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La crisi di fine secolo e l’età giolittiana (1896-1914)

La crisi di fine secolo e l’età giolittiana (1896-1914). 1. LA CRISI DI FINE SECOLO (1896-1901).

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La crisi di fine secolo e l’età giolittiana (1896-1914)

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  1. La crisi di fine secolo e l’età giolittiana (1896-1914)

  2. 1. LA CRISI DI FINE SECOLO (1896-1901) • L’Italia vive un periodo di forti “turbolenze” politiche e sociale che conducono alla crisi del sistema liberale, all’affermazione delle forze progressiste e alla realizzazione di forme di più avanzata democrazia. • GLI EVENTI • Dopo la caduta di Crispi si succedono i governi AntonioDi Rudinì, Luigi Pelloux , e GiovanniSaracco. • 1898. Scoppiano moti popolari spontanei per l’aumento del prezzo del pane, che vengono duramente repressi dalla polizia. Viene proclamato lo stato d’assedio. A Milano, le truppe al comando del generale Bava Beccaris fanno uso dell’artiglieria contro la folla dei dimostranti, cui fa seguito un’azione repressiva contro socialisti, radicali, repubblicani e cattolici intransigenti. • 1900. Alle elezioni politiche lo schieramento governativo viene ridimensionato, mentre avanzano le forze dell’opposizione. • 1900. A Monza, in un attentato, l’anarchico Gaetano Bresci uccide il re Umberto I. Vittorio Emanuele III è il nuovo sovrano.

  3. 2. LA SVOLTA LIBERALE (1901-1903) • Ha inizio una nuova stagione politica italiana, caratterizzata dall’azione di riformatrice del nuovo governo. • GLI EVENTI • 1901. Vittorio Emanuele III chiama alla guida del governo il leader della sinistra liberale Zanardelli. Giovanni Giolitti è ministero degli interni. • 1901-1903. La politica delle riforme • Norme per la limitazione del lavoro minorile e femminile nell’industria. • Legislazione sulle assicurazioni per la vecchiaia e per gli infortuni sul lavoro. • Istituzione del Consiglio Superiore del Lavoro. • Esercizio diretto (municipalizzazione) dei servizi pubblici.

  4. Come ministro degli interni, Giolitti si attiene a quanto affermato in un celebre discorso parlamentare tenuto nel febbraio del 1901. Giolitti, infatti, mantiene una posizione di neutralitàdello stato nei conflitti che sorgono nel mondo del lavoro tra capitale e lavoro. Ciò provoca nel breve periodo: • Crescita delle organizzazioni sindacali operaie e contadine. • Scioperi e aumento dei salari.

  5. 3. LA ETÀ GIOLITTIANA (1903-1914) • Nel corso del decennio in cui si succedono diversi governi guidati da Giolitti, l’Italia subisce notevoli trasformazioni sia sul piano politico, che su quello economico-sociale. In particolare, si assiste ad una democratizzazione del paese (suffragio universale maschile), alla modernizzazione dell’economia (decollo industriale del Nord) e all’integrazione delle forze socialiste e cattoliche nella vita parlamentare. • In politica estera, sotto le pressioni del movimento nazionalista e in seguito alla guerra italo-turca, l’Italia acquisisce una nuova colonia, la Libia, e, nel mar Egeo, occupa Rodi e le isole del Dodecanneso. • GLI EVENTI POLITICI • 1903. Dopo le dimissioni di Zanardelli, Giolitti è chiamato a presiedere il governo. • 1904. “Leggi speciali” per il Mezzogiorno. • 1904-1905. Progetto di statalizzazione delle ferrovie. Dimissioni di Giolitti; governi Fortis e Sonnino. • 1906-1909. “Lungo ministero Giolitti”.

  6. 1909. “Ritirata strategica” di Giolitti che si dimette. Governi Sonnino e Luzzati. Realizzazione della riforma scolastica. • 1911. Ritorno al governo di Giolitti con un programma orientato a sinistra. • 1912. Istituzione del Suffragio universale maschile. Approvazione della legge sul monopolio statale delle assicurazioni sulla vita. • 1911-1912.Guerra di Libia e pace di Losanna. • 1913. Prime elezioni a suffragio universale maschile. Patto Gentiloni. • Si passa da poco più di 3.000.000 a 8.672.000 votanti. • Avanzata dei socialisti e e dei cattolici; ingresso alla camera di una piccola rappresentanza nazionalista. Maggioranza parlamentare saldamente in mano ai liberali. • 1914. Dimissioni di Giolitti. Il governo viene affidato ad Antonio Salandra, esponente della destra liberale. • 1914. Settimana rossa. Il conflitto tra le forze politiche si polarizza. Il progetto politico giolittiano entra definitivamente in crisi.

  7. I CATTOLICI ITALIANI E LA POLITICA Dopo la presa di Roma (1870) e la fine del potere temporale del papa, con il non expedit (in italiano: non conviene) di Pio IX (1874), ai cattolici italiani era fatto divieto di partecipare alle elezioni e, in generale, alla vita politica del nuovo stato. Con il “Patto Gentiloni” in occasione delle prime elezioni a suffragio universale maschile del novembre 1913, i cattolici si impegnano a votare il candidato governativo nei collegi dove è possibile una vittoria socialista. Il conte Ottorino Gentiloni, presidente dell’Unione elettorale cattolica, invita infatti i militanti cattolici ad appoggiare i candidati liberali che, una volta eletti, si impegnino a rispettare un programma che prevede la tutela dell’insegnamento privato, l’opposizione al divorzio, il riconoscimento delle organizzazioni sindacali cattoliche. Con il “Patto Gentiloni”, dopo decenni, i cattolici italiani, anche se solo parzialmente, partecipano alla vita politica della nazione e acquistano una capacità di pressione sulla classe dirigente e sul Parlamento mai avuta fino ad allora. Il non expedit fu formalmente abolito solo nel 1919.

  8. 3.1. Il decollo industriale • Dopo i primi incerti passi compiuti negli anni Ottanta, tra la fine dell’800 e l’inizio della prima guerra mondiale, l’Italia conosce il suo primo autentico decollo industriale. • Le precondizioni • Congiuntura internazionale favorevole, a partire dal 1896 • Progressi compiuti dall’Italia post-unitaria • Sviluppo della rete ferroviaria con conseguente commercia-lizzazione dell’economia • Scelta protezionistica del 1887 • Riordino del sistema bancario dopo lo scandalo della Banca romana. (Importante la costituzione, nel 1894, grazie all’intervento dello Stato e di capitali tedeschi, sul modello della banca mista, di due istituti di credito: la Banca commerciale e il Credito italiano.)

  9. I settori industriali • Siderurgia • Acciaierie di Terni; altri importanti impianti a Savona, Piombino e bagnoli • Favorita dalle tariffe del 1887 • Dipendente dalle commesse statali (rotaie per le ferrovie, corazze per le navi da guerra) • Tessile • Rimane il più importante settore industriale, per quantità di stabilimenti • Sviluppo del industria cotoniera, altamente meccanizzata e favorita dalle tariffe doganali • Agro-alimentare • Crescita rapidissima dell’industria dello zucchero, anch’essa favorita dalle misure protezionistiche adottate

  10. Chimica • Progressi soprattutto nell’industria della gomma (stabilimenti Pirelli a Milano) • Settore non favorito dalle tariffe doganali • Meccanica • Penalizzata dalle tariffe doganali • Crescita favorita dalle commesse statali (materiale ferroviario, navi, armamenti) e dalla domanda di macchinari proveniente dai settori industriali privati • Affermazione dell’industria automobiistica (a Torino, nel 1899, Giovanni Agnelli fonda la Fiat) • Industria elettrica • La produzione di energia elettrica conosce un vero boom agli inizi del 900: dai circa 100 milioni di chilowattora nel 1898, ai due miliardi e mezzo del 1914

  11. I dati della crescita • Fra il 1896 e il 1907, il tasso di crescita annua è del 6,7%, superiore a quello degli altri paesi europei • Tra 1l 1896 e il 1914, il volume complessivo della produzione industriale risulta quasi raddoppiato • La quota dell’industria nella formazione del prodotto nazionale, rimasta stazionaria attorno al 20% tra il 1880 e il 1900, passa, nel 1914 al 25%, contro il 43% dell’agricoltura • Nel primo quindicennio del secolo, il reddito pro-capite aumenta di quasi il 30%; incremento che consente a molte famiglie di destinare una quota crescente di reddito a consumi non alimentari (casa, trasporti, istruzione, attività ricreative, beni di consumo durevoli)

  12. Conseguenze sociali della modernizzazione • Grazie alla crescita economica si assiste ad un deciso miglioramento del tenore di vita degli italiani, soprattutto nelle città. • Sviluppo, gestito dalle aziende municipalizzate, dei servizi pubblici: illuminazione, trasporti urbani, gas domestico, acqua corrente. • Rimangono pèro precarie le condizioni abitative dei lavoratori urbani, anche se il governo e le amministrazioni locali varano le prime iniziative di edilizia popolare. • I progressi dell’igiene urbana (acqua corrente e fognature) contribuiscono alla decisa flessione della mortalità dovuta alle malattie infettive (colera, tifo, malattie dell’apparato gastroenterico) • Forte regressione del tasso di mortalità infantile (dal 17,4% nel 1900, al 13% nel 1914) che si attesta su valori prossimi a quelli dei paesi più avanzati (Gran Bretagna e Francia)

  13. Il divario con i paesi europei più avanzati • Malgrado i progressi dell’economia e la complessiva modernizzazione del paese, rimane ancora elevato il divario che separa l’Italia dalle altre e più sviluppate nazioni europee. Alla vigilia della Prima guerra mondiale: • Il reddito pro-capite italiano è circa la metà di quello inglese e due terzi di quello tedesco • L’analfabetismo è molto diffuso: 37% nel 1911 • Il consumo annuo di carne risulta tre volte inferiore a quello inglese

  14. Il fenomeno migratorio • Nonostante l’elevata crescita economica, un numero elevato di popolazione attiva è ancora impegnata nell’agricoltura (50% in Italia, contro il 35% in Francia e l’8% in Inghilterra). Proprio negli anni dello sviluppo economico, l’eccedenza di manodopera alimenta i forti flussi migratori verso l’estero, che risultano in costante aumento. • Nel solo 1913, si registrano 870.000 partenze • Tra il 1900 e il 1914, circa 8 milioni tra uomini, donne e bambini lasciano, in molti casi definitivamente, l’Italia Si emigra da tutte le regioni italiane; tuttavia il fenomeno migratorio più rilevante riguarda le regioni arretrate del Mezzogiorno. Va inoltre osservato che: • I flussi migratori dalle regioni centro-settentrionali sono diretti verso altri paesi europei e sono prevalentemente di carattere temporaneo; in alcuni casi l’emigrazione è stagionale • Dal Mezzogiorno, invece, ci si dirige prevalentemente verso il Nord America. Si tratta, in questi casi, di un’emigrazione diversa, che spesso è di carattere permanente

  15. Dal punto di vista economico, l’emigrazione può essere valutata positivamente. • Ha allentato la pressione demografica, contribuendo a riequilibrare il rapporto popolazione-risorse. • Le rimesse degli emigranti hanno alleviato i disagi di molte famiglie italiane delle aree più depresse e hanno contribuito ai miglioramenti dell’economia italiana Nonostante queste ricadute positive in ambito economico, l’emigrazione tardo ottocentesca e primo novecentesca ha rappresentato un impoverimento per la comunità nazionale: in particolare il Sud si è visto privato di una quota consistente di forza-lavoro e di energie intellettuali.

  16. APPUNTI • Recuperare immagini da Internet • Distinzione tra strutture e infrastrutture economiche • Sottolineare il ruolo attivo dello stato nel processo di modernizzazione (misure di politica economica, stimolo dal lato della domanda, commesse statali) • Cfr. anche manuale di Storia dell’economia • schema domanda / offerta. Ruolo dello Stato • Recuperare altri dati statistici • rivedere cronologia politica • data fallimento Banca romana

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