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LEZIONE C2 Stati di povertà e processi di impoverimento

CoViScO 2012/2013 – Ricadute di policy Giuseppe A. Micheli. LEZIONE C2 Stati di povertà e processi di impoverimento. QUESTIONE NUMERO 1. [1] Quanti sono i poveri in Italia? Ma chi definiamo povero?. Quanti sono i poveri in Italia?.

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LEZIONE C2 Stati di povertà e processi di impoverimento

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Presentation Transcript


  1. CoViScO 2012/2013 – Ricadute di policy Giuseppe A. Micheli LEZIONE C2 Stati di povertà e processi di impoverimento Covisco - Ricadute - Lezione C2

  2. QUESTIONE NUMERO 1 [1] Quanti sono i poveri in Italia? Ma chi definiamo povero? Covisco - Ricadute - Lezione C2

  3. Quanti sono i poveri in Italia? Nel 2007 in Italia l’11% delle famiglie residenti (13% della po-polazione) vivevano spendendo in 2 persone <940 euro/mese. La quota di famiglie povere è stata stabile a lungo, con forti differenze territoriali: 5% al Nord, 7% al Centro, 22-23% al Sud. La quota di persone con reddito disponibile equivalente inferiore al 60% del reddito mediano nazionale equivalente (International Standard Poverty Line, ISPL) è in Italia al 2005 intorno al 19% (Eurostat su 27 paesi): di poco inferiore solo a Grecia Spagna Portogallo Polonia. Assai superiore a Germania e Francia (13%), Austria e Finlandia (12%), Olanda (11%), Svezia (9%). Negli ultimi 30 anni i minorenni sotto la ISPL passano dal 23% al 32%. Alla povertà si associa disuguaglianza. Il 10% più ricco detiene il 42% della ricchezza, il 28% del reddito netto disponibile. Negli ultimi due decenni la disuguaglianza è cresciuta. Tra 30 paesi OCSE l’Italia ha il sesto gap tra ricchi e poveri (in occidente solo Usa e UK stanno peggio). Insieme a Usa e UK l’Italia è tra i paesi a maggior persistenza intergenerazionale di disuguaglianza. Covisco - Ricadute - Lezione C2

  4. Quanto contrasto alla povertà? In Italia la spesa sociale “mirata” è scarsa e inefficace. Robusta è la copertura sociale generale (pensioni, sanità), la spesa procapite per esclusione sociale è la più bassa in Europa. Solo il 7 permille del PIL è investito per Housing and Social Exclusion. • Scomposta per aree di intervento, la spesa sociale in Italia è assorbita per il 45% da “misure di contrasto alla povertà” (27% disabili, 16% cash a famiglie), ma le misure restano inefficaci perché: • non universalistiche ma categoriali (in primis anziani poveri), • poco redistributive, • senza un sistema unitario di means test. Covisco - Ricadute - Lezione C2

  5. Quali interventi di sostegno al reddito? In Italia non esiste una politica di lotta alla povertà ma dispositivi diversi che trattano il problema entro diversi settori del Welfare (assistenza, previdenza, lavoro etc), per lo più con un approccio riparativo-assistenziale (politiche passive di sostegno al reddito). Covisco - Ricadute - Lezione C2

  6. Multidimensionalità delle categorie di svantaggio Il regolamento comunitario UE n. 2204/2002, che vuole favorire l’occupa-bilità di “talune categorie di lavoratori con particolari difficoltà a trovare un lavoro” in quanto contraddistinte da qualche parametro di svantaggio, elenca più criteri definitori della categoria di lavoratore svantaggiato. La tassonomia di “categorie di svantaggio” è dilatabile e mai esaustiva, a causa della sua multidimensionalità. 1.Background 2. Età&genere 3.Storia lavorativa Minoranze etnoling. Over 50 Studi finiti da <2 anni Senza lavoro 12 mesi su 16 Donne in regioni a disoccupaz.cronica Disabilità/handicap Conciliaz. casa-lavoro: rientro donne dopo 2 a. Under25 senza lavoro 6 mesi/8 Bassa scolarità Under 25 Immigrati recenti Pena detentiva 4.Storia familiare Cinque dimensioni di problematicità della categoria di svantaggio 5.Eventi critici di vita Donne sole, figli minori a carico Disabilità acquisita Dipendenza accertata Covisco - Ricadute - Lezione C2

  7. QUESTIONE NUMERO 2 [2] È efficace affidarsi a un unico criterio ‘dittatore’ per definire chi è povero? E quali povertà devono essere oggetto di public care? Covisco - Ricadute - Lezione C2

  8. Attenzione alle ‘fasce di rispetto’ Prendiamo le “fasce di rispetto” intorno alla Ispl. Sappiamo che sotto la soglia di povertà sta un 11% abbastanza stabile di famiglie italiane, ma se si prende una soglia di maggiore indigenza (80% linea standard) essa riguarda meno del 5% di famiglie “sicuramente povere” (2008). Se individuiamo due fasce di rispetto, sopra e sotto la Ispl, troviamo situazioni sotto la linea che non richiedono alcun supporto, altre sopra la linea di povertà – legate a eventi di vita particolari – che esigono invece un supporto robusto. Definire la povertà a partire dalle risorse economiche porta insomma a includere casi di equilibrio problematico e a trascurare casi di drastico collasso. Si ripensi al caso di una coppia agiata, che a 25 anni percepisca 1.600 euro al mese aumentando gradualmente le sue entrate fino a un picco di redditività doppia verso i 50 anni, ma che abbia tre figli, e perciò vivrà sotto la Ispl per quasi 20 anni. Covisco - Ricadute - Lezione C2

  9. L’ISPL, soglia virtuale e fallace Covisco - Ricadute - Lezione C2

  10. Un caso di incongruenza Definire la povertà a partire dalle risorse economiche porta a includere casi di equilibrio problematico e a trascurare casi di drastico collasso Ricordiamo il caso di una coppia benestante quanto a redditi, ma con tre figli, che per il solo costo vivo dei figli passa 20 anni della vita sotto la soglia dell’International Standard Poverty Line! Covisco - Ricadute - Lezione C2

  11. Politiche per la disparità e politiche per l’esclusione Vanno tenute distinte le politiche di contrasto alla povertà da quelle di contrasto alla disparità sociale. Le seconde hanno come obiettivo l’equità sociale: se il rapporto tra il reddito del primo e del quinto de-cile (tra i più ricchi e i mediocremente poveri) sale a dismisura, l’esi-genza di equità sociale spinge a politiche perequative. Altra cosa è individuare e supportare chi è al disotto di una soglia mi-nima di dignità e di self-respect, come la donna che G.A. Stella (2008) vedeva in tempi di guerra avvicinarsi ai banchi del mercato per chie-dere “quanti centesimi costano le uova rotte”. Sono questi i soggetti che vanno individuati e supportati per un principio di solidarietà col-lettiva. E non c’è timore che manchino, nella società dell’affluenza. Covisco - Ricadute - Lezione C2

  12. Povertà assoluta, povertà relativa • Il Novecento ha visto il lento slittamento dei criteri definitori di po-vertà da assoluti a relativi. Nel 1901, Seebohm Rowntree, studiando la città di York, incentra la sua indagine sociale sulla categoria di povertà “assoluta”, la cui soglia era identificata col minimo fisiologico di sussi-stenza. Nella survey del 1936 lo stesso Rowntree include nella povertà anche le famiglie che, pur disponendo di entrate superiori alla linea di pura sussistenza, vivono in “palese stato di necessità e bisogno”. • La sensazione che il welfare state abbia eliminato gli stati di indigenza primaria diffonde nel secondo dopoguerra la convinzione che l’oggetto della cura pubblica sia non la povertà assoluta, ma l’area sfocata e autoreferenziale della deprivazione relativa (Townsend, 1974). • Di recente (2009) l’Istat ripropone un paniere per misurare la povertà assoluta. Apparentemente sembra un recupero dell’approccio essenzia-listica alla povertà, ma i criteri di misura adottati sono assai più vicini all’idea di povertà relativa, determinata assemblando diversi indicatori di bisogni primari (sull’abitare, l’alimentarsi, le esigenze di cura, istru-zione, abbigliamento, mobilità), producendo una sola misura di sintesi monetizzata, non diversa da altre misure di povertà relativa. Covisco - Ricadute - Lezione C2

  13. Dignitosa povertà • Ma la deprivazione relativa è povertà o piuttosto uno stato d’animo in-fluente sulle azioni degli individui, che non per questo, tuttavia, deve necessariamente essere oggetto di solidarietà collettiva? • Per Vikram Patel (2010) gli stati di umiliazione e di insicurezza persi-stente nella vita quotidiana sono i due fattori non materiali né monetiz-zabili che si aggiungono a quelli materiali/monetizzabili nell’ indurre una mutazione della povertà in disperazione. La dignitosa povertà condizione di vita dei poveri del mondo, evocata da Majid Rahnema (2005) è altra cosa dalla povertà miserabile che “scaccia la povertà”. • «Quando il contadino parla della miseria si riferisce anzitutto alla spossante fatica fisica, agli stracci rappezzati che indossa, al pane unico cibo. Per quanto cruda, tuttavia, la sua povertà non rende conto interamente della sua cronica melanconia. Solo in parte la melanconia del contadino è generata da preoccupazioni oggettive: né la fame presente né il timore di tempi ancora peggiori spiegano completamente il suo profondo scontento» (Banfield, 1958). • Il discrimine sta quindi nella rassegnazione, nella hopelessness o (come diremo tra poco) nella perdita di autonomia strategica. Covisco - Ricadute - Lezione C2

  14. QUESTIONE NUMERO 3 [3] Che conseguenze comporta adottare una definizione estensionale di povertà, o una definizione intensionale? Covisco - Ricadute - Lezione C2

  15. Definizioni estensionali • Generalmente si dà una definizione “estensionale” di povertà: costruita per enumerazione statistica del ripetersi di eventi, o concomitanze tra eventi. Operazionalizzare il concetto di povertà è una procedura a tre passi: a) raccogliere sui singoli individui di una popolazione un numero limitato di informazioni, non esaustive della loro situazione individuale; b) inferire dalle informazioni micro selezionate una definizione macro (per “astrazione estensionale o generalizzazione induttiva”) della pover-tà della popolazione; c) misurare la povertà del singolo per risoluzione statistica, cioè come devianza da una misura centrale di “normalità”, e la povertà macro, a sua volta, come quota % che sta sotto la Ispl. • La patente di povertà discende dunque da una procedura circolare dal micro al macro e ritorno: prima la conta di alcuni (non esaustivi!) indica-tori sui singoli, poi la quantificazione di una dimensione macro per mera aggregazione dei numeri dei singoli, infine il ritorno a livello micro con-teggiando gli scostamenti da qualche misura di sintesi. Covisco - Ricadute - Lezione C2

  16. Haring e venti famiglie povere Catalogata ogni unità familiare in base a una misura (n.i. reddito familiare equivalente) si definisce povero chi sta sotto quota 50 (6 su 20) 60 150 268 33 98 66 14 83 411 30 175 42 742 75 45 68 58 99 23 180 Covisco - Ricadute - Lezione C2 n.i. del reddito familiare equivalente (100 = reddito medio)

  17. Reddito <ISPL coppia con 3 figli minori ma bireddito,casa di proprietà, supporto fa-miglie origine Tre casi di incongruenza Si disegnano i quadri situazionali delle unità familiari e, in base a più elementi di comprensione – tra cui il reddito - si selezionano ‘tipi’ o ‘percorsi’ di povertà Reddito > ISPL ma coppia anziana, uno non autosufficiente, casa in affitto 60 150 66 33 98 Reddito > ISPL ma coppia + figlio con handicape capofa-miglia a long term unemployment 45 14 83 411 30 175 268 742 75 42 Covisco - Ricadute - Lezione C2 68 58 99 23 180

  18. Definizioni intensionali • Leggendo le schede di queste tre famiglie, l’indicatore di reddito pare ingannarci. È il quadro complessivo delle condizioni familiari a disegnare condizioni di forte tensione o, all’opposto, di relativa tranquillità. Così ragionando abbiamo però elaborato una diversa operazionalizzazione della povertà, per “astrazione intensionale”. • Per via estensionale la condizione di povertà emerge come devianza statistica del singolo individuo da alcuni parametri definiti sull’intera popolazione (parametri relativi al reddito, alla casa, alla salute, ecc., stimati per enumerazione indipendente l’uno dall’altro)- • Per via intensionale la povertà emerge per linee interne all’architettura della singola persona, quando l’insostenibilità dell’uno o dell’altro di quei fattori, o l’insostenibilità del loro cumularsi o rafforzarsi reciproca-mente, o l’insostenibile loro persistenza nel tempo, svuotano la persona stessa di ogni capacità di azione autonomamente strategica per fronteggiare con successo le condizioni avverse. Covisco - Ricadute - Lezione C2

  19. QUESTIONE NUMERO 4 [4] La povertà è solo uno stato (necessariamente) fisso, o anche un punto mobile in una traiettoria o come stato finale di un loop? Covisco - Ricadute - Lezione C2

  20. Povertà lungo il corso di vita Negli anni ’90 la Scuola di Brema costruisce tipologie di ‘biografie di welfare-dipendenza’, sottolinea il ruolo cruciale delle ‘finestre’ di rileva-zione, e identifica quattro “carriere di welfare” (Buhr, Leibfried, 1989). Oscillanti tra assistenza e non assistenza, con perdita di sta-tus incombente ma non fissa Traghettatori: fruitori tran-sitori di sussidi di welfare, con perdita solo temporanea di status Scampati: poveri di lungo termine che riescono a sfuggire alla dipendenza dal welfare Marginalizzati, fruitori di wel-fare sottoposti a processi a lungo termine di perdita di status Covisco - Ricadute - Lezione C2

  21. Cronicità come loop «Quante volte facemmo il giro della cintura è impossibile dire; vi corremmo intorno forse un’ora volando piuttosto che galleggiando, scendendo sempre più, gradualmente verso il mezzo del vortice..» (E.A.Poe, Il gorgo del Maelstroem). Covisco - Ricadute - Lezione C2

  22. Molte risorse Choc iniziale O D C H G Linea diequilibrio N M A B Poche risorse E F I L Scarse Elevate Risorse investite Povertà diverse se collocate in stadi diversi del loop Povertà di II livello Povertà di III livello Covisco - Ricadute - Lezione C2

  23. Tre povertà, una traiettoria • Una lettura processuale della povertà ci porta dunque a una sequenza con tre aree di povertà, non riducibili alla sola dimensione economica, inanellabili in una sequenza virtuale di deriva, ma tra loro diversamente definite, in quanto intensionalmente definite. Accanto alla domanda “chi è povero?” andrebbe quindi specificato “a che stadio della caduta ci si trova?” e “quali situazioni hanno innescato la caduta?”. • L’area dell’equilibrio problematico, in cui l’emergere di criticità obbli-ga l’individuo o il nucleo a farvi fronte con elevati anche se transitori investimenti e adattamenti di risorse materiali o relazionali. • L’area del disagio non più sostenibile, in cui il cumularsi o perdurare di situazioni di crisi produce incapacità di fronteggiarle autonomamente, fino ad affiorare al circuito delle garanzie pubbliche. • L’area della cronicità e dell’esclusione: il “punto fisso”. Covisco - Ricadute - Lezione C2

  24. Chi è ‘povero’? Alla domanda “chi è povero?” potremmo allora risponderci: “è povero chi esperimenta il perdurare di una condizione insostenibile di non sod-disfazione di un bisogno essenziale”. È questo perdurare che riduce il suo margine di autonomia strategica, e rende la criticità così insoste-nibile da farla percepire senza via d’uscita, innescando a sua volta la contrazione sotto una certa soglia del self-respect. Il prolungarsi di una situazione di criticità intacca gli stessi stati d’ani-mo che fanno da motore ai processi di formazione delle scelte, e pro-duce rimozione o rassegnazione. Al terzo livello approdano appunto le situazioni in cui lo scivolamento si arresta solo nel “punto fisso” del loop, con una definitiva rassegnazione a uno stato di sofferenza o di esclusione. Son qui i senza fissa dimora, i long-term unemployed, gli stati fisici di disabilità e malattia cronici. Qui l’intervento non può più essere finalizzato al ripristino di condi-zioni di resilienza e autonomia, ma a dare dignità a un’esistenza cronicamente limitata. Covisco - Ricadute - Lezione C2

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