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L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

Diocesi di Albano Ufficio Diocesano per l'educazione, la scuola e l'insegnamento di religione cattolica (IRC) Corso di formazione permanente per gli IRC Scuola Secondaria di I grado Albano, 28 ottobre 2011. L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

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L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e

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Presentation Transcript


  1. Diocesi di AlbanoUfficio Diocesano per l'educazione, la scuola e l'insegnamento di religione cattolica (IRC)Corso di formazione permanente per gli IRCScuola Secondaria di I gradoAlbano, 28 ottobre 2011 L’insegnante di religione cattolica tra “frustrazioni – disagi” e “sfide educative e professionali” Prof. Gian Franco Poli

  2. Il rapporto fra IRC e studenti nella scuola, è regolato dalla: Costituzione italianae dallalegislazione scolastica tuttavia l’IRC dovrà tenere presente due punti di riferimento: il valore e il significato della sua presenza nella vita scolastica.

  3. Comportamento – Relazioni - Coerenza dell’IRC fra ciò che dice e il suo modo di essere. Sono già una forma di insegnamento più incisivo delle parole che pronuncia poiché, agli occhi degli studenti, sono la concreta esemplificazione di quanto insegna agli allievi.

  4. Le azioni dell’IRC, il suo stile nel relazionarsi agli allievi richiedono pertanto un’attenzione speciale e una accortezza supplementare.

  5. Punto di partenza: Il disagio da parte della cattedra, e di conseguenza il disagio dell’IRC. Esiste o è solo un dato ipotetico?

  6. È l’interrogativo a cui proveremo di dare una risposta a partire dall’assunto che tutto ciò che si riferisce alla frustrazioneo al disagio di chi insegna una disciplina aperta alla dimensione trascendente dell’essere umano inspiegabilmente occupa uno spazio significativo nel contesto del diritto all’educazione.

  7. La fatica di un IRC deve essere analizzata e studiata seriamente, senza cadere in letture pessimistiche o esclusivamente negative; si rileva che questo disagio non è sufficientemente affrontato dagli esperti del settore e dagli psichiatri e psicologi.

  8. Nella vita scolastica ci sono alcuni momenti critici per i rapporti tra IRC e allievi che meritano attenzione e controllo. Sono i momenti più sgradevoliper gli IRC e altrettanto sgradevoli per gli allievi, come ad esempio: i rimproveri in presenza di comportamenti antisociali e/o trasgressivi, la correzione degli elaborati che risultano insufficienti, gli interventi per le offese o i litigi tra compagni, i momenti di indisciplina dell’intera classe che lasciano all’insegnante la sensazione di perdere il potere e il controllo della situazione...

  9. Siamo dunque in presenza di momenti dove il disagio provato dall’IRC rischia di essere interpretato e addebitato esclusivamente al comportamento dei ragazzi mentre è ancora l’insegnante responsabile dei sentimenti che prova, dei comportamenti che adotta e può far ricorso al suo equilibro affettivo, al prestigio per il ruolo che ricopre, all’autorevolezzacon cui lo interpreta.

  10. Questi sono i momenti in cui è più facile incorrere in errori facendo ricorso a comportamenti autoritari, esageratamente minacciosi o punitivi che rivelano solo la paura e l’ impotenza dell’IRC. In questi momenti il suo linguaggio può subire sgradevoli cadute di stile e perdere la sua efficacia educativa nel confondere la personacon il comportamentodel proprio interlocutore, e il rischio che corre è di ferire la persona a causa del suo atteggiamento.

  11. Questo è dunque il momento di ricordare che per aiutare un allievo a cambiare le sue azioni è necessario allearsi con la sua persona anche quando si critica il suo comportamento in modo da trovare un’intesa e un’alleanza per giungere a fargli adottare nuove decisioni. Solo così sarà possibile evitare giochi di potere, inutili giustificazioni e continue difese - come quando ci si sente feriti nella propria persona - per poter cogliere il significato di quanto l’IRC propone.

  12. Questo vale particolarmente per la correzione dei compiti dove l’espressione “tu sei...” con l’aggiunta di una definizione o di un giudizio negativo, può essere sostituito dalla modalità più corretta e rispettosa: “il tuo compito oggi è...”. Questi esempi, che ciascuno può moltiplicare analizzando il linguaggio comune, indicano la necessità del dialogo correttocome problema costante da tenere presente all’interno di un rapporto positivo e in ogni momento della vita di classe.

  13. 1. Il disagio:frustrazione dalla parte della cattedra

  14. Come è noto, il termine disagio, così frustrazione, alludono a una varietà di condizioni di malessere che la persona può manifestare sia a livello individuale-intrapsichico, nella percezione di una difficoltà soggettiva a star bene con se stessa/o, sia a livello socio-relazionale, nella percezione intersoggettiva di una difficoltà nel riuscire a vivere l’incontro con l’altro, in questo caso l’allievo, il collega e il genitore. Una condizione di difficoltà, dunque, nel saper governarerazionalmente la complessità esistenziale del proprio stare al mondo e dello specifico ruolo di educatrice/educatore.

  15. In alcune fasi della vita il disagio è fisiologico poiché legato al processo di maturazione della identità o ai passaggi d’età. Quando però questa condizione si prolunga nel tempo per cause oggettive o soggettive indipendenti o dipendenti dal soggetto, essa conduce all’alienazione da sé e daglialtri producendo marginalità e, qualora sia accompagnata dalla trasgressione della norma/legge, anche devianza, arrivando gradualmente ad una situazione patologica disturbante

  16. Il più delle volte è il singolo insegnante disagiato ad essere espulso dal sistema, vedendo schiudersi dietro la porta dell’emarginazione scolastica quella ben più pesante, a volte definitiva, dell’emarginazione sociale.

  17. L’idea che insegnare sia un privilegio, ha impedito per anni di riconoscere l’immane dispendio di energia psicofisica che è invece necessario per adempiere al compito educativo. Si è cominciato insomma a prendere atto che insegnare costa faticaa tal punto da arrivare, in casi estremi, a produrre un danno e dunque, se oggi ci interroghiamo sul disagio scolastico, non possiamo più ignorare quello nascosto, ma reale, vissuto dalla parte della cattedra.

  18. Siamo sempre più convinti che essere IRC è una missione che si fa professione: si tratta di un “ministero” complesso e delicato. È una fortuna, spirituale e umana, ma anche lavorativa. Speriamo che nessuno pensi di aver scelto questa strada per lo stipendio, o la viva senza convinzione.

  19. 2. Il disagio d’affermare: sì, insegno religione e aspettative... Parlando di disagi, non possiamo sottovalutare che spesso, alla domanda di un collega o di un genitore: “che cosa insegna?”, la risposta: “insegno religione”, non viene pronunciata con tanto entusiasmo e fierezza. Non vogliamo generalizzare, ma si registra sovente questa convinzione di minorità nei confronti delle altre discipline, dei colleghi e degli allievi.

  20. “Insegno religione” spesso contiene un sospiro, una sospensione, un interlocutorio non espresso, un’esitazione, a volte il messaggio di una sottile auto-svalutazione, il senso dell’inefficacia e dell’insignificanza del proprio lavoro, la stanchezza di rimotivare continuamente.

  21. Ma non è una materia poi così importante. • Ma insegno proprio religione o dentro quest’ora ci va un po’ di tutto? • Sì, non manca di utilità, specialmente per la vicinanza a qualche allievo in difficoltà, ma è questo insegnare religione? Non si tratta piuttosto di esercizio di altruismo? • Vale la pena pensarci poi tanto alla modalità di far lezione quando una parte degli studenti, a volte una gran parte, pur avendo scelto la materia, in realtà durante l’ora fa altre cose? • Un po’, anche se non viene detto esplicitamente, i colleghi ci lasciano vivere e lavorare, ma, nonostante la legislazione lo preveda, mi ritrovo a chiedermi se ha ancora diritto a starci l’ora di religione cattolica a scuola in tempi di relativismo, laicismo…?

  22. Un po’ mi sento ospite, meglio ospitata nell’istituzione scolastica. Cerco di fare del mio meglio, ma avverto l’aria della precarietà culturale che circonda. Qualcuno forse spinge… è tempo di andarsene? • Nonostante tutte le valide giustificazioni sulla liceità e valore dell’IRC, mi sembra di far parte di un ‘residuo culturale’ della lotta fra Stato e Chiesa. • Insegno? Ma che cosa? Durante il susseguirsi degli anni di scuola, mi sembra che nessuno impari qualcosa, perciò mi chiedo ‘Insegno?’ • Spesso capita di dover ascoltare le critiche e solo le critiche alla Chiesa in quanto istituzione corrotta, opportunista e ricca, espresse dagli allievi che ne rilevano soltanto gli aspetti negativi. Perché prendersi tali contrarietà da ragazzi, a volte, impertinenti?

  23. Puntualmente, però, dopo il lamento si ripropone alla coscienza la “parte positiva”. Allora che cosa muove ad insegnare ancora religione? Che cosa spinge ad accettare l’incarico annuale? Le motivazioni sono diverse, alcune di ordine personale, altre di ordine culturale. Idealmente, poi, sarebbe bello che tali ragioni fossero anche tutte nobili e spiritualmente elevate, ma ce ne sono di sbrigative, terra, terra.

  24. Bisogna pure registrare il contrario, ci sono docenti fieri dell’insegnare religione a scuola; non mancano parole di sostegno, approvazione e valorizzazione del lavoro che si fa a scuola, sia da parte dei Dirigenti, sia dai colleghi, dagli allievi e dalle famiglie.

  25. Rimane comunque la convinzione che essere IRC non è facile; lo sanno bene le centinaia di insegnanti in Italia che sperimentano le contraddizioni di una professione, al tempo stesso, motivante e frustrante per la sua complessa natura.

  26. Finalità e contenuti la collocano tra le discipline più “importanti”: essa, infatti, invita ad esplorare le grandi domande di senso, e proprio per il fatto che nell’ora di religione si parla di se stessi, si affrontano tematiche come la vita, la morte, la sofferenza, il bisogno di salvezza, la propria identità, richiede l’istaurarsi di relazioni di apertura e fiducia tra il docente e l’alunno e nel gruppo classe.

  27. L’IRC nell’organizzazione scolastica è una materia “debole” per la sua presenza marginale nell’orario scolastico (l’unica materia che abbia una sola ora settimanale), per la scarsa considerazione del giudizio finale e soprattutto per il fatto di poter essere scelta dagli alunni e dalle famiglie ogni inizio ciclo, spesso in modo arbitrario, esponendo così l’insegnante al sentimento di sentirsi rifiutato sulla base di criteri che spesso non hanno nulla a che fare con la qualità del suo insegnamento.

  28. In un sistema in cui tutte le discipline sono obbligatorie, l’essere titolari dell’unica materia a scelta pone problemi non facili da risolvere a livello psicologico, motivazionale e anche didattico: spesso, infatti, induce a compromessi nella scelta delle tematiche da trattare, richiede all’IdR uno sforzo di gran lunga superiore che agli altri docenti per stimolare la motivazione primaria dello studente.

  29. Anche il rapporto con i colleghi può essere fonte di gratificazione (molti IdR si sentono apprezzati e benvoluti) ma anche di frustrazione. Non sono rare le battute del tipo: “Tanto tu insegni solo religione!” oppure “Che fate nell’ora di religione, gli alunni non sanno neppure…”, o addirittura giudizi più svalutanti: “A che cosa serve questa materia?” “Beati voi che non soffrite di precariato!” ecc….

  30. Di fronte a questi atteggiamenti, l’IRC potrebbe essere tentata/o a rimuoverli giungendo ad affermazioni del tipo: “tutti mi amano, tutti mi apprezzano” che, proprio perché espresse in modo così generalizzato, diventano automaticamente poco realistiche o a iper compensare il proprio ruolo, autodefinendosi unica/o docente in grado di capire lo studente, perdendo, così, la dimensione della collegialità che deve guidare sia i rapporti con gli studenti che la loro valutazione.

  31. Gestire le aspettative L’IRC è ben consapevole del valore formativo della sua disciplina e quindi dell’impegno indispensabile per fare della propria ora uno spazio di dialogo, di approfondimento critico di argomenti che molti studenti non hanno mai occasione di affrontare alla presenza di un adulto competente.

  32. Gestire le aspettative degli studenti e delle famiglie Frequente è la richiesta che non sia un insegnante come gli altri: deve comprendere, venire in aiuto, essere dalla parte dello studente (soprattutto in sede di scrutinio!). Deve più in generale fungere da confidente e da psicoterapeuta. Gli studenti intuiscono che l’IdR è più interessato alla loro persona che al programma e proprio per questo motivo si aspettano da lui un atteggiamento più aperto ed accogliente e tendono a sottovalutare le esigenze della disciplina (alcuni sono fieramente sdegnati alla richiesta di verifiche o “compiti a casa!”).

  33. Gestire le richieste dell’istituzione scolastica a confronto con il “ruolo debole” in cui confina l’IdR. Anche le richieste dell’istituzione scolastica sono elevate e contraddittorie: deve partecipare a tutti gli organi collegiali, ma spesso nei consigli di classe la sua voce è poco ascoltata, almeno rispetto a quella del docente d’italiano o di matematica. In ogni caso non è il ruolo a dare peso all’IdR ma la credibilità che è riuscito a conquistarsi spesso con maggior sforzo di altri docenti sostenuti da una posizione più forte all’interno del consiglio di classe o del collegio docente.

  34. Gestire le aspettative della Chiesa Anche la doppia appartenenza all’istituzione scolastica e alla comunità cristiana può essere vissuta come risorsa o come un’ ulteriore esigenza a cui far fronte. Dai colleghi e dagli studenti egli è visto come rappresentate di una Chiesa spesso contrastata per le sue prese di posizione soprattutto in materia di etica.

  35. Curare tutti i possibili complessi di inferiorità • Ecco una serie di dati oggettivi con i quali curare le forme di disagio e frustrazione: • l’IRC può intervenire in tutti i campi della scuola, anche nella valutazione il suo giudizio in consiglio di intersezione, interclasse e classe ha il suo valore e grande significato; • per scuola passano tutti i ragazzi, anche quelli che non sono praticanti: ciò valorizza il ruolo e la funzione dell’IRC che ha il compito di educare e formare la dimensione religiosa che è propria di ogni persona; • importante è l’atteggiamento dell’IRC e di come presenta la materia; per il 60-70% gioca un ruolo fondamentale la sua coerenza e la sua testimonianza; • l’IRC è sotto la lente di ingrandimento degli alunni;

  36. l’IRC condiziona l’opinione della scelta: la sua professione è vocazione e missione; • la testimonianza è fondamentale per essere credibili agli occhi di chi sta vicino e di ascolta o lavora con noi; • è importante entrare in sintonia con i colleghi: mettersi a disposizione, assumere incarichi, accettare di partecipare e fare con gli altri; • l’IRC con il suo modo di fare ha un credito maggiore come insegnante; • la partecipazione all’Equipe pedagogica fa trovare spazio e rende merito alla professionalità e alle competenze che non devono venire meno e deve essere costantemente coltivate: • importante dunque la formazione permanente; • l’IRC è probabilmente il più adatto a ricoprire il ruolo di docente dell’orientamento in quanto la sua disciplina è orientamento alla vita.

  37. 3. Alle radici del disagio dell’insegnare: la crisi della scuola La scuola è diventata di massa mantenendo una struttura e una concezione elitaria del sapere; si è popolata di donne, insegnanti e studentesse, senza che l’impronta maschile che ha segnato le sue origini sia stata sottoposta sufficientemente ad analisi.

  38. La scuola viene rappresentata come un luogo di trasmissione di valori e saperi precostituiti, mentre proprio lì la domanda di senso dei ragazzi e delle ragazze impone una decostruzione e una ridefinizione di quei saperi e di quei valori.

  39. L’insoddisfazione che sembra aver colpito il morale della classe insegnante nel nostro Paese è la risultante di una serie di condizioni oggettive. Quali?

  40. Un prestigio perduto Gli insegnanti non godono di un’eccellente immagine sociale: il prestigio di cui godeva un tempo il docente in quanto garante della trasmissione dell’ethos collettivo e della cultura è in calo e non solo per una perdita di autorevolezza nella relazione con gli allievi, anche in ragione dei livelli retributivi tendenzialmente bassi se comparati con quelli dei colleghi europei o di altre categorie di professionisti laureati.

  41. Un aumento di problemi di tipo relazionale-affettivo con gli allievi Col venir meno della funzione socializzatrice primaria della famiglia gli insegnanti si trovano dunque, loro malgrado e in assenza di strumenti psicopedagogici di intervento, a surrogare questa pedagogia dell’inesistenza (e l’inesistente è, in questi casi, la figura paterna, la famiglia, un referente adulto significativo) che impedisce di cogliere per tempo i segni di disagi affettivi riversati nelle aule degli istituti scolastici.

  42. 4.Arginare disagio e frustrazioni Sullo sfondo di tale articolato panorama si colloca il ruolo e il compito dell’IRC come agente di trasformazione del disagio.

  43. Il suo ruolo è strategicoper due ragioni: • per la forza penetrante della sapienza cristiana che gli offre, attraverso l’insegnamento della sua disciplina. • per la proposta/testimonianza dei valori cristiani “insieme originali e profondamente umani”.

  44. L’IRC ha un punto di vista privilegiato per riuscire a vedere, interpretare, raccontare e saper comunicare agli allievi, ai colleghi e alle famiglie la realtà della sofferenza andando oltre i determinismi socio-psicologici e le cose “così come appaiono”, al fine di coglierne il positivo, l’enigma, il mistero….

  45. L’IRC raccoglie la responsabilità l’esigenza di coltivare sempre meglio l’unità della persona: nel disagio questa unità è insidiata dalla frantumazione e dallo smarrimento dovuto all’esperienza della difficoltà che si accompagna alla mancanza di criteri di interpretazione e di sintesi.

  46. Da dove partire dunque per un’azione didattica che comprenda e superi il disagio e dell’alunno e dell’insegnante? Dalla lettura pedagogicadello stesso: è questo il punto di partenza imprescindibile per affrontarne le radici.

  47. E’ determinante partire dalla persona, dalla relazione educativa e dalle sue radici affettive. Fare del soggetto-persona la “variabile imprescindibile” dell’intervento educativo per il recupero del disagio. Costruire le condizioni didattiche che permettano di risignificare la realtà dolorosa propria, dell’altro, del mondo: in questa direzione l’IRC è fondamentale per aiutare gli allievi a individuare e definire il senso del proprio agire, per far operare confronti fra modelli e stili di vita divergenti, per creare una cultura della prevenzione a partire dal fatto religioso, per promuovere una sempre più “piena ed adeguata soggettivizzazione del soggetto”.

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