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SEMINATORI

DI. TESTIMONI. E. SEMINATORI. transizione manuale. Questa voce, figli e fratelli, è fra le più misteriose e le più benefiche che abbiano attraversato il quadro della vita umana. Chi ha dato al dolore dell’uomo il suo carattere sovrumano,

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SEMINATORI

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Presentation Transcript


  1. DI TESTIMONI E SEMINATORI transizione manuale

  2. Questa voce, figli e fratelli, è fra le più misteriose e le più benefiche che abbiano attraversato il quadro della vita umana. Chi ha dato al dolore dell’uomo il suo carattere sovrumano, oggetto di rispetto, di cura, e di culto, è Cristo paziente, il grande fratello di ogni povero, di ogni sofferente. V’è di più: Cristo non mostra soltanto la dignità del dolore; Cristo lancia una vocazione al dolore. Mons. Luigi Novarese

  3. Gesù chiama il dolore ad uscire dalla sua disperata inutilità e a diventare, se unito al suo, fonte positiva di bene, fonte non solo delle più sublimi virtù che vanno dalla pazienza all’eroismo e alla sapienza, ma altresì alla capacità espiatrice, redentrice, beatificante propria della Croce di Cristo. (Paolo VI, 27 marzo 1964) Mons. Luigi Novarese

  4. Il segreto di questa trasformazione di valori, che da una negatività assoluta acquista valori insondabili, come insondabile nella Sua carità infinita è il Cuore di Gesù Cristo, Vivendo con Lui si diventa tralci uniti alla vite; tralci che, necessariamente producono i frutti della pianta, a cui sono intimamente uniti (cfr Gv 15, 5). sta nell’unire la propria sofferenza a quella di Gesù, vivendo con Lui in grazia. Mons. Luigi Novarese

  5. “Ricordi ognuno di noi questa ineffabile possibilità. Le nostre sofferenze diventano buone, diventano preziose. Nel cristiano si inizia un’arte strana e stupenda: quella di “saper soffrire”, quella di far servire il proprio dolore alla propria ed alla altrui redenzione.

  6. Giunio Tinarelli(Servo di Dio) Angiolino Bonetta(Servo di Dio) Anna Fulgida Bartolacelli Angela Negri Mario Capone Fausto Gei Cristiano Pavan Margherita Quaranta

  7. Giunio Tinarelli(Servo di Dio)

  8. La sera del 26 maggio 1938, Giunio – che cammina ormai trascinandosi faticosamente e procede piano piano – arrivato sul Ponte Romano, a 200 metri dalla casa di Lina, vede che la ragazza sta uscendo con la sorella. La ragazza gli passa accanto e fa finta di non riconoscerlo. È la fine: una coltellata al cuore per il giovane infermo. Giunio Tinarelli

  9. Giunio ne soffre profondamente ma ha la forza di saper scorgere anche in questo abbandono la misteriosa volontà del Signore. Giunio Tinarelli

  10. Il dottore disse che le cure che si potevano fare non erano molte e così pure la speranza di riabilitazione perché sembrava leso il midollo spinale. Il bel giovanotto comincia a incurvarsi come un vecchietto, a camminare con estremo sforzo, non ce la fa più a stare dritto. Giunio Tinarelli

  11. Quante volte aveva chiesto al Signore di poter usare liberamente almeno le braccia e invece… anche queste sono bloccate Una crisi di pianto disperato gli scoppia nel petto, una ribellione cieca lo porta alla rivolta contro tutto e contro tutti. Giunio Tinarelli

  12. INTERROGATIVI DI FRONTE AL DOLORE «Vede, don Peppino, come il Signore mi ha voluto umiliare? Che cosa ho fatto di male? Perché non mi ha lasciato le braccia libere, almeno per farmi le mie pulizie intime senza dipendere dagli altri?» Giunio Tinarelli

  13. LA SPERANZA CERTA Dopo il primo momento di smarrimento Giunio mette a frutto i semi di bene della sua giovinezza – si abbandona completamente alla volontà di Dio: «Nella volontà del Signore è la mia gioia e la mia pace» Giunio Tinarelli

  14. Il suo “Si” di pieno abbandono alla volontà del Signore trasforma la vita di Giunio che, a poco a poco, ritrova il gusto di una preghiera continua, fiduciosa e trasformante e fa rinascere in lui il bisogno del nutrimento spirituale. La devozione alla Madonna è il suo conforto più grande. Giunio Tinarelli

  15. «Per me la migliore ricchezza è la sofferenza, la quale mi permette di tanto in tanto di depositare nella Banca del Signore parte delle mie sofferenze con la speranza di poterle prelevare quando il Signore mi chiamerà per la vita eterna.» Giunio Tinarelli

  16. Angiolino Bonetta(Servo di Dio)

  17. Finite le elementari, si apre un capitolo nuovo nella vita di Angiolino. Sono le pagine completamente sconosciute del dolore. Tempo di prova, tempo di mistero, tempo di grazia. Angiolino Bonetta

  18. Una sofferenza martellante al ginocchio destro, un gonfiore sospetto e certe fitte acute di dolore in forma intermittente… Angiolino Bonetta

  19. Angiolino avverte ben presto che la prova delle lacrime è anche un’occasione di purificazione, di intercessione, di redenzione. Angiolino Bonetta

  20. L’INVOCAZIONE DI ANGIOLINO NEL MOMENTO DEL DOLORE «Signore, ti ho offerto tutto per i poveri peccatori; ma ora… aiutami! Aiutami!». Angiolino Bonetta

  21. Nei primi giorni, dopo l’amputazione della gamba e la dimissione dall’ospedale,ad Angiolino non mancano la paura di esporsi, né le umiliazioni e i groppi sullo stomaco. Ma presto prende confidenza con le stampelle…a chi gli chiede mestamente cosa gli è successo, indicando il moncone della gamba risponde sorridendo: «Me l’han mangiata i topi!» Angiolino Bonetta

  22. Nella preghiera, nell’amore alla Madonna, nel calore dell’Eucaristia, Angiolino trova la forza per continuare a sorridere, a fare del bene, ad irradiare gioia e speranza. Angiolino Bonetta

  23. Angiolino sente il sorriso della Madonna soprattutto nelle ore di dolore, nei momenti di solitudine. Sono le occasioni in cui la recita del Rosario gli riaccende il cuore e gli riporta la gioia di sempre. Angiolino Bonetta

  24. Angela Negri

  25. «Vedevo la sofferenza come un limite, come un ostacolo, un impedimento alla vita, alla gioia. Sentivo la mia vita inutile, vuota». Angela Negri

  26. «L’incontro con la madre Chiesa, con il Suo messaggio, il suo programma di Lourdes e di Fatima e con i realizzatori di questo programma e la mia adesione al Centro Volontari della Sofferenza trasformarono completamente la mia vita». Angela Negri

  27. «Prima di conoscere e amare il Maestro io sono stata una povera ragazzina infelice, terribilmente infelice. Io conoscevo che sapore amaro ha il dolore quando non se ne comprende il valore e il senso». Angela Negri

  28. DILANIATA TRA IL LEGAME D’AFFETTO PER LA PROPRIA FAMIGLIA E LA CHIAMATA ALLA VITA RELIGIOSA «Con il corpo sono a Roma, ma solo con il corpo; l’anima è a Re! Ho vergogna di tutto ciò, ho vergogna del mio amore e vorrei nasconderlo ma non posso». Angela Negri

  29. Angela si sforza di mostrarsi sempre allegra,anche quando non le mancano le sofferenze interiori; sofferenze che nascono anche dai suoi scoraggiamenti e dai suoi difetti non sempre facilmente superabili. Con umiltà lei lo riconosce. Di fronte alle frequenti debolezze e miserie della vita comunitaria esprime ripetutamente la sua ripugnanza e ribellione per le stupidaggini di cui è circondata la vita delle suore. Angela Negri

  30. Non mancano momenti di crisi e di inquietudine. Soprattutto a causa della pesante responsabilità e dello scoraggiamento che nasce dalle sue pretese limitazioni e dal suo impedimento nel camminare. Angela Negri

  31. «La tentazione di cedere le armi e abbandonare il mio campo di battaglia mi tormenta sempre. Ma cerco di combatterla e ignorarla. Preferisco morire lavorando per l’Opera della Madonna che vivere in pace senza nessun fastidio fuori di essa». Angela Negri

  32. «Ho imparato e imparo ogni giorno che la vera gioia scaturisce dalla sofferenza o, meglio, dall’amore che accetta di soffrire per potersi donare totalmente. Ogni dono d’amore richiede un sacrificio e ogni sacrificio fatto per amore porta gioia». Angela Negri

  33. «La Madonna è il mio unico rifugio, la soluzione di tutti i miei problemi, di tutte le mie crisi e in fondo penso che anche se non so far nulla, se non so amare, se non so soffrire, se non so capire neanche me stessa». Angela Negri

  34. UNA SPERANZA CERTA «La Croce è solo un passaggio; la gioia è una dimora». Angela Negri

  35. Anna Fulgida Bartolacelli

  36. «Le mie ossa erano come di vetro e si fratturavano ad ogni piccolo movimento, riattaccandosi poi spontaneamente. Cominciò anche per me un duro Calvario; si può immaginare quanta sofferenza procuravano queste fratture in un essere così vivace come ero io». Anna Fulgida Bartolacelli

  37. Durante gli esercizi spirituali a Re, Anna dice: «Man mano che passavano i giorni e meditavo sulle parole che mi venivano dette capivo sempre più e sempre meglio il valore della sofferenza sul piano spirituale e soprannaturale. e l’apporto che ciascuno di noi, anche se sofferente o invalido o impedito, anche se isolato dagli altri e dal mondo, anche se è immobile fisicamente nei suoi movimenti e scarsamente adatto ad un lavoro proficuo economicamente, può dare alla realizzazione del bene comune. Anna Fulgida Bartolacelli

  38. Per la prima volta in vita mia, nonostante le sofferenze e i disagi di una vita intera vissuta nella più avvilente condizione di invalidità, mi sentivo veramente felice e realizzata». Anna Fulgida Bartolacelli

  39. Fausto Gei

  40. «Ecco mamma. Questo è il libretto universitario; l’Università mi ha chiuso le porte. Ho la sclerosi a placche! È una malattia letale. Non so quanto durerò!» Fausto Gei

  41. Lui, ammalato, sofferente, bisognoso di tutto e di tutti percepisce con chiarezza,ai piedi dell’Immacolata davanti alla Grotta di Massabielle, la sua singolare vocazione: essere consolatore dei fratelli nel dolore. «Ciò che non posso fare come medico, lo farò come ammalato!» Fausto Gei

  42. «Benché la sofferenza molte volte mi voglia schiacciare con il suo peso, non voglio essere un vinto e desidero che il mio spirito trionfi sempre» Fausto Gei

  43. Credo di aver trovato il segreto della felicità. Nonostante la limitazione fisica che mi affligge sono sempre sereno perché sono sempre contento di tutto. Fausto Gei

  44. Non mancano anche a Fausto momenti di defaillance e giornate di scoraggiamento. Anche in famiglia: l’ambiente nel quale l’ipersensibilità dei malati è più facilmente sottoposta al duro logoramento della routine. Molte volte mi lascio colpire da uno stato di avvilimento, perché mi sento molto solo». Fausto Gei

  45. «Non dobbiamo scoraggiarci nei momenti di abbattimento perché tali stati negativi non persistono a lungo. Se riusciremo ad offrire alla Vergine anche questi momenti tanto dolorosi, quella sarà la migliore risposta alle sue richieste presentate a Lourdes e a Fatima». Fausto Gei

  46. «Non amo la sofferenza, ma l’accetto volentieri perché vedo in essa l’attuazione della volontà di Dio. Soffrire è il più intimo incontro con Cristo e la piena partecipazione al suo amore». Fausto Gei

  47. «Accettate la malattia come un mezzo di salvezza. Non abbandonatevi a inutili lamentele. Un’offerta fatta a Dio, per essere completa, deve essere generosa e senza rimpianti». Fausto Gei

  48. Cristiano Pavan

  49. Nonostante tutto l’amore, la tenerezza e la premurosa assistenza con le quali Cristiano è assistito, il suo cuore è dilaniato dall’asprezza della prova e nulla vale a fargli ritornare sulle labbra le risate scoppiettanti dell’infanzia perduta. Cristiano Pavan

  50. Cristiano, dopo ripetute e prolungate giornate di sofferenza per un martellante mal di testa e per la paralisi diventata ormai irreversibile, continua a dibattersi Penosamente tra disperazione e speranza. Sono gli anni difficili della croce, e cadono proprio all’inizio dell’età ingrata dell’adolescenza. Cristiano Pavan

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