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L’ORDINE:

PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI. L’ORDINE:. CHIAMATI A ESSERE IMMAGINE DI CRISTO. Anno Pastorale 2013-2014. Il sacramento dell’ Ordine nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Il sacramento dell’ Ordine nel Catechismo della Chiesa Cattolica.

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L’ORDINE:

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Presentation Transcript


  1. PARROCCHIA MARIA SS. ADDOLORATA OPERA DON GUANELLA – BARI L’ORDINE: CHIAMATI A ESSERE IMMAGINE DI CRISTO Anno Pastorale 2013-2014

  2. Il sacramento dell’Ordine nel Catechismo della Chiesa Cattolica

  3. Il sacramento dell’Ordine nel Catechismo della Chiesa Cattolica

  4. Dal DECRETO SUL MINISTERO E LA VITA DEI PRESBITERI PRESBYTERORUM ORDINISdi Paolo VI «I presbiteri, in virtù della sacra ordinazione e della missione che ricevono dai vescovi, sono promossi al servizio di Cristo maestro, sacerdote e re; essi partecipano al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Questo sacro Sinodo, dunque, affinché il ministero dei presbiteri, nelle attuali circostanze pastorali e umane, spesso radicalmente nuove, possa trovare sostegno più valido, e affinché si provveda più adeguatamente alla loro vita, dichiara e stabilisce quanto segue». (Proemio)

  5. I Sacramenti e la Bellezza di DioLettere al popolo di DioBRUNO FORTE Perché è bello essere preti?Perché il sacerdozio è così necessario?Come riconoscere la chiamata a una missionecosì importante?Come viverla fedelmente per tutta la vita?Proviamo a capirlo insieme.Essere preti non è un impiego burocratico,ma il frutto di un dono che viene da Dioe rende la persona capace di agire come segno efficacedi Cristo, capo del Suo corpo che è la Chiesa,al servizio del Vangelo, della riconciliazionee della carità fraterna.È la missione che potrà rendere felici non solo quantiad essa sono chiamati,ma anche tutti coloro al cui servizio spenderanno la loro vitaseguendo con fedeltà e amoreil Sacerdote della nuova ed eterna alleanza, Gesù.

  6. La domanda: che cosa vuol dire diventare preti? Voglio anzitutto dire che il nome di questo sacramento - ordine sacro - non ci aiuta molto per la nostra considerazione: a differenza, per esempio, del termine riconciliazione o penitenza o confessione, che è indicativo della realtà che esprime.

  7. Ordine, invece, è una parola che suona un po’ stra­na. Di per sé richiama un comando (fa’ questo, fa’ quello); oppure evoca una situazione in cui ogni cosa, ogni oggetto è al suo posto; evoca una realtà giuridica, istituzionale, sociale.

  8. D’altra parte è vero che questo sacramento si riferisce a quel sistema che forma la Chiesa come società, che appartiene alla sua istituzione ordinata, graduata, gerarchica. Tuttavia in esso c’è molto di più.

  9. La domanda da cui partiremo non sarà dun­que: «che cos’è l’ordine sacro?» e neppure: «che cos’è il prete?» o «che cos’è il prete per te?».

  10. Cer­to, sarebbe bello che ciascuno potesse chiedersi, a partire dalla sua storia, che significato ha per lui la figura del prete o che potesse ricordare i nomi di grandi figure sacerdotali (don Luigi Guanella, don Carlo Gnocchi, padre Massimiliano Kolbe, il curato d’Ars).

  11. Io però vorrei porre una domanda più attinente all’evento che quasi ogni anno si compie nelle cattedrali delle proprie città o propri paesi, esprimendo l’interrogativo così: che cosa vuol dire diventare preti, o diventare diaconi, o diventare vescovi?

  12. La risposta interessa tutti voi, perché diventa­re preti o diaconi o vescovi è un’esperienza non solo per chi la vive, ma per la Chiesa intera che presenta, accoglie, riceve, genera il prete, il dia­cono, il vescovo.

  13. Lo stesso accade per chi diventa figlio: lo diventa in comunione inscindibile con l’esperienza di una donna che lo genera, lo acco­glie, lo riceve. Si tratta sempre di un’esperienza reciproca. Il diventare prete è quindi un’esperien­za per ciascuno di voi.

  14. Vogliamo rispondere alla domanda secondo le tre consuete tappe: • una ripresa dei testi della Scrittura; • la proposta di una serie di tesi o di brevi affer­mazioni sintetiche; • la proposta di qualche riflessione per noi (in­fatti, se il sacramento dell’ordine riguarda tut­ti, dobbiamo anche capire come dobbiamo considerare il prete, il diacono, il vescovo).

  15. I testi biblici 1. «C’erano nella comunità di Antiochia profeti e dottori: Barnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirene, Manaen, compagno di in­fanzia di Erode tetrarca, e Saulo. Mentre essi sta­vano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito santo disse: “Riservate per me Barnaba e Saulo per l’opera alla quale li ho chiamati”. Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono» (At 13,1-3).

  16. Che cosa notiamo in questo brano? • Anzitutto che avviene qualcosa che parte dallo Spirito santo: «Lo Spirito santo disse». Questo vale per ogni ordinazione, perché essa viene dall’alto, non è una iniziativa umana, neppure del vescovo: è un’iniziativa dello Spirito di Gesù risorto.

  17. È interessante anche la parola seguente: «Riservate per me», mettete da parte per me. Qualcuno viene preso dall’insieme della comunità ed è messo da parte per il Signore, per an­nunciare il suo mistero, quindi per un servizio alla stessa comunità.

  18. L’apostolo Paolo, all’inizio della Lettera ai Ro­mani, si definisce proprio come uno “messo da parte”: «Paolo, servo di Cristo Gesù, apostolo per vocazione, prescelto per annunziare il vangelo di Dio»(Rm 1, 1).

  19. Un terzo elemento è espresso dal verbo: «imposero le mani». Si tratta di un gesto antichis­simo, che ancora dopo duemila anni il vescovo ripete sui consacrandi: un gesto che significa la trasmissione di qualche cosa, il conferimento di poteri.

  20. È come se il vescovo dicesse: ciò che Gesù ha fatto perché fossimo una cosa sola con lui, ciò che Gesù ha dato da fare agli apostoli, noi ora lo diamo da fare a te, te lo affidiamo.

  21. Cogliamo dunque tre elementi nel diventare preti: • lo Spirito santo, che consacra, che mette a parte; • Gesù che, attraverso l’imposizione delle mani, trasmette la sua missione; • la comunità, da cui si è messi da parte e per la quale si è messi da parte per operare in essa.

  22. 2. Leggiamo ora il brano dalla Prima lette­ra a Timoteo: «Carissimo, nessuno disprezzi la tua giovane età, ma sii esempio ai fedeli nelle parole, nel comportamento, nella carità, nella fede, nella purezza. Fino al mio arrivo, dedicati alla lettura, all’esortazione e all’insegnamento. Non trascurare il dono spirituale che è in te e che ti è stato conferito, per indicazioni di pro­feti, con l’imposizione delle mani da parte del collegio dei presbiteri. Abbi premura di queste cose, dedicati ad esse interamente perché tutti vedano il tuo progresso. Vigila su te stesso e sul tuo insegnamento e sii perseverante: così facendo salverai te stesso e coloro che ti ascoltano» (1Tm 4, 12-16).

  23. «Sii esempio ai fedeli nelle parole, nel compor­tamento, nella carità, nella fede, nella purez­za». Il prete è per i fedeli, è posto in relazione inscindibile con i fedeli, con la comunità.

  24. «Non trascurare il dono spirituale». L’ordina­zione non è un potere umano, una istituzione sociale, ma è un dono dello Spirito.

  25. Tale dono «è stato conferito». Non se lo dà il prete, viene dall’alto, dallo Spirito di Gesù.

  26. «Per indicazioni di profeti». Cioè attraverso un’azione dello Spirito santo mediata dalla comunità.

  27. «Con l’imposizione delle mani da parte del col­legio dei presbiteri». Ancora una volta ritro­viamo il gesto simbolico dell’imposizione delle mani, che indica trasmissione, eredità, con­ferimento di poteri, di doveri e di servizio.

  28. In questo brano di Paolo cogliamo le stesse realtà che abbiamo visto nel testo degli Atti: lo Spirito di Gesù, la comunità, lo Spirito santo, il Signore, il collegio dei presbiteri.

  29. Quattro affermazioni sintetiche Cerchiamo allora di trarne alcune tesi. 1. L’essere vescovo, il diventare vescovo o pre­te è un dono: per chi lo diventa, per la comunità, per la Chiesa. Un dono dall’alto, che non è fab­bricabile (non esiste la fabbrica dei preti): è Dio che davanti all’altare concede questo dono.

  30. Diventare preti è un dono dall’alto come lo è l’eucaristia, la Parola di Dio, come lo è Gesù e come lo è lo Spirito santo.

  31. È importante capire che il diven­tare preti è nell’ordine di quei doni che sono Gesù, lo Spirito santo, l’eucaristia, la Parola, la grazia.

  32. 2. Questo dono dall’alto è per una responsabilità, per un compito, per l’opera che Dio affida. L’imposizione delle mani vuole appunto dire: ti affido una missione, un compito.

  33. E l’opera che viene affidata è la continuazione di quella di Gesù, della missione affidata da Gesù agli apostoli; è l’apostolato, per cui la Chiesa si chiama “apostolica”; è la fondazione, la custodia e la promozione di comunità nutrite dalla Parola attorno all’eucaristia.

  34. Questo è il compito del prete: suscitare, me­diante la Parola e i gesti, comunità che si nutrano del corpo di Gesù, animate dalla sua Parola, e che vivano una vita simile alla sua, una vita secondo le beatitudini, secondo il discorso della Monta­gna, secondo il vangelo dell’amore, del dono di sé, del perdono.

  35. 3. Perciò il vescovo, e con lui i preti e i diaconi, sono inscindibili dalla comunità, intendendo per comunità la Chiesa intera e poi quella locale.

  36. E la comunità, la Chiesa, è impensabile senza il vescovo e i preti, perché è impensabile senza Parola, senza eucaristia, senza sacramenti, senza Gesù e senza lo Spirito santo. Di fatto, per la volontà di Gesù, la comunità è impensabile senza i preti e i vescovi.

  37. Dunque, tutto quanto abbiamo detto prece­dentemente sui sacramenti trova la sua sintesi nel­l’ordine sacro: poiché i sacramenti ci inseriscono in Cristo, senza i vescovi e i preti - che attuano continuamente il dono della presenza di Gesù - non si avrebbe una comunità cristiana.

  38. 4. Parimenti, il vescovo, i presbiteri e i diaconi sono impensabili senza la comunità. Io non posso essere pretesenza di voi, i presbiteri non possono essere presbiteri senza la loro relazione a un popolo, a una Chiesa, senza la realtà dei fedeli.

  39. L’ordine sacro è il sacramento che tiene insieme tutta la Chiesa, è il sacramento mediante il quale ci strutturiamo come Chiesa e siamo per­ciò Chiesa, non semplicemente degli asceti iso­lati o un gruppo di fanatici o una setta.

  40. È il sa­cramento che mette in noi l’ordine, la struttura che fu propria della vita di Gesù insieme con i suoi apostoli.

  41. Il ministero degli apostoli Chiamato anche «sacramento del ministero apostolico», l’ordine permette a colui che lo riceve di diventare ministro, servitore di Dio e del prossimo, cioè dono per gli altri.

  42. È il sacramento che dà la potestà di esercitare i sacri ministeri, riguardanti il culto di Dio e la salvez­za delle anime, e che imprime nell’anima di chi lo riceve il carattere di ministro di Dio in modo indelebile.

  43. Il sacramento è conferito dal vescovo, mediante l’imposizione delle mani, seguita subito da una solenne preghiera consacratoria, con cui si chiede a Dio, per l’ordinando, le grazie necessarie per il suo ministero.

  44. Coloro che ricevono il sacramento dell’ordine devono essere innanzitutto uominidicomunioneed esortare tutti i membri della comunità­ cristiana a mettere i propri doni a servizio degli altri.

  45. Grazie a questo sacramento, viene assicurata nella Chiesa la missione affidata da Cristo ai suoi apostoli, che consiste nel servire la comunità a nome e nella persona di Cristo. Da qui anche la sua dimensione, sociale ed ecclesiale.

  46. L’ordine sacro può essere amministrato a tre livelli, i cosiddetti ministeri ordinati, conferiti ed esercitati nei gradi dell’episcopato, del presbiterato e del diaconato.

  47. Vescovi, preti e diaconi esplicano il loro servizio, presso il popolo di Dio, attraverso l’insegnamento, il culto divino e il governo pastorale.

  48. Supremo tra essi è l’episcopato, che contiene la pienezza del sa­cerdozio. Diaconato (dal greco «diàkonos», «servitore»)indica un grado del sacramento dell’ordine. La sua istituzione risale all’elezione dei sette nella primitiva comunità cristiana di Gerusalemme (At 6,1-6).

  49. A essi era affidato il compito dell’assistenza e delle cure ai poveri. II suo particolare carisma è quello di essere segno sacramentale di Cristo «servo», all’interno della comunità cristiana.

  50. Presbiterato (dal greco «presbyteros», comparativo di «presbys», «vecchio», quindi «più vecchio») è il secondo grado dell’ordine sacro. I presbiteri o preti sono gli stretti collaboratori del vescovo e i responsabili delle comunità. Sono anche chiamati sacerdoti quando si indica la loro funzione di celebranti del culto e dei sacramenti.

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