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La convergenza economica: metodi parametrici

Corso di Politiche Economiche Regionali Prof.ssa Cristina Brasili COSDI - A. A. 2012-2013. La convergenza economica: metodi parametrici. Cristina Brasili. La convergenza economica: metodi parametrici - Cristina Brasili. TEORIA E MODELLI DI ANALISI DELLA CONVERGENZA

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La convergenza economica: metodi parametrici

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  1. Corso di Politiche Economiche Regionali Prof.ssa Cristina Brasili COSDI - A. A. 2012-2013 La convergenza economica: metodi parametrici Cristina Brasili

  2. La convergenza economica: metodi parametrici - Cristina Brasili • TEORIA E MODELLI DI ANALISI DELLA CONVERGENZA • . Coesione, convergenza e integrazione • 2. Modelli teorici di convergenza e divergenza • ANALISI DELLA CONVERGENZA • 3. Misure della convergenza • 4. Convergenza assoluta e condizionale • 5. La convergenza  e la convergenza  • 6. Un’applicazione della convergenza beta alle • regioni europee

  3. La convergenza economica - Cristina Brasili La COESIONE è una finalità politica sostenuta dal processo di integrazione ma che a sua volta diventa uno stimolo per il raggiungimento degli obiettivi della convergenza e dell’integrazione 1. Coesione, convergenza e integrazione COESIONE CONVERGENZA INTEGRAZIONE

  4. La convergenza economica - Cristina Brasili 1. Coesione, convergenza e integrazione La Coesione • La coesione è alla base della più importante politica sociale dell’Unione europea. • Agenda 2000 insiste sull’importanza della coesione • La coesione senza la convergenza rimane un concetto astratto che non si può perseguire • Il livello di integrazione delle istituzioni (UE, Stato, Regioni) deve essere elevato per permettere la coesione

  5. La convergenza economica - Cristina Brasili 1. Coesione, convergenza e integrazione Integrazione • L’INTEGRAZIONE è il processo di COSTRUZIONE DELLA NUOVA ARCHITETTURA ISTITUZIONALE dell’UE e delle sue politiche • L’integrazione e’ un processo temporale che misura la centralità delle Istituzioni europee nei processi decisionali. • Robert Leonardi (1998) presenta una visione dell’integrazione limitata al punto di vista istituzionale

  6. La convergenza economica - Cristina Brasili 1. Coesione, convergenza e integrazione Convergenza • La CONVERGENZA è il processo utilizzato per misurare ed ottenere la coesione. • Si parla di convergenza quando si riducono le disparità e le differenze di sviluppo economico e sociale tra i paesi/regioni dell’Unione europea. • L’obiettivo della convergenza consiste pertanto nel ridurre le disparità, non abbassando la soglia di sviluppo dei più abbienti, ma promuovendo una spirale di crescita che garantisca una soglia più elevata di benessere per tutti.

  7. La convergenza economica - Cristina Brasili 2. Modelli teorici di convergenza e divergenza • Le teorie della Convergenza evidenziano il cammino verso la coesione perché intendono diminuire le disparità socioeconomiche. • Le economie regionali/statali convergono se le economie più deboli crescono ad un tasso di sviluppo più elevato di quelle più forti beneficiando dei meccanismi spontanei di mercato e/o di politiche pubbliche

  8. La convergenza economica - Cristina Brasili 2. Modelli teorici di convergenza e divergenza Scenari di Convergenza • Nell’ambito delle teorie sulla convergenza si hanno: • coloro che vedono nell’industrializzazione di tipo fordista il motore dello sviluppo (Hoffmann 1958, Hamilton 1986) • coloro che vedono la possibilità di sviluppo basata su un’industrializzazione “leggera” costituita da piccole e medie imprese (Garofoli 1991, Piore e Sabel 1984, Putnam, Leonardi e Nanetti 1993) • coloro che sostengono un tipo di sviluppo basato sui “poli di sviluppo” con la centralità del settore pubblico(Perroux 1959, Carrello 1989, Saraceno 1977) • coloro che si pongono in antitesi alle teorie dei poli e sostengono la necessità di liberalizzare i mercati ridurre le interferenze pubbliche (Olson 1982, Hirsch 1976) • I sostenitori del ruolo di fattori endogeni e locali nella promozione dello sviluppo, facendo leva sui governi sub-nazionali (Garofoli 1992, Nanetti 1987)

  9. La convergenza economica - Cristina Brasili 2. Modelli teorici di convergenza e divergenza Scenari di Divergenza • Nell’ambito di queste teorie si collocano: • Le regioni meno sviluppate possono beneficiare in qualche modo dello sviluppo ma prevalgono le difficoltà nel raggiungerlo. Il principale teorico della teoria della “causalità cumulativa” sostiene anche che si crea un circolo vizioso di sottosviluppo (Myrdal 1957) • I teorici radicali e neomarxisti esprimono una versione ancora più radicale negando qualunque possibilità di ridurre le disparità in un contesto capitalista (Frank 1974, Holland 1976). • modello di divergenza del centro-periferia (Rokkan e Urwin 1982 e 1983, Tarrow 1977)

  10. La convergenza economica - Cristina Brasili 3. Misure della convergenza • Nel voler analizzare la convergenza si pongono immediatamente due questioni: • Come si misura il processo di convergenza? • Come si verifica quindi l’eventuale avvicinamento alla finalità della coesione? • Nel tempo sono state proposte diverse metodologie mutuate prevalentemente dalla teoria della crescita economica. • In particolare alcune metodologie proposte hanno come base i modelli neo-classici altre lo sviluppo endogeno

  11. Indicazioni bibliografiche sulla convergenza economica Da studiare • La crescita delle nazioni di Vittorio Daniele, Rubbettino - 2008 da pag 9 a pag 64 • L. Boggio G. Serravalli, Sviluppo e crescita economica, Mc Grow Hill Cap. 5 e Appendice al Cap. 5 • Leonardi R., Coesione, convergenza e integrazione nell’Unione europea, Ed. Il Mulino (1997) pp.13-105 Riferimenti per gli approfondimenti • Quah D. (1993), “Empirical Cross-Section Dynamics in Economic Growth”, European Economic Review, 37(2/3):426-434, April. • Quah D. Twin Peaks: Growth and Convergence in Models of Distribution Dynamics, Economic Journal, 106: 1045-1055, 1996 • Bernard A.B., Durlauf S. N. (1995), “Convergence of International Output Movements” Journal of Applied Econometrics, 10, 97-108. • Bernard, Durlauf (1996) Interpreting tests of the convergence hypothesis, Journal of Econometrics, 71, pag 161-173 • Brasili C., Oppi M. Convergenza economica delle regioni europee e allargamento a Est, Politica Economica, 3/2003 Il Mulino • Bacchiocchi E., Brasili C., Fanfani R. (1999), “Convergence and Long Term Dynamics in the Agrofood Systems in the EU regions (1980-95)”, Department of Statistics “Paolo Fortunati”, Research Book n. 7. • Silverman B. W. (1986), “Density estimation for statistics and data analysis”,Chapman and Hall.

  12. La convergenza economica - Cristina Brasili Misure della convergenza • Nel voler analizzare la convergenza si pongono immediatamente due questioni: • Come si misura il processo di convergenza? • Come si verifica quindi l’eventuale avvicinamento alla finalità della coesione? • Nel tempo sono state proposte diverse metodologie mutuate prevalentemente dalla teoria della crescita economica. • In particolare alcune metodologie proposte hanno come base i modelli neo-classici altre lo sviluppo endogeno

  13. La convergenza economica - Cristina Brasili 3. Misure della convergenza L’approccio neo-classico • Il modello neoclassico di crescita economica (Solow-Swan model) prevede che esista una convergenza condizionata verso un stato di equilibrio (steady state) a partire dal quale le grandezze cresceranno ad un tasso costante. • Le economie che si trovano più lontane dallo stato di equilibrio cresceranno ad un ritmo più elevato • In questi modelli si ipotizzano inoltre rendimenti di scala costanti

  14. La convergenza economica - Cristina Brasili 3. Misure della convergenza L’approccio neo-classico • Il modello di Solow-Swan parte da una funzione di produzione Y=F(L,K) che soddisfa le tre proprietà: • produttività marginale del capitale positiva e decrescente, produttività marginale del lavoro positiva e decrescente • F(•) ha rendimenti costanti di scala • per tutti i • le condizioni di Inada: la produttività marginale del capitale (o lavoro) è infinito se il capitale (lavoro) tende a 0 ed è invece 0 se il capitale (o il lavoro) va ad infinito

  15. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) Vediamo in dettaglio il modello I modelli neoclassici partono dal considerare una funzione di produzione aggregata. Esiste un unico settore produttivo che produce un unico bene omogeneo che può essere prodotto con un’infinità di tecniche alternative che combinano l’uso del lavoro e del capitale. Il tasso d’interesse, non influenza il risparmio ma fa variare il rapporto capitale/prodotto. La relazione ci dirà quindi quanto lavoro (L) e quanto stock di capitale (K) occorrono per ottenere il prodotto di un sistema economico (Y). Si ipotizza anche l’assenza del progresso tecnico (successivamente questa ipotesi verrà abbandonata) . (1) Y=F(L,K)

  16. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) I modelli neoclassici predicono che le economie con analoghi parametri strutturali quali: propensione al risparmio, tasso di crescita della popolazione, il deprezzamento del capitale raggiungeranno uno stesso punto di equilibrio detto steady state (stato stazionario) a partire dal quale lo sviluppo procederà ad un tasso costante. In base a tale logica le economie che si trovano più lontane dal punto di equilibrio cresceranno ad un ritmo più elevato. Altra ipotesi basilare sono I rendimenti di scala costanti cioè se I fattori capitale e lavoro aumentano in una certa proporzione anche il prodotto aumenta nella stessa proporzione.

  17. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) Un funzione di produzione Y=F(L,K) è neoclassica se sono soddisfatte le tre proprietà: a) cioè produttività marginale del capitale positiva e decrescente cioè produttività marginale del lavoro positiva e decrescente

  18. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) b) F(•) ha rendimenti costanti di scala per tutti i c) infine le condizioni di Inada: la produttività marginale del capitale (o lavoro) è infinito se il capitale (lavoro) tende a 0 tende ed è invece 0 se il capitale (o il lavoro) va ad infinito.

  19. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) L’incremento netto nello stock di capitale in un certo punto eguaglia gli investimenti meno il deprezzamento del capitale (indicheremo con un punto sopra una lettera la differenziazione rispetto al tempo) (2) dove La (2) determina la dinamica del capitale data una certa tecnologia e una certa forza lavoro. Si assume che la crescita della popolazione sia esogena e costante Normalizzando a 1 il numero di persone al tempo 0 e l’intensità di lavoro, la popolazione e la forza lavoro al tempo t sono uguali a

  20. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) Sulla base della funzione di produzione neoclassica (1) e delle premesse appena enunciate deriviamo l’equazione fondamentale del modello di Solow- Swan e l’equazione per lo steady state. Analizziamo passaggio per passaggio. La condizione (b) dei rendimenti costanti di scala implica che l’output si può riscrivere come dove è il rapporto capitale/lavoro mentre è il prodotto pro-capite; da cui la funzione di produzione si può esprimere nella forma intensiva come Utilizziamo la condizione e differenziamo rispetto a K, fissato L, e rispetto a L, fissato K, verificando così che la produttività marginale dei fattori è data da

  21. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) Le condizioni di Inada implicano Una semplice funzione di produzione che soddisfa le proprietà di una funzione di produzione neoclassica è la Cobb-Douglas (che riprenderemo successivamente) e che ha la forma dove A>0 è il livello di tecnologia e una costante la forma intensiva è

  22. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) Consideriamo ora il comportamento dinamico di un’economia descritta da una funzione di produzione neoclassica. Dividendo ambo i membri dell’equazione (2) per L si avrà Possiamo scrivere come funzione di k usando dove come abbiamo visto Sostituendo questa quantità otteniamo (3) L’equazione differenziale fondamentale del modello di Solow-Swan

  23. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) Lo Steady-State Si definisce steady state la situazione economica in cui tutte le grandezze crescono ad un tasso costante Dall’equazione differenziale fondamentale del modello di Solow-Swan (3) lo stato stazionario corrisponde a algebricamente quindi significa che il valore corrispondente a soddisfa le condizioni ciò significa che lo steady state corrisponde all’intersezione della curva a sinistra dell’equazione con la retta a destra.

  24. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) • Lo Steady-State • k è costante nello steady state (si può dimostrare facilmente) • y e c sono anch’esse costanti con valori pari a • rispettivamente • Ne consegue che nel modello neoclassico, le quantità pro capite k, y e c non crescono nello stato stazionario e che i livelli delle variabili K, Y e C crescono allo stesso tasso di crescita della popolazione n.

  25. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) • Lo Steady-State • La variante della funzione di produzione proposta da Robinson (1938) e Uzawa (1961) considera anche A(t) un indice della tecnologia • detta labor augmenting poiché l’output cresce in proporzione allo stock di lavoro • poiché k e A(t) crescono allo stesso tasso x, • inoltre LA(t) è detto effettivo ammontare di lavoro (il lavoro moltiplicato per la sua efficienza) • dove x è il tasso di crescita del progresso tecnologico • l’equazione allo steady state diviene

  26. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. 4. Convergenza assoluta e condizionale Convergenza Assoluta C’è una tendenza alla convergenza tra le economie? Considerando un insieme di economie chiuse, che sono strutturalmente simili cioè che hanno gli stessi valori dei parametri ed hanno la stessa funzione di produzione f(•) avranno anche gli stessi valori k* e y* per lo steady-state: (Da questo momento indicheremo un tasso di crescita di una variabile come gamma e il pedice che indica la variabile) Se l’unica differenza tra le economie è il livello iniziale di k(0) senza dubbio il tasso di crescita di k, , è sicuramente più alto per le economie con livello iniziale di k(0) più basso.

  27. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. 4. Convergenza assoluta e condizionale Convergenza Assoluta Quindi le regioni/paesi che partono da un valore più basso del rapporto capitale/lavoro hanno tassi di crescita pro capite più alti e tendono per questo a convergere (catch up ) con i paesi con rapporto capitale /lavoro più alto (convergenza assoluta). Tasso di crescita > 0 Tasso di crescita < 0 s*f(k)/k k* K(0) povere K(0)ricche

  28. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. 4. Convergenza assoluta e condizionale Convergenza Condizionale Se teniamo conto dell’eterogeneità esistente tra i paesi allora dobbiamo togliere l’ipotesi di uguali parametri strutturali quindi parleremo di convergenza condizionale: le economie crescono tanto più velocemente quanto più sono lontane dal loro steady state sricche*f(k)/k spovere*f(k)/k k*povere k*ricche K(0) povere K(0)ricche

  29. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) • Misura della velocità di convergenza • Se la velocità di convergenza è bassa ci si può focalizzare sullo stato stazionario perché molte economie dovrebbero essere vicine al loro steady-state. • Partendo da • e utilizzando una funzione Cobb Douglas otterremo • consideriamo un’approssimazione log lineare nei dintorni dello steady state • dove

  30. Modelli di sviluppo e misura della convergenza.Un’analisi delle regioni europee con particolare attenzione a quelle in ritardo di sviluppo. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) • Misura della velocità di convergenza • essendo • ne deriva (4) • il termine • indica quanto rapidamente l’output per unità di lavoro di • un’economia si avvicina al suo steady state • l’equazione (4) è un’equazione differenziale in • con soluzione

  31. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) 5. Sigma convergenza C’è quando lo scarto quadratico medio dell’output pro-capite delle regioni/paesi al tempo t2 diminuisce rispetto al tempo t1. La comporta un declino della dispersione della variabile considerata nell’insieme delle regioni/paesi nel tempo Questo tipo di convergenza è facilmente influenzabile dalla presenza di outliers lontani dalla media. La dispersione cross-section si può misurare come la varianza del logaritmo del PIL procapite:

  32. 5. -convergence • I tre test di convergenza sono stati proposti da Lichtenberg (1991) e Carree, Klomp (1997) per verificare la convergenza della produttività nei 22 paesi OECD per il periodo 1960-1985. • Carree e Klomp (1997) hanno proposto due test (T2 e T3) alternativi al test T1 di Lichtenberg (1991) per verificare l’ipotesi che le varianze nel primo e nell’ultimo periodo fossero uguali. • Il primo test, T2, è stato ottenuto usando il test statistico del rapporto di verosimiglianza, mentre il secondo, T3, è stato messo a punto derivando la distribuzione (asintotica) corretta della statistica T1 di Lichtenberg puntualizzata da Carree e Klomp (1997).

  33. 5. -convergence • Le grandezze da utilizzare per questi tre test sono la varianza tra i paesi nel primo anno • la varianza fra i paesi nell'ultimo anno considerato • la covarianza fra questi due anni • la stima dei minimi quadrati di . • La stima di  deriva dall’equazione • i=1…….N • dove si assume che le produttività sono determinate da un processo autoregressivo infatti e

  34. -convergenza • Il test T2, si ottiene usando il rapporto di verosimiglianza: • T2 ha la distribuzione limite 2(1) • 21 T2 1,T: sono rispettivamente la varianza del primo e dell’ultimo anno considerati e la covarianza tra i due anni

  35. 5. -convergence • Al contrario, T3 rappresenta un test statistico corretto del rapporto delle varianze, il quale ha, asintoticamente, una distribuzione normale standardizzata; si ha quindi

  36. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) 5. Beta convergenza La implica una relazione inversa tra il tasso di variazione output pro capite e il livello iniziale di output pro capite: questo si traduce in una maggiore aspettativa di crescita delle regioni più povere rispetto a quelle ricche. Se non c’è beta convergenza non può esserci sigma convergenza, condizione necessaria ma non sufficiente. Poiché la varianza può aumentare o diminuire a seconda se ci si trova al di sopra o al di sotto dello steady state. Vediamo come si arriva a dare una formulazione del modello da stimare per le regioni europee.

  37. Il modello di crescita neoclassico (Solow-Swan) 5. Beta convergenza L’equazione implica che il tasso medio di crescita del prodotto pro-capite, y, su un intervallo tra il tempo 0 e il tempo T>=0 è dato dall’equazione seguente aumentata da un disturbo casuale (5) dove e rappresenta la media dell’errore tra 0 e T Il coefficiente b del prodotto al tempo 0 decresce con l’aumentare dell’intervallo temporale considerato T, dato un certo : il tasso di crescita decresce al crescere del reddito.

  38. 6. Una stima della convergenza beta e sigma per le regioni europee Button e Pentecost Button e Pentecost (1999) propongono un ulteriore modello di analisi per la convergenza nelle regioni europee sviluppando le metodologie proposte da Barro e Sala I Martin. Specificano il seguente modello Le quantità coinvolte sono: YiT è il logaritmo naturale del PIL pro capite della regione i al tempo T, rapportato alla media europea, mentre Barro e Sala I Martin lo rapportavano alla media di ciascun paese. In questo caso si analizza strettamente la convergenza tra paesi piuttosto che entro i paesi come fanno Barro e Sala I Martin. Ai è il tasso di occupazione agricola, cerca di esplicitare la struttura economica di una determinata regione e l’influenza della PAC. ERMi è una dummy che riflette l’appartenenza dei paesi al Sistema Monetario Europeo (posto a 0 per U.K., Grecia e Italia) Nq è un vettore di dummy per i paesi

  39. La convergenza economica - Cristina Brasili 6. Un’applicazione della convergenza beta alle regioni europee Una stima della convergenza beta per le regioni europee Button e Pentecost (1999) (Stime iniziali della convergenza del PIL regionale)

  40. La convergenza economica - Cristina Brasili 6. Un’applicazione della convergenza beta alle regioni europee • L’evidenza empirica (Button e Pentecost, 1999) • I dati sono per 51 regioni europee dal 1975 al 1988 ma vengono considerati anche due sotto periodi 1975-1981 e 1981- 1988 (il 1981 è la data di inizio effettivamente operativa del Sistema monetario) • Il modello nel complesso non ha un grosso potere esplicativo (R quadro basso). • Esiste convergenza nell’intero periodo (circa il 3%) ma maggiore, 3,7% negli anni settanta e 2,8% negli anni ottanta. • Il coefficiente beta risulta molto sensibile all’introduzione delle variabili esplicative. • Introducendole non risulta quasi più la convergenza

  41. La convergenza economica - Cristina Brasili Indicazioni bibliografiche sulla convergenza economica parametrica • L’approccio parametrico alla convergenza economica, Maria Sassi da pag. 31 a pag. 45 in Cambiamenti strutturali e convergenza economica nelle regioni dell’Unione europea a cura diCristina Brasili, Clueb Bologna, 2005 Da leggere • Button K. , Pentecost E., Regional Economic Performance within the European Union Edward Elgar, 1999 da pag 84 a pag 100 • Convergence issues in the EU ed. by W. Meeusen J. Villaverde da pag 62 a pag 82 • Da consultare Barro R., Sala i Martin X., Economic Growth, Mc Graw-Hill, 1995

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