli (affetto, senso di appartenenza, stima) • l’azienda deve esaltare queste caratteristiche mediante una leadership partecipativa e democratica e un fitto interscambio di comunicazione all’interno dell’organizzazione

  33. LE TEORIE SISTEMICHE

  34. LE TEORIE SISTEMICHE: L’APPROCCIO SOCIO-TECNICO Le teorie sistemiche nascono nel dopoguerra, a seguito degli studi del Tavistock Institute of Human Relations di Londra. Esseintroducono nell’organizzazione aziendale i concetti della “Teoria generale dei sistemi” del biologo Ludwig Von Bertalanffy, che paragonano il funzionamento dei sistemi biologici complessi al funzionamento del sistema azienda. Esse considerano l’azienda come un sistema socio-tecnico complesso, finalizzato e selettivamente aperto ai condizionamenti esterni, in cui le varie componenti sono strettamente interdipendenti. L’equilibrio dinamico del sistema è mantenuto mediante meccanismi di autoregolazione o feed-back. Esse studiano le relazioni tra gli elementi che compongono il sistema e le relazioni tra il sistema e il proprio ambiente.

  35. LE TEORIE SISTEMICHE: L’APPROCCIO SOCIO-TECNICO I principi fondamentali di progettazione organizzativa dell’approccio socio-tecnico sono i seguenti: • È impensabile gestire e intervenire in modo separato sul sistema tecnico e sul sistema sociale dell’azienda (socio-technical system) • È possibile individuare soluzioni organizzative diverse a fronte di una stessa soluzione tecnologica adottata (organizational choice) • Frequentemente conviene coinvolgere i lavoratori nella progettazione della soluzione da adottare (participant design) • La messa a punto della soluzione appropriata richiede un’adeguata sperimentazione (action research)

  36. I principi fondamentali di progettazione organizzativa dell’approccio socio-tecnico sono i seguenti (segue dalla pag. precedente): L’unità organizzativa di base non è la “mansione”, ma il “work system”, cioè l’insieme delle attività necessarie per produrre Centrale non è l’individuo, ma il gruppo di lavoro Privilegiare la regolazione interna da parte del gruppo stesso, piuttosto che una regolazione imposta dall’esterno Occorre riconoscere la discrezionalità richiesta nello svolgimento dei compiti piuttosto che prescrivere comunque in modo dettagliato come operare Occorre vedere le persone come complementari alla macchina, non come una sua estensione Occorre aumentare la varietà dei compiti, piuttosto che ridurla LE TEORIE SISTEMICHE: L’APPROCCIO SOCIO-TECNICO

  37. IL POST-FORDISMO

  38. TOYOTISMO E NUOVE TEORIE MANAGERIALI

  39. LA TOYOTA La storia motoristica di Toyota inizia effettivamente nel marzo del 1930. Kiiciro Toyoda, figlio di Sakichi, inizia a lavorare alla progettazione di un piccolo motore a benzina e nel 1936 la famiglia Toyoda annuncia l'imminente costruzione del primo modello di vettura, la berlina denominata AA. Nel 1937 i tempi sono maturi per iniziare la produzione di automobili su vasta scala. Il settore automobilistico dell'azienda cambia nome perché, nell'alfabeto giapponese, la parola "Toyota" contiene 8 lettere invece delle 10 di "Toyoda": in Giappone il numero 8 è beneaugurante.

  40. IL “TOYOTISMO” E LA FILOSOFIA DELLA “LEAN PRODUCTION” La “lean production” è il modello di sviluppo per l'organizzazione delle attività logistico - produttive che tende a rendere essenziale il flusso di produzione, eliminando gli "sprechi" che, per definizione, determinano costi senza aggiungere valore al prodotto. Tutto quanto non serve a incrementare il valore del prodotto, per come viene percepito dal cliente, e per cui il cliente è disposto a pagare, è considerato spreco e, in quanto tale, va eliminato.

  41. LEAN PRODUCTION – I SETTE SPRECHI

  42. LEAN PRODUCTION – IL TOYOTISMO In ambito produttivo, la Lean Production ha avuto origine in Toyota, dove è stato sviluppato il Global Production System per iniziativa di uno dei suoi manager della seconda metà del 1900, Taiichi Ohno.

  43. FOCUS SULLA “TIME LINE” Ordine del cliente Incasso relativo alla vendita A tutto il personale si chiede di orientare il miglioramento continuo dell’azienda in funzione di ridurre la durata della time-line, attivando i flussi operativi e rimuovendo gli sprechi. La riduzione della time-line è la molla principale per la caccia agli sprechi.

  44. IL SISTEMA PRODUTTIVO PULSANTE Tutte le attività produttive sono in sintonia con la domanda reale del mercato. Tra struttura produttiva e mercato si tende a non avere diaframmi e cioè magazzini di prodotti finiti. La struttura pulsa per quantità, varietà di prodotti e tempi come richiede il mercato.

  45. IL SISTEMA PRODUTTIVO PULSANTE Il sistema: deve essere flessibile; di regola i grossi macchinari limitano la flessibilità; i cosiddetti "monumenti" sono una tra le maggiori barriere alla applicazione della Lean Production deve essere leggero; ciò vuol dire che nel ciclo del sistema vi deve essere il volume di materiali minimo possibile deve pulsare con continuità e sincronismo; ogni arresto in uno o più punti del sistema impedisce la continuità della pulsazione deve mettere in produzione e ottenere contemporaneamente le varianti richieste dal mercato; la pulsazione con il mercato non deve essere solo quantitativa ma anche qualitativa nei termini delle diverse tipologie o varietà di prodotti richiesti

  46. STANDARDIZZAZIONE • La mancanza di standard si traduce in una variazione continua del modo di lavorare, determinando: • qualità scarsa, • produttività più bassa • costi più alti • minore apprendimento • mancanza delle informazioni (feed-back) utili ai fini del miglioramento Una volta definito uno standard, esso diventa la piattaforma rispetto alla quale riferirsi per ottenere un nuovo standard. 

  47. L’INDIVIDUO E IL TEAM INDIVIDUI MEMBRI DI UN TEAM DIVENTANO  Operai Tecnici Manager, Pianificatori e Problem Solvers,  Tecnici Manager Coordinatori, Psicologi • Il team opera in un contesto di flessibilità dei compiti, con un sistema di suggerimenti, un addestramento continuo con tre obiettivi fondamentali: • ottenere un prodotto della più alta qualità, • al più basso costo possibile, • con un minimo livello di sprechi.

  48. PRODUCTION PREPARATION PROCESS (3P) Il processo produttivo e i macchinari sono visti come un sistema integrato con la progettazione. • ottenere la qualità intrinsecamente nella produzione del prodotto • impostare dei processi di produzione in modo da poter regolare con semplicità il volume di produzione in funzione della domanda • ridurre i costi totali di produzione, compresi gli investimenti e i costi di avviamento • rispettare la necessità di tempi molto brevi nel lancio dei nuovi prodotti per presentarsi in condizioni di maggiore competitività sul mercato OBIETTIVI

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