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IL GENERE ii

IL GENERE ii. Genere: termine ombrello, utilizzato per distinguere tra differenze biologiche di sesso e i significati legati a quelle differenze.

niyati
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IL GENERE ii

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  1. IL GENEREii Genere: termine ombrello, utilizzato per distinguere tra differenze biologiche di sesso e i significati legati a quelle differenze. Dunque: genere come insieme dei significati che gruppi sociali diversi conferiscono alle differenze di sesso, idee che vengono coltivate intorno a queste differenze, rappresentazioni culturali che vengono costruite.

  2. Processo di costruzione sociale e di elaborazione simbolica e culturale dell’appartenenza di sesso. • Il genere problematizza ciò che è dato per scontato, rimette in discussione il senso comune.

  3. Se facciamo riferimento alla prospettiva di genere le categorie delle scienze sociali si trasformano: così accade per il lavoro, per la distinzione pubblico/privato, per l’identità. • Parlare di famiglia, di welfare, di professioni cambia se si assume questa prospettiva

  4. Importanza della consapevolezza circa la diversità dei due termini sesso e genere (sebbene anche le differenze biologiche possano essere considerate come socialmente costruite: ad esempio, fino all’inizio del XIX secolo era convinzione diffusa che uomini e donne avessero i medesimi organi sessuali – solo diversamente collocati).

  5. Il concetto di genere si contrappone alla sovradeterminazione della differenza biologica tra i sessi. In base a quest’ultima vengono assegnate socialmente ai due sessi caratteristiche diverse (non solo tra loro separate, ma anche gerarchizzate). Bipartizione sociale delle funzioni e delle attitudini. Gli stereotipi legati al sesso.

  6. Il concetto di genere ha carattere dinamico. In quanto dimensione sociale è interno ai processi di mutamento storico-sociali. Muta nel tempo e nello spazio.

  7. Un problema contemporaneo: sempre più spesso, ad esempio nel linguaggio accademico (ma non solo), sesso e genere diventano sinonimi. ‘ Normalizzazione’ del carattere originariamente ‘eversivo ‘ del concetto di genere.

  8. Un aspetto importante: non sottovalutare i rapporti di potere contenuti nel costrutto sociale ‘genere’. • La ‘complementarità gerarchica’ tra i due generi.

  9. Non solo. Il genere può essere imposto culturalmente a chi possiede un sesso femminile per farne una ‘donna’ in senso sociale; a chi possiede un sesso maschile per farne un ‘uomo’ in senso sociale. Il transgenderismo.

  10. Oggi crescente attenzione al genere come dimensione relazionale. • Relazioni di genere come processi complessi (e mutevoli) costituiti da e attraverso parti interrelate, interdipendenti. Ciascuna parte non ha esistenza o significato senza l’altra. • Al tempo stesso, sul piano storico un genere, il maschile, è stato storicamente e cognitivamente dominante (maschile come ‘neutro universale’)

  11. Riassumendo: i possibili, e diversi ,significati del termine ‘genere’ (gender) • Costruzionesociale e culturaledelledifferenzetra ‘maschile’ e ‘femminile’; mutanel tempo e tra culture; ha caratterestorico. • Scaladiattributiidentificati come appartenenti al ‘maschile’ e al ‘femminile’. • Effettodellerelazionitrauomini e donne (differenzedipotere politico, ruolisociali, attese). La questione del potere.

  12. Carattere processuale, non statico, del concetto di genere. Questo processo riguarda il modo in cui gruppi di uomini e di donne definiscono ed esprimono i propri interessi. Il processo che viene definito ‘gendering’ è quello in base al quale le questioni sul tappeto vengono concettualizzate in termini di genere (vedi la questione della rappresentanza politica, o quella della violenza).

  13. LA GENESI DEL CONCETTO Quandosiinizia ad utilizzareilterminegenere : la secondametà del XX secolo. AncoraneglianniSessanta/inizioSettantailtermine è sconosciuto. L’eccezione: lo psichiatraStollernegli USA usailtermine ‘gender identity’ (1963) nello studio diintersessualità e transessualità (Gender Identity Research Project, Universitàdella California, Los Angeles). Accezionemedica del termine.

  14. Assegna significato sociale al termine per la prima volta l’antropologa Gayle Rubin (The Traffic in Women, 1975). Rubin introduce il termine SEX-GENDER SYSTEM per indicare il sistema psico-socio-economico che trasforma il sesso biologico in attività umana e sociale. Interesse per, e impegno contro, l’oppressione e la subordinazione sociale delle donne.

  15. La relazione tra femminismo e ‘scoperta’ del gender. Genere come forma di categorizzazione sociale imposta ad un corpo sessuato. Relazione con la dimensione del potere. Di contro, come è stato ricordato in precedenza, oggi il genere è per lo più evocato come dimensione ‘neutra’ e naturalizzata.

  16. Alla sua fondazione il genere è invece inteso come sistema di relazioni che tiene in sé sia la dimensione del soggetto sia l’organizzazione sociale.

  17. Rilevanza della definizione sociale della appartenenza di sesso (dunque del genere) e dei rapporti di sesso (dunque delle relazioni tra i generi o di genere) non solo per i destini individuali di uomini e donne, ma per l’organizzazione sociale nel suo complesso. • Da qui l’interesse delle scienze sociali per le tematiche di genere.

  18. In sintesi: L’organizzazione materiale e simbolica del mondo sociale porta l’impronta delle differenze di genere. Il genere , in quanto principio organizzativo societario, ci aiuta a comprendere le dinamiche sociali (non diversamente dalla classe, dall’appartenenza etnica, e così via).

  19. Tra le principali critiche femministe al genere: • Judith Butler (filosofa statunitense e teorica del movimento queer, che rifiuta le tradizionali identità di genere): genere e sesso si stabilizzano nel tempo attraverso una serie di atti rituali quotidiani.

  20. Centralità del linguaggio. La percezione dell’eterosessualità come normalità. Butler è autrice, tra l’altro di Gender Trouble (1990) . Vedi, in italiano, La disfatta del genere, 2006.

  21. Teresa de Lauretis (filosofa italiana, ma vive e insegna da decenni negli USA, a sua volta legata al movimento queer) considera il genere una costruzione artificiale, che si ripete grazie a reiterate rappresentazioni visive e discorsive (‘performatività di genere’)

  22. Queste rappresentazioni (‘tecnologie di genere’) finiscono per essere interiorizzate dai soggetti, uomini e donne. Vedi il suo Sui generis. Scritti di teoria femminista, 1996.

  23. Differenze di genere e femminismo • Quattro approcci principali al tema delle differenze sessuali da parte del femminismo (vedi Piccone Stella e Saraceno, Genere. La costruzione sociale del femminile e del maschile, il Mulino, 1996, in particolare l’Introduzione)

  24. 1. L’essenzialismo • Riferimento a qualità femminili ‘originarie’ fondate su una base biologica, la capacità di generare (capacità di cura, sensibilità, amore per la pace…). Posizione condivisa dalla Chiesa cattolica. • Il corpo materno (vedi Ruddick, Rich) • Critica: femminismo dell’uniformità invece che delle differenze

  25. 2. Il decostruzionismo • Centralità dei simboli e dei significati. Approccio storico-filosofico (referenti Derrida e Foucault). Poiché si tratta di una costruzione storica il genere può essere ‘decostruito’, mostrandone il carattere fittizio (vedi le riflessioni di Kristeva) • Critica: con il genere scompaiono anche le differenze e le identità di genere. Difficile costruire forme di mobilitazione collettiva in questo scenario.

  26. 3. Il pensiero della differenza sessuale • Importanza dell’’autosignificazione’ da parte del femminile. Recuperare l’accesso alla dimensione simbolica da parte delle donne. Centralità del corpo come origine simbolica del soggetto donna (vedi Irigaray, Cavarero, Muraro). • Irriducibilità delle differenze maschile/femminile

  27. 4. Le differenze situate • La pluralità delle differenze: affinità con il pensiero post-moderno. • Ricerca delle diverse espressioni delle differenze, sociali e culturali, a partire dalla consapevolezza della pluralità dei centri, delle conoscenze, dei saperi (i ‘saperi situati’), (vedi Flax, Nicholson, Benhabib). Centralità delle diverse identità etniche nel loro incrocio con le differenze di genere. L’intersezionalità.

  28. Maschile e femminile • La questione delle identità di genere e dei loro processi di trasformazione. I mutamenti del ‘maschile’ e del femminile. I ruoli di genere. Il maschile non più come ‘neutro universale’. • Sul piano accademico: la nascita dei men’s studies accanto ai women’s studies (e gender studies) come segnale della trasformazione in corso.

  29. La diversa velocità dei processi di mutamento delle identità di genere , di uomini e di donne. Come si ristrutturano le differenze di genere. In Italia: il dramma del ‘femminicidio’.

  30. La violenza di genere • La violenza contro le donne non è un fatto privato; non è una questione delle donne. • Riguarda in primo luogo gli attori della violenza, gli uomini. Contemporaneamente riguarda l’intero mondo sociale. Il tema della convivenza tra uomini e donne

  31. In Italia: diminuiscono gli omicidi, ma non quelli delle donne. 124 donne uccise nel 2012: 56 dal partner, 18 dall’ex partner, 19 da un parente, 7 da un conoscente, 24 altro. • Una donna su due è vittima di violenza in Italia. Una su tre nel mondo (Anna Maria Tarantola)

  32. I dati ISTAT sulla violenza contro le donne (indagine del 2007) sono impressionanti: oltre 14 milioni di donne sono state oggetto di violenza fisica, sessuale o psicologica nella loro vita (6 milioni 743 mila le donne vittime di violenza fisica o sessuale – il 31, 9% del totale)

  33. Un milione e 400 mila donne (il 6,6% del totale) ha subito uno stupro prima dei 16 anni. Il 90% non ha denunciato. • Un milione e 100 mila hanno subito forme di stalking

  34. La complicità con il maschile violento: le donne non denunciano, nella grande maggioranza dei casi, le violenze subite dal partner.

  35. Due diverse ‘famiglie di spiegazioni’ della violenza contro le donne: * La violenza maschile come retaggio patriarcale * La violenza maschile come risposta alla nuova forza delle donne (‘essere ‘soggetti’). Incapacità di accettare le differenze e la nuova libertà delle donne

  36. La sfida contemporanea per l’identità maschile: considerare la propria identità come un’identità di genere (di uno dei generi). • Crisi del modello di identità maschile legato alla supremazia sulle donne. Un altro modello non è ancora stato costruito.

  37. Che fare contro la violenza verso le donne. • Le campagne di sensibilizzazione al problema devono iniziare dalla scuola primaria.

  38. La costruzione sociale della maschilità • Secondo la psicologia popolare gli uomini sarebbero aggressivi ‘per natura’. In realtà, esistono modelli culturali che associano maschilità ad aggressività, oltre che a potere e dominio. La relazione con la violenza di genere. • La cultura patriarcale e il disprezzo sociale nei confronti delle donne.

  39. La maggior parte di coloro che compiono violenza è costituita da uomini, ma la maggior parte degli uomini non è violenta. • Tuttavia, la minoranza che intraprende azioni violente fa riferimento a ideologie di genere diffuse.

  40. E’ contemporaneamente necessario tenere presente che non esiste un modello di maschilità valido ovunque; le visioni della maschilità variano nello spazio e nel tempo. Non di meno, esistono forme di ‘maschilità egemone’ (vedi, oltre la ‘maschilità di mercato’, Kimmel).

  41. Le maschilità non sono dunque ‘un’essenza’. In quanto tali, non sono fisse, sono in grado di mutare (esattamente come si sono trasformate, nel corso del tempo, le identità femminili). Per questo si parla di ‘genere maschile’. • Tutti i modelli di maschilità prendono forma nella storia e possono essere trasformati (R. Connell, Maschilità)

  42. La prospettiva di Michael Kimmel (Changing Men; Manhood), sociologo americano e tra i fondatori dei men’s studies. Vedi il saggio ‘Maschilità e omofobia. Paura, vergogna e silenzio nella costruzione dell’identità di genere, in C. Leccardi, Tra i generi). E’ riferita agli Stati Uniti, ma si può utilizzare anche per gli altri paesi occidentali.

  43. Obiettivo generale: rendere esplicita (da implicita, qual è per lo più ancora oggi) la riflessione sulla maschilità. • Il modello moderno di maschilità: la ‘maschilità di mercato’si afferma attraverso l’esclusione degli ‘altri’: le donne, gli uomini non bianchi, i non autoctoni, gli omosessuali

  44. La ‘maschilità di mercato’ come forma di maschilità egemone nel mondo occidentale nella seconda metà del XIX secolo e nel corso del XX. • L’uomo bianco, di classe media, sulla quarantina, eterosessuale: la maschilità modello per gli altri uomini

  45. Stretta relazione fra questo modello di maschilità e il potere. • Quattro affermazioni di sintesi per questo modello: • 1. la maschilità è il rifiuto del femminile • 2. la maschilità si misura nei termini del potere, del successo, dello status sociale

  46. 3. Essere uomini significa non far trasparire le proprie emozioni (‘i ragazzi non piangono’) • 4. Per essere uomini occorre essere audaci e aggressivi; sfidare i pericoli; rischiare

  47. Kimmel fa riferimento alla psicoanalisi per spiegare la costruzione dell’identità maschile. Per il bambino fondamentale è rinunciare all’identificazione con la madre e sostituire a quella della madre la figura del padre (figura che appare forte, potente, e che favorisce il sentimento di paura nel bambino). In questo modo in futuro potrà impegnarsi in relazioni sessuali con l’altro sesso.

  48. Il bambino, respingendo la madre, rifiuta anche le caratteristiche di cura e tenerezza che essa rappresenta. Per la costruzione dell’identità maschile è fondamentale dimostrare di non possedere alcuna caratteristica femminile. • Da qui, secondo Kimmel, la base del sessismo (sistematica svalutazione delle donne).

  49. Incertezza cronica dei ragazzi circa la propria identità. Mettersi continuamente alla prova. • Dimostrare la maschilità ai propri simili (uomini), ricevere la loro approvazione. • Centralità della competizione; ma anche importanza dell’assicurarsi di non potere essere scambiato per omosessuale (atteggiamento omofobico)

  50. La paura degli altri uomini. • Violenza come segno di maschilità (antidoto alla possibilità di essere presi per ‘femmine’). Centralità del potere – nei confronti delle donne, di altri uomini • Sessimo, razzismo, omofobia: le patologie dell’identità maschile

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