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Un approccio neuroscientifico cognitivo verso i disturbi di apprendimento.

Un approccio neuroscientifico cognitivo verso i disturbi di apprendimento. . Docente di PsicoBiologia e di Psicologia dell’Attenzione Università di Genova Polo Universitario di ricerca e intervento sui disturbi del linguaggio e dell’apprendimento “M.T. Bozzo”. Prof. Francesco Benso.

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Un approccio neuroscientifico cognitivo verso i disturbi di apprendimento.

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  1. Un approccio neuroscientifico cognitivo verso i disturbi di apprendimento. Docente di PsicoBiologia e di Psicologia dell’Attenzione Università di Genova Polo Universitario di ricerca e intervento sui disturbi del linguaggio e dell’apprendimento “M.T. Bozzo” Prof. Francesco Benso Palafiori SanRemo 29 Marzo 2008

  2. Disturbi di Apprendimento • Il disturbo di lettura

  3. Disturbo specifico di lettura: diagnosi La caratteristica fondamentale del Disturbo della lettura è data dal fatto che il livello raggiunto, in precisione, velocità o comprensione della lettura si situa sostanzialmente al di sotto di quanto ci si aspetterebbe data l’età cronologica del soggetto, mentre la valutazione psicometrica dell’intelligenza e l’istruzione risultano adeguate all’età. • Tale disturbo, inoltre, deve interferire in modo significativo con l’apprendimento scolastico o con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura.

  4. Diagnosi  criteri di inclusione Essi sono: Livello di lettura di due deviazioni standard inferiore alla media Quoziente intellettivo (QI) nella norma,

  5. Diagnosi  criteri di esclusione Assenza di cause neurologiche e/o sensoriali Interferenza significativa con l’apprendimento scolastico e con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura • Persistenza del disturbo nonostante l’istruzione

  6. Diagnosi in Italia In base a recenti evidenze sperimentali (Stella Biancardi, 1996) è stato dimostrato che i bambini diagnosticati come dislessici in base alla loro lentezza nella lettura necessitano di maggior tempo per il recupero riabilitativo rispetto a coloro che risultano dislessici in base al numero di errori commessi. Esiste quindi una differenza nel grado di disabilità in base al tipo di indicatori diagnostici utilizzati: gli errori o i tempi di lettura.

  7. Diagnosi in Italia Va osservato che la diagnosi di dislessia cambia da paese a paese, cambiano infatti la lingua e le sue strutture ortografiche e fonetiche. In una lingua “trasparente” come l’italiano, dove a una certa serie di lettere corrisponde abbastanza univocamente un certo suono, la diagnosi di dislessia non va eseguita sulla base degli errori commessi, ma in base al tempo di lettura.

  8. Diagnosi in Italia Recenti osservazioni di Wimmer (1993) con bambini austriaci, di Stella (2000), di Stella, di Blasi, Giorgetti e Savelli, (2003) e di Tressoldi (1998) con bambini italiani, hanno confermato l’importanza critica della verifica dei tempi per la diagnosi dei disturbi di lettura.

  9. Prime Riflessioni • E’ molto importante allora conoscere le sillabe al secondo (velocità di lettura) del singolo soggetto. • Le sill/s. DOVREBBERO APPARIRE IN CHIARO SU OGNI CARTELLA CLINICA • Ciò faciliterebbe la comprensione della vera difficoltà che deve sostenere il Bambino..

  10. Estratto da cartella clinica (gentilmente fornito dalla Dott.ssa Sabrina Berriolo) • La lettura si trova pienamente nell’area patologica essendo al di sotto della media di ben 3 deviazioni. La bambina legge come si può vedere dai dati in chiaro 0,41 sillabe al secondo mentre i pari età sono già oltre alle 3 sillabe al secondo.

  11. Estratto da cartella Clinica (gentilmente fornito dalla Dott.ssa Sabrina Berriolo) • Ciò fa immediatamente comprendere come il soggetto in questione necessiti di più di 6 volte del tempo utilizzato dai pari età ed abbia bisogno di una “contestualizzazione” orale o di una pre lettura del materiale che dovrà leggere.

  12. Sempre per quanto riguarda la lettura bisogna valutare che, senza opportuna e costante stimolazione, i soggetti con difficoltà possono guadagnare 0,29 sillabe al secondo l’anno; Mentre i normolettori guadagnano circa 0,5 sillabe al secondo all’anno (Stella Faggella Tressoldi, 2001).

  13. Bisogna, inoltre, tener conto dell’inevitabile basso livello di autostima prodotto da questi bambini che vivono questi disagi (si vanno così a modificare ed alterare anche gli aspetti relazionali). • Vanno sostenuti attraverso approcci delicati e pacati e soprattutto attraverso il consolidamento delle abilità (operazione assolutamente necessaria per raggiungere l’autoefficacia e quindi il potenziamento della motivazione e dell’autostima; vedi De Beni 2006). • NEL SENSO CHE L’AUTOSTIMA AUMENTA CON IL POTENZIAMENTO DIRETTO DELLE ABILITA’ CARENTI E NON CON SOSTEGNI CHE NEL TEMPO DIVENTANO POCO CREDIBILI PER IL SOGGETTO

  14. In questo quadro si innesta la debolezza delle risorse attentive non sufficienti per “alimentare” i processi più complessi. • Tali risorse non sono ricuperabili attraverso la volontà, ma solo attraverso l’esercizio specifico, spesso tralasciato (comunque bisogna considerare che non è compito facile misurare e stimolare l’attenzione per chi non se ne occupa direttamente. Vedi protocollo Benso, 2004).

  15. Secondo punto collegato alla necessità di conoscere la velocità di lettura: • << Attenzione alle etichette diagnostiche>>. • Sono fonte di errori metodologici anche nella ricerca • Creano il rischio di generare spiegazioni circolari, modelli tautologici e stereotipi insostenibili dal punto di vista scientifico. • Possono fuorviare le conclusioni e gli interventi

  16. Valore medio Area di diagnosi della dislessia Numero di casi - 2 - 1 0 + 1 + 2 Velocità di lettura (Sillabe per unità di tempo) Deviazione standard Valore medio Area di diagnosi della dislessia Numero di casi - 2 - 1 0 + 1 + 2 Numero di errori Deviazione standard

  17. Valore medio Area di diagnosi della dislessia Numero di casi - 2 - 1 0 + 1 + 2 Velocità di lettura (Sillabe per unità di tempo) Deviazione standard Valore medio Area di diagnosi della dislessia Numero di casi - 2 - 1 0 + 1 + 2 Numero di errori Deviazione standard

  18. Esempio semplice • Es. Bambino di terza elementare media in sillabe al secondo = 3 deviazione St. = .76 • 3 – (0,8 x2) = 3-1,6 = 1,4 valore della media meno due deviazioni. • TUTTI i VALORI < o = a 1,4 cadono nella patologia, • Ma un Bambino che legge ad 1,8 sill/s. che per la convenzione (DSM4 ICD 10) dei manuali diagnostici statistici non cade nell’area patologica, obiettivamente… come dovrebbe essere trattato a scuola e a casa se legge praticamente anche lui con un tempo doppio dei pari età ?.. • Torniamo all’importanza delle sillabe a secondo IN CHIARO

  19. Il processo di apprendimento della lettura è molto complesso e spesso in passato di fronte ad una diagnosi che dichiarava un “disturbo specifico dell’apprendimento della lettura”, il clinico e tutto l’entourage rimanevano impotenti e potevano indirizzarsi solo verso gli strumenti compensativi e il miglioramento del “terreno” attorno al soggetto dislessico (nella migliore delle ipotesi). • Grazie alla neuropsicologia si aprono nuove frontiere sui processi sottostanti la capacità di lettura: visuo percettivi, linguistici, mnestici ed attentivi.

  20. Il problema dell’etichetta diagnostica • che diventa: • Mero principio esplicativo, tautologico, fuorviante • Formazione di stereotipi che falsano l’immagine del soggetto • Cosa fare? • È necessario quindi una visione neuropsicologica funzionale che si addentri sulle cause sottostanti (percezione, memorie, diversi tipi di attenzione) • Il quadro neuropsicologico è fondamentale per impostare trattamenti efficaci e sensati.

  21. Il problema delle cause sottostanti • Pur riscontrando un certo accordo tra i ricercatori in merito ai criteri di inclusione ed esclusione per la diagnosi della dislessia, per quanto riguarda le cause a livello cognitivo sono emerse linee di pensiero molto diverse e, spesso, in contrasto tra loro. Solo di recente emergono modelli che portano ad una certa uniformità.

  22. La diagnosi osservativa è importante per cominciare ad isolare il problema e a certificare, ma è poco utile per capire come funziona il sistema di quello specifico soggetto. L’intervento neuropsicologico contiene gli strumenti per le diagnosi funzionali differenziali. • E’ il mondo della ricerca che deve informare il clinico e sostenerlo. Tuttavia la clinica attraverso l’esperienza sul campo deve orientare la ricerca.

  23. DISLESSIA E MODELLI TEORICI DI RIFERIMENTO LINGUAGGIO può essere associata alla consapevolezza fonologica (Bradley and Bryant, 1983) PERCEZIONE VISIVAa deficit visuopercettivi che coinvolgono il sistema visivo magnocellulare o transiente (Best and Demb, 1999; Facoetti and Molteni, 2001), alla latenza nella persistenza visibile (Coltheart, 1980) e nella transizione dalla memoria iconica alla memoria a breve termine (Stanley, 1975), alla processazione a breve termine dei segnali visivi (Di Lollo et al., 1983), alla conversione grafema-fonema (Golden and Zenhausern, 1983), al crowding asimmetrico(Geiger and Lettvin, 1987) ATTENZIONEa deficit attenzionale (Stein and Walsh, 1997; Steinman et al., 1998), a deficit di attenzione spaziale (Facoetti and Molteni, 2001; Facoetti and Turatto, 2000; Facoetti, Paganoni, Lo Russo, 2000), o oculomotorio a deficit degli spostamenti oculari (Biscaldi et al., 1994; Biscaldi et al., 2000).

  24. Pertanto la dislessia è un disturbo da non confondere con le abilità intellettive, ma comunque un disturbo con basi neuronali che non può essere ricuperato con tecniche o metodi solo di tipo scolastico. • Per il trattamento sono necessari (anche e soprattutto) interventi mirati sulle abilità sottostanti: memorie, percezione visiva, linguaggio e i diversi tipi di attenzione. • I risultati ottenuti utilizzando questi metodi cominciano a divenire confortanti (vedi articolo Benso, Berriolo et altri su Dislessia e sempre su Dislessia maggio 2007 due articoli Ripamonti et altri…; Wolf)

  25. Per capire di più dobbiamo valutare cosa è e come funziona un modulo (sistema specifico) e come intervengono i sistemi centrali sul modulo stesso

  26. PROCESSORE CENTRALE MODULO ESEMPIO DI UN PROCESSORE CHE SUPERVISIONA UN MODULO ASSEMBLATO

  27. Effetto STROOP (1935)

  28. Effetto STROOP (1935) LIBRO TRE PIAZZA POLLO PIALLA PORTA AMICO DUE UNO MAREA LAVORO PORTO ECO TAVOLO PISTA VOLTO STATO PAROLA ALA CONTO LATINO CORTO SEI LUNGO

  29. Effetto STROOP (1935) ROSSO GIALLO BLUVERDE BLU VERDE ROSSO GIALLO ROSSO GIALLO VERDE BLU VERDE ROSSOGIALLO BLU GIALLO BLU VERDE ROSSO ROSSO BLU VERDE GIALLO

  30. Lobo Frontale ProcessoreCentrale MODULI LETTURA SCRITTURA LINGUAGGIO

  31. Quando le risorse attentive sono poche il soggetto ha difficoltà a concentrarsi ad essere pronto a solgere compiti complessi o protratti nel tempo e soprattutto a richiamere volontariamente l’attenzione. • Dire: <<stai attento !>> ad un soggetto debole nelle risorse attentive è paradossale come dire: <<dormi!>> a chi soffre di insonnia. • In questi casi l’attenzione può essere richiamata dall’esterno, ma deve e può essere sviluppata con specifici training. Vedi Benso (2004) Neuropsicologia dell’Attenzione.

  32. L’attenzione è una componente che appare debole in diversi suoi aspetti in diversi soggetti dislessici (di orientamento visuo spaziale, di focalizzazione, di selezione o ancora di risorse dedicate al compito lettura). In qualsiasi tipo di apprendimento se si sa misurare con la testistica adatta, si isola sempre un aspetto attentivo collegato. • Questo implica che per trattare i disturbi oltre che lavorare direttamente sugli apprendimenti sofferenti è necessario stimolare l’intero sistema attentivo. • Il modello di Moscovitch e Umiltà fornisce copertura teorica a quanto affermato (vedi dopo) • Così come confermano i risultati da noi ottenuti nei traumatizzati adulti(e pubblicati) nel recupero della memoria, delle funzioni linguistiche e percettive, e NEI SOGGETTI DISLESSICI (vedi dopo)

  33. PROCESSORE CENTRALE o Sistema Esecutivo o Sistema Attentivo Supervisore (SAS; Shallice, 1989), si colloca come substrato anatomico prevalentemente nei lobi frontali, nei gangli della base e nel cervelletto;è multicomponenziale.

  34. Esso è deputato a:fornire risorse attentive (che sono a capacità limitata); a sostenere l’attenzione;alle funzioni di controllo del pensiero e dell’azione; ad inibire i distrattori; all’organizzazione, alla pianificazione; a mantenere la concentrazione sullo scopo; alla modularizzazione delle funzioni specifiche (es. apprendimento motorio); a fornire le risorse attentive ai processi di memorizzazione in genere.

  35. Caduta in lettoscrittura(aspetti attentivi spaziali, percettivi visivi, linguistici, o di risorse dedicate al modulo lettura). Diapositiva 53 • Caduta nella comprensione del testo scritto (componenti delineate sopra e funzione esecutiva “gestire l’interferenza dei distrattori”) es. Il leone è un animale domestico (V, F) Il gelato è un cibo che si consuma solo in alta montagna (V, F) L’orologio misura il tempo (V, F) • Caduta nel problem solving (a parità di aspetti intuitivi…componenti delineate sopra e difficoltà di risorse del sistema esecutivo deputato al “riaggiornamento in memoria di lavoro”). • Es. Gatto Tetto Pipa (Mare Sogno)

  36. Riprendendo sulle cause sottostanti • In base a quanto osservato con un tentativo di sintesi, Benso, Stella, Zanzurino e Chiorri (2005) (pubblicato su “Dislessia” ed.Erickson) hanno cercato di individuare nella letteratura le conclusioni comuni sulle cause del fenomeno.

  37. Dal loro articolo è emerso che i modelli e le cause della dislessia sembrerebbero tante e variegate, ma possiamo ridurre il tutto a tre grandi categorie: deficit a livello di linguaggio, percezione e attenzione.

  38. C’è la tendenza per il linguista, il percettologo visivo e di chi si occupa di attenzione a confermare il modello monocomponenziale invece che ricercarne la falsificazione popperiana. • Ma la falsificazione avviene attraverso un metapuntodivista che valuta le pubblicazioni che tendono a giustificare la monocomponente

  39. Gli autori propongono anche un modello unificatore derivato da Moscovitch e Umiltà 1990 e da Benso (2004/2007) in grado di considerare i tre fattori cognitivi più rilevanti per la dislessia, divenendo quindi uno strumento utile ed operativo per suggerire nuove prove di valutazione e di intervento.

  40. Percezione di configurazioni Semplici. MODULO I tipo Coordinamento delle unità percepite MODULO I tipo MODULO I tipo Percezione di suoni elementari MODULO I tipo Coordinamento fonatorio MODULO I tipo Risorse attentive implicite PROCESSORE DEDICATO Risorse attentive implicite PROCESSORE DEDICATO Mod. II tipo PERCEZIONE VISIVA Mod. II tipo LINGUAGGIO Risorse attentive esplicite PROCESSORE CENTRALE LETTURA LETTURA Mod. III tipo MODELLO multicomponenziale Moscovitch e Umiltà, 1990

  41. Es. prendiamo un modulo di terzo tipo che fonde l’aspetto linguistico fonologico a quello percettivo come quello della lettura.Importanza preventiva :della fonologia, dei ritmi, delle rime;dell’educazione all’immagine; dell’esplorazione visiva;della stimolazione attentiva; del processore centrale.

  42. Se è vero che il modello della lettura è multicomponenziale:linguaggio e percezione visiva assemblati dalle risorse del Processore Centrale allora somministrando prove diversificate per le tre componenti a soggetti con disturbo specifico dell’apprendimento della lettura, dovremmo ottenere cadute nei diversi tipi di test (attentivi-esecutivi, linguistici e visuo-percettivi). Se sarà solo unacomponente a sostenere l’apprendimento della lettura, allora la caduta sarà evidenziata dai test che la rappresentano. Questo,però, nonporterà a trarre conclusioni certe perché le altre aree potrebbero essere rappresentate da prove non sufficientemente potenti statisticamente.

  43. Insieme dei test linguistici (6 prove) GS: 12 / 20 GC: 0 / 20 Dalla tabella di contingenza si ricava: χ2 = 17,243 p > .0001 (con correzione di Yates) p < .0001 Specificità = 1 Sensibilità = 0,6 Viene confermata la specificità dei due sottomoduli della lettura percezione visiva e linguaggio. Soggetti che cadono al test Soggetti che superano il test

  44. Insieme dei test visuo-percettivi (5 prove) GS: 10 / 20 GC: 0 / 20 Dalla tabella di contingenza si ricava: χ2 = 13.333 p = .001 (con correzione di Yates) p = .001 Specificità = 1 Sensibilità = 0,5 Viene confermata la specificità dei due sottomoduli della lettura percezione visiva e linguaggio. Soggetti che cadono al test Soggetti che superano il test

  45. GS: 17 / 20 GC: 7 / 20 (falsi allarmi) Dalla tabella di contingenza si ricava: χ2 = 10,417 p = .005 (con correzione di Yates) p = .002 Specificità = 0,65 Sensibilità = 0,85 I test “Attentivi” sono meno specifici ma molto sensibili (Benso 2007) I test che valutano l’attenzione e le funzioni esecutive manifestano anche dei “falsi allarmi” ciò si spiega con il fatto che essendo, tali funzioni, di sostegno per tutti gli apprendimenti (Moscovitch e Umiltà, 1990) i test misurano nel Gruppo di Controllo degli aspetti ancora diversi da quelli sottostanti la lettura Insieme delle prove (4) che valutano funzioni esecutive Soggetti che cadono al test Soggetti che superano il test

  46. Risultati conclusivi

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