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Appunti dal Corso di Filosofia teoretica ( si parva licet componere magnis )

Appunti dal Corso di Filosofia teoretica ( si parva licet componere magnis ) in lingua volgare tratti dallo studente di filosofia Lapo Piccionis.

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Appunti dal Corso di Filosofia teoretica ( si parva licet componere magnis )

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Presentation Transcript


  1. Appunti dal Corso di Filosofia teoretica (si parva licet componeremagnis) in lingua volgare tratti dallo studente di filosofia Lapo Piccionis

  2. Questo corso è cominciatocon un tale sulle scale:«Se di chiudere ho scordato?»– questo è il dubbio che lo assale.Guarda in tasca ed ha le chiavie ricorda chiaramente(forse tu ne dubitavi?)che abitudinariamentechiude l’uscio a due mandatee le chiavi poi ripone.Nella tasca le ha trovate:dunque ha chiuso anche il portone!

  3. Fatti solo ha pochi passied il dubbio lo riassale:«E se male ricordassi?»E già corre per le scaleperché vuol verificarese la porta sua ha serrato:guarda e tocca per saggiare- vista e tatto hanno il primatosui fantasmi del passatoche il ricordo ripropone.Ora è certo, ha controllato: era chiuso il suo portone.

  4. Ora sa quello che ha fatto:di sapere è ben sicuro!Poi rammenta che è distrattoe il suo volto si fa scuro.Era chiuso quel portone,ma seduto sui gradinipensa con agitazione:«E se fosse dei viciniil porton che ho controllato?Gente dedita ai quattriniche il porton certo ha serrato».Se tu guardi sui gradini

  5. vedi un uomo un po’ perplesso:il suo treno è già partito,ma non questo è ciò che adessorende il suo sguardo smarrito.Nella testa si fa stradaun pensier nuovo ed arcano:è possibile che accadache il saggiar sia sempre invano,che ogni nuova conoscenzasia dal dubbio indebolita,che la più salda evidenzasi dissolva tra le dita,

  6. che il sapere non esista,che sia solo una parola,che non sia certa la vistané che di una cosa solanon si possa dubitare.Dubitare puoi del mondo,della terra e del suo mare,se sia piatto o se sia tondo,ma il tuo dubbio può arrivarea dir «forse …» anche del fattoche si possa mai affermareche quel mondo vi sia affatto.

  7. Il parlare di esistenzaforse è cosa pretenziosa,forse c’è solo apparenzae chi giudicare osache vi sia un mondo realelo fa sol perché confondela certezza sua animale con un dire che ha un suo dondee un perché e una ragionee vuol porre come scienza quegli asserti che propone.Pensa poi che l’evidenza

  8. forse è un fatto soggettivo;tu sei certo, e sei sicuro,ma un asserto introspettivoin un punto resta oscuro:se a te sembra questo veroforse è solo per naturaper un fatto crudo e meroperché sei questa creaturache potrebbe esser diversae pensar diversamente.Lui ci pensa, e gli par persal’evidenza nella mente.

  9. Pensa infine che si diaqualche vera conoscenzache sia certa e che sua sia,di cui non si può far senza;un sapere che sia datosenza giustificazione,un saper che sia immediato:un saper senza ragione.Un saper dal dubbio immuneche sia prima della scienza:forse del senso comune non si può giammai far senza.

  10. Pensa questo e intanto dice:un saper senza ragione,è una cosa che non lice.Oddio mio, che confusione.Lì, seduto sulle scalepensa che sia la pazziae gli sembra di star male:in realtà è filosofia.Nella borsa trova un testo– pensa tu che caso strano! – il suo autore è un tale Sesto,che si vanta pirroniano.

  11. Ha quel libro questo scopo:vuol sospendere il giudizio.E per questo inventa un tropoche ti dice che è fittizioil parlare degli oggettiperché ogni percezioneha il colore dei soggetti:in sé è una relazione.Se esperisci quello o questoin diverse condizioni,ma un oggetto – dice Sesto – sottostà alle percezioni,

  12. devi dir che l’esperienzanon accede mai agli oggetti: data è solo l’apparenza,non c’è il vero nei tuoi detti.Vi è un assenso naturaleche alla tua vita ti lega,ma un assenso razionale la ragione te lo nega.S’udì cupo un dì un latratoche fuggir fece Pirrone,che di sé si è vergognatoperché contro alla ragione

  13. ha ceduto all’apparenza. Non lo devi biasimare,ché la vita non è scienzae non si lascia guidaredalla luce del pensiero,da una prassi razionaleche soltanto mira al vero.Cieco è il palpito vitaleche alla vita ci consegna.È la voce di natura,cui Pirron non si rassegna,scritta in ogni creatura.

  14. Il filosofo Zenone(il maestro di Cleante)sosteneva con passioneil pensiero obiettivante:«Se di oggetti puoi parlareè perché si dà un criterioche sei certo di trovareproprio in seno al verbo experio.Per potere dire «è» con sicura garanzia: serve una phantasiache sia kataleptiké!»

  15. Ma se no, non vi è un criteriood un segno razionaleche garante sia sul serioche il percetto sia reale,riconoscere tu deviche Parmenide ha sbagliatoche non può, come credevi,dir quell’ «è» che ha pronunciato.Di Cirene lo scolarcal’ha spiegato a sufficienza:sia di «è» la lingua parca,e dia voce all’esperienza

  16. che si muove nel plausibilee che lega la credenzaalla legge del visibilea ciò di cui si ha parvenza.Da una parte c’è il reale:ciò che propriamente esiste;da quell’altra l’apparenza,l’ombra di ciò che sussiste.Ma non è paradossaleche di ombra tu discutase la causa sua realeper te resta sconosciuta?

  17. Il criterio che dà un sensoal linguaggio che tu usi,tu non l’hai – questo io penso,e per questo tu ne abusi.Guardi fisso la tua manoche è l’oggetto d’esperienza,ma quel nome resta vanose non hai che un’apparenza.Dici «mano», e con quel suononon denomini un oggetto:ma gli oggetti cosa sono?Questo tu non me l’hai detto…

  18. Nella vasca c’è un cervelloche ragiona di se stessoio su questo mi arrovello:pensa quel ch’io penso adessoquando penso a quella vascae al cervello che vi nuota?L’attenzione mia qui cascasu una cosa che ci è nota:le parole mie hanno un sensose agli oggetti son legato.Nelle immagini che pensoquesto nesso non è dato.

  19. Il cervello nel guazzettoche riflette sul suo statonon ha sé come suo oggetto,ma il qualcosa che ha causatoil vissuto che ha esperito.Di qui segue: se davveroè un cervello inumiditoil suo dirlo non è vero.Il cervello in una vascache il suo triste stato dicecome un asino qui cascaperché il dirlo ahimè non lice.

  20. Non può dirlo, e questo valecome un nitido argomentodi sapor trascendentalevolto a tacitar l’accentodello scettico che credein un dubbio radicale;che ci crede, e non si avvedeche nel dubbio ci si avvaledi un sicuro fondamentoche conceda alle paroledi aver un riferimentocome certo ciascun vuole.

  21. Se i cervelli in confettura,e lo dico con dispetto,sono una finzione oscura,non da meno è il diavolettoche sussiste solamente(questo, almeno, io ho capito)per traviare la mia mentee ingannarmi all’infinito.Tu dirai: ben strano è il giocoche Cartesio vuol giocare,ma seduto in fronte al fuoco,ha ragion di dubitare.

  22. Lui di questo mi ha persuaso:«E se son figlio del caso? se nessuno m’ha creato o è garante del mio stato?» Se il criterio di evidenza non provasse a sufficienzae dicesse solamente che costìtutivamentea me sembra vero questo, perché così sono e resto,non saprei dir per davvero cosa è falso e cosa vero.

  23. Di qui innanzi i miei appuntisi fan scarni e poco chiari:pochi fogli un po’ bisuntiscritti con colori vari.Ho capito che ho una mano,che non posso dubitarne,Che la Terra ha un dì lontano– ma non so che cosa farne!Ho capito che se sognonon lo posso proprio dire.Ma ce n’è proprio bisogno?Ma lasciatemi dormire!

  24. Quella cosa della vitache sta lì e che è trovatasai?, non l’ho proprio capita. Ma perché se l’è inventata?Per l’esame son sereno:se mi chiede di Pirrone,me la sbrigo in un balenocon la storia del cagnone.Anche questo lo so bene:se ti viene l’itteriziapar che il vino di Cirenesappia un po’ di liquerizia.

  25. E se poi Cartesio chiedela risposta ce l’ho già.Gli rispondo: «Lei ci crede?Ma davvero non lo sache Cartesio accanto al fuoconon ha affatto meditato?Ha vegliato per un poco:tutto il resto l’ha sognato.Per il resto, dammi retta:per gli esami è sufficienteil parlare senza fretta, far la faccia intelligente.

  26. Asseconda i suoi capricci - tu di’ spesso “banalmente” – e vedrai che lo Spinicci si accontenta facilmente. Per l’esame si può fare, ma c’è un dubbio che mi assale: se tu vuoi filosofare non ha senso farlo male. Devi farne un’ossessione, io ci provo, almeno penso, devi rendere ragione: il barare non ha senso.

  27. Ma se poi ti senti incerto e ti chiedi: posso farlo? non sarò troppo inesperto? Tu non ascoltar quel tarlo.  È l’errore più risibile il timore di sbagliare. Tu ti fermi, ed è visibile che il tuo sbaglio è nel non fare.  Ne sarò io mai capace? Dammi retta: datti pace. Io, per me, mi sono assolto e il problema l’ho risolto.

  28. Auguri, ragazzi Lapo Piccionis

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