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Necessità e forme dell’amore nella cultura greca da Omero ai Cristiani

Necessità e forme dell’amore nella cultura greca da Omero ai Cristiani. Storia della Lingua Greca Laurea Specialistica in Filologia, Letteratura e Tradizione Classica a.a. 2006/2007 – C. Neri. camillo.neri@unibo.it. Platone, Repubblica 458d.

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Necessità e forme dell’amore nella cultura greca da Omero ai Cristiani

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Presentation Transcript


  1. Necessità e forme dell’amore nella cultura greca da Omero ai Cristiani Storia della Lingua Greca Laurea Specialistica in Filologia, Letteratura e Tradizione Classica a.a. 2006/2007 – C. Neri camillo.neri@unibo.it

  2. Platone, Repubblica 458d Le necessità dell’amore rischiano di essere più acute di quelle della geometria, quando si tratta di persuadere e di trascinarsi dietro un esercito di gente.

  3. Plutarco, fr. 136,24 Sandbach Un enigma di difficile comprensione e soluzione.

  4. Blaise Pascal, Pensées 1378 (= 28,255) Le coeur a ses raisons que la raison ne connaît point.

  5. Roberto Vecchioni, Stranamore Forse non lo sai, ma pure questo è amore.

  6. Iliade XIV 159-165 Questa infine nel cuore le parve la scelta migliore: / mettersi lì a farsi bella, e quindi recarsi sull’Ida, / e in qualche modo tentare di suscitarne la voglia / di stendersi a fare l’amore stringendosi a tutto il suo corpo, / ed in tal modo versare un sonno sereno, gentile, / sulle sue palpebre e sulla sua mente prudente ed accorta.

  7. Iliade XIV 197-199 Dammi oggi, qui ed ora, l’amore e il desiderio, / quello con cui tu soggioghi tutti, mortali e immortali.

  8. Iliade XIV 214-217 E da quei suoi fianchi si sciolse il cinto trapunto, / variegato e intessuto di tutti i possibili incanti: / vi erano infatti l’amore, la voglia, le dolci parole / e l’incantamento che invola la mente anche agli uomini saggi.

  9. Iliade XIV 294-296 Come la vide, l’amore gli avvolse la lucida mente, / come quella prima volta, quando lo fecero insieme, / entrati nello stesso letto, di nascosto dai genitori.

  10. Iliade XIV 346-353 E il figlio di Crono infine abbracciò la sua sposa: / sotto di loro la terra divina faceva spuntare / dell’erba tenera e fresca, loto e rugiada e in gran numero / morbidi crochi e giacinti, che da terra li sollevavano. / Qui, come a letto, si posero, avvolti dentro a quella nuvola / aurea e bella; e lucente rugiada di là gocciolava. / Così, sulla vetta del Gargaro, dormiva sereno quel Padre, / prostrato da amore e dal sonno, e teneva abbracciata la sposa.

  11. Tre elementi... • il simpatico quadretto familiare fatto di nascondimento e tenerezza. • l’inganno: l’amore che distoglie e che imbroglia, interessato e con secondi fini. • l’amore che genera e che crea, e offre un modello a ogni ierogamia, con il suo si-gnificato ‘naturale-vegetale’, cosmogoni-co, teologico.

  12. Dante Alighieri, Commedia.Paradiso XXXIII 145 L’amor che move il sole e le altre stelle.

  13. Amori cosmogonici • Esiodo, Teogonia 117-122 Eros è “il più bello tra gli dèi immortali, scioglimembra, soggiogatore della mente e della volontà pur saggia di tutti, uomini e dèi” (divinità fecondante, quando ancora c’erano solo il Caos e la Terra). • Inno omerico ad Afrodite 3-6 Afrodite Cipride “suscita il dolce desiderio per gli dèi, e soggioga le stirpi dei mortali, gli uccelli che volano in cielo, e tutti gli animali, i molti che nutre la terra e quanti ne nutre il mare”. • Parmenide, VS 28 B 13 Eros è “il primo tra tutti gli dèi”. • Empedocle, VS 31 B 151 “Afrodite feconda, ζείδωρος”. • Orphica fr. 1 K. “Eros desiderabile dalle ali dorate” (creatore di ogni cosa attraverso la μίξις, l’unione sessuale e la commistione). • Sofocle, fr. 847 R.2 Afrodite Citerea εκαρπος. • Euripide, fr. 898 K. Afrodite “nutre me, te, e tutti i mortali … e fa nascere e alimenta tutte le cose, di cui il genere dei mortali vive e fiorisce”. • Lucrezio, La natura I 1-40 La “genitrice degli Eneadi”, hominum divomque voluptas, / alma Venus, affolla il cosmo, fa nascere i fiori, colpisce con il desiderio i viventi, governa la natura, ispira la poesia, soggioga Marte e placa le guerre.

  14. Lingue letterarie e lingue parlate Il greco (tranne, parzialmente, glosse e iscrizioni, che peraltro sono ‘formalizzate’) è per noi una lingua letteraria (ma ciò, come sempre avviene per le lingue antiche, è dovuto anche al processo della tradizione); dalle differenze segniche (x, f, c, y) all’unificazione alfabetica (403 a.C.). Il complesso dei linguisti e il sospetto verso le lingue letterarie: l’esempio del latino da Augusto al Rinascimento (o al Concilio Vaticano II) e del sanscrito, il divaricarsi dei piani e lo scarso interesse per il linguista. Le lingue letterarie come forme ‘normalizzate’ del parlato e come insiemi compatti di regole fissate e codificate (ma questo non sempre è vero) e le lingue parlate come incerti oggetti di ricerca (quale lingua parlata? quali atlanti linguistici?). L’importanza, anche modellizzante, delle lingue letterarie (es. il gotico di Ulfila, lo slavo o slavone di Salonicco di Cirillo e Metodio, l’armeno dei primi traduttori biblici, l’arabo del Corano) e le lingue comuni in nuce (es. di Dante, Petrarca e Boccaccio). La lingua letteraria è uno dei mezzi di azione di un gruppo di individui dotati di forza e di coscienza di sé; non di rado una lingua letteraria diventa lingua comune: «vantaggio decisivo per quei popoli che hanno saputo meritarselo, essendo riusciti a formarsi un’aristocrazia dello spirito» (A. Meillet).

  15. Dal parlato alla ‘letteratura’ La difficile individuazione del parlato (l’esempio di Erodoto I 142 e delle diverse lingue ioniche) e i presunti ‘rispecchiamenti’ (Ipponatte e la commedia). Le lingue letterarie, come anche le lingue religiose, sono un tipo particolare di lingue ‘speciali’ o ‘tecniche’. Parlate locali (ogni gruppo locale ha la sua) e parlate speciali (gruppi professionali, esercito, sport). Il carattere esoterico e ‘segreto’ delle lingue speciali, che le rende così difficili da studiare. I caratteri delle lingue speciali: il mantenimento della fonetica e del sistema grammaticale, e la differenziazione lessicale (il lessico ha una certa autonomia ed è più facilmente modificabile: l’es. dell’armeno zingaresco); forestierismi, neologismi, slittamenti semantici.

  16. Lingue letterarie religiose e profane Le lingue religiose: il passaggio dall’umano al divino e l’esigenza di discontinuità e di oscurità (terminologica e sintattica: l’es. di Ahura Mazdah); le Gatha, gli inni vedici, il Carmen fratrum Arvalium, l’Inno a Zeus dell’Agamennone di Eschilo. Il processo di laicizzazione delle lingue religiose: l’intervento di elementi esterni (i re stranieri in India) e il proselitismo (l’alfabeto gotico, slavo, armeno). Il processo di cristallizzazione e di irrigidimento indotto dalle lingue religiose divenute letterarie: la chiave di interpretazione della realtà e la meccanizzazione del pensiero. L’internazionalismo delle lingue letterarie. Le lingue letterarie di origine profana: thul islandesi, filé irlandesi, scop anglossassoni, chansons de gestes francesi.

  17. Il greco come lingua profana Il diletto delle aristocrazie, le feste pubbliche, l’espressione di sentimenti individuali; la scarsa incidenza dell’elemento religioso sulla lingua e sulla letteratura elleniche. I caratteri delle lingue letterarie: arcaismo e dialettalismo (il dialetto diverso da quello su cui riposa la lingua corrente); differenze grammaticali (il passato remoto, il congiuntivo, …), fonetiche (gorod e grad in russo), lessicali (corsiero, affinché, concerne, sono a dirle, èspleta; l’esempio dei Cechi e dei Francesi: ordinateur e computer), di ordo verborum (le esigenze di autonomia e completezza delle frasi letterarie). Parlato (varietas e irregolarità grammaticale, monotonia nei tipi di frase e nel lessico) versus letterario (regolarità [monotonia] grammaticale, varietà nei tipi di frase e nel lessico).

  18. Il lessico della poesia Lo scarto dalla norma. glw`ttai, composti (vojevoda, medvĕdĭ), metafore. La necessità di non eccedere: Aristotele e il Telefo di Euripide (kwvph~ ajnavsswn), Corinna e Pindaro nella testimonianza di Plutarco (mh; o{lw/ tw/` qulavkw/).

  19. Il sorgere delle lingue letterarie greche Dalla raffinata cultura egea (arte evoluta ed elegante, scrittura indecifrata) ai secoli bui X-IX a.C. (senza arte né scrittura). I primordi nell’VIII secolo (le linee geometriche dei vasi del Dipylon) e il rapido progresso di arte (dal VI al V sec.: dalle kovrai a Fidia) e letteratura (dal nulla a Omero, Esiodo, Archiloco, Alcmane): la precoce formalizzazione (caratteristica di ogni prodotto culturale greco). La tradizione orale e il tardo avvento della scrittura: le liste di Olimpia (776), degli efori (757) degli arconti (683), le iscrizioni non anteriori al VII sec. e l’esempio dei poemi omerici (che non menzionano la scrittura). L’unità del mondo greco: Amasi e gli stabilimenti greci di Naucrati (560), i giochi di Olimpia e le vittorie dei Crotoniati, i rapporti tra Sibari e Mileto, Panevllhne~ (Hom. Il. II 530, Hes. Op. 528, Archil. fr. 102,1 W.2) ed ïEllav~ (5x nell’Iliade e 5x nell’Odissea); l’unità religiosa (gli stessi dèi dovunque); l’unità linguistica (Plat. Alc. I 111a to; eJllhnivzein, mou`sa=mw`sa=mw`ha=moi`sa, i prestiti); l’unità culturale e l’internazionalismo aristocratico. La grande colonizzazione ellenica: la civiltà rivierasca e marinara e le commistioni panelleniche; lo spirito epico della colonizzazione; l’origine coloniale della letteratura (Omero? ed Esiodo; Archiloco e i lesbici; la lirica dorica tra Terpandro, Alcmane, Stesicoro e Ibico; la commedia siciliana; la filosofia tra Pitagora, Senofane, Eraclito; la sofistica tra Protagora, Gorgia e Trasimaco); i generi letterari regionali (almeno in parte: l’esempio della prosa) e la formalizzazione letteraria: «il greco che è stato scritto e che ha avuto un’influenza è stato la lingua di un’aristocrazia» (A. Meillet).

  20. Le origini della metrica greca L’accento tonico-musicale e non intensivo-rafforzativo, ininfluente sul timbro, sulla quantità vocalica e sul metro. Sillabe lunghe (che contengono una vocale lunga, un dittongo o una vocale seguita da due o più consonanti) e sillabe brevi (che contengono una vocale breve in sillaba aperta); la successiva ‘eccezione’ dei gruppi muta cum liquida (VI sec. a.C.? La discussa presenza nei poemi omerici). Il ‘taglio’ entro la prima metà del verso, la prima parte libera e la seconda fissa (eccetto la sillaba finale); l’isocronia; la sequenza di elementi lk e lkk; le strofe di 3/4 versi: i paralleli greco-vedici. I metri dattilici e giambo-trocaici e l’equivalenza kk = l: il ritmo più regolare, il numero delle sillabe più vario vs. il ritmo più vario e l’isocronia sillabica dei metri eolici. La poesia lirica e cultuale di tradizione orale e origine indoeuropea e la poesia epica aristocratica di origine egea (es. ÆAcilleuv~, ÆOdusseuv~, Ai[a~ non indoeuropei)?

  21. La tradizione dei testi I papiri e la conferma della bontà della tradizione medioevale (almeno per quanto riguarda lo ‘stato complessivo’ dei testi, che è quello che interessa al linguista): es. Herodot. II 154-175 in P.Oxy. 1092. Il filtro della filologia bizantina: lo stato dei testi antichi è quello stabilito nel III-II sec. a.C. Il mistero della tradizione dei testi in età prealessandrina (l’assenza di manoscritti del VI o V sec.) e gli elementi che consentono di indagarla: a) le citazioni (ma si tengano presenti gli adattamenti al nuovo contesto) b) il metro e le forme impossibili (il limite sta però nella nostra imperfetta conoscenza di certi metri o di certi fenomeni metrici). c) le iscrizioni (un confronto sempre problematico). I problemi della lingua omerica. Gli ionismi di Bacchilide (presumibilmente originari?). La Kunstsprache (l’es. di Timoteo e della celicelwvnh). L’esempio del s per q in laconico: la lingua si muove con la storia.

  22. La lingua di Omero? Il fantasma del testo di Omero: l’età prealessandrina e l’età alessandrina e postalessandrina. L’età prealessandrina: il sostrato eolico (ma tessalico e beotico, non lesbico) e le differenti spiegazioni degli eolismi omerici; il sostrato arcadico-cipriota; la fase ionica; l’edizione pisistratidea e l’atticizzazione (?); il metacarakthrismov~ ionico del 403 (l’esempio di EOS); edizioni kat’ a[ndra e kata; povlin. L’età alessandrina e postalessandrina: il lavoro degli Alessandrini (Zenodoto, Aristofane di Bisanzio) e le edizioni ‘selvagge’ dei papiri; Aristarco e la sua scuola; l’erudizione ellenistica (Aristonico e Didimo, Erodiano e Nicanore: il commento dei quattro); il Venetus A e la tradizione medioevale. Il problema degli arcaismi: il testo come risultato di un continuo compromesso tra le esigenze della tradizione e della metrica da un lato e della modernizzazione e dell’uditorio dall’altro. La fissazione del testo omerico risale a un’epoca in cui la pronuncia si era già differenziata rispetto a quella degli antichi aedi. Le differenze/oscillazioni (dovute al destinatario: Ioni, Eoli, ecc.) già nel testo antico.

  23. Incoerenze omeriche L’azione del digamma (ü) ‘scoperto’ da Richard Bentley: a) i 350 casi in cui ü fa posizione nei tempi forti dell’esametro (ma non nei deboli). b) i migliaia di casi in cui ü evita lo iato. c) la consonante che si sta indebolendo (il passaggio da Omero a Esiodo). Il dativo plurale delle declinazioni tematiche: le forme antiche ‑oisi e ‑h/si e le forme recenti ‑oi~ e ‑h/~/‑ai~. Forme non contratte e forme contratte: a) il genitivo singolare: ‑oo e ‑ou/‑w. b) le contrazioni indebite (deivdoa ed hjova). c) il caso ei{w~ / e{w~ / h|o~, ei|o~, a\(ü)o~.

  24. La palaia; ÆIav~: diacronia e sincronia Le forme eoliche nelle iscrizioni ioniche di Chio, e le forme eoliche metricamente ‘protette’. Il passaggio di a a h. I duali in ‑a, i gen. in ‑ao e in ‑avwn, laov~ / nhov~. I nomi di Posidone e degli Ioni. Le forme dell’articolo plurale. Forme con nasali geminate e pronomi personali. Esiti di labiovelari. Desinenze di infiniti. I participi perfetti in ‑nt‑. Dativi plurali in ‑essi e aoristi in ‑ss‑. Le varie forme delle preposizioni (prov~, potiv, protiv). I nomina agentis: ‑twr/‑thr per i nomi semplici e ‑ta~/‑th~ per i composti (come in eolico). Il destinatario ionico e il sostrato eolico (le città ex eoliche dell’Asia Minore ionicizzata).

  25. Una lingua letteraria e internazionale L’uso incoerente e ‘versificatorio’ del duale (o[sse, ojfqalmov~). Il pubblico aristocratico (l’esempio di Tersite) e la corporazione internazionale degli aedi. I composti ‘letterarizzanti’ e termini peregrini (glw`ttai). Opera ‘aperta’, formularità, pensiero individuale e libero dei personaggi.

  26. l’amore come forza che trasforma e deforma

  27. L’amore che trasforma e deforma • Zeus-pioggia d’oro e Danae • Zeus-aquila e Ganimede • Zeus e Leda-cigno • Pasifae, Europa e i tori • Ermafrodito • Tiresia voyeur accecato

  28. I nomi dell’amore e[ρως i{μερος πovθος attrazione fatale, desiderio φιλivα φιλovτης legame d’affetto ajγavπη affetto capace di dono

  29. I nomi dell’amore • e[ρως,i{μεροςeπovθος: attrazione fatale. • φιλivα e φιλovτης: legame. • ajγavπη (bibl., ma ajγαπavωè già in Od. XXIII 214): affetto capace di dono. • e[ρως-φιλivαvs ejπιθυμivα-hJδονhv

  30. Gli dèi dell’amore Eρως/Amor forza cosmogonica forza arcana impulso del desiderio dio mostruoso o grazioso Afrodivth/Venus amplesso e piacere fisicità del sentimento Peiqwv/Suada Cavriteς,Αρμονivα persuasione amorosa bellezza e perfezione

  31. Gli dèi dell’amore Eρως/Amor: forza arcana e cosmogoni-ca, impulso del desiderio verso la bellezza, dio mostruoso o efebo grazioso, arciere, didaskalos, apteros, nosos. Afrodivth/Venus: dea dell’amplesso e del piacere, fisicità del sentimento. Peiqwv/Suada: persuasione amorosa. Cavriteς,Αρμονivα: bellezza e perfezione.

  32. L’amore... riscalda (Alcm. PMGF 59(a)) avviluppa (Archil. fr. 191 W.2) brucia (Sapph. fr. 48,2 V.) scioglie (Alcm. PMGF 3,61, Bacchyl. 17,131) scuote (Sapph. fr. 47 V., Ibyc. PMGF 286,8) strema (Sapph. fr. 130,1 V.) stronca (Telest. PMG 805(a),5) soggioga (Archil fr. 196 W.2, Anacr. PMG 357,1) è dolce (Alcm. PMGF 59(a), Pind. P. 4,184, Sapph. fr. 130,2 V., che lo dice “invincibile animale dolceamaro”, γλυκuvπικρον ajμavχανον o[ρπετον), sfrontato (Ibyc. PMGF 286,11), insolente (Alcm. PMGF 58), invincibile (Sapph. fr. 130,2 V.)

  33. deformazioni provvisorie e malattie mortali

  34. Deformazioni provvisorie e malattie mortali • follia turbinosa • potenza ambigua e ambivalente • mescolanza di sguardi e di corpi • strale e filtro velenoso • droga alienante • morbo che distrugge

  35. Saffo, fr. 31 V. A me pare che sia uguale agli dèi / quell’uomo – chi sia – che di fronte a te / siede, e accanto, mentre sì dolcemente / parli, ti ascolta, / e sorridi e susciti desiderio, / ciò che mi sconvolge il cuore nel petto: / ché appena ti vedo, non mi è concesso / dire più nulla, / ma la lingua si è franta ed un sottile / fuoco tosto corre sotto la pelle, / con gli occhi non vedo nulla e rimbomba‑/no le mie orecchie, / e freddo sudore si effonde, e un tremito / tutta mi cattura, e sono più verde / dell’erba, e al morire poco lontana / paio a me stessa.

  36. La malattia mortale • Ibico, PMGF 286,6-13 “A me invece l’amore / in nessuna stagione mai s’acquieta; / e di folgore fiammeggiante / Borea che vien di Tracia, / slanciandosi impetuoso per impulso di Cipride, / con torride follie, tenebroso, impassibile, / con forza, totalmente, fa la guardia / al nostro cuore”. • Catullo, Carme 85odi et amo. quare id faciam, fortasse requiris. / nescio, sed fieri sentio et excrucior. • Lucrezio, La natura IV 1058-1120, dove la malattia spinge a un’impossibile fusione reciproca gli amanti, che si mordono le labbra e stringono le membra gli uni contro gli altri, ed emettono vani liquidi verso l’oggetto della loro passione; IV 1146-1169, dove l’inganno fa apparire dee persino le donne più brutte: ed ecco la “semplicità” dell’“immonda creatura”, la nana “granello di sale”, la “tettona” che è Cerere, la “camusa” Silena, e così via.

  37. Il carattere arcaico della lingua epica La presenza intermittente dell’aumento, non rintracciabile in alcun testo di prosa. L’autonomia degli avverbi, non ancora preposizioni o preverbi. L’alternanza di ‑ss‑ con ‑s‑: tovsso~ e tovso~, mevsso~ e mevso~, (ej)kavlesa ed (ej)kavlessa. La scomparsa (non rivoluzionante) di alcune libertà e di alcune oscillazioni: la regolarizza-zione linguistica del greco post-epico.

  38. L’invenzione dell’articolo Il primo manifestarsi dell’individualità e del presente nella lirica greca arcaica: il mito come confronto, la sentenza e lo snodo tra particolare e universale, l’io e il sentimento, la mobilità dello spirito (B. Snell). La formazione (autoctona soltanto in Grecia) dei concetti scientifici e la lingua come espressione dello spirito e come mezzo di conoscenza: le premesse linguistiche della scienza e la selezione degli elementi linguistici necessari all’elaborazione teorica. La fissazione dell’universale in forma determinata e il processo di astrazione (nomi propri [l’individuale], nomi comuni [il generale: classificazione, generalizzazione e prima conoscenza], astratti [mere astrazioni senza plurale; ‘nomi mitici’-personificazioni e metafore: antropomorfizzare l’incorporeo]): l’invenzione dell’articolo e la sostantivizzazione dell’aggettivo e delle forme verbali. Funzioni dell’articolo: determinare l’immateriale, porlo come universale, determinare singolarmente l’universale (farne cioè un nome astratto, comune e proprio a un tempo). L’uso particolare, determinato (“questo qui”), dell’articolo omerico (ed esiodico): il valore dimostrativo e l’assenza degli articoli veri e propri; il valore oppositivo (“questi … quelli”); il valore anaforico (“Odisseo … lui”); il valore ‘connettivo-relativo’ (“e quelle …”); il valore prolettico; il valore dimostrativo-apposizionale (“quella, l’isola”); il valore individualizzante (“tutte quelle altre volte”); il valore enfatico (“questo tuo dono”). La prima comparsa della prosa e la presenza dell’articolo (a eccezione delle iscrizioni cipriote e di quelle panfilie, che lo presentano assai di rado): il valore determinativo; il valore di rinvio e riferimento; il valore di opposizione; l’interposizione e la creazione del gruppo del sostantivo; la sostantivazione di qualsiasi elemento della frase e l’algebra linguistica; «un processo privo di ogni valore affettivo ma comodo per l’esposizione delle idee, e di un’agilità e varietà che non hanno riscontro nella prosa di nessun’altra lingua indoeuropea» (A. Meillet).

  39. Le lingue dei lirici I dativi plurali in ‑oi~, ‑ai~ (strum. ai. ‑aih, ir. ‑aiš. lit. ‑ais) e in ‑oisi, ‑aisi/‑hósi (loc. ‑su in indoiranico e baltoslavo): ‑oisi in ionico, ‑oi~ nei dialetti dorico-occidentali (eccezioni in argivo), ‑oisi (agg. e sost.) e ‑oi~ (art.) nel lesbico, le oscillazioni dell’attico e delle lingue letterarie (la tragedia, la commedia di Epicarmo, i poeti lirici). L’uso intermittente, arcaico (ábharat e bhárat) e omerico, dell’aumento: libero nella lirica corale e in quella eolica, costante (tranne omeriche eccezioni) in quella ionica. L’uso intermittente, ‘poetico’, dell’articolo (raro negli elegiaci, nella lirica monodica e corale, più frequente nel giambo e nella commedia, oltre che nella prosa). L’iperbato e l’ordo verborum artificiale.

  40. I generi della lirica Il fondo ionico (kovt’, kw~, etc.) e gli epicismi dell’elegia: ionicismi (o atticismi: doriv?) non epici (la progressiva riduzione) ed epicismi non ionici (il progressivo incremento). L’epigramma dalla dialettizzazione alla maggiore letterarietà (fine IV sec.). Il verso popolare (con paralleli nel vedico) e lo ionico corrente (cólto, non parlato: la lingua delle iscrizioni) del giambo (forme contratte, crasi, declinazione ‘attica’, termini volgari, la riduzione degli epicismi non ionici). L’incomparabile lirica eolica (in mancanza di una prosa eolica e di una lirica corale epicorica; il limitato apporto delle iscrizioni: fonetica e morfologia, non lessico) e beotica (Corinna), i metri ‘innodici’ indoeuropei, il lessico e lo stile semplici; la lingua delle persone cólte contemporanee (tranne la rarità dell’articolo e delle forme contratte): eolico nei lesbici, ionico in Anacreonte, beotico in Corinna. La lirica corale: il ‘dorico’ di poeti non dorici; composizioni corali per feste religiose pubbliche e successiva laicizzazione; l’a, gli infiniti in ‑men, gen. in ‑a`n e dat. in ‑essi, la mancanza di aoristi in ‑xa e di ‘futuri dorici’, la rarità di ü (tranne che in Alcmane e in Pindaro: la confusione ü/g nei codici), l’alternanza suv/tuv,la presenza di a[n e ke(n), Mw`sa e Moi`sa, in gen. in ‑oio, kh`r > kevar, i composti e la lingua solenne.

  41. Prodico di Ceo, VS 84 B 7 Un desiderio raddoppiato è amore, e un amore raddoppiato diviene follia.

  42. Sofocle, Antigone 781-800 Amore, invincibile in guerra, / Amore, tu che sugli armenti / ti abbatti, e sulle guance tenere / di una fanciulla fai veglia, / che vaghi al di sopra del mare, / nei campi e nei pascoli agresti: / nessuno mai degli immortali o / degli uomini figli di un giorno / a te può sfuggire. Chi tocchi, / è già preda della follia. / Tu pure le menti dei giusti / trascini e trasformi in ingiuste / perché li rovinino; tu / hai stretto il tuo sconvolgimento / su questa consanguinea lite. / È qui il desiderio che vince, / chiarissimo, frutto di sguardi / di una fidanzata promessa / di gioie amorose, e compagno / di leggi grandissime, antiche. / È un dio irresistibile quello / che qui si diverte: Afrodite.

  43. Euripide, Ippolito 525-533 Amore, Amore che sugli occhi a gocce / distilli la passione, e che nell’anima / dolce piacere infondi a chi tu assali, / non mi apparire mai col volto truce, / né mai senza misura. / Perché il dardo del fuoco o delle stelle / non sopravanza quello di Afrodite, / che con le proprie mani sa scoccare / Amor, figlio di Zeus.

  44. Virgilio, Bucoliche 10,69 omnia vincit amor, et nos cedamus amori.

  45. Il teatro: festa religiosa e laica Le maschere da armamentario cultuale a istituto letterario e mezzo di rappresentazione. Lo scenario (il teatro di Dioniso), il pubblico (l’intera povli~) e la formalizzazione. La commistione di generi poetici non attici: il genere lirico religioso dorico e quello lirico narrativo ionico. Dalla lirica corale alla tragedia: il Coro, il canto ‘a solo’, il parlato-recitato (l’attività di Arione di Metimna a Corinto e l’origine dorico-corinzia?).

  46. Commistione linguistica nella tragedia I Cori: i metri e la lingua lirici, l’a, le ultime tracce del ‘sacro’ (le oscillazioni testuali e il problema della tradizione linguistica dei testi scenici). Il parlato giambo-trocaico, la lingua di Atene e gli ionismi letterarizzanti: la grammatica attica; a ed h attici; la sporadicità del duale; ss (non tt) e rs (non rr) e gli iperionismi (pursov~); forme ioniche letterarie (o[pwpa per eJovraka, douvrato~ e dorov~ per dovrato~, Qrh`/x, gh`qen). La volontà di distaccarsi dall’attico quotidiano e di ‘alzare il tono’: gli omerismi (forme non contratte, lunghe ei e ou per e e o, des. in ‑oio ed ‑essi, forme pronominali e articolo-relativo, diverse forme verbali, comp. ajreivwn e bevltero~, preposizioni, congiunzioni e particelle) e il gioco dei verbi composti (e dei preverbi ‘esaustivi’); la glossa in luogo del nome comune; meri ionismi; occidentalismi (nel Coro e nel dialogo: dal Coro al dialogo o da Corinto ad Atene? Metricismi, poetismi, tecnicismi, a originari); omerismi sporadici.

  47. La cultura ‘di tipo ateniese’ La commistione stilizzata di tutte le espressioni letterarie precedenti. La lirica discorsiva e narrativa ionica e la lirica religiosa dorica. Il carattere interdialettale e tendenzialmente ‘imperialista’ della letteratura ateniese. La preparazione di una nuova lingua comune (che però sarà creata dalla filosofia, dalla scienza e dalla storiografia più che dalla poesia).

  48. Il ‘dramma’ siciliano e la commedia La misteriosa (l’assenza di opere intere fino a Teocrito e ad Archimede) ma influente (l’esempio delle monete del VI sec. a.C.) cultura siciliana e le origini doriche del dramma (dra`ma) La koine occidentale di tipo dorico: Epicarmo (il nome di un genere?) e Sofrone. I genitivi ejmevo~ e tevo~, üivsami (< üivsanti), deiknuvein (< deiknuvonti), pef&kein, pevposca, il dat. pl. in ‑essi, kavrrwn (per kreivsswn) Le differenze dall’attico, la lingua naturale e ‘parlata’, i composti parodici.

  49. La commedia attica L’ateniese parlato e le differenze tra Aristofane e Menandro: i volgarismi. La grammatica attica (imperativi in ‑o e in ‑so, e[dosan ed e[dwkan, futuri dorici, e[mellon ed h[mellon, comparativi in ‑w e in ‑ona, plei`n h] …), i Cori e i composti paratragici, gli ‘stranieri’ parlanti nei dialetti locali (le lingue diverse ma comunicanti). La letteratura ateniese e panellenica.

  50. Platone, Fedro 249e, 265a-b L’amore è una follia ispirata da dio, ed è la migliore di tutte le follie e di tutti gli invasamenti.

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