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Riferimenti per analizzare l a disintegrazione di produzione tra le imprese

An insight to the small firms fragmentation under the global competition from a machinery industrial district Marzia Freo, Andrea Guizzardi, Giorgio Tassinari Dipartimento di Scienze Statistiche, Università di Bologna Via Belle Arti 41, 40126 Bologna, Italy.

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Riferimenti per analizzare l a disintegrazione di produzione tra le imprese

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Presentation Transcript


  1. An insight to the small firms fragmentationunder the global competition from a machinery industrial districtMarzia Freo, Andrea Guizzardi, Giorgio TassinariDipartimento di Scienze Statistiche, Università di BolognaVia Belle Arti 41, 40126 Bologna, Italy Relazione presentata al convegno:“La struttura produttiva dell’Emilia-RomagnaUna lettura attraverso l’Archivio Statistico delle Imprese Attive (ASIA)”15/10/2009 - aula magna, Regione Emilia Romagna

  2. Riferimenti per analizzare la disintegrazione di produzione tra le imprese • Global Value Chain (GVC): • L'accento è sui collegamenti internazionali e sull’integrazione nel sistema di produzione e distribuzione globale. La struttura dipende: • dalla complessità di trasferire conoscenze, • dalla capacità di codificare le conoscenze • dalla capacità di produrre e fornire. Distretto (ID): Accento su sviluppo, integrazione e specializzazione locale. Recente evoluzione verso un minore indipendenza e maggiore integrazione in una supply chain globale Zeitlin (2004). • Da riconciliare anche i meccanismi di trasmissione dell’innovazione: • attraverso la catena • attraverso conoscenza tacita, cooperazione, coesione sociale.

  3. Cruciale la dImensione dell’impresa: GVC: Importanza dalle grandi imprese, con maggiori possibilità nel gestire organizzazioni complesse. Minore attenzione è dedicata alla “fine” della catena. Piccole imprese  sub-contractors ID: Ruolo centrale della piccola impresa. Brusco 1982 è un benchmark: primary vs. seconday segment Nella verifica empirica del paradigma teorico, pesa la carenza di informazioni su imprese con meno di 20 addetti (sopratutto in Italia) DOMANDA: Come le piccole imprese dei distretti possono/riescono a reagire alla concorrenza globale? (modifica dei “confini”). Attraverso SDS è possibile osservare la disintegrazionedel processo produttivo indagare le strategie di upgrading.

  4. Table 1 Rank of European Region (nuts 2) by employement in mach inery sector (ATECO DK29) Population Employment Quota Average enterprise size rank * rank * employment (DJ28 and DK29) Country Region De Stuttgart 20 11 5,4% 133,3 It Emilia - Romagna 17 13 5,0% 10,3 De Freiburg 47 43 4,3% 108,9 De Detmold 50 47 4,0% 117, 5 De Tübingen 62 55 6,0% 133,2 De Schwaben 63 56 4,8% 155,8 Se ÖstraMellansverige 78 70 4,1% 14,5 De Unterfranken 83 76 5,8% 191,4 It Friuli - VeneziaGiulia 93 90 4,7% 15,0 Se Smålandmedöarna 117 112 4,6% 12,8 * 162=lowest • DK29 “macchine ed app.mecc.”, • (allargato come definito in TD32U): • ha valenza strategica nell’intero sviluppo industriale • adatto per studiare la frammentazione produttiva • poco studiato rispetto ai settori alta intensità di manodopera. • Nel settore, l’Emilia-Romagna è rilevante a livello europeo

  5. Selezione del data-set… Tassi di copertura (a confronto con ASIA circa 11.000 imprese) • W. Data set:Imprese con: • almeno il 50% del fatturato da attività di produzione e • più di 2 unità indipendenti o almeno 1 ora di lavoro dipendente: •  …per considerare una minima organizzazione d’impresa

  6. Individuazione delle (5) fasi associate più di frequente Minima estensione alle fasi (8) in modo che nessuna impresa risulti esclusa. Cluster delle imprese rispetto alle fasi “core” del processo produttivo e l’utilizzo di contoterzisti. Metodologia: cenni • Risultato: 4 cluster: • Processo produttivo corto • Processo produttivo corto: fasi finali (assemlaggi) • Processo produttivo lungo: senza outsourcing • Processo produttivo lungo con forte ricorso all’outsourcing.

  7. Le piccole imprese del distretto (allargato) “macchine ed apparecchi meccanici” in Emilia-romagna Disintegrazione e internazionalizzazione sotto la spinta della concorrenza globale. (anno 2005)

  8. Clusters 1 2 3 4 Number of firms 1194 948 904 667 Economic indicators Turnover (thousands Euro) 730 667 1,42 9 1,754 Total employ ement (employees and self employed) 10.0 8.7 14.2 16.2 Annual amortisations of instrumental capital (% of turnover) 4.8 3.2 2.8 2.7 Integration ratios Turnover share from subcontracting (median) 100 100 30 50 Value added (% of turnover) 62.0 57.2 44.8 43.8 Turnover share from private label production 4.4 12.0 45.6 46.6 Turnover share from the main client 42.6 43.1 25.7 25.4 Imprese a catena produttiva corta (clusters 1 e 2) Puri contoterzisti di specifiche fasi della produzione (almeno la metà) le più piccole in termini di fatturato e occupazione totale, con la più alta intensità di capitale fisso

  9. Clusters 1 2 3 4 Number of firms 1194 948 904 667 Enterprises (%) by market boundaries Same Province 30.8 39.8 11.8 7.9 Within 3 Italian Regions 83.1 79.4 38.0 36.6 Enterprises selling abroad 10.2 13.1 49.8 55.1 Production process begin (on 100 orders) Product design 2.5 3.1 8.4 11.8 Purchase materials and p roduction and processing semis 88 .0 61.7 59.8 62.5 Assembly semi - finished products and distribution 9. 5 35.2 31.8 25.7 Imprese a catena produttiva corta (clusters 1 e 2) Gruppo 1: attive nelle fasi intermedie della catena di produzione Collegate per lo più al mercato locale

  10. Imprese a catena produttiva corta (clusters 1 e 2) Modello di business tradizionale per un distretto (Brusco 1982) 1) Piccola dimensione  flessibilità al mercato del lavoro e poca sindacalizzazione 2) Produzione facilmente riconvertibile (forte intensità di capitale fisso) Limite (attuale) alla “flessibilità”, la dipendenza dal cliente principale (circa il 43% del fatturato). Conferma che si è nel più classico paradigma distrettuale delle “ forti relazioni sociali “ ? … committente fiducioso su capacità di produzione e consegna del contoterzista che, a sua volta, non diversifica il portafoglio clienti.

  11. Clusters 1 2 3 4 Number of firms 1194 948 904 667 Economic indicators Turnover (thousands Euro) 730 667 1,42 9 1,754 Total employement (employees and self em ployed) 10.0 8.7 14.2 16.2 Annual amortisations of instrumental capital (% of turnover) 4.8 3.2 2.8 2.7 Production process begin (on 100 orders) Product design 2.5 3.1 8.4 11.8 Purchase materials and p roduction and processing semis 88 .0 61.7 59.8 62.5 Assembly semi - finishe d products and distribution 9.5 35.2 31.8 25.7 Imprese a catena lunga (clusters 3 e 4). • Maggiori dimensioni ed area di mercato. • Mantengono le fasi iniziali (a maggior valore aggiunto). Esternalizzano beneficiando di bassi “costi di transazione” nel ID. Prossimità fondamentale nell’upgradingdi prodotto e di processo: (riduce costi di transazione, permette personalizzazione e produzioni “on demand”).

  12. Clusters 1 2 3 4 Number of firms 1194 948 904 667 Integration ratios Turnover share from subcontracting (median) 100 100 30 50 Value added (% of turnover) 62.0 57.2 44.8 43.8 Turnover share fr om private label production 4.4 12.0 45.6 46.6 Turnover share from the main client 42.6 43.1 25.7 25.4 Enterprises (%) by market boundaries Same Province 30.8 39.8 11.8 7.9 Within 3 Italian Regions 83.1 79.4 38.0 36.6 Enterprises selling abroad 10.2 13.1 49.8 55.1 Imprese a catena lunga (clusters 3 e 4). Quasi 50% di fatturato da produzioni a marchio proprio e propensione a outsourcing  imprese in grado di guidare una supply chain locale, anche di prodotti di nicchia (dimensioni contenute) Simultanea rilevanza dell’attività contoterzi teminali di strategie di disintegrazione produttiva di grandi imprese; (anche estere: vedi mercati).

  13. Imprese a catena lunga (clusters 3 e 4). • Nel paradigma “storico” (Brusco 1982), upgrading atteso solo per le grandi imprese (oltre 30 addetti) del “primary segment” •  si ha evidenza del downsizing fin ora misurato per le medie imprese. • Si arricchisce Il tradizionale modello distrettuale: committente vs subappaltatore, con le “moderne” piccole imprese che svolgono talvolta sia il ruolo di leader di supply chain, sia quello di sub-contractors (globale?). • La leadership di una supply chain richiede grandi capacità di coordinamento, evidenziando il ruolo di marketing e nuove tecnologie anche per alcune imprese di piccole dimensioni.

  14. Conclusioni • La cooperazione tra imprese diversamente specializzate è ancora alla base della “specializzazione flessibile” nell’ID meccanico dell’E-R. • Alcune “piccole” imprese disintegrano il processo di produzione, per competere nell'economia (globale) svolgendo contemporaneamente il ruolo di leader di una (global) supply chain e contoterzisti. • L'inserimento nella GVC di piccole imprese a “catena lunga” appartenenti ad un distretto determina: • Integrazione nel mercato internazionale delle imprese più specializzate come parte di una catena (senza particolari richieste in termini di MKT e ITC) • Il mercato mondiale legato alle “parti meccaniche” è beneficiato della capacità innovazione e flessibilità del distretto. • Fino al 2005 il settore DK29 allargato ha mantenuto migliori performance - rispetto ad altri distretti regionali - grazie all’upgrading delle sue imprese che ha portato le imprese emiliano romagnole a sviluppare un modello di global (relational) value chain.

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