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Chuqqàth – Balàq

Le leggi della maldicenza. La parola del Rabbino Capo. Regola 4

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Chuqqàth – Balàq

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Presentation Transcript


  1. Le leggi della maldicenza La parola del Rabbino Capo Regola 4 A. Se si nota che il peccatore era consapevole del divieto e ha commesso intenzionalmente un peccato come l’adulterio, alimenti proibiti e divieti simili, la cui proibizione è nota a tutti gli ebrei, allora (la reazione) dipende da ciò che segue: se il peccatore è un benonì riguardo agli altri precetti, e in generale ha l’abitudine di astenersi dal peccato, e lo hanno visto solo una volta trasgredire quel divieto di nascosto, è vietato raccontare questa mancanza ad altri, perfino in sua assenza. E chi lo rivela si macchia di una colpa, perché forse quell’altro è già tornato sulla retta via, ed è triste e contrito per quel suo peccato, e D.o. la ha già perdonato, perché l’essenziale della Teshuvà dipende dall’afflizione del cuore; e allorquando si renderà pubblico questo peccato, costui sarà umiliato e mortificato davanti a tutti, pur dopo essersi già pentito in precedenza della sua mancanza e dopo che il suo peccato sia già perdonato, perciò il malvagio che lo riveli si macchia di una colpa e di un’abiezione. E non bisogna rivelarlo neppure ai giudici della città, nemmeno in compagnia di un secondo testimone che ne sottoscriva la testimonianza (perché altrimenti, in ogni caso è vietato rivelare, poiché ai giudici è vietato credere alle sue parole {in quando testimone unico}, lo si considererà alla stregua di un maldicente, come descriveremo più avanti), perché non se ne ricava alcuna utilità. Bisogna solo rimproverarlo a quatrr’occhi per essersi ribellato a D.o. col suo peccato, e (incoreggiarlo) a guardarsi d’ora in avanti dalle motivazioni che lo hanno spinto a questo (erorre), affinché non commetta più peccati. E chi lo rimprovera abbia premura di farlo con grado, per non avvilirlo, come è scritto “Rimprovera il prossimo e non ti rendere colpevole nei suoi confronti”. E ciò vale pure se si tratta di un individuo benonì riguardo agli altri precetti, e, a maggior ragione, se si tratta di un talmìd chakhàm che teme il peccato ma è stato vinto dallo yèzer, nel qual caso rivelare il suo peccato è una grave colpa,ed è perfino vietato sospettarlo, perché ha certamente già fatto teshuvà. E perfino se il suo yèzer l’ha sconfitto una volta, in seguito il suo spirito ne rimane amareggiato e il suo cuore turbato, e teme molto per questa sua colpa, così come hanno detto i nostri Maestri nel Talmùd bavlì (Berakhòt 19°) Se hai visto un talmìd chakhàm commettere un peccato di notte, non lo sospettare di giorno, perché ha certamente già fatto teshuvà. (Liberamente tratto da “Le leggi della maldicenza” del Chafètz Chaìm, 2007) • Chuqqàth – Balàq Leggiamo in questa Parashà della morte di Aharòn, a proposito del quale la Torà afferma che “vide tutta la congrega che era spirato Aharòn, e piansero per Aharòn trenta giorni tutto il casato d’Israele”. I Maestri spiegano che l’indicazione del pianto di “tutto” il casato ci indica che nessuno si astenne dal lutto, e da qui precisano che questo dimostra che per tutti i quarant’anni precedenti non c’era mai stato alcun caso di omicidio involontario in mezzo al popolo: se ci fosse stato, a causa della regola che impone l’allontanamento dalla collettività dell’omicida fino alla morte del Kohèn Gadòl, eventuali omicidi involontari avrebbero gioito della morte di Aharòn, anziché piangere. Credo che questo commento meriti un approfondimento: a prima vista potrebbe sembrare più elogiativo nei confronti di Aharòn affermare che, al contrario, benché ci fossero omicidi involontari che avrebbero avuto motivo di gioire per la sua dipartita, anch’essi erano dispiaciuti! Ma a ben vedere, invece, proprio l’opinione di Maestri contiene il più alto elogio di Aharòn. Difatti, nella Ghemarà’ (Makkòth 11a) è detto che il motivo per cui gli omicidi involontari dovevano restare in esilio (nelle città rifugio) fino alla morte del Kohèn Gadòl è che l’omcidio era stato possibile solo perché i Kohanìm Ghedolìm “avrebbero dovuto chiedere misericordia per la loro generazione, e non l’avevano fatto”; ossia, simili tragedie erano possibili solo perché i Sommi Sacerdoti non sempre erano all’altezza del loro compito di garanti del popolo davanti a D.o. Siccome sicuramente Aharòn, da sempre definito amante dell’armonia e del bene della sua gente, pregava con sicuro fervore per il bene della sua generazione, sicuramente ai suoi tempi non ci sarà mai stato un omicidio involontario, e quindi nessuno avrebbe potuto rallegrarsi della sua fine. Per questo motivo il cordoglio fu realmente assolutamente unanime. Rav Elia Richetti

  2. בס"ד תורת היום settimanale no. 218 I MAESTRI DELL'EBRAISMO ITALIANO 5 Tamùz 5769 27 Giugno 2009 • Rav David De’ Pomis Nacque a Spoleto nel 1525, e nel 1593 morì a Venezia. Studiò sotto suo padre, Rav Isaac De’ Pomis, e successivamente, a Todi, dai suoi zii Yechi’èl Vitale e Moshè Alatino, medici e filosofi. Proseguì i suoi studi scientifici a Perugia, ove si laureò in medicina e filosofia nel 1551, per poi fungere da Rabbino e medico a Magliano, presso Roma. A seguito della bolla papale “Cum Nimis Absurdum” del 1555, dovette vagare di città in città finché si stabilì a Venezia nel 1569. I vari papi successivi gli concessero e revocarono ripetutamente la licenza per curare i Cristiani. Nel suo saggio “De Medico Hebraeo Enarratio Apologetica” (Venezia 1588) ricusa tutte le varie accuse che venivano mosse ai medici ebrei da parte ecclesiastica, dimostrando come il Talmud non contenga nulla che possa in qualche modo essere di danno ai Cristiani. La sua opera principale è però il “Tzémach Davìd” (Venezia 1587), un vocabolario trilingue ebraico, latino ed italiano, da lui dedicato al papa Sisto V. Esiste3 anche una traduzione italiana del Qohéleth con note (Venezia 1571), un “Discorso intorno a l’humana miseria e sopra il modo di fuggirla” (Venezia 1572, dedicato a Margherita di Savoia) ed altre opere mediche e di erudizione, in parte tuttora manoscritte ed in parte smarrite. Condoglianze alla famiglia Palachi per la morte della mamma Tovà bath Miryàm z.l. La Torà del Giorno A cura dell’Ufficio Rabbinico di Venezia La Parashà della settimana: Chuqqàth - Balàq Acc. lumi ore: 20.44 Uscita ore: 22.59 AVVENIMENTI DELLA SETTIMANA Mazal Tov alla famiglia Calimani per il matrimonio di Gady e Tania Giovedì:17 Tamùz 5769 (9 luglio 2009) digiuno 17 Tamùz, dalle ore 03.26 alle ore 21.37. Shachrìth ore 7.30, Minchà ore 20.15 Mazal Tov

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