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La donna nelle religioni monoteiste: ieri e oggi

La donna nelle religioni monoteiste: ieri e oggi. Docente: ALFIERO LUIGI MEDEA Liceo Scientifico “R. Mattioli” – Vasto (Ch) Rete (Trigno Sinello). Racconta la lezione 1. IL PERCHE’ DI UNA SCELTA

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La donna nelle religioni monoteiste: ieri e oggi

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  1. La donna nelle religioni monoteiste:ieri e oggi Docente: ALFIERO LUIGI MEDEA Liceo Scientifico “R. Mattioli” – Vasto (Ch) Rete (Trigno Sinello)

  2. Racconta la lezione 1 IL PERCHE’ DI UNA SCELTA La religione è stata nel corso dei secoli, soprattutto nel mondo antico, l’espressione più completa della cultura e della mentalità di un popolo. L’Unità Didattica vuole approfondire com’era considerata la donna nella cultura religiosa del passato e quali differenze si sono verificate sul fronte della dignità e del ruolo della donna con l’evoluzione della società. OBIETTIVI FORMATIVI Sapere: 1. Conoscere quale era in passato la condizione della donna nel mondo religioso ebraico, musulmano e cristiano. 2. Conoscere quali sono stati i cambiamenti avvenuti e come la donna vive oggi il suo ruolo in relazione alla società e alla religione. Saper fare: 1. Cogliere, attraverso la documentazione religiosa, la differenza dell’universo maschile e femminile come ricchezza. 2. Saper individuare nella parità di condizioni l’unica possibilità per una piena realizzazione della relazione uomo-donna.

  3. Racconta la lezione 2 • L’unità didattica è stata svolta nella classe III H del Liceo Scientifico. • La classe è stata divisa in tre gruppi (due di 8 alunni e uno di 9). • IL primo gruppo ha approfondito “La donna nella religione ebraica”, evidenziando questi punti: 1) La posizione della donna: assoluta sottomissione all’uomo e perfetta padrona di casa. 2) L’importanza della donna nella famiglia (maternità, rapporti coniugali, divorzio, eredità). 3) I modelli femminili non riconducibili alla maternità: Vasti, Ester, Ruth e Giuditta. 4) La donna e lo studio. 5) L’apertura dell’ebraismo alle donne nei tempi recenti.

  4. Racconta la lezione 3 • IL secondo gruppo ha sviluppato il tema de “La donna nella religione islamica”, soffermandosi soprattutto su tre argomenti: 1) La donna nella sharia (famiglia, matrimonio, divorzio, contraccezione, aborto, chador). 2) La posizione della donna nelle leggi dello Stato. 3) Primi passi verso un cambiamento di prospettiva • IL terzo gruppo ha approfondito il tema de “La donna nella religione cristiana”, individuando questi importanti aspetti: 1) La riflessione biblica sulla donna. 2) La condizione della donna al tempo di Gesù. 3) Gesù e la donna. 4) La “Mulieris dignitatem” di Giovanni Paolo II.

  5. Parte prima:La donna nella religione ebraica La posizione della donna nell’antichità • Secondo l’uso orientale la donna ebrea non poteva mostrarsi in pubblico senza velo, non poteva partecipare alla vita pubblica né al culto, non andava a scuola e poteva sposarsi solo con il consenso paterno. • In casa era soggetta al marito, ma per le faccende domestiche aveva una certa libertà d’iniziativa. • Una donna poteva chiedere il divorzio, ma soltanto il marito poteva concederlo. Viceversa poteva essere ripudiata a discrezione del marito, per motivi anche irrilevanti.

  6. Parte prima:La donna nella religione ebraica L’importanza della donna nella famiglia - 1 • Nell’ebraismo la massima realizzazione dell’uomo e della donna avviene attraverso il matrimonio e la famiglia, per questo risulta difficile parlare dell’uno e dell’altra al di fuori di questo contesto. • La Tradizione, pur nelle sue molteplici articolazioni e tensioni fra affermazioni di tendenza maschilista e valorizzazione del femminile, ha sempre sostenuto sia la complementarietà uomo-donna (Cfr. Gen 2,18) che la loro fondamentale uguaglianza, in quanto il primo essere umano è contemporaneamente maschio e femmina (Cfr. Gen 2,5). • La diversità viene pertanto sottolineata in riferimento ai particolari ruoli all’interno della vita di coppia e di famiglia: è la donna che trasmette l’ebraicità (è ebreo chi nasce da madre ebrea) e che deve concretizzare l’ebraismo  nella vita famigliare, cioè nel contesto domestico che viene pertanto considerato una sorta di “piccolo tempio” nel quale la tavola costituisce “l’altare”; è lei quindi che trasmette per prima i valori ebraici ed è lei responsabile della liturgia domestica e dell’applicazione di tutte le norme alimentari che regolano la vita dei più osservanti; per questo è esonerata da tutte le prescrizioni legate a particolari orari che potrebbero ostacolarla nei periodi di allattamento o comunque nelle esigenze legate alla cura dei famigliari.

  7. Parte prima:La donna nella religione ebraica L’importanza della donna nella famiglia - 2 • L’uomo, che insieme alla donna è responsabile dell’educazione dei figli, è invece tenuto ad osservare una serie di impegni legati ad orari e luoghi particolari (come la preghiera e lo studio a casa e in Sinagoga) ma, soprattutto, deve amare la propria moglie come se stesso in quanto suo “prossimo” per eccellenza. • La Tradizione, inoltre, sottolinea che la Torah (L’insegnamento rivelato sul Sinai) fu dato prima alle donne, poiché senza di esse la vita ebraica non sarebbe possibile, ed invita perciò i mariti ad “abbassarsi” (da intendersi chiaramente in senso simbolico) per “ascoltare” le proprie mogli, poiché è per loro merito che le benedizioni raggiungono la famiglia.

  8. Parte prima:La donna nella religione ebraica Modelli non riconducibili solo alla maternità - 1 • Ma non solo figure di madri la Bibbia ci presenta. Troviamo infatti in essa modelli femminili non immediatamente riconducibili alla maternità: Ester, Ruth e Giuditta sono tre personalità indicative della concezione della donna in quel contesto. • Apprendiamo dal Libro di Ester che sotto il regno di Assuero (siamo durante la cattività babilonese) Asti, la bella regina, aveva rifiutato di comparire davanti al re ed ai capi del popolo, per mostrare loro la sua bellezza. Un sussulto di dignità che viene subito stigmatizzato come ribellione. Al sovrano, già adirato per conto suo, venne fatto notare dai consiglieri che l’atteggiamento ribelle della regina Vasti aveva in sé una forza destabilizzante di portata generale.  

  9. Parte prima:La donna nella religione ebraica Modelli non riconducibili solo alla maternità – 2 • Contrapposto a Vasti è il modello di Ester, regina dopo di lei, che pure agirà con coraggio e determinazione, svolgerà il duplice ruolo di mediatrice, avvocata del suo popolo dinanzi al re e di vendicatrice dell’ingiustizia, ma agirà utilizzando modalità tipicamente femminili, sfruttando abilmente la sua debolezza e la sua sottomissione al marito re, per commuoverlo e spingerlo ad aderire alla sua volontà. • Ruth, poi, è il modello della donna virtuosa, laboriosa, sottomessa al clan familiare del marito, fedele anche dopo la morte di lui al suo servizio verso la suocera, che la ama per questo come una figlia. • Con Giuditta, invece, siamo di fronte all’esaltazione della seduzione e del coraggio. L’arma della seduzione è vista come una reale alternativa alla superiorità fisica dell’uomo. Ma Giuditta non è solo la coraggiosa decapitatrice di Oloferne, è anche la saggia amministratrice dei beni ereditati dal marito, è la donna ricca e rispettata, virtuosa e accorta.

  10. Parte prima:La donna nella religione ebraica La donna e lo studio della Torah – 1 • Secondo l’impostazione tradizionale, la posizione dell’uomo e della donna nei confronti della legge ebraica è diversa. Per quanto riguarda i precetti, questi, come è noto, sono classificati in due categorie, i divieti e le norme positive. Per i divieti, donne e uomini hanno gli stessi doveri, mentre solo una parte delle norme positive incombe sulle donne. • Un caso particolarmente complesso nell’ambito di questa discussione è quello del diritto-dovere allo studio della Torah. È’ un dato di fatto che l’istruzione religiosa delle donne sia sempre stata nel corso della storia molto ridotta rispetto a quella degli uomini. • Ma questa regola ha conosciuto delle eccezioni, delle distinzioni e delle evoluzioni che, nell’ultimo secolo, non sono state affatto indifferenti anche negli ambienti più rigorosi.

  11. Parte prima:La donna nella religione ebraica La donna e lo studio della Torah – 2 • Inoltre si è sempre fatta una distinzione sugli argomenti e i testi oggetto di studio, per cui il principio che fosse lecito, anzi opportuno che le donne studiassero le norme che più specificamente le riguardano, è passato senza gravi obiezioni. • E infine lo stesso mondo ortodosso ha riconosciuto la necessità di un’istruzione religiosa femminile, legata al ruolo educativo che la donna dovrebbe avere nell’ambito della famiglia o di determinate istituzioni scolastiche. • Oggi è comune che le ragazze studino materie religiose, e per loro esistono scuole separate anche negli ambienti più ortodossi. • Il problema è che malgrado queste evoluzioni i programmi di studio rimangono diversi, per cui esiste una tradizionale riluttanza, che solo parzialmente viene meno, all’inserimento delle donne in corsi su materie specificamente rabbiniche.

  12. Parte prima:La donna nella religione ebraica L’apertura dell’ebraismo alla donna dei nostri tempi • L’ebraismo moderno e contemporaneo ha cercato di riconsiderare il ruolo della donna di fronte ai nuovi contesti nei quali la stessa è oggi inserita: non più solo la famiglia, ma anche il lavoro, gli impegni sociali, le nuove opportunità che la vedono possibile protagonista. In America l’ebraismo riformato ha accettato la donna anche nel ruolo di Rabbino, cosa da molto tempo diversamente contestata e fonte di dibattiti.  • Molte donne sono oggi presidenti di comunità ebraiche o di unioni nazionali delle stesse, nonché donne di successo in campo artistico, scientifico, letterario e politico. • Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha deciso di nominare nel maggio 2010, come giudice della Corte Suprema una donna, Elena Kagan (nella foto),50 anni, ebrea, nata a New York, stimatissima giurista.

  13. Parte seconda:La donna nella religione musulmana La donna nella sharia - 1 • Nella religione islamica il matrimonio non è considerato tanto un vero e proprio sacramento come nella religione cristiana, quanto un contratto stipulato tra due parti. Ciononostante non è una realtà profana anche se estranea alla concezione cattolica di “Sacra Unione”. • Le parti possono apporre al contratto clausole e stipulazioni dirette a modificarne gli effetti tipici, purché non contrastanti con i principi irrinunciabili che lo reggono. È quindi possibile che la moglie pretenda dal marito l’impegno di non trasferire il domicilio coniugale dalla città di origine, di permetterle di esercitare una professione o di partecipare alla vita pubblica, di non chiederle di seguirlo nei suoi viaggi. Il marito può inoltre promettere di non sposare un’altra donna (clausola di monogamia), o può dare alla donna mandato di autoripudiarsi.

  14. Parte seconda:La donna nella religione musulmana La donna nella sharia - 2 • La vita coniugale che trae vita dal matrimonio è segnata dalla preminenza dell’uomo: la donna deve mettersi a sua disposizione e prestargli obbedienza. Il corrispettivo di tale quotidiana sottomissione è il mantenimento che l’uomo versa alla moglie, indipendentemente dalla condizione di bisogno di lei: esso comprende il vitto, l’alloggio, il vestiario, le spese mediche e il servizio. • L’insubordinazione ingiustificata della donna determina la sospensione del mantenimento. Il mantenimento è dovuto per tutto il tempo che la donna resta nella potestà dell’uomo, cioè fino alla fine del ritiro legale che segue lo scioglimento del matrimonio per morte, ripudio o divorzio. Il ritiro legale permette di accertare l’eventuale gravidanza della donna; esso dura generalmente tre mesi, dopo i quali il marito non ha più alcun obbligo nei confronti della moglie. Dopo lo scioglimento del matrimonio, la donna che non ha redditi propri resta a carico della famiglia di origine o dei figli. • Oggi in molti paesi il diritto a ripudiare la moglie è limitato o anche abolito, facendo riferimento a quei passi coranici che parlano del rispetto nei confronti delle mogli.

  15. Parte seconda:La donna nella religione musulmana La donna nella sharia - 3 • Per quanto concerne l’educazione dei figli, anche sotto questo aspetto la parte fondamentale è rappresentata dalla figura paterna che si occupa di prendere ogni tipo di decisione riguardo la propria prole: istruzione primaria, avviamento al lavoro, matrimonio, amministrazione dei suoi beni. • In assenza del padre questi ruoli spettano al tutore, delegato dal genitore o dal giudice se questo viene a mancare. • Il ruolo della madreè essenzialmente ridotto alla custodia e alla sorveglianza del bambino. L’atto di custodire è infatti considerato un atto prettamente femminile e in mancanza della madre spetta al parente femminile più prossimo.

  16. Parte seconda:La donna nella religione musulmana La donna nella sharia - 4 • L’usanza di coprire il volto non deriva propriamente dal Corano, che parla di coprire le parti più belle. Per questo la maggior parte delle donne islamiche coprono con il velo(chador) solo i capelli. IL velo è segno dell’adesione della donna all’Islam e rappresenta una protezione. • In alcuni paesi, come la Turchia, questa usanza è stata abolita. • Oggi molte donne emancipate scelgono liberamente di indossare il velo, considerato simbolo della dignità della donna e protesta contro lo sfruttamento sessuale della donna, tipico del mondo occidentale. • In molti paesi islamici, dove non viene più applicata alla lettera la legge islamica tradizionale (sharia), oggi le donne occupano posizioni sociali, politiche e culturali di rilievo, hanno diritto di votare e di essere elette.

  17. Parte seconda:La donna nella religione musulmana Un libro di Samia Sharif, con un significativo commento sul velo

  18. Parte seconda:La donna nella religione musulmana La donna nelle leggi dello stato • Nell’ambito del matrimonio esiste una serie di leggi che tutelano la donna. • Nel momento in cui si stipula il contratto si stabilisce che le sostanze che la donna ha portato in dote devono rimanere di sua proprietà. • In caso di separazione la donna ha diritto ad una sufficiente garanzia finanziaria che le permette di essere indipendente.

  19. Parte seconda:La donna nella religione musulmana Primi passi verso un cambiamento di prospettiva • In alcuni paesi, come la Turchia, l’usanza di portare lo chador è stata abolita. • Oggi molte donne emancipate scelgono liberamente di indossare il velo, considerato simbolo della dignità della donna e protesta contro lo sfruttamento sessuale della donna, tipico del mondo occidentale. • In molti paesi islamici, dove non viene più applicata alla lettera la legge islamica tradizionale (sharia), oggi le donne occupano posizioni sociali, politiche e culturali di rilievo, hanno diritto di votare e di essere elette. • In particolare in Turchia, Tunisia, Libano ed Egitto è stata rivista la legge relativa al rapporto uomo-donno, nell’ottica di una maggiore equità.

  20. Parte terza:La donna nella religione cristiana La riflessione biblica sulla donna • La Bibbia ci presenta la relazione uomo-donna come originaria e originale. La persona umana creata ad immagine di Dio è maschio e femmina. • Ma la differenza, di cui si parla, non è costituita da dati storici e culturali oggettivati negli stereotipi sessuali, ma è alterità indicibile e inoggettivabile, che fonda l’apertura all’altro. • Secondo la Bibbia, dunque, la dignità della donna è pari a quella dell’uomo.

  21. Parte terza:La donna nella religione cristiana La condizione della donna al tempo di Gesù - 1 • La società dell’epoca aveva una struttura patriarcale. L’uomo era signore e padrone della casa. Sotto l’aspetto giuridico la donna aveva molteplici svantaggi. Come in genere nell'Oriente antico, essa non poteva partecipare alla vita pubblica; non poteva avere nemmeno parte attiva al culto né essere citata come teste in tribunale. Al Tempio le donne non potevano oltrepassare il vestibolo a loro riservato. • Quando la donna usciva di casa, doveva avere il viso coperto da un'acconciatura che comprendeva due veli sul capo, una benda sulla fronte con due fasce pendule fino al mento e un filetto con cordoncini e nodi. • Se la donna usciva di casa con il volto scoperto, cioè senza l'acconciatura, il marito aveva il diritto di ripudiarla senza l'obbligo di versare la somma che, in caso di divorzio, era dovuta alla sposa in forza del contratto matrimoniale. • La “Mulieris dignitatem” di Giovanni Paolo II • LA DIGNITA' DELLA DONNA e la sua vocazione, oggetto costante della riflessione umana e cristiana, hanno assunto un rilievo tutto particolare negli anni più recenti. Ciò è dimostrato, tra l'altro, dagli interventi del Magistero della Chiesa, rispecchiati in vari documenti del Concilio Vaticano II, il quale afferma poi nel Messaggio finale: «Viene l'ora, l'ora è venuta, in cui la vocazione della donna si svolge con pienezza, l'ora in cui la donna acquista nella società un'influenza, un irradiamento, un potere finora mai raggiunto. E' per questo che, in un momento in cui l'umanità conosce una così profonda trasformazione, le donne illuminate dallo spirito evangelico possono tanto operare per aiutare l'umanità a non decadere»(1). Le parole di questo Messaggio riassumono ciò che aveva già trovato espressione nel Magistero conciliare, specie nella Costituzione pastorale Gaudium et spes(2) e nel Decreto sull'apostolato dei laici Apostolicam actuositatem(3). • Simili prese di posizione si erano manifestate nel periodo preconciliare, per esempio in non pochi Discorsi del Papa Pio XII(4) e nell'Enciclica Pacem in terris di Papa Giovanni XXIII(5). Dopo il Concilio Vaticano II, il mio Predecessore Paolo VI ha esplicitato il significato di questo «segno dei tempi», attribuendo il titolo di Dottore della Chiesa a santa Teresa di Gesù e a santa Caterina da Siena(6), ed istituendo, altresì, su richiesta dell'Assemblea del Sinodo dei Vescovi nel 1971, un'apposita Commissione, il cui scopo era lo studio dei problemi contemporanei riguardanti la «promozione effettiva della dignità e della responsabilità delle donne»(7). In uno dei suoi Discorsi Paolo VI disse tra l'altro: «Nel cristianesimo, infatti, più che in ogni altra religione, la donna ha fin dalle origini uno speciale statuto di dignità, di cui il Nuovo Testamento ci attesta non pochi e non piccoli aspetti (...); appare all'evidenza che la donna è posta a far parte della struttura vivente ed operante del cristianesimo in modo così rilevante che non ne sono forse ancora state enucleate tutte le virtualità»(8). • I Padri della recente Assemblea del Sinodo dei Vescovi (ottobre 1987), dedicata a «la vocazione e la missione dei laici nella Chiesa e nel mondo a vent'anni dal Concilio Vaticano II», si sono di nuovo occupati della dignità e della vocazione della donna. Essi hanno auspicato, tra l'altro, l'approfondimento dei fondamenti antropologici e teologici necessari a risolvere i problemi relativi al significato e alla dignità dell'essere donna e dell'essere uomo. Si tratta di comprendere la ragione e le conseguenze della decisione del Creatore che l'essere umano esista sempre e solo come femmina e come maschio. Solo partendo da questi fondamenti, che consentono di cogliere la profondità della dignità e della vocazione della donna, è possibile parlare della sua presenza attiva nella Chiesa e nella società. • L a “Mulieris Dignitatem” di Giovanni Paolo II continua • a guidare la riflessione della Chiesa sull’universo • femminile e sul suo contributo alla società. Lo • scorso anno, in occasione dei 20 anni della Lettera • Apostolica, Benedetto XVI parlava di «mentalità maschilista, • che ignora la novità del cristianesimo, il quale riconosce • e proclama l’uguale dignità e responsabilità della donna • rispetto all’uomo. Ci sono luoghi e culture – ricordava il • Papa - dove la donna viene discriminata o sottovalutata per • il solo fatto di essere donna, dove si fa ricorso persino ad • argomenti religiosi e a pressioni familiari, sociali e culturali • per sostenere la disparità dei sessi, dove si consumano atti • di violenza nei confronti della donna rendendola oggetto • di maltrattamenti e di sfruttamento nella pubblicità e • nell’industria del consumo e del divertimento. Dinanzi a • fenomeni così gravi e persistenti – concludeva il Pontefice • - ancor più urgente appare l’impegno dei cristiani perché • diventino dovunque promotori di una cultura che riconosca • alla donna, nel diritto e nella realtà dei fatti, la dignità • che le compete». • LA FIGURA FEMMINILE NEL MONDO CRISTIANO – Dalle prime comunità cristiane dell’Impero ai primi secoli del Medioevo • Il contesto religioso pagano sul quale interviene, con la nascita del Cristo, la religione destinata a conquistare il mondo è fortemente influenzato da un sentito desiderio di immortalità, per cui, da secoli, correnti mistiche ispirate a Platone assicuravano agli strati più emarginati della società (schiavi, meteci, donne) la conquista dell’immortalità dell’anima e di un destino migliore, anche ultraterreno, attraverso la pratica di culti segreti con i quali era possibile raggiungere stati di comunione mistica con il dio. • Solo le donne giudee delle tribù di Israele, nella Siria meridionale, non ritrovavano neppure all’interno della loro religione monoteista alcuna possibilità di riscatto: bollate di perversità e impurità, dovute alla loro differenza sessuale, impossibilitate a ricevere la circoncisione che decontaminava l’uomo e lo "iniziava" a Jaweh, dovevano compensare la loro inferiorità con un’esistenza "separata", segregate nelle case, costrette a portare, in pubblico, il volto velato, accuratamente evitate dagli uomini in quanto impure, infettanti, fonte di ogni male. Ma la segregazione nella vita privata non era altro che il riflesso sociale della loro condizione impari di fronte al dio Jaweh, per cui, indegne di ricevere l’istruzione religiosa, non potevano assolutamente partecipare in modo attivo alle funzioni religiose (non potevano offrire sacrifici, leggere le Sritture, occupare gli stessi spazi riservati agli uomini). Solo la facoltà procreativa valorizzava, almeno da questo punto di vista, la donna. • Questo stato di cose ben giustifica il fatto che certi tratti del comportamento di Gesù destassero tanto clamore, spesso indignazione e scandalo. • Proprio, infatti, su quegli ortodossi scenari dell’Oriente antico si era mosso il Cristo nelle sue prime prove di guaritore e profeta, suscitando ammirazione e riconoscenza fra le donne. Diversi sono gli episodi in cui, completamente incurante dell’inflessibile conformismo controllato dai rabbini e di tutti i pregiudizi sociali legati al sesso, Gesù si avvicinava fisicamente a molte malate per guarirle, sfidando così la Legge, la Tradizione e la consuetudine. • Affascinate dalle sue misteriose capacità e dalla generosità e dalla tenerezza dei suoi atteggiamenti, le sue prime adepte lo seguirono per tutte le strade della sua predicazione sino alla morte. Di fatto, questa religione nascente, così legata all’idea del Padre e del rapporto tra Padre e Figlio, stava per capovolgere la prospettiva tradizionale dell’esistenza femminile, slegandola, per la prima volta nella storia, dal ristretto destino corporale con cui tutte le culture fino ad allora l’avevano identificata. Seguendo il Cristo invece dell’uomo, la donna poteva per la prima volta scegliere e plasmare la vita con le sue mani. • E’ facile immaginare la carica esplosiva che il giovane cristianesimo aveva in sé, e di cui le prime seguaci, di solito ebree o comunque vicine alla cultura giudaica, percepirono gli effetti: nelle prime comunità cristiane esse potevano partecipare alle preghiere con gli uomini, recitare e cantare salmi, affiancare i mariti nei viaggi per predicare il Vangelo, ricoprendo così anche un’importante funzione di propaganda, ospitare nelle loro case le adunanze dei cristiani. • Ma perché il seme cristiano fruttificasse e si diffondesse ulteriormente restava ancora una lunga marcia da fare, considerando come già fosse racchiusa in quel seme una contraddizione molto forte, destinata a segnare la storia di tutto il cristianesimo per secoli: come poteva conciliarsi il liberatorio messaggio evangelico con una realtà sociale di secolare subordinazione per la donna? • Ben presto, nelle comunità cristiane asiatiche la semplice struttura paritaria cominciò a complicarsi: progressivamente andò organizzandosi una struttura sempre più gerarchica, con "gli anziani", uomini autorevoli per prestigio e per età, a capo della comunità, fino all’imporsi, all’inizio del II secolo, dell’autorità del vescovo, autorità maschile perché maschile restava la concezione del potere, al quale spettava convalidare sia l’assemblea, sia l’eucarestia. Le donne cominciarono a essere esautorate: nell’assemblea venne loro tolta la parola; impensabile un’eventuale candidatura femminile nella nuova organizzazione del clero secondo tre livelli (prete, diacono, vescovo). • Considerando l’immagine che dagli scrittori cristiani è giunta a noi della donna in età patristica, si può, generalizzando, cogliere i due estremi che denotano l’atteggiamento nei confronti del soggetto femminile: la più assoluta riprovazione per colei che simboleggia la fonte del peccato e di tutti i mali per l’uomo (Eva), e una sentita ammirazione per colei che rappresenta, però, anche Maria madre di Cristo, la prescelta delle Sacre Scritture, un modello di "verginale obbedienza e purezza" per tutti i fedeli (soprattutto donne). • Estremo male, dunque, oppure modello impeccabile di sottomissione e obbedienza, erano le alternative che si prestavano a un’interpretazione del ruolo femminile da una parte rivalutato, ma dall’altra sempre schiacciato dal peso della tradizione. Una parziale risoluzione a questa sostanziale contraddizione è fornita dalla distinzione degli ambiti d’azione in campo religioso tra uomini e donne: è vero che alle donne erano preclusi i più alti ministeri e gli incarichi istituzionali, ma è anche vero che esse erano in grado di svolgere un altrettanto importante incarico nelle opere di carità e proselitismo all’interno delle famiglie della comunità, ma anche al di fuori delle mura domestiche (nell’assistenza agli infermi, ad esempio, e in un momento successivo nella fondazione e nel mantenimento anche economico, da parte delle ricche vedove romane convertitesi, di comunità monastiche). Non è un caso che una personalità religiosa importante come Girolamo avesse intrattenuto stretti contatti con molte gentildonne romane, sue discepole spirituali, per le quali nutriva sentimenti di stima, rispetto e riconoscenza. • Nel frattempo, lungo la costa dell’Asia Minore, dove sedimentavano grandi resti di religioni arcaiche materne, si svolgeva, tra la fine del I secolo e l’inizio del II, una dura lotta tra la volontà di affermazione del cristianesimo, con tutte le conseguenze che essa comportava nella rivalutazione del ruolo femminile, e le resistenze di certe valenze femminili sedimentate attraverso una tradizione millenaria di culti estatici collegati alle profezie delle sacerdotesse sacre possedute dalla divinità. Questa tradizione fu accolta da un movimento religioso, lo gnosticismo, che, stravolgendo in parte le istanze cristiane, poneva accanto all’essenza divina una forza femminile che si presentava come estrema erede delle Grandi Madri dell’Oriente. Nelle comunità gnostiche le donne furono accettate, e spesso le loro strutture politiche e sociali furono adeguate al principio dell’uguaglianza, anche se di fatto si trattava di minoranze che andarono sempre più accentuando la loro contrapposizione al cristianesimo, fino alla dichiarazione dello gnosticismo come eresia. • Anche il movimento montanista, al pari di quello gnostico, si organizzò in comunità all’interno delle quali il ruolo delle donne era determinante. Nel III secolo, dalla Frigia iniziò a dilagare nell’Africa settentrionale per poi passare, presumibilmente, in Spagna, nelle Gallie e a Roma: le sue profetesse erano probabilmente donne acculturate, in grado di leggere e di scrivere, ed è per questo che, nonostante anche questo movimento fosse stato dichiarato eretico, esistette una letteratura ricca e apprezzata di cui ci testimonia qualcosa il primo apologeta latino, Tertulliano, il quale aderì personalmente al montanismo. • Il II secolo fu, dunque, attraversato da grandi tensioni tra le comunità ortodosse cristiane e i movimenti eretici, tensioni che, per quanto ci riguarda, coinvolsero la questione femminile sottoposta a due contrapposti punti di vista: quello degli asiatici e degli abitanti dell’Africa settentrionale, nelle cui società la donna poteva ancora godere di una certa considerazione grazie all’apporto di una tradizione religiosa "femminista"; quello dei cristiani che volevano imporre la propria interpretazione religiosa a "colpi di Eva" (il prototipo femminile biblico non favoriva di certo una prospettiva positiva per la donna). Ben presto si diffuse un atteggiamento di grande sospetto e diffidenza nei confronti soprattutto della donna pagana, prima, poi di quella barbara ariana, incarnazioni di quelle presunte forze maligne che avrebbero provocato nei secoli successivi del Medioevo la "caccia alle streghe". • Le donne cristiane, intanto, ormai assuefattesi a una condizione che, nella novità, di fatto non mutava nulla per loro, erano a quel punto pressate dalla richiesta di adeguare il loro tenore di vita alla regola cristiana, abbandonando i lussi e le dissolutezze di una società, quella romana, che già da tempo si era lasciata andare, abbandonando i sani precetti del mos maiorum. Buttare via le vesti eleganti e sofisticate, reprimere i propri istinti erotici, piegare il proprio corpo alla castità per conservare una verginità incontaminata che le rendesse più pure agli occhi di Dio: ecco ciò che si richiedeva alle fanciulle cristiane. • La portata innovativa dei nuovi costumi femminili che si stavano diffondendo consisteva nel rifiuto del matrimonio, nel sottrarsi delle ragazze ai legami familiari, nella loro scelta della solitudine: nasceva il monachesimo, nascevano in Oriente, in Africa, in Europa, le prime monache. Nel corso del III secolo il vero e proprio deserto fu l’alternativa di vita che si impose con insistenza, e che si tradusse nel giro di pochi decenni in stile di vita solitario, scabro ed essenziale, l’anacoretismo. Per molto tempo fu essenzialmente il timore, spesso vero e proprio terrore, delle persecuzioni a far prendere la strada dei monti a molti nuovi cristiani; ma col tempo anche quest’esperienza radicale si rivelò invivibile: si andò allora sempre più affermando un nuovo modello, quello di una comunità di eremiti che facevano vita comune, almeno per quanto riguardava il cibo e la preghiera: la "casa-alveare". Sarebbe diventata questa la formula vincente anche per le donne. • Con la pace di Costantino, nel cristianesimo ormai trionfante si scatenò una tensione morbosa: a livello popolare ciò si espresse in un dilagante fanatismo, alimentato dalle diffuse leggende su sadici e crudeli episodi di martirio; nelle classi sociali più elevate andava sempre più assumendo le forme e i modelli di una vita ascetica e ritirata dai pericoli del mondo e in particolar modo dell’impero romano ormai in sfacelo sotto le ondate barbariche. • Girolamo, personaggio di spicco nella letteratura cristiana, eremita per tre anni, diffuse a Roma il sogno della solitudine organizzata, della comunione fra solitari: era l’idea del cenobio, del monastero. Questa raggiunse negli ultimi anni del IV secolo i salotti delle dame romane, per lo più ricche vedove del patriziato convertitesi al cristianesimo. I primi monasteri avevano le caratteristiche di fortezze, con grosse mura protettive che dovevano difendere anche da furti e incursioni barbariche e preservare al ritiro claustrale, anche se nei primi tempi si trattava per lo più di cenacoli culturali promossi da nobildonne romane o principesse barbare ancora estranei al silenzio e al sommesso ritiro religioso. • Col tempo, tuttavia, le nuove generazioni di fanciulle, ormai nate al di fuori di qualsiasi reminiscenza pagana, venivano sin da piccole educate a una lenta, inflessibile, realizzazione dell’ascesi, basata sui principi della rinuncia e della sottrazione, della modestia e del contegno, della preghiera e della contemplazione: la nuova donna cristiana non poteva che essere una monaca e quindi aderire, conformemente ad un’alta cultura conventuale che andava differenziandosi sempre di più da quella laica, feudale e cortese, allo stile di vita monacale dei monasteri femminili. Questi furono per tutto il Medioevo poco più che case riservate per scelte comunità femminili che re e regine eressero per loro congiunte, al fine di preservarle dagli oltraggi del mondo più che per evidenti vocazioni. E’ per questo che risultò necessario dotarli di tutto il necessario (e evidentemente anche superfluo) sostegno economico perché le fanciulle conducessero un’esistenza degna della loro origine aristocratica: a questo scopo fondatori e benefattori, del cui mecenatismo queste comunità vivevano, si assicuravano un’opera buona per la quale guadagnarsi l’eternità. Non tutti i monasteri erano, però, così benestanti; alcuni vivevano di elemosine e esigue donazioni persino della povera gente di campagna, che spesso poteva contare su di loro per trovare ospitalità e sussistenza in ogni evenienza (mogli infelici, vedove di alto rango). • Altri ancora, nei secoli più lontani (V, VI, VII), non potevano rischiare di attrarre in modo così palese gli appetiti degli invasori, e dovettero affidarsi a forme di monasteri doppi (racchiudevano, in edifici separati, monaci e monache). Una badessa, cui spettavano compiti di amministrazione e di giurisdizione, regolava qualsiasi rapporto esterno, provvedendo alle necessità del vitto, concedendo udienza ai visitatori, rispondendo alle lettere dei fedeli, mantenendo i contatti con monarchi, donatori, vescovi, (ed è per questo che veniva scelta in base alle sue capacità diplomatiche, al suo temperamento, alle sue doti organizzative e di comando, ma anche in base al suo prestigio e alla sua estrazione sociale), mentre a tutte le altre era assolutamente vietato entrare o uscire dal convento a sua insaputa. Spesso, comunque, il suo potere, sottoposto solo all’autorità della Regola, poteva sfociare nell’ingiustizia. Bisogna, inoltre, considerare, a proposito di queste istituzioni monacali, l’importanza che esse ricoprivano nella la struttura economica di un paese: erano luoghi approvvigionati, spesso dotati di laboratori artigianali, con campi, vigneti e frutteti intorno, che rappresentavano sicuramente un lusso per quanti vivevano in tempi così precari, e fornite biblioteche dove si raccoglievano e trasmettevano i testi della cultura antica. E’ anche per questo che si trattava di luoghi altamente esclusivi. • Ma anche in questi luoghi esclusivi, nati solo apparentemente per motivi religiosi, si andava lentamente diffondendo, pur tra le resistenze di badesse e principesse, un ideale claustrale umile e severo, che tendeva a ridurre anche le monache dell’aristocrazia all’idea cristiano-plebea della semplicità, povertà, umiltà, già formulata da Sant’Agostino, alla fine del IV secolo, e realizzata nella fondazione di un monastero femminile a Ippona. Un lungo braccio di ferro, che attraversò tutto il medioevo sino al XIII secolo, vide schierate monache aristocratiche e loro potenti famiglie in difesa dei privilegi monacali e contro gli interventi moralizzatori dei vescovi, il cui intento era quello di isolarle dai contesti affettivi e mondani per realizzare in loro il vero "sogno del deserto".

  22. Parte terza:La donna nella religione cristiana La condizione della donna al tempo di Gesù - 2 • L'educazione delle donne si esauriva soprattutto nell'imparare  ad eseguire i lavori domestici, mentre non erano tenute allo studio della Torah, anche se erano obbligate ad osservarne i precetti. • Di solito le donne si sposavano assai giovani, fra i dodici e i quattordici anni. Il matrimonio era già considerato valido dopo il contratto ufficiale di fidanzamento fatto col padre. • La condizione della donna nell'antichità è ben descritta dalla frase di Giuseppe Flavio: «La donna, dice (la Legge), è inferiore all'uomo in ogni cosa».Il Nuovo Testamento sulla questione della donna ha sicuramente fatto alcuni passi verso una vera «liberazione» e comunque il fatto che un gruppo di donne abbia seguito Gesù doveva apparire a quel tempo piuttosto insolito.

  23. Parte terza:La donna nella religione cristiana La condizione della donna al tempo di Gesù - 3 • IL divorzio, nella Palestina al tempo di Gesù, era praticato con molta facilità. Questa concezione si trova anche nel diritto matrimoniale. Qui vi è l’idea che l’uomo potesse violare solo il matrimonio altrui, mai il proprio. Invece la donna sposata era considerata adultera anche quando si concedeva ad un uomo non sposato. Comunque è assai difficile precisare in quale misura fosse praticato il divorzio al tempo di Gesù. Inoltre, l’applicazione e la severità delle norme variavano all’interno delle diverse scuole. • In genere si desiderava che la donna prima del matrimonio non uscisse di casa e Filone a tal proposito afferma che «mercati, consigli, tribunali, processioni festive, assembramenti di grandi folle, in breve tutta la vita pubblica con le sue discussioni e i suoi affari, in tempo di pace e di guerra, è un fatto di uomini». La letteratura rabbinica precisa che la vita ritirata delle donne, specie prima del matrimonio, era, però, rispettata solo nelle famiglie dei notabili di Gerusalemme, la donna del popolo non poteva permetterselo soprattutto per motivi di ordine economico. Il fatto che nei ceti meno abbienti, si era meno severi, si deduce dalle descrizioni delle grandi feste popolari che si svolgevano nel sagrato delle donne durante le notti della festività delle Capanne.

  24. Parte terza:La donna nella religione cristiana Gesù e la donna • Con Gesù le cose cambiano: I vangeli testimoniano un atteggiamento di amicizia ed apprezzamento di Gesù stesso nei confronti delle donne. • Gesù è amico di Marta e Maria. C’erano donne tra le persone che lo seguivano. Saranno le donne a rimanergli accanto nel momento della passione e della morte, saranno le donne a testimoniare la sua risurrezione, quando tutti i discepoli uomini, per paura, si erano dileguati. • Scrive lo studioso Marco Gallizioli: “Molti sono i passaggi, nel Nuovo Testamento, in cui il ruolo delle donne assume un valore eccezionale e sicuramente ‘scandaloso’ agli occhi di quanti erano legati ad una mentalità tradizionale. Gesù non si sente minacciato dal confronto con le donne, non ne teme la corporeità, ma, anzi, parla con loro, le rende depositarie di insegnamenti e verità. E le donne dimostrano una statura eccezionale in alcuni passaggi cruciali dell’esperienza terrena di Gesù”. L’opera (a destra) è di Laurent de La Ayre (1656) ed ha per titolo: Apparizione di Cristo alla Maddalena.

  25. Parte terza:La donna nella religione cristiana La “Mulieris dignitatem” - 1 • Nel 1988 è uscita la lettera apostolica sulla dignità della donna. • Giovanni Paolo II invita la donna alla fierezza della sua femminilità e capovolge antiche concezioni di inferiorità e di accuse di colpe originarie. • Secondo questa lettera il primo peccato non viene dalla donna, ma è un peccato della persona umana, creata da Dio maschio e femmina. L’opera, dal titolo Eva, è di Lucas il Vecchio e si trova agli Uffizi di Firenze

  26. Parte terza:La donna nella religione cristiana La “Mulieris dignitatem” – 2 • Nella lettera la positività della figura femminile trova la sua pienezza in Maria, presentata non solo come strumento per la realizzazione della nascita di Gesù, ma anche come figura di salvezza, come inizio della nuova e definitiva alleanza di Dio con il suo popolo.

  27. Il ruolo dello studente • Gli studenti hanno dimostrato un grande interesse all’argomento proposto, interagendo positivamente tra di loro e con l’insegnante. • Hanno dimostrato di saper utilizzare con competenza sia il computer e i vari motori di ricerca, sia il programma Word, sia la posta elettronica.

  28. Il ruolo del docente • In tutto il percorso didattico il docente ha svolto una funzione di sostegno nella scelta delle tematiche, di consiglio per il metodo da seguire e di stimolo per le varie tappe di approfondimento. • Soprattutto nell’attività svolta nel laboratorio di informatica ha motivato gli alunni nella ricerca dei testi più importanti attraverso Internet. • Ha, inoltre, invogliato gli alunni ad inviare alla sua e-mail (quella utilizzata per il Corso sulle nuove tecnologie) i testi e le foto. • Ha, infine, realizzato una presentazione di tutto il lavoro in PowerPoint, inserendolo sul sito del Liceo.

  29. Materiali e link • Uso di Word e PowerPoint • Lettura di riviste e giornali • Lettura di libri sull’argomento • Ricerche su Internet • In particolare si sono visitati i seguenti siti: • http://it.answers.yahoo.com • http://it.wikipedia.org/wiki/Portale:Religioni • www.centrostudivalsanmartino.com/Donna • www.famigliacristiana.it • http://ducaabruzzi.provincia.venezia.it/old/lavori/9900/donna/.../corano.htm • http://cineforum.bz.it/pellicola/archivio/.../donnareligione/index.htm • www.puntoacroce.altervista.org/+At_Religioni.htm • http://migliorforum.com/lector/e-dio-nego-la-donna-vittoria-haziel-vt507.html • http://digilander.libero.it/.../La donna nelle tre religioni rivelate.htm • www.sociopoliticavelletri.it/Pagine/Curiosita/Donne musulmane.htm • www.donne-cosi.org/pagaladonna.htm • http://maturita.scuolazoo.it/rapporto-tra-donna-e-religione • http://sottocoperta.net/eventi/lazio/.../215/libro-tre-religioni-donne.html • www.ilfoglio.org/279/Il_ruolo_della_donna.htm • http://utenti.quipo.it/scuolacoletti/donna/religioni-civilta • www.arabcomint.com/ladonnamusulmana.htm

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