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MEDICINA DEL LAVORO PER STUDENTI DELLE PROFESSIONI SANITARIE

MEDICINA DEL LAVORO PER STUDENTI DELLE PROFESSIONI SANITARIE . Istituto di Medicina del Lavoro Università degli Studi di Genova. A cura del Prof. Fabio SPIGNO. Definizioni.

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MEDICINA DEL LAVORO PER STUDENTI DELLE PROFESSIONI SANITARIE

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Presentation Transcript


  1. MEDICINA DEL LAVORO PER STUDENTI DELLE PROFESSIONI SANITARIE Istituto di Medicina del Lavoro Università degli Studi di Genova A cura del Prof. Fabio SPIGNO

  2. Definizioni PERICOLO: la proprietà potenzialmente causa di danno posseduta da una determinata entità (composti chimici, agenti fisici, agenti biologici, condizioni particolari di lavoro ecc). RISCHIO: la possibilità che un pericolo possa provocare danno effettivo in condizioni di impiego o di normale attività

  3. ESEMPIO Corrente elettrica PERICOLO Se l’impianto elettrico è a norma il RISCHIO elettrico per il lavoratore è azzerato. Si deduce da quanto riportato che il rischio è un fattore percentuale che decresce in funzione della applicazione di norme preventive di sicurezza.

  4. Il RISCHIO appare sotto un duplice aspetto per la SICUREZZA per la SALUTE

  5. I RISCHI PER LA SICUREZZA possono riguardare la collettività dei lavoratori di una azienda (es. derivati dalla mancata applicazione delle norme antincendio) ovvero possono riguardare il singolo lavoratore come avviene nel caso della mancanza di dispositivi di sicurezza su macchine o apparecchiature varie con conseguente possibilità di infortuni sul lavoro.

  6. I RISCHI PER LA SALUTE sono rappresentati da fattori di rischio (chimici, fisici, biologici, biomeccanici, relazionali) in grado di provocare un danno alla salute in modo acuto (infortunio o malattia infortunio) o cronico (malattia professionale); essi inoltre sono peculiari dell’ambiente di lavoro.

  7. FATTORI di RISCHIO da LAVORO Rischio CHIMICO Rischio FISICO Rischio BIOLOGICO . Rischio derivante da fattori RELAZIONALI Rischio derivante da fattori BIODINAMICI

  8. RISCHIO LEGATO A FATTORI CHIMICI I principali fattori di ordine chimico sono: • Metalli pesanti (Pb, Hg, Cd, Cr, ecc.) ed altri elementi tossici (alogeni, As ecc.) • Idrocarburi (alifatici ed aromatici semplici o alogenoderivati) • Alcoli • Acetati • Chetoni • Glicoli • Eteri • Ammine alifatiche ed aromatiche ed altri nitrocomposti; • Antiparassitari agricoli (pesticidi);

  9. PRINCIPALI VIE di ASSORBIMENTO Apparato respiratorio Apparato digerente Cute

  10. La principale via di assorbimento è la via RESPIRATORIA in quanto la maggior parte delle sostanze chimiche potenzialmente dannose per il lavoratore sono aerodisperse. Queste posso trovarsi in tre diversi stati fisici: • - Stato gassoso (gas - vapori) • - Stato liquido (nebbie/aerosol) • - Stato solido (polveri – fumi)

  11. Si può semplificare raggruppando le sostanze aerodisperse in due grosse categorie: PARTICELLE GAS/VAPORI

  12. PARTICELLE Liquide: nebbie (es. formazione di goccioline per riscaldamento di liquidi) Solide: particelle derivanti dal cimento meccanico (polveri), da combustione (fumi), e da nebulizzazione (fase disperdente aeriforme ed una fase dispersa solida). Dopo aerodispersione sono soggette agli effetti della ventilazione e di movimenti convettivi con spostamenti continui. Possibile sedimentazione delle particelle più grandi o più pesanti eventualmente dopo aggregazione.

  13. Particolare rilievo rivestono, nell’ambito delle particelle, lePOLVERI. Per definirle occorre valutare quattro parametri: Natura Struttura Dimensioni Morfologia

  14. NATURA In base alla loro natura si distinguono in: ATTIVE - necrosi del macrofago (quarzo) - sensibilizzazione di tipo ritardato (berillio, met. duri) INERTI - accumulo, formazione di collagene assente o scarsa MISTE - contenenti quarzo in modica quantità (es. polveri di fonderia)

  15. In base alla morfologia possono essere: MORFOLOGIA Laminari o appiattite (talco, grafite, mica) - prismatiche – rotondeggianti – allungate. Le particelle allungate vengono chiamate FIBRE: dal punto di vista fisico ha rilevanza la lunghezza, mentre il diametro appare trascurabile. Per le particelle tabulari o granulari è invece sufficiente, per descriverle, il loro diametro.

  16. DIMENSIONI Per diametro compreso tra 0.5 e 5 µm si ha penetrazione delle polveri nei bronchioli respiratori e negli alveoli  azione tossica nel polmone profondo. Massima azione patogena per polveri tra 1 e 2 µm di diametro.

  17. Infine, in base alla struttura si distinguono in: STRUTTURA • Struttura cristallina: ordine atomico con rispetto di distanze e configurazione – più comune e in natura e più biologicamente attiva • Struttura imperfetta o amorfa: gli elementi non si ripetono con ordine nello spazio ma si rinvengono disordinatamente qua e là La struttura cristallina dei minerali può variare in relazione a pressione e temperatura (quarzo /tridimite / cristobalite) e vi può anche essere passaggio a struttura amorfa

  18. E’ possibile anche un’ulteriore classificazione che prevede la distinzione in: POLVERE TOTALE POLVERE INALABILE POLVERE RESPIRABILE

  19. Per POLVERE RESPIRABILE si intende definire la frazione inferiore ai 5 µm che raggiunge il polmone profondo.

  20. GAS/VAPORI Inquinanti aeriformi identificanti stati diversi di aggregazione delle materia gas: elemento monoatomico (Argon), biatomico (Cl2), triatomico (O3) o composto chimico (CO) disperso in un mezzo (aria ambiente) con lo stesso stato fisico. vapore: aeriforme che deriva dallo stato solido o liquido della stessa sostanza per effetto della temperatura ed in funzione della propria tensione di vapore.

  21. Il pericolo legato alle sostanze che si trovano in questo stato fisico è dovuto alla loro azione che può essere: asfissiante, caustica, corrosiva, irritante, sensibilizzante, tossica dopo assorbimento (diversa tossico-cinetica e tossico-dinamica per diverse classi di sostanze)

  22. MONITORAGGIO DEI FATTORI DI RISCHIO CHIMICO Tutte queste sostanze potenzialmente patogene per l’organismo sono soggette a controlli al fine di ridurre al minimo i rischi per l’uomo. Vengono valutate la quantità delle stesse nell’ambiente lavorativo (monitoraggioambientale) e la loro concentrazione in diversi settori corporei (monitoraggio biologico).

  23. MONITORAGGIO AMBIENTALE Consiste nel controllo periodico dei fattori di rischio presenti nell' ambiente di lavoro. Per gli agenti chimici si attua mediante campionamento e successiva analisi dei composti aerodispersi e loro quantificazione.

  24. Anche nell’ambito del monitoraggio è utile la suddivisione dei composti inquinanti in particelle e gas/vapori in quanto i sistemi di campionamento e di analisi di questi sono assai differenti.

  25. CAMPIONAMENTO e ANALISI di PARTICELLE

  26. CAMPIONAMENTO: Si attua mediante una pompa dotata di filtro a membrana che aspira l’aria. Le particelle presenti nell’aria vengono in questo modo intrappolate e sono quindi disponibili per la successiva analisi. E’ possibile posizionare a monte del filtro dei dispositivi (cicloni ed elutriatori) in grado di lasciar passare la sola frazione respirabile. Ultimamente sono poi stati sviluppati dei campionatori in grado di catturare frazioni specifiche di particolato aerodisperso, denominati con l’acronimo PM (Particulate Matter) seguito da un numero che specifica al di sotto di quanti µm di diamentro viene eseguita la raccolta. Si hanno così i PM10, PM 2,5, PM 1, etc…

  27. Il campionamento si distingue in: Personale Fisso o di area

  28. CAMPIONAMENTO PERSONALE Si opera con una linea strumentale miniaturizzata. Un tubicino di prelievo pesca nel “volume respiratorio” del soggetto, essendo pinzato al bavero della tuta (a circa 30 cm dall’inizio delle vie respiratorie) e la pompa con porta-filtro si trova nel taschino della tuta. Generalmente il prelievo ha una durata lunga, anche l’intero turno di lavoro.

  29. CAMPIONAMENTO D’AREA Spesso viene eseguito anche questo tipo di campionamento, con analoga strumentazione ma su scala maggiore: il campionatore è sostenuto da un treppiede, all’altezza media delle vie respiratorie cioè 1,60 m circa. Anche qui il campionamento ha la durata di almeno metà turno di lavoro.

  30. ANALISI Quantitativa, si tratta di una misura fisica: • per conteggio, mediante un contatore (come avviene per gli elementi figurati del sangue) o un microscopio ottico, che permette anche il confronto delle particelle con reticoli di riferimento. Importante è l’illuminazione: quella utilizzata permette l’osservazione “in contrasto di fase” (M.O.C.F., misura anche qualitativa) • per pesata del filtro prima e dopo aspirazione. Le unità di misura sono pp/ml o ff/ml se per conteggio, µg/m3 o mg/m3 se per pesata.

  31. ANALISI Qualitativa, per il riconoscimento della natura delle particelle solide, sfrutta: • MOCF, soprattutto per il quarzo. • SEM che oltre all’osservazione morfologica delle fibre può eseguire una microanalisi per l’identificazione della singola fibra. • roentgen-diafrattografia che sfrutta le radiazioni ionizzanti. • spettrofotometria a IR, che identifica radicali e atomi caratteristici delle molecole che compongono la polvere in esame.

  32. CAMPIONAMENTO e ANALISI di GAS/VAPORI

  33. CAMPIONAMENTO può suddividersi in: Attivo, mediante una pompa che aspira l’aria con flusso continuo. Passivo, sfrutta la diffusione passiva attraverso una membrana.

  34. Quello ATTIVO si suddivide a sua volta in: • Diretto, prelievo della durata di pochi minuti di un volume fisso o variabile di aria che verrà poi analizzata. • Indiretto, prelievo di aria della durata anche di alcune ore, effettuando la concentrazione degli inquinanti. Analizziamoli uno per volta.

  35. Il campionamentoattivo diretto è attuato mediante contenitori sottovuoto o sacchetti di plastica riempiti da una pompa. Il volume raccolto può essere costante (contenitori di vetro) o variabile (contenitori in plastica).

  36. Il campionamento attivo indiretto è attuato mediante raccolta degli inquinanti e loro concentrazione su substrati che possono essere: liquidi (assorbimento)  gorgogliatori solidi (adsorbimento)  carboni attivi, gel di silice, allumina o polimeri porosi; in questo caso si dovrà provvedere al successivo deadsorbimento mediante alte temperature o solventi in modo da rendere le sostanze disponibili all’analisi.

  37. ANALISI Può essere di tipo chimico (fiale rivelatrici, carta chimica) o mediante strumenti analizzatori quali spettrofotometri e gascromatografi) Nel caso del campionamento diretto gli inquinanti saranno poco concentrati, per l’analisi occorrono quindi tecniche sensibili. Per questo motivo il campionamento diretto trova applicazione in situazioni limitate (CH4, CO2, CO).

  38. Nel campionamento passivo si utilizza una camera di diffusione contenente un substrato per la raccolta dell’inquinante. Questo può entrare nella camera attraversando una membrana mediante diffusione passiva (Legge di Fick). Per l’ANALISI si utilizza la concentrazione dell’inquinante raccolta sul substrato, da questa si risale alla concentrazione dell’inquinante nell’aria mediante un coefficiente di diffusione specifico per ciascuna membrana (fornito dal produttore della camera).

  39. LIVELLI MASSIMI AMMISSIBILI Per esprimere un giudizio sul significato delle concentrazioni delle sostanze tossiche riscontrate negli ambienti di lavoro dobbiamo ricorrere al loro confronto con i cosiddetti livelli massimi ammissibili ovvero concentrazioni alle quali i lavoratori possono rimanere esposti senza subire danni alla salute. Sono stati così adottati dei limiti di consenso quali i TLV (threshold limit value)dell’ACGIH (Associazione degli Igienisti Industriali Americani) che rappresentano concentrazioni medie per un turno di lavoro.

  40. TLV-TWA (valore limite di soglia media ponderata nel tempo): E' la concentrazione media ponderata per una giornata lavorativa di 8 ore ,per 40 ore settimanali e per l'arco della vita lavorativa a cui quasi tutti i lavoratori possono essere sottoposti ripetutamente senza effetti negativi. Vengono stabiliti 3 tipi di TLV più uno ulteriore: TLV-STEL (valore limite di soglia per breve tempo di esposizione): E' la concentrazione a cui i lavoratori possono essere esposti continuativamente per un breve periodo di tempo. TLV-C (valore limite di soglia, ceiling): E' la concentrazione che non deve essere superata durante l’attività lavorativa, neppure istantaneamente. TLV di miscela Mediante fattori di correzione tiene conto della contemporanea presenza di più sostanze inquinanti.

  41. MONITORAGGIO BIOLOGICO Con il termine di monitoraggio biologico dei rischi da lavoro intendiamo indicare il controllo periodico dei lavoratori esposti al rischio di intossicazione professionale mediante la ricerca di due tipi di indicatori biologici: Indicatori di DOSE Indicatori di EFFETTO

  42. Gli indicatori di dose, meglio definibili indicatori di esposizione, forniscono informazioni sulla avvenuta esposizione e sulla entità della stessa. Gli indicatori di dose consistono nel dosaggio dell'agente nocivo o di eventuali suoi metaboliti, nel sangue, nelle urine, nelle feci, nel sudore, nel latte, negli annessi cutanei o nell'aria espirata.

  43. Esempi di indicatori di dose sono le concentrazioni dei diversi metalli pesanti quali Pb, Cd, Hg rilevate nel sangue e nelle urine dei lavoratori, ma anche gas come il CO che possiamo trovare legato all’Hb. Per talune di queste sostanze esistono livelli massimi definiti per legge (es. Pb-emia secondo il D. Lgs. 277/91 e successive modifiche). Per altre sostanze invece esistono concentrazioni stabilite da Organizzazioni Scientifiche o Governative come l’OSHA o l’ACGIH che ha definito gli IBE (indici biologici di esposizione = valore atteso in soggetti esposti all’agente in concentrazioni prossime al TLV)).

  44. Gli indicatori di effetto biologico rappresentano variabili che esprimono l'effetto del fattore nocivo su un sistema biologico (ad esempio la variazione di una attività enzimatica valutabile direttamente o indirettamente attraverso gli effetti indotti). Gli "Indicatori di Effetto Biologico" sono tanto più validi quanto più sono in grado di svelare modificazioni precoci e completamente reversibili.

  45. Questi indicatori sono a loro volta sono distinti in: • Indicatori di effetto subcritico che sono in grado di valutare l’effetto della esposizione ad un tossico quando ancora non si sono verificate alterazioni cellulari, ad esempio la concentrazione dell’ALA-deidratasi nel sangue nella esposizione a Pb. • Indicatori di effetto critico che evidenziano effetti biologici precoci, tuttavia ancora reversibili; ad esempio la Protoporfirina IX eritrocitaria e l’ALA - urinario sempre nella esposizione a Pb.

  46. In questo ambito è inoltre possibile definire degli indicatori di patologia o danno d’organo. Rientrano tra questi ad esempio le transaminasi sieriche per ciò che riguarda la funzionalità epatica e la creatininemia per la funzionalità renale.

  47. Nella valutazione del danno eventualmente subito dal lavoratore è indicata, anche per motivazioni medico-legali, la distinzione tra danno reversibile e non reversibile. Inoltre va sottolineato che una malattia può essere definita “professionale” solo quando l’agente eziologico deriva esclusivamente dallo svolgimento dell’attività lavorativa. Negli altri casi si parlerà del lavoro come cofattore nello sviluppo della malattia (WRD, work related disease).

  48. ESEMPI DI MALATTIE LEGATE A INALAZIONE DI POLVERI E FIBRE

  49. SILICOSI E’ una pneumoconiosi fibrotica a carattere nodulare dovuta all’azione dell’SiO2 libero cristallino che comporta lisi dei macrofagi e conseguente risposta infiammatoria con richiamo di fibroblasti e plasmacellule che porta alla deposizione di collagene e precipitati antigene-anticorpo. La lesione si presenta come un nodulo silicotico costituito da un centro fibro-ialino contornato da un alone cellulare ed enfisema peri- e parasclerotico.

  50. ASBESTOSI Deposizione di fibre di amianto nei dotti alveolari e negli alveoli  Attivazione del macrofago e fagocitosi  Instaurazione di una risposta infiammatoria con deposizione di collagene Risultato finale: ispessimento pareti alveolari e bronchiolari  FIBROSI

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