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I DIALOGHI

I DIALOGHI. Si tratta di dieci opere. Differenza con i dialoghi di Platone e di Cicerone: non c'è una cornice drammatica e storica, ma l'autore parla sempre in prima persona al dedicatario. Risentono dell'influsso della diatriba cinico-stoica: dialogo con un interlocutore fittizio.

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  1. I DIALOGHI Si tratta di dieci opere. Differenza con i dialoghi di Platone e di Cicerone: non c'è una cornice drammatica e storica, ma l'autore parla sempre in prima persona al dedicatario. Risentono dell'influsso della diatriba cinico-stoica: dialogo con un interlocutore fittizio.

  2. Consolatio ad Marciam Scritta per la morte del figlio Metilio, avvenuta tre anni prima. Marcia era figlia di Cremuzio Cordo, i cui scritti furono ripubblicati all'inizio del principato di Caligola. Vengono usati tutti gli argomenti per dimostrare che la morte non è un male. Prosopopea di Cremuzio Cordo che accoglie in cielo il nipote.

  3. De ira L’ira è una delle passioni più deleterie per l’uomo, ne deforma gli atteggiamenti e perfino i lineamenti fisici. Indica poi i rimedi. Tra gli esempi deleteru spicca quello di Caligola.

  4. Consolatio ad Helviam matrem Indirizzata alla madre per consolarla della lontananza del figlio esule. L'esilio non è un male, non può togliere la virtù.il sapiente ha come patria il mondo.Vuole trasmettere l'immagine di un uomo che nonostante la sventura conserva una virile dignità.

  5. Consolatio ad Polybium • Composta durante l’esilio, è indirizzata al potente liberto di Claudio, Polibio per la morte di un suo fratello ( aut beatus aut nullus) ; in essa Seneca elogia sino all’adulazione Claudio per le imprese militari, la giustizia e la clemenza (figura della prosopopea) nella speranza di poter fare ritorno a Roma

  6. De brevitate vitae • In quest’opera dedicata a Paolino, Seneca constata che la vita non è breve, ma gli uomini la rendono tale, perché occupati negli affari. Vivono veramente solo coloro che si dedicano alla saggezza e così riescono a dominare il tempo. Vita si uti scias longa est. Seneca esorta Paolino a lasciare i suoi impegni di funzionario statale e a consacrarsi allo studio e alla sapienza.

  7. De vita beata Seneca polemizza con Epicuro e la sua teoria del piacere:il sommo bene del saggio non è il piacere, bensì vivere secondo natura, cioè secondo ragione: il sommo bene consiste nella virtù. Seneca si difende dall’accusa di condurre una vita troppo agiata, di possedere enormi ricchezze e di condurre una vita nel lusso in contrasto con la dottrina stoica. Seneca non nega la fondatezza delle accuse, ma si difende ammettendo che non ha ancora raggiunto gli obiettivi. "I filosofi non fanno ciò di cui parlano. Ma fanno già molto perché ne parlano". Il filosofo non ama le ricchezze e no soffre quando ne è privato, ma preferisce possederle, perché così può dedicarsi più facilmente alla virtù.

  8. De tranquillitate animi • Sottolinea l’ importanza dell’otium , necessario quando le avversità impediscono l’ attività politica. Seneca descrive di un animo inquieto e insoddisfatto ed indica come rimedi: l'impegno nella vita attiva per il bene comune, l'amicizia dei buoni, , la serena accettazione delle avversità. Polemizza con il filosofo stoico Atenodoro, che sconsigliava l'impegno attivo per gli ostacoli alla virtù. Secondo Seneca, il sapiente riesce sempre ad operare rettamente. Intende ovviamente giustificare la sua permanenza accanto a Nerone.

  9. De otio • L’autore esprime il primato dell’otium sul negotium, segnando un ritorno alla posizione di Lucrezio. E' impossibile trovare uno Stato in cui il filosofo possa agire coerentemente ai suoi principi: le sue idee ora, dopo il secessus coincidono con quelle di Atenodoro

  10. De providentia • Dedicato a Lucilio, che gli chiede perché mai i buoni siano colpiti dai mali.Seneca risponde che non sono veri mali quelli che gli uomini considerano tali: la fortuna, mette i migliori alla prova per perfezionarli moralmente. Emerge ovunque il senso della provvisorietà umana e dell’ importanza della vita spirituale

  11. De constantia sapientis • Indirizzata a Sereno, è un’ esaltazione della virtù del saggio e della sua imperturbabilità. Il saggio è invulnerabile di fronte agli attacchi dall'esterno, perché per lui l'unico bene è la virtù. siamo di fronte alla totale interiorizzazione dei valori.

  12. I TRATTATI • L'autore parla sempre in prima persona con un interlocutore, che è anche il dedicatario. • L'impianto è dialettico-argomentativo, secondo l'uso diatribico

  13. De clementia • Trattato in tre libri, scritto nel 55 o nel 58 d.C., di cui possiamo leggere ancora il primo libro e parte del secondo. Composto all'inizio del principato diNerone. Seneca lo esalta perché ha saputo esercitare il potere con mitezza e ha dato prova di possedere la virtù più grande di un sovrano: la clemenza, cioè la moderazione che usa nel punire chi ha potere. La clemenza procura amore e riconoscenza, garantisce la stabilità del potere. il re clemente stabilisce un rapporto paterno con i sudditi.

  14. Seneca prende atto che il principato è una monarchia assoluta. Per questo pone al centro delle virtù politiche la clemenza, non più la giustizia. La clemenza implica un rapporto di dipendenza: il punto di riferimento non sono più le leggi, ma la volontà del sovrano.Per motivare positivamente il principato Seneca trova supporto nella dottrina stoica, che indicava nella monarchia la miglior forma di governo, a condizione che il re fosse sapiente.

  15. Seneca presenta Nerone come sapiente, perché vuole proiettare su di lui un modello ideale: i comportamenti che gli attribuisce corrispondono al programma politico che implicitamente lo esorta a realizzare.E' evidente il carattere astratto ed utopistico di tale programma.

  16. De beneficiis • Affronta, in sette libri, il problema del retto modo di fare e ricevere benefici, che per lui sono il fondamento della convivenza civile e della vita sociale. • Tesi di fondo: il significato etico del beneficio consiste nel fatto stesso di donare e nell'intenzione di rendersi utile, indipendentemente dalle conseguenze (solo l'intenzione ha valore morale)

  17. Naturales quaestiones • opera in sette libri, apparentemente di argomento scientifico ( astronomia, geografia, meteorologia...), in realtà, filosofica. Seneca ritiene che la scienza sia subordinata alla filosofia. Il trattato ha carattere dossografico. Mira a liberare gli uomini dai timori che nascono dall'ignoranza dei fenomeni naturali (Lucrezio). • Biasima la tendenza ad utilizzare le conoscenze scientifiche e tecniche in funzione di un accrescimento dei vizi e della corruzione: gli specchi, i pesci, la neve. • Manifesta però una grande fiducia nel progresso scientifico futuro.

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