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GESTIONE DEL RISCHIO NON DA CHEMIOTERAPICI A.S.Ribecco Oncologia Medica – Azienda Sanitaria Firenze

GESTIONE DEL RISCHIO NON DA CHEMIOTERAPICI A.S.Ribecco Oncologia Medica – Azienda Sanitaria Firenze. RISK MANAGEMENT IN ONCOLOGIA Corso Roma 12-13 novembre 2007. I cambiamenti nell’oncologia medica. Rapido aumento della complessità Miglioramento delle possibilità diagnostiche in fase precoce

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GESTIONE DEL RISCHIO NON DA CHEMIOTERAPICI A.S.Ribecco Oncologia Medica – Azienda Sanitaria Firenze

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  1. GESTIONE DEL RISCHIO NON DA CHEMIOTERAPICIA.S.RibeccoOncologia Medica – Azienda Sanitaria Firenze RISK MANAGEMENT IN ONCOLOGIA Corso Roma 12-13 novembre 2007

  2. I cambiamenti nell’oncologia medica • Rapido aumento della complessità • Miglioramento delle possibilità diagnostiche in fase precoce • Miglioramento delle possibilità terapeutiche • Netto aumento della popolazione anziana • Possibilità di cura anche in pazienti complessi • Approccio multidisciplinare • Pazienti sempre più consapevoli ed esigenti • Aspettative di cura più elevate

  3. Aumento della pressione esterna per : aumento del rischio reale aumento del rischio soggettivo • Aumento della complessità interna del sistema

  4. RISCHIOCLINICO IN ONCOLOGIA • Le tipologie base di errore sono comuni a tutte le discipline • L’oncologia, per metodologia, si presta ad una cultura di analisi di eventi, di criticità latenti , di organizzazione, di sistematicità nella stesura e revisione di procedure • Tuttavia, mancano dati certi di incidenza, tipologia e gravità degli eventi avversi

  5. Errori/ritardi diagnostici(asintomaticità, presentazioni atipiche, fallimenti organizzativi e tecnici, conoscenze inadeguate, mancanza di verifica di dati…) • Errori di inquadramento della malattia oncologica nel paziente anziano o complesso (sovra/sottotrattamento) • Errori farmacologici (dosaggio, tipo di farmaco, preparazione del farmaco, timing di somministrazione,allergie, omessa variazione di dosaggio per alterazioni ematomidollari, epatiche renali, tossicità non rilevata o considerata, somministrazione/stravaso, …) • Errori di percorso diagnostico-terapeutico • Errori di organizzazione del percorso e presa in carico del paziente • Errori di comunicazione con il paziente

  6. INFEZIONI OSPEDALIERE In Italia • Incidenza: 4,5- 7% dei ricoveri • Mortalità assoluta : 15000 decessi/anno • Spesa stimata:1000 milioni di euro Agenti eziologici più frequenti • Stafilococchi • Pseudomonas aeruginosa • Altri Gram- • Miceti • (frequenti associazioni polimicrobiche)

  7. Particolarmente a rischio pazienti ricoverati in • Unità di Terapia Intensiva • Reparti di Oncologia • Reparti di Ematologia • Reparti di Geriatria • Unità che ospitano pazienti con compromissione del sistema immunitario

  8. Infezioni ospedaliere = indicatore della qualità dell’assistenza

  9. Ministero della Salute • 1985 c.m. n° 52: raccomandazione dell’istituzione di programmi regionali di controllo e di comitati medico-infermieristici dedicati per ciascun presidio ospedaliero • 1988 c.m. n°8 definizione della metodologia di sorveglianza • PSN 1988-2000 e PSN 2002-2004: prevenzione delle infezioni ospedaliere tra gli obiettivi prioritari; l’esistenza di un programma di controllo costituisce criterio per l’accreditamento delle strutture

  10. Sistemi di sorveglianza • Sorveglianza basata sul laboratorio • Studi di prevalenza ripetuti • Sorveglianza continuativa in reparti ad alto rischio • Sorveglianza orientata per problemi Scelta del sistema • Funzionalità del laboratorio di microbiologia • Dimensione dell’ospedale e tipologia di reparti • Risorse disponibili • Integrazione tra le figure professionali

  11. INFEZIONI NEL PAZIENTE NEOPLASTICO Fattori predisponenti • Alterazioni quali-quantitative dei leucociti • Deficit dell’immunità cellulo-mediata • Deficit dell’immunità umorale • Alterazioni di cute e mucose • Danni iatrogeni da immuno-soppressione • Alterazioni della flora endogena (terapie antibiotiche, stato nutrizionale) • Precedenti trattamenti antibiotici • Pratiche invasive • CVC, accessi arteriosi,drenaggi

  12. Infezioni CVC correlate • Ingresso di microrganismi nel sistema di infusione  colonizzazione del catetere  moltiplicazione microbica e batteriemia • L’ingresso di microrganismi può avvenire in qualsiasi punto aperto della linea di infusione Fattori favorenti: - scorretta gestione del sistema - scorretta preparazione e conservazione delle soluzioni infuse - tipo di catetere • Principali vie d’ingresso dei microrganismi: - punto di ingresso cutaneo del CVC - cono del CVC

  13. Fattori determinanti nel percorso di utilizzo del CVC • Igiene delle mani • Precauzioni di sterilità • Antisepsi della cute • Selezione appropriata del sito di inserzione • Revisione dell’effettiva necessità di mantenere in sede il CVC Fattori condizionanti il rischio di infezioni CVC correlate • Tipo di CVC  basso rischio per i sistemi totalmente impiantabili medio rischio per i sistemi tunnellizzati (es. Groshong) alto rischio per i sistemi non tunnellizzati short term • Unità operativa di ricovero • Stato immunitario del paziente • Durata del cateterismo

  14. Profilassi • Contro i gram- e gram+ • Contro i germi della microflora intestinale (decontaminazione, decontaminazione selettiva, decontaminazione selettiva con risparmio degli anaerobi ecc) Limitazioni Insorgenza di resistenze batteriche (vantaggio solo nei primi cicli) • Insorgenza di infezioni da germi non coperti da profilassi e da miceti Variabili • Tipo di neoplasia e di trattamento • Condizioni cliniche del paziente e riattivazioni di infezioni latenti (p.es virus) • Variabilità dei microrganismi isolati nei singoli Centri

  15. Profilassi antimicotica: possibilità di superinfezioni da candida resistente • Profilassi antivirale: con aciclovir (ganciclovir)in pazienti in chemioterapia di induzione per leucemia, linfomi, trapianto

  16. Approccio diagnostico • Es colturali(sangue,urine,secrezioni,ulcere) • Ricerche sierologiche • Esame obiettivo • Diagnostica strumentale

  17. Approccio terapeutico • Terapia empirica : - una diagnosi eziologica nel paziente immunocompromesso è possibile in circa il 40-60% di casi - migliore outcome correlato all’inizio precoce Beta lattamina + aminoglucoside Monoterapia nel paziente a basso rischio di sepsi Da tener conto dell’eventuale profilassi effettuata con fluorochinolonici o infezioni da CVC per il trattamento con glicopeptidi • Terapia mirata (da antibiogramma)

  18. GRC regione ToscanaDefinizione e promozione delle “buone pratiche” per il controllo delle infezioni ospedaliere • Le mani pulite • Uso corretto degli antibiotici

  19. Dati generali: non si lavano prima della visita% pre e post

  20. Dati generali: non si lavano prima delle manovre invasive

  21. In pratica … Studi internazionali individuano nel corretto lavaggio delle mani uno degli elementi fondamentali nel controllo delle infezioni ospedaliere • Definizione di una procedura aziendale per il lavaggio delle mani, condivisa con tutti gli operatori sanitari, coerente con le linee guida internazionali (OMS, CDC di Atlanta) • Introduzione di un gel lavamani in ogni reparto • Campagna di formazione per tutto il personale sanitario (epidemiologia delle infezioni correlate a pratiche sanitarie, microbiologia, fonti di infezione, procedure, illustrazione dell’uso del gel e delle corrette pratiche di lavaggio delle mani)

  22. Circa il 50% dei ricoverati esegue una terapia antibiotica L’uso continuativo degli antibiotici favorisce l’insorgenza di resistenze batteriche L’aumento delle resistenze può favorire l’aumento delle infezioni ospedaliere per promuovere un corretto uso degli antibiotici • Revisione periodica degli antibiotici da testare negli antibiogrammi (microbiologo e infettivologo) • Revisione periodica mediante audit clinici di casi complessi • Organizzazione di progetti formativi

  23. In oncologia • Monitoraggio e formazione per pazienti ad alto rischio (in trattamento chemioterapico con neutropenia prolungata, con soluzioni di continuità di cute e mucose, con drenaggi, pazienti neutropenici in trattamento con farmaci ad effetto antipiretico) • Prevenzione di infezione da germi antibiotico-resistenti continua attenzione all’interruzione di diffusione paziente-paziente e paziente-operatore-paziente (formulazione, applicazione e verifica periodica di procedure, in particolare per quanto riguarda l’asepsi di manovre sanitarie) • Difficoltà di realizzazione di colture di sorveglianza, più utili per la realizzazione di misure di controllo e profilassi delle infezioni da germi ambientali

  24. CADUTE • Istituzioni internazionali quali WHO, Quality and Safety Council, NPSA, VHA tra il 2004 ed il 2005 individuano nelle cadute un rischio clinico da gestire a livello clinico e gestionale • Il Ministero della Salute rileva nelle cadute uno dei rischi clinici più rilevanti • Le cadute durante l’assistenza sanitaria sono tra le prime cause di sinistri denunciate a carico del SSR della Toscana

  25. Studi ed esperienze in Italia

  26. LINEE GUIDA AHRQ* 2006Agency for Healthcare Research and Quality (US)Raccomandazioni con grado di evidenza A • Identificare le persone con anamnesi di cadute, determinare il rischio di future cadute e ridurre i fattori di rischio individuali • Laddove possibile, considerare la riduzione di psicofarmaci ed in generale delle politerapie (> 4 farmaci) negli anziani • Limitare l’allettamento • Non vi è evidenza scientifica che i mezzi fisici di contenimento costituiscano strategia di prevenzione delle cadute

  27. AZIONI PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO • Rilevazione del rischio • Formazione ed informazione rivolta ad operatori, pazienti, caregivers • Rilevazione di problemi strutturali dell’ambiente e delle attrezzature

  28. Tuttavia: • Alcuni fattori di rischio sono comuni a diverse scale • Identificato un set di fattori di rischio predittivi Anamnesi di cadute Problemi di equilibrio o di andatura Alterazioni della vista e della mobilità Ipotensione ortostatica Polifarmacia

  29. STRUMENTI DI RILEVAZIONE DEL RISCHIO • Negli ultimi 20 anni sono state costruite diverse scale di valutazione Morse Conley Tinetti Stratify • Nessuna appare sufficientemente validata (Myers 2003): scarsa specificità (eccesso di falsi positivi) in popolazioni diverse da quelle sperimentate Dispendio di risorse e scarso beneficio in termini di prevenzione

  30. RILEVAZIONE PROBLEMI STRUTTURALI DI AMBIENTE ED ATTREZZATURE • Dimensionamento inadeguato di stanze di degenza e bagni • Scivolosità dei pavimenti • Percorsi “ad ostacoli” per raggiungere i bagni • Illuminazione carente • Letti o barelle non regolabili in altezza • Bagni senza supporti per sollevarsi dal WC o per la doccia • Inadeguata collocazione degli ausili per la movimentazione dei pazienti • Dislocazione dei pazienti nella stanze di degenza senza tener contodi bisogni assistenziali differenziati Analisti attraverso apposite check list

  31. PROFILO DI RISCHIO • Nell’immediatopuò favorire l’uso ottimale degli ambienti e dei presidi disponibili  formazione ed informazione del personale e dei pazienti • Nel medio periodo indirizza gli acquisti e le ristrutturazioni prioritarie • Necessità di verifica dell’effettivo impatto sulla prevenzione delle cadute

  32. AREE DI MAGGIOR RISCHIO • Medicina interna • Pneumologia • Neurologia • Geriatria • Cardiologia • Onco/ematologia • Chirurgia generale • Ortopedia

  33. IN ONCOLOGIA • Astenia da malattia e/o da trattamento • Terapie complementari con diuretici, antistaminici (CDDP, Ab monoclonali) • Alterazioni della motilità per metastasi ossee • Alterazioni dell’andatura per localizzazioni a carico del SNC • Incidenza della popolazione anziana con comorbilità e polifarmacia

  34. LA POPOLAZIONE ANZIANA • Costituisce circa il 60% dei pazienti oncologici • Particolare importanza riveste l’evento-caduta nell’anziano, in cui ai danni fisici si associa insicurezza e limitazione dell’autonomia • Le cadute possono esitare in un decesso per: trauma cranico fratture degli arti inferiori • La mortalità è correlata all’età (Balducci 2002)

  35. LOCALIZZAZIONI A LIVELLO del SNC • I tumori primitivi sono poco frequenti (circa il 2% dei tumori) • I tumori metastatici si presentano in circa il 25% dei pazienti affetti da tumore Il quadro sintomatologico è vario e legato alla sede, alla rapidità di crescita, alla presenza di edema Sintomi generali quali astenia, confusione mentale, sintomi focali come crisi comiziali,deficit visivi, deficit motori, disturbi dell’equilibrio FATTORI DI RISCHIO DI CADUTA

  36. POLIFARMACIA IN ONCOLOGIA • Terapie complementari e di supporto • Terapie per comorbilità Antistaminici Diuretici Vasodilatatori Antipertensivi Antidolorifici Farmaci psicotropi Si calcola che il 90% degli anziani assuma almeno un farmaco e che il numero medio di farmaci assunti sia 4

  37. LE METASTASI OSSEE • Globalmente si calcola che circa il 50% dei tumori possa sviluppare metastasi ossee • La presenza di metastasi ossee costituisce un fattore di rischio di caduta (andatura e postura costrette, dolore), ma soprattutto un fattore di rischio di frattura che può avvenire anche per lievi traumi o sollecitazioni

  38. La sede piu’ frequente di metastasi ossee è lo scheletro assiale • Il 70% dei deceduti per tumore presenta metastasi ossee già diagnosticate (20%) o come reperto autoptico (50%) TUMORE PRIMITIVO INCIDENZA DI METASTASI OSSEE AUTOPTICHE (%) Mammella 73 Prostata 68 Tiroide 42 Rene 35 Polmone 36 Tratto gastrointestinale 5 adattato da Coleman 2006

  39. ANALISI E GESTIONE DELLA CADUTAGRC Toscana • Segnalazione dell’evento da parte dell’operatore testimone diretto o indiretto • Il facilitatore riceve la segnalazione • Parallelamente alle usuali pratiche amministrative, si attiva così un processo a sé stante con l’obiettivo dell’analisi e della prevenzione • Dopo contatto con il segnalatore, il facilitatore decide se archiviare il caso o procedere ad analisi attraverso audit GRC

  40. AZIONI DI MIGLIORAMENTO • Azioni che possono essere gestite a livello dell’U.O.: - supervisione del facilitatore, del Direttore di Struttura, del referente per il rischio clinico • Azioni che necessitano del supporto della Direzione Sanitaria: - analizzate dal Clinical Risk Manager e dal GRC, - inserite in un piano di priorità per la sicurezza del paziente - valutato, implementato e monitorato dalla Direzione Sanitaria

  41. CONCLUSIONI • Il rischio clinico è la probabilità che un paziente sia vittima di un evento avverso, cioè che subisca un qualsiasi danno o disagio imputabile, anche se in modo involontario, alle cure mediche prestate, che causa peggioramento delle condizioni di salute o la morte • Elementi di una gestione efficace del rischio clinico: - consapevolezza del problema di tutto il personale - segnalazione degli eventi - attenzione ai reclami ed al punto di vista dei pazienti • Strategie della gestione del rischio clinico: - approccio pro-attivo, multidisciplinare e di sistema - formazione - monitoraggio degli eventi avversi • Cultura della sicurezza  errore = fonte di apprendimento Piano sanitario nazionale 2006-2008

  42. Iceberg degli incidenti

  43. Miglioramento della sicurezza • Prevenire gli errori Renderli visibili Mitigarne gli effetti Riprogettazione organizzazione Incident reporting Valutazione e feed-back analisi (audit, M&M review,RCA) Imparare dall’errore Azioni per implementare la formazione del personale sanitario ed amministrativo nell’ambito del risk management, per la capillarizzazione del sistema, per la raccolta,analisi e diffusione dei dati

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