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IL CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO

IL CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio - Premessa. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004 e ss.mm.ii.) è la legge fondamentale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano.

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  1. IL CODICE DEI BENI CULTURALI E DEL PAESAGGIO

  2. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio - Premessa Il Codice dei beni culturali e del paesaggio (d.lgs. 42/2004 e ss.mm.ii.) è la legge fondamentale per la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale italiano. E’ il punto di arrivo di una lunga e originale tradizione giuridica, ma nello stesso tempo è un corpus normativo dinamico, che deve essere adeguato alla evoluzione costituzionale e giurisprudenziale, nonché ai trattati ed alle convenzioni internazionali.

  3. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio - Premessa In particolare nella concezione della tutela, il Codice raccoglie l’esperienza giuridica originale dell’Italia ed attua il dettato dell’art. 9 della Costituzione: “ La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione”.

  4. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio - Premessa Le radici storiche e culturali. La prima legge di tutela, la L. 185/1902, era imperniata sulla identificazione / catalogazione dei beni, ma ebbe scarsa efficacia. Le leggi che ancora oggi costituiscono in gran parte l’impianto degli istituti della tutela sono quelle del 1939, in particolare la L. 1089 (Tutela delle cose di interesse storico e artistico).

  5. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio - Premessa Caratteri principali della legislazione del 1939 • Il bene, ancorché di proprietà privata, è collegato alle finalità pubbliche implicate dalle sue caratteristiche estetico – culturali: l’interesse pubblico della conservazione prevale sul diritto di proprietà e, in un ambito rigorosamente definito dalla legge, ne limita l’esercizio. • L’esercizio della tutela presuppone l’identificazione dei beni, o in quanto appartenenti a particolari categorie (es. cose d’interesse archeologico), o attraverso un procedimento amministrativo (dichiarazione d’interesse storico artistico). • Il fine necessario e sufficiente della tutela è la conservazione; • Ai beni dello Stato viene assegnato un regime speciale tale da distinguerli e proteggerli rispetto ad ogni altro bene o posizione soggettiva. • Si rafforza un’apposita amministrazione di settore, cruciale per la regolazione e gestione degli interventi in materia.

  6. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio - Premessa L’evoluzione della legislazione • Legislazione di settore (antichità e belle arti, bellezze naturali, archivi, biblioteche) • Il Testo Unico (d.lgsl. 490/1999) • Il Codice (d.lgs. 42/2004) • Successive modifiche: dd.lgs. 156 e 157 del 2006, dd.lgs. 62 e 63 del 2008 Il processo di regionalizzazione • Il d.lgs. 112/1998 • La legge costituzionale 3/2001

  7. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio - Premessa Nota esplicativa: • Il Testo Unico è una raccolta organica delle norme vigenti per i diversi settori, coordinate con il d.lgs. 112/1998, redatto dal Governo su delega del Parlamento ed approvato con decreto legislativo. Ha quindi un carattere essenzialmente ricognitivo. • Il Codice è una legge organica che, nei limiti della delega conferita dal Parlamento ed in particolare per la necessità di armonizzare la legislazione con la riforma del titolo V della Costituzione, ha innovato l’ordinamento previgente in diversi punti. Anche il Codice è stato approvato con decreto legislativo. • Il decreto legislativo è un provvedimento di legge adottato dal Governo su delega del Parlamento, come previsto dall’art. 14 della L. 400/1988. La legge di delega deve definire in modo sufficientemente preciso i limiti dell’attività legislativa del governo

  8. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio L’iter del “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio”: • la delega al Governo (art.10 della legge 137/2002) Motivazioni: • Inadeguatezza della legge 1089/39, a fronte del dilatarsi della concezione di bene culturale; • Adeguamento della legislazione alla modifica del Titolo V della Costituzione, che aveva introdotto una ripartizione di competenze tra Stato e Regioni in base alle funzioni (tutela / valorizzazione) e non agli oggetti (o al loro rilievo) determinando una frattura innaturale tra attività sempre concepite unitariamente. Contenuti: • Adeguamento al nuovo assetto costituzionale; • Armonizzazione con la normativa UE (in materia di circolazione); • Definizione dei concetti fondamentali (patrimonio, tutela, valorizzazione, conservazione…) • Miglioramento dell’efficacia dell’azione amministrativa; • Aggiornamento degli strumenti di individuazione e protezione del patrimonio; • Apertura al settore privato (gestione e valorizzazione).

  9. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio Decreto Legislativo n. 42/2004 recante il “Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio” ai sensi dell’art.10 della legge 137/2002 • Parte I : Disposizioni Generali (artt.1-9) • Parte II : Beni culturali (art.10-130) • Parte III : Beni Paesaggistici (art.131-159) • Parte IV : Sanzioni (art.160-181) • Parte V : Disposizioni Transitorie (artt.182-184) • Allegato A (categorie di beni e valori)

  10. Codice – Parte I Codice – Parte I La parte I del Codice dei beni culturali (artt. 1-9) • Principi • Il patrimonio culturale • La tutela del patrimonio culturale • Funzioni dello Stato in materia di tutela • Cooperazione delle regioni e degli enti pubblici territoriali in materia di tutela • Valorizzazione • Funzioni e compiti in materia di valorizzazione • Beni culturali di interesse religioso

  11. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I Articolo 1 – Principi • “La Repubblica tutela e valorizza il patrimonio culturale”: alla luce del nuovo art. 114 della Costituzione la R. è costituita dai comuni, dalle province, dalle città metropolitane, dalle regioni e dallo Stato. Tutti questi soggetti concorrono ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e a favorirne la pubblica fruizione e valorizzazione. • Nell’attuale assetto costituzionale, lo Stato dispone di potestà legislativa esclusiva in tema di tutela; le regioni hanno competenza concorrente sulla valorizzazione (art. 117). La legge statale disciplina forme d’intesa e di coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

  12. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I: la nozione di “patrimonio culturale” La nozione di “patrimonio culturale” • Il termine “patrimonio” adottato dal Codice comprende i beni culturali ed i beni paesaggistici (art. 2). • L’espressione è presente nella legislazione precedente (art. 733 CP; alcuni articoli della legge 1089/1939; art. 9 Cost.; L. 44/1975; d.lgs.112/1998) soprattutto in riferimento al tema della salvaguardia. • In Italia, a differenza di altri paesi e dell’ordinamento comunitario ed internazionale, prevaleva l’uso delle distinte espressioni “beni culturali” e “beni paesaggistici”. • Il recupero del termine unificante “patrimonio” intensifica il richiamo della disposizione costituzionale e razionalizza il raccordo, concettuale e gerarchico, tra la salvaguardia del patrimonio culturale e la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e dei beni paesaggistici.

  13. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I: la nozione di “patrimonio culturale” Il riferimento ad un “patrimonio” nazionale, vale a dire ad un insieme complesso ma unitario, comporta l’idea di una aggregazione consolidatasi nel tempo, della quale la cosa non necessariamente fa parte sin dalla sua genesi; e comporta la considerazione dei beni come complesso d’insieme in qualche modo organico, coerentemente al riferimento soggettivo della sua appartenenza all’intera Nazione.

  14. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I: la nozione di “patrimonio culturale” • L’espressione ‘patrimonio” evidenzia lo scopo conservativo: patrimonio (ingl. heritage) evoca un complesso di cose che, a chiunque appartengano, in ragione di una loro comune connotazione sono assoggettate ad un regime di limitazione in vista di un interesse conservativo reputato superiore alla libera disponibilità proprietaria. In coerenza con questa funzione eminente, il Codice – ribadendo un concetto fondamentale del Testo unico - espressamente prevede la prevalenza della funzione conservativa, esplicata nei modi della tutela, sulla fruizione e sulla valorizzazione. La portata pratica del rapporto di subordinazione è notevole in epoca in cui gli interessi legati alla valorizzazione economica spesso sembrano voler dominare (si pensi a rischiosi spostamenti di opere d’arte per mostre). Il bene culturale vale in sé e non quale oggetto di scambio o di godimento: è il c. d. ‘diritto all’inutilità’ del bene culturale.

  15. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I: La nozione di “patrimonio culturale” Il patrimonio culturale è “della Nazione” in quanto ne costituisce un elemento identitario essenziale (“Appartengono al patrimonio culturale della Nazione tutti i Beni aventi riferimento alla storia della civiltà” recita l’esordio della dichiarazione conclusiva della Commissione Franceschini). Ciò esclude la possibilità di individuare un patrimonio di interesse locale. L’appartenenza del patrimonio alla Nazione, conforme all’art. 9 Cost., non è meramente descrittiva di un elemento identificativo dell’identità nazionale, ma ha anche valore precettivo: il che vale in particolar modo circa l’organizzazione come circa i criteri di esercizio della funzione pubblica. Questa appartenenza nazionale rende infatti imprescindibile il riferimento allo Stato dell’attività di tutela, richiede l’omogeneità e l’unitarietà della tutela stessa e dei suoi criteri su tutto il territorio nazionale e, come riflesso organizzativo, postula l’unitarietà dell’apparato competente e della relativa azione. Un tale significato di unitarietà di funzione e di compiti si riferisce non solo alla tutela, ma anche – nei limiti dei principi fondamentali – alla valorizzazione.

  16. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I Art. 3 – Tutela del patrimonio culturale. Per la prima volta il Codice dà una definizione compiuta del concetto di tutela (precedentemente l’art. 148 del d.lgs. 112/1998 l’aveva espressa solo in relazione al riparto di competenze con le Regioni): “La tutela consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina delle attività dirette, sulla base di un’adeguata attività conoscitiva, ad individuare i beni costituenti il patrimonio culturale ed a garantirne la protezione e la conservazione per fini di pubblica fruizione. L’esercizio delle funzioni di tutela si esplica anche attraverso provvedimenti volti a conformare e regolare diritti e comportamenti inerenti al patrimonio culturale”. E’ stato osservato che si tratta della disposizione cardine (insieme al successivo art. 6) del Codice, sia per le relazioni “orizzontali” con gli altri articoli della parte I, sia per quelle “verticali” con l’intero titolo I della II parte, che ne costituisce una specificazione.

  17. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I Art. 4: Funzioni dello Stato in materia di tutela. La norma attribuisce le funzioni di tutela al Ministero per i beni e le attività culturali, che le esercita direttamente o ne può conferire l’esercizio alle regioni attraverso intese e coordinamenti. Il Ministero esercita le funzioni di tutela sui beni culturali di proprietà statale anche se in consegna o in uso ad amministrazioni e soggetti diversi.

  18. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I Art. 5: Cooperazione delle regioni e degli altri enti pubblici territoriali in materia di tutela del patrimonio culturale. Nell’ambito dell’esercizio della tutela il ruolo delle regioni e delle autonomie locali, con l’esclusione delle competenze già delegate dalla legge (in particolare su alcune tipologie di beni librari), è fortemente subordinato, e si esplica attraverso accordi o intese, previo parere della Conferenza Stato – Regioni. Al Ministero spettano comunque la potestà di indirizzo e di vigilanza ed il potere sostitutivo in caso di perdurante inerzia o inadempienza.

  19. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I Art. 6: Valorizzazione del patrimonio culturale. Come l’art.3 per la tutela, l’art. 6 rappresenta la prima compiuta definizione della funzione della valorizzazione, concetto reso quanto mai ambiguo dall’uso (incremento del mero valore economico diretto o indiretto). La valorizzazione è diretta “a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurarne le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione, al fine di promuovere lo sviluppo della cultura” e “comprende la promozione ed il sostegno degli interventi di conservazione”. Sono state introdotte specificazioni delle attività relative alla valorizzazione dei beni paesaggistici. La valorizzazione deve essere attuata in forme compatibili con le esigenze di tutela. La Repubblica (quindi Stato, regioni, enti locali) favorisce e sostiene la partecipazione dei soggetti privati, singoli e associati. Quanto ai soggetti cui spetta l’esercizio della funzione, occorre ricordare che la Corte Costituzionale, con sentenza del 2004 (n. 26) ha affermato il cosiddetto “principio dominicale”, che limita la potestà legislativa regionale al solo ambito dei beni non statali, ammettendo la potestà regolamentare, anche di dettaglio, del Ministero in materia di beni statali. Per altro il comma 4 dell’art. 112 del Codice, riformulato dal d.lgs. 156/2006, rinvia ad accordi tra Stato, regioni ed enti locali, la definizione di strategie ed obiettivi comuni e l’elaborazione di piani strategici di sviluppo culturale.

  20. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I L’art. 7 (Funzioni e compiti in materia di valorizzazione del patrimonio culturale), richiama l’art. 117, c. 3, della Costituzione, introducendo le disposizioni successive, contenute nella parte II, titolo II, capo II (artt. 111 e seg.), da intendersi come principi fondamentali ai quali deve informarsi la legislazione concorrente delle regioni. Il d.lgs. 62/2008 ha integrato il Codice con un art. 7 bis che recepisce le convenzioni UNESCO del 3 novembre 2003 (salvaguardia del patrimonio culturale immateriale) e 20 ottobre 2005 (protezione e promozione delle diversità culturali), assoggettando alle disposizioni del Codice le espressioni di identità culturale collettiva, limitatamente alle testimonianze materiali.

  21. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I L’art. 8 conferma le potestà attribuite alla regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e Bolzano dagli statuti e dalle relative norme di attuazione. In realtà solo la regione siciliana e le due province autonome dispongono di potestà legislativa esclusiva in materia di beni culturali (con l’esclusione dei beni archivistici). Le altre regioni a statuto speciale hanno invece poteri grosso modo corrispondenti a quelli previsti dal vecchio art. 117 Cost., inferiori a quelli attualmente attribuiti alle regioni a statuto ordinario. Inoltre gli statuti più antichi non fanno riferimento ai beni paesaggistici (Sicilia, Sardegna,Val d’Aosta). Si deve quindi ritenere (C.Cost., sent. n. 274/1973) che la norma più favorevole del nuovo art. 117 si estenda alle regioni a statuto speciale.

  22. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio – Parte I Art. 9: Beni culturali di interesse religioso I beni culturali di interesse religioso rientrano nell’integrale competenza dello Stato in materia di tutela del patrimonio culturale, fatto salvo il principio di collaborazione espressamente richiamato, ad esempio, all’art. 12 della L. 121/1985 (Accordo di revisione del Concordato conla Chiesa cattoica). Il Codice, tuttavia, come già il T.U. 490/1999, considera il concorrente interesse delle confessioni religiose a preservare una componente essenziale della propria identità collettiva e attribuisce una rafforzata responsabilità alle autorità religiose in ragione del particolare rilievo che i beni da esse detenuti hanno nel quadro del “patrimonio storico e artistico della Nazione”. La nozione di beni culturali di interesse religioso, conformemente al dettato costituzionale, supera quello contemplato dalla L. 1089/1939 di “cose appartenenti ad enti ecclesiastici”. Il limite all’azione del Ministero (e delle regioni) è dato dalle esigenze di culto, per le quali è necessaria la concorrente valutazione delle autorità religiose.

  23. Il Codice – La nozione di “bene culturale” La II parte del Codice – Beni culturali – Tutela 1. L’oggetto della tutela (artt. 10 – 17) Caratteri della nozione di bene culturale • Tipicità (il carattere di “testimonianza avente carattere di civiltà” richiede una qualificazione da parte del legislatore. • Pluralità (caratterizzazione per categorie) • Materialità (i beni che il legislatore ha sin qui individuato sono cose)

  24. Il Codice – Le categorie di beni culturali Le categorie generali (art. 10 Codice) L’ordinamento ha previsto, sin dalla legge 1089 del 1939, una distinzione soggettiva tra beni pubblici o appartenenti a enti privati senza fini di lucro e beni privati dichiarati. Per i primi è richiesto, ai fini dell’assoggettamento alle disposizioni di tutela, il semplice interesse culturale. Per gli altri un interesse qualificato, “particolarmente importante” o “eccezionale”. I beni appartenenti a soggetti pubblici: • Le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. • Le raccolte dei musei, pinacoteche, gallerie pubblici. • Gli archivi ed i singoli documenti pubblici. • Le raccolte librarie delle biblioteche pubbliche.

  25. Il Codice – Le categorie di beni culturali I beni di proprietà privata: l’interesse qualificato. • Le cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico ed etnoantropologico particolarmente importante • Gli archivi e i singoli documenti che rivestono interesse storico particolarmente importante • Le raccolte librarie di eccezionale interesse culturale • Le cose immobili e mobili che rivestono un interesse particolarmente importante per il riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive e religiose • Le collezioni o serie di oggetti che per tradizione, fama e particolari caratteristiche ambientali, rivestono come complesso un eccezionale interesse artistico o storico

  26. Il Codice – Le categorie di beni culturali Specificazione di particolari beni compresi tra le cose immobili e mobili • Le cose che interessano la paleontologia, la preistoria e le primitive civiltà, la numismatica • Manoscritti, autografi, carteggi, incunaboli, libri, stampe, incisioni, carte geografiche, spartiti musicali, fotografie con relativi negativi e matrici, pellicole cinematografiche e supporti audiovisivi aventi carattere di rarità e di pregio • Ville, parchi, giardini, pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico o storico • I siti minerari di interesse storico o antropologico • Le navi e i galleggianti d’interesse artistico, storico o etnoantropologico • Le architetture rurali quali testimonianze dell’economia rurale tradizionale

  27. Il Codice – La verifica dell’interesse culturale Art. 12 Fino all’entrata in vigore del Codice gli enti pubblici diversi dallo Stato e le persone giuridiche private senza fini di lucro erano tenute a presentare elenchi dei propri beni mobili ed immobili aventi interesse artistico e storico, soggetti a validazione del Ministero (declaratoria). Anche beni non inclusi negli elenchi potevano comunque essere assoggettati alla disciplina di tutela. Per i beni di proprietà statale non si prevedeva alcuna procedura di individuazione. Il sistema era fonte di incertezze, anche perché l’obbligo della dichiarazione era largamente disatteso, e rendeva di fatto inattuabile la dismissione di beni pubblici, anche qualora non avessero interesse culturale. Il Codice ha sostanzialmente modificato tale situazione, prevedendo che tutti i beni di proprietà pubblica opera di autore non più vivente e che abbiano più di 50 anni siano soggetti a verifica dell’interesse culturale. Nelle more del procedimento i beni sono assoggettati alla disciplina di tutela. La verifica positiva è equiparata a tutti gli effetti alla dichiarazione di cui al successivo art. 13 (ad es. trascrizione nei registri immobiliari). La verifica deve concludersi entro 120 giorni. Il d.lgs. 156/2007 ha eliminato il “silenzio assenso”, che aveva suscitato numerose polemiche, per cui in caso di inadempimento dell’Amministrazione è possibile solo il ricorso in via amministrativa. Le modalità attuative sono state definite mediante intese per i beni dello Stato, e con decreti ministeriali per gli altri soggetti.

  28. Il Codice – La dichiarazione dell’interesse culturale Il riconoscimento della qualità di bene culturale: la dichiarazione dell’interesse culturale (artt.13 - 16) La dichiarazione è un atto amministrativo con cui il bene viene sottoposto ad un regime giuridico che ne limita la piena disponibilità in ragione di un superiore interesse pubblico. Nel procedimento devono essere rispettate le norme che riguardano la partecipazione degli interessati (L. 241/1990). Contro il provvedimento è ammesso ricorso al Ministero, per motivi di legittimità e di merito. La presentazione del ricorso sospende gli effetti del provvedimento, fatte salve le misure cautelari di tutela. Il Ministero, sentito il competente organo consultivo (Comitato tecnico – scientifico di settore), decide sul ricorso entro 90 giorni, e può annullare o riformare l’atto impugnato. La giurisprudenza amministrativa ha ribadito che il provvedimento di vincolo, nella parte in cui esprime il giudizio di particolare interesse, rappresenta “il frutto di un apprezzamento tecnico - discrezionale”. Ne consegue che le valutazioni dell’amministrazione sono sindacabili solo in relazione alla congruità ed alla manifesta illogicità della motivazione.

  29. Il Codice – La conservazione • Misure di conservazione (artt. 29-44) Art. 29: “La conservazione del patrimonio culturale è assicurata mediante una coerente, coordinata e programmata attività di studio, prevenzione, manutenzione e restauro”. Definizione giuridica dei concetti di • Prevenzione: “Complesso delle attività idonee a limitare le situazioni di rischio connesse al bene culturale nel suo contesto” • Manutenzione: “Complesso delle attività e degli interventi destinati al controllo delle condizioni del bene culturale e al mantenimento dell’integrità, dell’efficienza funzionale e dell’identità del bene e delle sue parti”. • Restauro: “L’intervento diretto sul bene attraverso un complesso di operazioni finalizzate all’integrità materiale ed al recupero del bene medesimo, alla protezione ed alla trasmissione dei suoi valori culturali”.

  30. Il Codice – La conservazione Segue art. 29 L’art. 29 definisce anche: • Competenza del MiBAC, in concorso con le Regioni e con la collaborazione delle Università e degli istituti di ricerca, in materia di “linee di indirizzo, norme tecniche, criteri e modelli d’intervento in materia di conservazione dei beni culturali”; • Competenza esclusiva dei restauratori per l’esecuzione del restauro di beni mobili e superfici decorate e riserva del MiBAC per la definizione dei profili professionali; • Competenza del MiBAC per l’accreditamento delle scuole di restauro; • Modalità di istituzione di centri “cui affidare attività di ricerca, sperimentazione, studio, documentazione ed attuazione di interventi di particolare complessità” e scuole di alta formazione.

  31. Il Codice – Circolazione – I beni culturali pubblici Il demanio culturale (artt. 53 – 54) Il legislatore ha attribuito allo Stato ed agli enti territoriali un ruolo di “proprietario privilegiato”, in considerazione della funzionalizzazione all’interesse pubblico dei beni, ove l’appartenenza pubblica corrisponde al godimento libero da parte della collettività, ad una fruizione potenzialmente universale. Sostanzialmente al diritto alla fruizione corrisponde un dovere pubblico alla conservazione ed alla utilizzazione collettiva. Di qui l’assoggettamento dei beni culturali appartenenti allo Stato, alle regioni ed agli altri enti pubblici territoriali al regime demaniale stabilito dagli artt. 822 e 824 del Codice Civile, nonché dall’art. 11 della legge 281/1970. Il principio di inalienabilità dei beni culturali demaniali, pertanto, è derogabile solo nei modi previsti dal Codice, quale legge speciale. Tale previsione rende inapplicabile ad essi qualsiasi norma che disponesse la dismissione del patrimonio pubblico. Il demanio culturale è costituito da: a) immobili ed aree di interesse archeologico; b) monumenti nazionali c) le raccolte di musei, pinacoteche, gallerie, biblioteche d) gli archivi

  32. Il Codice – Circolazione – I beni culturali pubblici Segue art. 54 Altri beni culturali inalienabili a) i beni mobili e immobili di cui all’art.10 c. 1 che non siano stati oggetto di verifica negativa ex art. 12; b) le cose mobili di autori viventi o aventi meno di 50 anni facenti parte di raccolte appartenenti allo Stato o ad enti pubblici territoriali c) singoli documenti di enti territoriali e archivi e singoli documenti di enti non territoriali d) immobili appartenenti allo Stato o ad enti pubblici territoriali dichiarate di interesse particolarmente importante quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive e religiose. POSSONO TUTTAVIA ESSERE OGGETTO DI TRASFERIMENTO TRA STATO, REGIONI, ENTI TERRITORIALI

  33. Il Titolo II del Codice: fruizione e valorizzazione – la fruizione Gli artt. 101 – 110 inquadrano la fruizione come una funzione distinta dalla valorizzazione, anche se sostanzialmente i principi sono riconducibili a quest’ultima. Occorre ricordare che l’art.1 del Codice pone l’obbligo di garantire la fruizione (e non la valorizzazione) in capo a tutti i soggetti pubblici, anche non territoriali In questa parte del Codice vengono in primo luogo definiti “gli istituti e luoghi della cultura”, in parte in modo innovativo (ad es. definizioni di museo, archivio, biblioteca, complesso monumentale) (art. 101). Recependo la sentenza 9/2004 C.Cost., l’obbligo di assicurare la fruizione è in capo a ciascuno dei soggetti pubblici che li detiene, mentre alla legge regionale compete disciplinarne l’esercizio negli istituti e luoghi non statali. Il coordinamento, l’armonizzazione e l’integrazione tra i diversi soggetti pubblici è perseguito mediante gli accordi previsti dal successivo art. 112, con i quali il Ministero può trasferire alle regioni ed agli enti territoriali la disponibilità di istituti e luoghi della cultura statali (principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza) (art.102). I beni pubblici possono essere concessi in uso a singoli richiedenti per finalità compatibili con la loro destinazione culturale, mediante il corrispettivo del canone. La concessione è subordinata ad autorizzazione del Soprintendente per i beni non statali.

  34. Il Titolo II del Codice: fruizione e valorizzazione – la valorizzazione Gli artt. 111 – 121 sono dedicati ai principi della valorizzazione. L’art. 111 è sostanzialmente teso a collocare nell’ambito della valorizzazione le attività consistenti nella gestione dei beni, rimaste prive di una propria autonoma previsione sia nel nuovo Titolo V della Costituzione che nello stesso Codice. Viene riconosciuto il ruolo dei soggetti privati, che possono concorrere e partecipare all’iniziativa pubblica, ma anche agire autonomamente. I principi che ispirano la valorizzazione ad iniziativa pubblica sono quelli, di derivazione comunitaria, propri dell’erogazione dei servizi pubblici. Della valorizzazione ad iniziativa privata viene riconosciuta l’utilità sociale e la finalità di solidarietà sociale: ad essa sono quindi applicabili le normative di favore previste, sia in termini di contributi e sovvenzioni, sia di agevolazioni fiscali.

  35. Il Titolo II del Codice: fruizione e valorizzazione – la valorizzazione A valle della legislazione concorrente dello Stato e delle regioni, l’obiettivo di coordinare le politiche dei diversi soggetti istituzionali che devono assicurare la valorizzazione è affidato ad accordi “per definire strategie ed obiettivi comuni, nonché per elaborare i conseguenti piani strategici di sviluppo culturale e i programmi”, che possono riguardare anche beni privati previo consenso degli interessati. Tali accordi possono riguardare l’ambito regionale o subregionale. A tal fine lo Stato, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali possono costituire “appositi soggetti giuridici”, ai quali possono partecipare “privati proprietari di beni culturali” e persone giuridiche senza fini di lucro (es. fondazioni che abbiano tali interventi nelle proprie finalità statutarie). Ulteriori accordi possono essere stipulati tra i soggetti istituzionali per regolare servizi strumentali comuni destinati alla fruizione e valorizzazione, eventualmente istituendo “forme consortili non imprenditoriali per la gestione di uffici comuni”. (Art. 112)

  36. Il Titolo II del Codice: fruizione e valorizzazione – la valorizzazione L’art. 112 si coordina con l’art. 114, che prevede che “il Ministero, le regioni e gli altri enti pubblici territoriali, anche con il concorso delle università, fissano i livelli minimi di qualità delle attività di valorizzazione su beni di pertinenza pubblica e ne curano l’aggiornamento periodico”. Tutti i soggetti che hanno la gestione delle attività di valorizzazione sono tenuti a rispettare i livelli adottati. Questa previsione, quindi, costituisce una forma di garanzia rispetto alla possibile gestione indiretta delle attività di valorizzazione. Viene quindi attribuito al Ministero, in base all’art. 117, c. 2, lett. m) della Costituzione, il compito di definire i livelli essenziali del servizio in modo omogeneo sul territorio nazionale. Ciò non sembra escludere la possibilità che i livelli “minimi” possano essere integrati o migliorati, su base regionale.

  37. Il Titolo II del Codice: fruizione e valorizzazione – la valorizzazione La gestione delle attività di valorizzazione può avvenire in forma diretta o indiretta (art. 115). Essa può essere svolta quindi dalle strutture organizzative interne che devono disporre “di adeguata autonomia scientifica, organizzativa, finanziaria e contabile e di idoneo personale tecnico”. A questo fine si può dar luogo a consorzi pubblici. In alternativa, al fine di assicurare un miglior livello di valorizzazione e previa valutazione comparativa in termini di sostenibilità e di efficacia, la gestione delle attività può essere affidata a terzi, anche in forma congiunta e integrata, mediante procedure di evidenza pubblica, sulla base della valutazione comparativa di specifici progetti. Il contratto di servizio con il concessionario deve determinare contenuti e tempi di attuazione del progetto di gestione, i livelli di qualità delle attività e dei servizi, le professionalità degli addetti, nonché i servizi essenziali da garantire per la pubblica fruizione.

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