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Stefano Iacobelli Medical Oncology University G. D Annunzio, Chieti-Pescara

Prognostic

Mercy
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Stefano Iacobelli Medical Oncology University G. D Annunzio, Chieti-Pescara

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Presentation Transcript


    1. Grazie allaffinamento delle tecniche sperimentali, in questi ultimi 30 anni, la ricerca oncologica ha identificato unampia serie di variabili biologiche che oltre a far luce sui meccanismi molecolari alla base del processo neoplastico, potrebbero trovare utile applicazione clinica a livello diagnostico o come fattori prognostici e predittivi per identificare sottogruppi di pazienti con differenze clinicamente rilevanti in termini di decorso di malattia o meglio indirizzare la scelta terapeutica in gruppi di pazienti gi definiti in base ad altri fattori clinico-patologici (diapo 1). Il crescente interesse clinico per questi ipotetici fatori prognostici e predittivi dimostrato anche dalle numerose pubblicazioni scientifiche relative a studi di valutazione dellutilit clinica di queste nuove variabili biologiche che, nel caso del carcinoma mammario, hanno raggiunto nel 2003 la cifra complessiva di 220 (diapo 2). Per fattore prognostico si intende una variabile biologica che, valutata in un determinato momento della storia naturale del tumore (alla diagnosi, alla ripresa di malattia) sia in grado di fornire indicazioni prospettiche sul decorso clinico della malattia; per fattore predittivo si intende invece una variabile biologica in grado di fornire indicazioni sulla possibilit di un paziente di rispondere ad una data terapia e che quindi permette di selezionare a priori quei pazienti che potranno trarre beneficio da uno specifico trattamento (ormonale o chemioterapico) diapo 3). Un fattore prognostico puro sar in grado di discriminare pazienti a buona o a cattiva prognosi indipendentemente dalleventuale terapia applicata; tipico esempio lo stato linfonodale ascellare nel carcinoma della mammella il cui impatto sulla prognosi del tutto indipendente dalla terapia applicata: pazienti con metastasi linfonodali presenteranno comunque un rischio di ripresa pi elevato e una percentuale di sopravvivenza inferiore a quelli delle pazienti senza invasione linfonodale (diapo 4). Al contrario, un fattore predittivo puro sar in grado di predire la risposta ad un dato trattamento fisico o chimico senza per dire nulla sulla prognosi del paziente: il caso dellespressione di bax, una proteina pro-apoptotica la cui over-espressione stata vista associata ad una migliore risposta alla chemioterapia (diapo 4). Allo stesso modo loverespressione di HER-2/neu (membro della famiglia dei recettori per i fattori di crescita cui appartiene anche lEGF-R) indice di una possibile risposta alla terapia con Herceptin (lanticorpo monoclonale che specificamente riconosce la molecola recettoriale bloccandone lattivazione costitutiva). Un fattore prognostico sar inoltre pi forte quanto sar in grado di selezionare in modo netto le pazienti a miglior o peggior prognosi nellambito di una categoria di rischio definita in base ad altri fattori clinico-patologici; avr quindi una rilevanza prognostica forte quel biomarcatore in grado di spostare una paziente di due classi di rischio, mentre avr una rilevanza prognostica molto limitata se non sar in grado di discriminare se non allinterno della stessa classe di rischio (diapo 6). Purtroppo per la maggior parte dei biomarcatori non ha un comportamento netto e si comporta come fattore prognostico/predittivo misto con la prevalenza di una o dellaltra caratteristica a seconda del contesto clinico. Ne un tipico esempio lo stato recettoriale che identificato inizialmente come puramente prognostico ha successivamente acquisito maggiore rilevanza come predittore di risposta alla terapia ormonale. (Diapo 5) Analogamente, lelevata attivit proliferativa, oltre ad essere indicativa di una maggiore aggressivit della malattia e quindi associata ad una peggior prognosi, anche indicativa di una possibile risposta ad una terapia farmacologia finalizzata a colpire le cellule attivamente proliferanti (CMF) (diapo 5). Nel caso del carcinoma mammario, molti degli ipotetici biomarcatori finora identificati rientrano nelle sei classi in cui si possono classificare le capacit acquisite da una cellula tumorale (diapo 7) anche se solo per alcuni ne stata validato limpiego nella pratica clinica (diapo ex22). E il caso dei recettori per gli ormoni steroidei in grado di identificare, da un lato, le pazienti a miglior prognosi in assenza di trattamento adiuvante (diapo 9) e dallaltro quelle responsive alla terapia ormonale (diapo 10). Analogamente, gli indici di proliferazione (come per esempio la valutazione dellincorporazione di timidina marcata da parte della cellula) i grado da un lato di identificare le pazienti la cui malattia pi aggressiva e dallaltro le pazienti suscettibili di risposta a terapia con farmaci in grado di colpire le cellule attivamente proliferanti (diapo 11). Pi discusso seppure promettente luso quali fattori prognostici/predittivi dellovrexpressione di oncogeni o di recettori per fattori di crescita (diapo 12); dellalterazione nellespressione di oncosoppressori come p53 (diapo 13) o di proteine che regolano il normale svolgimento del ciclo cellulare (p27 e ciclina E) (diapo 14 e 15), delloverespressione di molecole associate allapoptosi (diapo 16), di quelle associate allattivazione dellangiogenesi (VEGF diapo 17) o allinvasione e metastatizzazione (uPAI e PAI1 diapo 18) e di molte altre delle quali per non ancora definitivamente accertato il potenziale ruolo clinico (diapo 19). La mancanza di un rapido trasferimento delle conoscenze acquisite dagli studi di base alla clinica soprattutto legata ad una serie di criticit connesse agli studi translazionali tra i quali i pi importanti sono: le limitate dimensioni delle casistiche studiate; leterogeneit per stadio clinico o tipo di trattamento, rilevante soprattutto per gli studi retrospettivi; le differenze nelle procedure di valutazione biologica della variabile o di analisi statistica dei risultati ottenuti; le informazioni spesso insufficienti che a volte rendono difficoltoso il confronto dei risultati ottenuti in studi diversi (diapo 20). Tali criticit hanno indotto la comunit scientifica a definire delle linee guida per valutare lutilit clinica di un biomarcatore in base al tipo di studio pianificato (prospettico o retrospettivo) e allanalisi statistica applicata (diapo 21). Dal punto di vista biologico, per sempre pi emergente il problema di dare un senso unitario alla mole considerevole di informazioni che si vanno accumulando e grazie al crescente sviluppo tecnologico si sta cercando di passare da un approccio riduzionistico (gene per gene) ad una visione pi olistica in cui non venga pi presa in considerazione la singola variabile biologica espressione della singola funzione genica ma piuttosto linsieme dei biomarcatori facenti parte di un unico pathway consentendo quindi una classificazione molecolare del tumore che, in associazione alle caratteristiche anatomo-patologiche, possa discriminare meglio i sottogruppi di pazienti. (Diapo 23 24). Tra questi nuovi strumenti danalisi vanno ricordate lanalisi con i microarray che consente lidentificazione dei profili di espressione genica e la spettrometria di massa che consente invece la definizione del profilo proteico del tumore (diapo 25; diapo 26 con esempio di array e di proteine). Ed proprio sfruttando questi nuovi approcci che nel 2002 stato pubblicato il primo lavoro (diapo 27) nel quale si descrive per la prima volta la definizione di un profilo genico associato al rischio di ripresa nel tumore della mammella e in grado di discriminare le pazienti a cattiva prognosi sia allinterno del gruppo con linfonodi positivi che di quello senza linfonodi metastatici (diapo 27 28 29 30). Negli ultimi due anni molta strada stata fatta e oltre ad essere stato identificato il panel di 72 geni in grado di definire questo profilo genico stato possibile delineare il profilo genico associato alla progressione di malattia (diapo 31 32 33) indicando sempre pi chiaramente che la strada da percorrere quella che prevede lintegrazione delle informazioni derivanti dai profili di espressione genica e dagli studi di funzionalit proteica allo scopo di migliorare la definizione della biologia del tumore e identificare nuovi bersagli terapeutici (diapo 34).Grazie allaffinamento delle tecniche sperimentali, in questi ultimi 30 anni, la ricerca oncologica ha identificato unampia serie di variabili biologiche che oltre a far luce sui meccanismi molecolari alla base del processo neoplastico, potrebbero trovare utile applicazione clinica a livello diagnostico o come fattori prognostici e predittivi per identificare sottogruppi di pazienti con differenze clinicamente rilevanti in termini di decorso di malattia o meglio indirizzare la scelta terapeutica in gruppi di pazienti gi definiti in base ad altri fattori clinico-patologici (diapo 1). Il crescente interesse clinico per questi ipotetici fatori prognostici e predittivi dimostrato anche dalle numerose pubblicazioni scientifiche relative a studi di valutazione dellutilit clinica di queste nuove variabili biologiche che, nel caso del carcinoma mammario, hanno raggiunto nel 2003 la cifra complessiva di 220 (diapo 2). Per fattore prognostico si intende una variabile biologica che, valutata in un determinato momento della storia naturale del tumore (alla diagnosi, alla ripresa di malattia) sia in grado di fornire indicazioni prospettiche sul decorso clinico della malattia; per fattore predittivo si intende invece una variabile biologica in grado di fornire indicazioni sulla possibilit di un paziente di rispondere ad una data terapia e che quindi permette di selezionare a priori quei pazienti che potranno trarre beneficio da uno specifico trattamento (ormonale o chemioterapico) diapo 3). Un fattore prognostico puro sar in grado di discriminare pazienti a buona o a cattiva prognosi indipendentemente dalleventuale terapia applicata; tipico esempio lo stato linfonodale ascellare nel carcinoma della mammella il cui impatto sulla prognosi del tutto indipendente dalla terapia applicata: pazienti con metastasi linfonodali presenteranno comunque un rischio di ripresa pi elevato e una percentuale di sopravvivenza inferiore a quelli delle pazienti senza invasione linfonodale (diapo 4). Al contrario, un fattore predittivo puro sar in grado di predire la risposta ad un dato trattamento fisico o chimico senza per dire nulla sulla prognosi del paziente: il caso dellespressione di bax, una proteina pro-apoptotica la cui over-espressione stata vista associata ad una migliore risposta alla chemioterapia (diapo 4). Allo stesso modo loverespressione di HER-2/neu (membro della famiglia dei recettori per i fattori di crescita cui appartiene anche lEGF-R) indice di una possibile risposta alla terapia con Herceptin (lanticorpo monoclonale che specificamente riconosce la molecola recettoriale bloccandone lattivazione costitutiva). Un fattore prognostico sar inoltre pi forte quanto sar in grado di selezionare in modo netto le pazienti a miglior o peggior prognosi nellambito di una categoria di rischio definita in base ad altri fattori clinico-patologici; avr quindi una rilevanza prognostica forte quel biomarcatore in grado di spostare una paziente di due classi di rischio, mentre avr una rilevanza prognostica molto limitata se non sar in grado di discriminare se non allinterno della stessa classe di rischio (diapo 6). Purtroppo per la maggior parte dei biomarcatori non ha un comportamento netto e si comporta come fattore prognostico/predittivo misto con la prevalenza di una o dellaltra caratteristica a seconda del contesto clinico. Ne un tipico esempio lo stato recettoriale che identificato inizialmente come puramente prognostico ha successivamente acquisito maggiore rilevanza come predittore di risposta alla terapia ormonale. (Diapo 5) Analogamente, lelevata attivit proliferativa, oltre ad essere indicativa di una maggiore aggressivit della malattia e quindi associata ad una peggior prognosi, anche indicativa di una possibile risposta ad una terapia farmacologia finalizzata a colpire le cellule attivamente proliferanti (CMF) (diapo 5). Nel caso del carcinoma mammario, molti degli ipotetici biomarcatori finora identificati rientrano nelle sei classi in cui si possono classificare le capacit acquisite da una cellula tumorale (diapo 7) anche se solo per alcuni ne stata validato limpiego nella pratica clinica (diapo ex22). E il caso dei recettori per gli ormoni steroidei in grado di identificare, da un lato, le pazienti a miglior prognosi in assenza di trattamento adiuvante (diapo 9) e dallaltro quelle responsive alla terapia ormonale (diapo 10). Analogamente, gli indici di proliferazione (come per esempio la valutazione dellincorporazione di timidina marcata da parte della cellula) i grado da un lato di identificare le pazienti la cui malattia pi aggressiva e dallaltro le pazienti suscettibili di risposta a terapia con farmaci in grado di colpire le cellule attivamente proliferanti (diapo 11). Pi discusso seppure promettente luso quali fattori prognostici/predittivi dellovrexpressione di oncogeni o di recettori per fattori di crescita (diapo 12); dellalterazione nellespressione di oncosoppressori come p53 (diapo 13) o di proteine che regolano il normale svolgimento del ciclo cellulare (p27 e ciclina E) (diapo 14 e 15), delloverespressione di molecole associate allapoptosi (diapo 16), di quelle associate allattivazione dellangiogenesi (VEGF diapo 17) o allinvasione e metastatizzazione (uPAI e PAI1 diapo 18) e di molte altre delle quali per non ancora definitivamente accertato il potenziale ruolo clinico (diapo 19). La mancanza di un rapido trasferimento delle conoscenze acquisite dagli studi di base alla clinica soprattutto legata ad una serie di criticit connesse agli studi translazionali tra i quali i pi importanti sono: le limitate dimensioni delle casistiche studiate; leterogeneit per stadio clinico o tipo di trattamento, rilevante soprattutto per gli studi retrospettivi; le differenze nelle procedure di valutazione biologica della variabile o di analisi statistica dei risultati ottenuti; le informazioni spesso insufficienti che a volte rendono difficoltoso il confronto dei risultati ottenuti in studi diversi (diapo 20). Tali criticit hanno indotto la comunit scientifica a definire delle linee guida per valutare lutilit clinica di un biomarcatore in base al tipo di studio pianificato (prospettico o retrospettivo) e allanalisi statistica applicata (diapo 21). Dal punto di vista biologico, per sempre pi emergente il problema di dare un senso unitario alla mole considerevole di informazioni che si vanno accumulando e grazie al crescente sviluppo tecnologico si sta cercando di passare da un approccio riduzionistico (gene per gene) ad una visione pi olistica in cui non venga pi presa in considerazione la singola variabile biologica espressione della singola funzione genica ma piuttosto linsieme dei biomarcatori facenti parte di un unico pathway consentendo quindi una classificazione molecolare del tumore che, in associazione alle caratteristiche anatomo-patologiche, possa discriminare meglio i sottogruppi di pazienti. (Diapo 23 24). Tra questi nuovi strumenti danalisi vanno ricordate lanalisi con i microarray che consente lidentificazione dei profili di espressione genica e la spettrometria di massa che consente invece la definizione del profilo proteico del tumore (diapo 25; diapo 26 con esempio di array e di proteine). Ed proprio sfruttando questi nuovi approcci che nel 2002 stato pubblicato il primo lavoro (diapo 27) nel quale si descrive per la prima volta la definizione di un profilo genico associato al rischio di ripresa nel tumore della mammella e in grado di discriminare le pazienti a cattiva prognosi sia allinterno del gruppo con linfonodi positivi che di quello senza linfonodi metastatici (diapo 27 28 29 30). Negli ultimi due anni molta strada stata fatta e oltre ad essere stato identificato il panel di 72 geni in grado di definire questo profilo genico stato possibile delineare il profilo genico associato alla progressione di malattia (diapo 31 32 33) indicando sempre pi chiaramente che la strada da percorrere quella che prevede lintegrazione delle informazioni derivanti dai profili di espressione genica e dagli studi di funzionalit proteica allo scopo di migliorare la definizione della biologia del tumore e identificare nuovi bersagli terapeutici (diapo 34).

    18. Catenine istologicheCatenine istologiche

    19. Catenine istologicheCatenine istologiche

    20. Catenine istologicheCatenine istologiche

    21. Multispot Arrays Sonde (DNA, oligonucleotidi, proteine, anticorpi)

    24. RNA del tumore

    29. Limiti dei Microarrays Disponibilit di tessuto fresco Esame dellespressione genica limitato alla valutazione della presenza di mRNA Riproducibilit dei dati Eterogeneit delle cellule presenti nel campione

    31. Siero

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