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Note su Faini e Sapir: “Un modello obsoleto? Crescita e specializzazione dell’economia italiana”

Note su Faini e Sapir: “Un modello obsoleto? Crescita e specializzazione dell’economia italiana”. Luigi Spaventa. 1 – Faini e Sapir in pillole. Il declino esiste e non dipende da fattori macro (costo del lavoro, euro-cambio reale)

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Note su Faini e Sapir: “Un modello obsoleto? Crescita e specializzazione dell’economia italiana”

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Presentation Transcript


  1. Note su Faini e Sapir:“Un modello obsoleto? Crescita e specializzazione dell’economia italiana” Luigi Spaventa

  2. 1 – Faini e Sapir in pillole • Il declino esiste e non dipende da fattori macro (costo del lavoro, euro-cambio reale) • La causa è una struttura industriale che ha conservato un modello di specializzazione divenuto obsoleto perché incapace di saltare due asticelle che il mondo ha posto negli anni ’90: • Entrata sulla scena dei PVS • ICT revolution

  3. F&S in pillole (continua) • Ciò è avvenuto: a causa di? in interazione con? causando? (interrogativi che verranno riproposti) una insufficiente dotazione di capitale umano per inadeguata qualificazione della forza lavoro. • Mentre altre voci dei consueti cahiers de doléance (concorrenza, rigidità del lavoro, inadeguatezza dei mercati finanziari) poco spiegano, perché presenti anche in altre economie meno sonnolente.

  4. F&S in pillole (continua) • Strategie: • Investire accortamente nella formazione di capitale umano (offerta del medesimo) • Promuovere la domanda di quel capitale con politiche orizzontali di sostegno a innovazione, formazione, internazionalizzazione nelle imprese minori: in specie, crediti d’imposta permanenti per investimenti in R&S.

  5. 2 - Consensi • Analisi ineccepibile per l’identificazione della causa principale di debolezza nella struttura produttiva/modello di specializzazione e per l’esame accurato della specializzazione. • Provvede evidenza a un’osservazione di Toniolo (2004): [la dimensione economica di un declino] è in genere riassumibile nella mancata capacità di adattamento di un modello di successo a condizioni diverse da quelle che avevano garantito il successo stesso”.

  6. Consensi (continua) • Corroborata da altre indagini: • Turrini (2004) – momento di rottura nei profitti e nella redditività del settore manifatturiero alla metà degli anni ‘90; • Mediobanca-Unioncamere su 3843 medie imprese industriali (50-499 addetti, € mil.13-260, 14% VA di settore):

  7. Consensi (continua) • Scarsa presenza nei settori ad alta tecnologia • Scarsa capacità brevettuale • Spese in R&S modeste • Prevalenza di attivo circolante e di finanziamento interno • Modesta crescita della produttività (e tuttavia aggregato sempre in utile, posizione finanziaria sana, tasso di default inferiore alla media nazionale, costo del denaro uguale a quello delle grandi imprese…)

  8. 3 - Dubbi • Pare che gli aa. sostengano, ma con esitazioni e qualificazioni che: “una bassa offerta di capitale umano induce un modello di specializzazione low-tech”; “il peso dei settori tradizionali…[e] il nanismo delle imprese riflettono la scarsità di manodopera qualificata” salvo a girarla ogni tanto in interazione fra i due fenomeni

  9. Dubbi (continua) …..Ma • Manodopera qualificata diversa da dipendenti in R&S (sono in debito per questa osservazione): • Livello di produttività oraria superiore a Germania, UK e media UE; • Alta qualificazione soprattutto in produzioni di nicchia, • Del tutto compatibile con la mancanza di R&S Pertanto: a) i dipendenti in R&S non sono proxy della qualificazione della mano d’opera; b) una manodopera qualificata è compatibile con la struttura esistente

  10. Dubbi (continua) …..Soprattutto 2. Viene prima la gallina della struttura industriale (domanda) o l’uovo del “capitale umano” (offerta)? Domanda lecita, senza mettere in discussione le fondate analisi sulle carenze assolute e relative del nostro sistema di istruzione (ma con l’esclusione della scuola dell’obbligo).

  11. Dubbi (continua)…sul rapporto di causalità ventilato da F&S (poco capitale umano…etc.) • Un caso di persistente market failure da entrambi i lati? Infatti: Se vi fosse domanda, • perché un crescente deficit di lauree e di iscrizioni nelle facoltà scientifiche (p.m.: boom di lauree in geologia quando l’ENI iniziò ad estrarre…) • perché il tasso di disoccupazione di laureati ed equivalenti è il più alto dopo Spagna e Grecia?

  12. Dubbi (continua) sul rapporto di causalità… • perché i nostro bravi emigrati non tornano? (N.B.: si parla di imprese private e non di università pubblica) • perché non abbiamo o sollecitiamo immigrazione qualificata? • perché i figli dei neo-imprenditori del NE sono stati subito messi in fabbrica dai padri, che non hanno investito nella loro istruzione? • perché il fenomeno non pare riguardare altri settori?

  13. Dubbi (continua) sul rapporto di causalità… • Perché le imprese si disinteressano della formazione, come mostrano i seguenti dati MB-UC (Gagliardi) sulle medie imprese? Assunzioni 2001-2004 (composizione): Medie Grandi High skills 19,3 32,3 Low skills 80,7 67,7 Laureati 6,5 17,8 Diplomati 26,1 35,8

  14. Dubbi (continua) sul rapporto di causalità… • Ancora: nelle medie imprese (e figuriamoci nelle piccole) la variazione % media annua 2001-2004 delle assunzioni per lo sviluppo della ricerca è stata – 11,9 (+3,0 per lo sviluppo dei mercati). Se non vi è domanda, non vi è offerta. E quando vi è domanda vi è offerta: Microelectronics a Catania; Alenia; Agusta.

  15. Pertanto: • La questione vera, così bene analizzata da F&S, è quella di un modello di specializzazione industriale obsoleto (a cui deve aggiungersi quella del declino delle grandi imprese – gli episodi narrati da Gallino (2003) non sono privi di rilevanza), • che produce esternalità negative su istruzione, formazione, R&S… not the other way round.

  16. Il che non toglie… • Che la questione dell’istruzione è di per sé di massima importanza e che • vi si debba dedicare massima attenzione, • non occupandosi solo di università e di centri di eccellenza (utili cenni in F&S), ma anche dell’istruzione secondaria. E tuttavia: Se la diagnosi è giusta, la cura mirata alla causa è difficile, perché una struttura industriale non si cambia in breve tempo o per decreto. Ma ci si può chiedere…

  17. 3 - Fanno bene F&S a trascurare altre possibili cause di declino? • La shopping list è lunga: concorrenza, mercati finanziari, infrastrutture materiali e immateriali”… Tutto vero ma: • una cosa è ritenere che miglioramenti in quelle variabili migliorerebbero non ambiguamente la situazione; altra cosa è ritenere che un fenomeno dinamico – il declino – sia imputabile a quelle variabili. • Grossolanamente: distinguiamo problemi di intercetta e problemi di pendenza

  18. Fanno bene F&S…? (continua) • Anzitutto, notano F&S che sulle voci indicate altri paesi non declinanti hanno problemi analoghi ai nostri (Francia, Germania). • Inoltre, ammessa una relazione positiva fra le variabili considerate e la crescita, si deve tuttavia riconoscere che fra l’inizio degli anni ’90 e oggi non si sono avuti peggioramenti – semmai miglioramenti. • In particolare:

  19. Fanno bene F&S…? (continua) • Notevoli aumenti di efficienza (v. Torrini e dati di produzione e valore aggiunto) nei settori “protetti” e privatizzati (elettricità, trasporti e comunicazioni, intermediazione finanziaria), con aumenti di produttività e riduzioni di clup relativialla manifattura • Traslati soprattutto in aumenti di margini, ma anche in una riduzione o in aumenti più contenuti dei prezzi relativi. • Con la possibile eccezione dell’elettricità non si manifestano anomalie nei confronti internazionali

  20. Fanno bene F&S…? (continua) • Disponibilità e costo del credito più favorevoli. (ipotesi: l’aumento dei margini di intermediazione trova origine soprattutto nelle commissioni sui servizi alla clientela retail) • Crescita del mercato di borsa (cap/Pil) e tuttavia numero di società quotate (MTA) sceso da 241 a 219 fra 1999 e 2003) – difficilmente imputabile a problemi di investor protection (TUF/1998, pur se inadeguato la migliora, non la peggiora).

  21. Fanno bene F&S…? (continua) • In condizioni di non razionamento del credito, la mancata propensione alla quotazione è connessa: - alla stessa specializzazione produttiva - e alla preferenza per fonti interne e bancarie considerando: Indagine MB/UC, Gagliardi – ma v. anche BI, Trento Prima quota ≥50%: 55,2% delle imprese Maggioranza di un proprietario o famiglia: 70%

  22. Fanno bene F&S…? (continua) • Comunque: Problema per i colleghi • Si concorda con F&G che l’obsolescenza della (specializzazione della) struttura produttiva è il problema all’origine del “declino”? • Se la risposta è sì (come la mia), si è in grado di dimostrare che maggiore concorrenza, ecc. avrebbero incoraggiato un mutamento dellastruttura produttiva, e non solamente maggiore efficienza e minori prezzi?

  23. 4 - Conclusioni • Questi sono problemi di analisi, non di policy, che fanno sospettare un’ombra di path dependance di lunga data (e pongono questioni sul capitalismo italiano). • Per la policy, tutte le indicazioni della shopping list sono comunque valide e meritorie: tutte migliorative di benessere e tutte di accompagno per un auspicabile mutamento di struttura. • Grazie a F&S per la precisione di diagnosi (al netto del capitale umano) e per avere offerto molto food for thought

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