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Studiare le audience nella cultura della convergenza

Studiare le audience nella cultura della convergenza. Prof. Romana Andò Analisi dell’informazione e dei pubblici. Perché studiare i media?. Perché studiare i media?.

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Studiare le audience nella cultura della convergenza

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Presentation Transcript


  1. Studiare le audience nella cultura della convergenza Prof. Romana Andò Analisi dell’informazione e dei pubblici Perchè studiare i media?

  2. Perché studiare i media? Perchè studiare i media?

  3. Perché studiare i media? • “ è mia intenzione sostenere che i media vanno studiati perché sono centrali per la nostra vita quotidiana, in quanto dimensioni sociali, culturali, politiche ed economiche del mondo contemporaneo e in quanto elementi che contribuiscono alla nostra capacità variabile di dar senso al mondo, di costruire e condividere i suoi significati” (R. Silverstone 2002, pag.19) Perchè studiare i media?

  4. I media: parte del tessuto generale dell’esperienza • “i nostri media sono ubiqui, costituiscono la quotidianità, […] sono una dimensione essenziale dell’esperienza contemporanea. • […] siamo diventati dipendenti dai mezzi di comunicazione, sia quelli a stampa sia quelli elettronici, per svago e per informazione, per conforto e per sicurezza, per un certo senso della continuità dell’esperienza e di quando in quando anche per i momenti più intensi dell’esperienza” (Silverstone, 2002, pag. 18) Perchè studiare i media?

  5. I media partecipano alla vita sociale e culturale • “Si tratta dunque di esaminare i media come processo, come agenti e come oggetti dati, a tutti i livelli, ovunque gli esseri umani si aggreghino in uno spazio reale o virtuale, comunichino, tentino di persuadere, informare, divertire, educare; ovunque tentino, in una molteplicità di modi e con diversi gradi di successo, di connettersi l’uno all’altro” (Silverstone 2002, pag. 21) Perchè studiare i media?

  6. Lo studio dei media: partire dall’esperienza e dalla sua normalità • Il punto di partenza per uno studio sui media è l’esperienza e la sua normalità. • “i media sono in primo luogo normali, sono una presenza costante nella nostra vita quotidiana” • L’azione dei media si svolge nel mondo ordinario: essi sono “parte di una realtà alla quale partecipiamo, che condividiamo e che manteniamo, giorno per giorno, attraverso i nostri discorsi e le nostre interazioni quotidiane” (Silverstone 2002, pag. 24-25) Perchè studiare i media?

  7. Noi e i media • Possiamo “pensare a noi stessi nella nostra quotidianità e nella nostra vita con i media, come a nomadi, girovaghi che si muovono da luogo a luogo, da un ambiente mediale a un altro” • “Ci muoviamo fra spazi privati e pubblici, fra spazi locali e globali, da spazi sacri a spazi profani e da spazi reali a spazi di finzione e virtuali e viceversa” • “I media costituiscono il quotidiano e allo stesso tempo forniscono alternative ad esso” (Silverstone 2002, pag. 27) Perchè studiare i media?

  8. I nostri media, le nostre storie, le nostre relazioni • “le nostre storie, le nostre conversazioni sono presenti sia nelle narrazioni formalizzate dei media, nei resoconti fattuali e nelle rappresentazioni di finzione sia nelle storie quotidiane: pettegolezzi, dicerie e interazioni causali in cui troviamo dei modi per fissarci nello spazio e nel tempo, e soprattutto per fissarci nelle nostre relazioni reciproche, connettendoci e separandoci, condividendo e rifiutando, individualmente e collettivamente, in amicizia e in ostilità, in pace e in guerra” (Silverstone 2002, pag. 32) Perchè studiare i media?

  9. Media e senso comune • Il senso comune va inteso come “espressione e allo stesso tempo precondizione dell’esperienza, come condiviso o per lo meno condivisibile, come misura delle cose spesso invisibile. • I media dipendono dal senso comune, lo riproducono, vi fanno riferimento così come lo sfruttano e lo fraintendono” (Silverstone 2002, pag. 25) Perchè studiare i media?

  10. Media come filatoi del mondo moderno • Se “l’uomo è sospeso su una rete di significati che lui stesso ha tessuto” (Geertz) • allora i media sono i i filatoi del mondo moderno, e utilizzandoli, gli esseri umani tessono reti di significato per loro stessi (Thompson1998, 22). Perchè studiare i media?

  11. Media, risorse simboliche e vita sociale • Lo sviluppo dei media va letto come una rielaborazione del carattere simbolico della vita sociale, una riorganizzazione dei modi in cui le informazioni e i contenuti simbolici sono prodotti e scambiati nel mondo sociale, e una ristrutturazione dei modi in cui gli individui si rapportano l’uno all’altro e a se stessi (Thompson 1998, 22). Perchè studiare i media?

  12. Media e contesti sociali • Quando studiamo i media non dobbiamo correre il rischio di concentrarci solo su • i testi, analizzandoli in sé e per sé, senza relazioni né con gli obiettivi e le risorse di chi li ha prodotti, né con i modi in cui chi li riceve li utilizza e comprende; • i pubblici, analizzandone la composizione e la quantità, gli effetti subiti, i bisogni alla base del consumo etc. Perchè studiare i media?

  13. Media e contesti sociali • Quando studiamo i media dobbiamo partire dal carattere terreno dell’attività di ricezione. • La ricezione dei prodotti dei media è un’attività pratica e di routine che gli individui intraprendono in quanto rappresenta un aspetto costitutivo della loro vita quotidiana. Perchè studiare i media?

  14. La ricezione mediale • La ricezione dei media è un’attività = un tipo di pratica nel corso della quale gli individui si appropriano dei materiali simbolici che ricevono e li elaborano. • La ricezione è un’attività collocata in un contesto: i prodotti dei mezzi di comunicazione sono ricevuti da individui invariabilmente situati in contesti storico-sociali precisi (da cui distaccarsi o in cui immergersi ancora di più) Perchè studiare i media?

  15. La ricezione mediale • La ricezione dei media è un’attività di routine, ovvero una delle pratiche consuete della vita quotidiana. • La ricezione dei media è un’attività che dipende da un ventaglio di capacità e competenze acquisite (funzione esperta). • La ricezione dei media è un’attività ermeneutica, nel senso che gli individui si impegnano in genere in un processo di interpretazione, attraverso il quale attribuiscono significato. • Nell’interpretare le forme simboliche gli individui le incorporano nella loro comprensione di sé e degli altri. • Ne assimilano il messaggio e lo incorporano nella propria vita, adattandolo alla propria esistenza e contesto di vita. • L’appropriazione è, quindi, il processo di comprensione e autocomprensione. Perchè studiare i media?

  16. Benvenuti nella cultura della convergenza ….Nuovi contesti del consumo mediale e della vita quotidiana Perchè studiare i media?

  17. “Benvenuti nella cultura della convergenza … … dove vecchi e nuovi media si scontrano, dove forme mediali generate dal basso e dall’alto si incrociano, dove il potere della produzione mediale e quello del consumo interagiscono in modi imprevedibili.” H. Jenkins (Cultura convergente)

  18. Cultura convergente La definizione di cultura convergente di Jenkins (2007) rimanda ad uno scenario che deriva dall’interazione tra:

  19. Convergenza mediale • “per ‘convergenza’ intendo il flusso dei contenuti su più piattaforme, la cooperazione tra più settori dell’industria dei media e il migrare del pubblico alla ricerca continua di nuove esperienze di intrattenimento” (Jenkins, 2007, XXV) • “voglio contestare l’idea secondo la quale la convergenza sarebbe essenzialmente un processo tecnologico che unisce varie funzioni all’interno dello stesso dispositivo. Piuttosto essa rappresenta un cambiamenti culturale …” (ibid.) Perchè studiare i media?

  20. Cultura partecipativa • L’idea di cultura partecipativa contrasta con l’idea di audience passiva, che si trascina fin dalle prime elaborazione di modelli teorici della comunicazione mediata, a favore di un’audience partecipante e produttiva. • Produttori e consumatori interagiscono tra di loro continuamente, secondo dinamiche di azione e relazione mutevoli e innovative. • Nella cultura partecipativa non tutti devono contribuire, ma tutti devono credere di essere liberi di farlo, quando sono pronti • e devono credere che il loro contributo sarà valutato in maniera appropriata. Perchè studiare i media?

  21. Definire la cultura partecipativa come: • 1. con barriere piuttosto basse nei confronti dell’espressione artistica e dell’impegno civico • 2. con grande supporto alla creazione e scambio di opere gli uni con gli altri • 3. con qualche tipo di guida informale in base alla quale ciò che è conosciuto dalla maggior parte attraverso l’esperienza viene passato ai nuovi • 4. dove i membri credono che il loro contributo conta • 5. dove i membri sentono qualche grado di connessione sociale con gli altri (come minimo sono attenti a ciò che gli altri pensano a proposito delle loro creazioni). Perchè studiare i media?

  22. Intelligenza collettiva • Nella cultura convergente, il consumo diventa un processo collettivo. • La convergenza non avviene tra le attrezzature dei media, ma nei cervelli dei singoli consumatori e nelle loro interazioni sociali, nel loro parlare dei media, sui media e con i media. • Avviene nella gestione, implementazione e condivisione della conoscenza mediata al punto che “nessuno di noi sa tutto; ognuno di noi sa qualcosa; possiamo mettere insieme i pezzi se uniamo le nostre conoscenze e capacità” (Jenkins, 2007, XXVI) Perchè studiare i media?

  23. Non tecnologia interattiva, ma cultura partecipativa • “l’interattività (H. Jenkins, 2006a) è una proprietà della tecnologia, mentre la partecipazione e una proprietà della cultura”. • La cultura partecipativa va emergendo nel momento in cui la cultura assorbe e risponde alla esplosione delle nuove tecnologie mediali, che rendono possibile per i consumatori medi di archiviare, prendere nota, appropriarsi, e far circolare di nuovo i contenuti media in nuove modalità ancora più potenti. • Concentrarci solo sull’accesso alle nuove tecnologie ci porta lontano, se non incoraggiamo allo stesso tempo le competenze e le conoscenze culturali necessarie per sviluppare questi strumenti per i nostri stessi obiettivi. Perchè studiare i media?

  24. Non tecnologie isolate ma sistema dei media • Piuttosto che occuparci di ciascuna tecnologia isolatamente, faremmo meglio ad assumere un approccio ecologico, ragionando sulle interrelazioni tra tutte queste differenti tecnologie di comunicazione, sulle comunità culturali che crescono intorno ad esse, e sulle attività che supportano. • Il sistema dei media è composto di tecnologie della comunicazione e di istituzioni, pratiche e protocolli sociali, culturali, legali, politici ed economici, che le modellano e circondano (Gitelman, 1999). Perchè studiare i media?

  25. Cultura partecipativa e opportunità di civic engagement • La nuova cultura partecipativa offre molte opportunità ai giovani per prendere parte al dibattito pubblico, partecipare alla vita di comunità, diventare leader politico, anche se spesso solo attraverso le “seconde vite” offerte dai giochi multiplayer o dalle comunità online di fan. • La sfida è come collegare le decisioni nel contesto della vita quotidiana con le decisioni prese a livello locale, o nazionale. Perchè studiare i media?

  26. Cultura convergente e mercato • “le media companies [sono] obbligate a rivalutare la natura dell’impegno degli utenti e il valore della partecipazione dell’audience in risposta ad un cambiamento dell’ambiente mediale caratterizzato da una digitalizzazione e un flusso mediale attraverso più piattaforme, l’ulteriore frammentazione e diversificazione del mercato mediale, e l’aumento della forza e della capacità degli utenti di plasmare il flusso e la ricezione dei contenuti mediali” (H. Jenkins 2008).

  27. Come cambia il consumatore Mentre i vecchi consumatori erano visti come passivi, i nuovi consumatori sono attivi. Mentre i vecchi consumatori erano prevedibili e stavano dove gli ordinavi, i nuovi consumatori si spostano, mostrando una fedeltà in declino nei confronti dei network o dei media.  Se i vecchi consumatori erano individui isolati, i nuovi consumatori sono maggiormente connessi tra loro. Se il lavoro dei consumatori mediali un tempo era silenzioso e invisibile, i nuovi utenti sono rumorosi e pubblici” (Jenkins 2006).

  28. Perché studiare le audience?Approcci teorici e ricerca empirica Perchè studiare i media?

  29. Da dove partiamo … • Il primo obiettivo da porsi, è quello di chiarire cosa intendiamo per audience e, quindi: • riflettere sull’annosa questione della sostituibilità o meno dei concetti di audience e pubblico. • indagare le differenze tra audience e pubblico in terminidirisultati/rappresentazioni della ricerca quantitativa o qualitativa. • ragionare sull’uso del concetto di pubblico e/o di audience al singolare o al plurale. • definire i termini dell’attività dell’audience e del pubblico.

  30. Audience o pubblico? • Il ‘pubblico’ può essere inteso, in senso qualitativo, come un insieme di gruppi sociali impegnati in pratiche quotidiane che comprendono il consumo mediale. • Il concetto di pubblico deriva dalla tradizione ottocentesca del teatro e segnala quindi un insieme di individui che sceglie consapevolmente di partecipare ad uno spettacolo: una forma istituzionalizzata di comportamento collettivo.

  31. Audience o pubblico? • ‘Audience’, generalmente, indica una lettura quantitativa, ovvero l’insieme dei consumatori di un dato mezzo o contenuto mediale (audience = ascolto) • È una definizione più di pertinenza del marketing, associata all’idea di rilevazioni quantitative, percentuali di ascolto, soggetti passivi (Livingstone). • L’audience è una mera costruzione discorsiva a uso e consumo delle istituzioni mediali interessate a conoscere, quantificare e controllare particolari segmenti di pubblico.

  32. Audience e pubblico come rappresentazione. Contro il realismo ingenuo • Se il problema audience vs pubblico è di ordine metodologico (ricerca quantitativa vs qualitativa), allora bisogna ricordare che: • ogni genere di ricerca empirica sfocia sempre, necessariamente, in una rappresentazione, in un racconto, per quanto di tipo diverso sulla base degli strumenti utilizzati. • Esiste forse una realtà al di fuori della sua rappresentazione? • È possibile dire che l’audience/pubblico descritta/o quantitativamente sia più reale, di quello osservata/o sul campo, di quella/o raccontata dalla stessa audience/pubblico?

  33. I discorsi della ricerca quantitativa • “la rilevazione dell’audience è la produzione di un discorso che ‘formalizza’ e riduce lo spettatore ad esemplare calcolabile, a membro il cui comportamento può essere oggettivamente determinato, oltre che categorizzato in modo preciso” (Ang). • La ricerca quantitativa tratta gli spettatori come numeri, come unità dello stesso valore nel calcolo della misura dell’audience (ibidem). • Il discorso sugli indici di ascolto descrive gli spettatori e le differenze tra essi in termini di poche generalizzate e standardizzate variabili di comportamento di consumo televisivo (ibidem).

  34. Cercasi audience disperatamente • Le emittenti hanno costante necessità di conoscere quali pubblici sono “alla loro portata”. • Per le routine produttive e per la sopravvivenza organizzativa di un mezzo è necessario poter contare su un pubblico, definibile come “corpo fisico di spettatori assidui ed identificabili” (Ien Ang) Perchè studiare i media?

  35. Difficoltà nella definizione delle audience • “ Quando si raggruppano meccanismi di risposta individuale […] necessariamente si devono restringere, se non addirittura eliminare, le condizioni contestuali esterne e puntuali che potrebbero delucidare la prospettiva di ciascun individuo. Aggregare è un processo di totalizzazione che pone in secondo piano la riflessione sul modo in cui i contesti puntuali e le risposte individuali contribuiscono a formare un’immagine più completa della situazione in esame” (Ien Ang) Perchè studiare i media?

  36. Difficoltà nella definizione delle audience • Se è vero che le cifre delle statistiche forniscono stime sull’ampiezza dell’audience, compensandone la mancanza di visibilità immediata, • È anche vero che “concepire l’audience televisiva come collettività classificabile significa negare il disordinato mondo sociale delle audience effettive” (Ien Ang) Perchè studiare i media?

  37. Le rilevazioni audiometriche • Consentono agli operatori di poter contare su numeri, percentuali che fotografano con immediatezza le dimensioni della platea e ne delineano le scelte di consumo. • Questi strumenti offrono agli operatori la certezza illusoria di avere il polso della situazione, celando, dietro la forza convincente dei numeri, l’insicurezza derivante da comportamenti di consumo sempre meno spiegabili e giustificabili quantitativamente. Perchè studiare i media?

  38. Osservare per controllare? • Riprendendo il discorso di Foucault sul Panopticon, che entra in funzione “ogniqualvolta l’imperativo è quello di collocare gli individui o le popolazioni entro una griglia in cui possono essere resi produttivi e osservabili” • Ien Ang spiega lo sviluppo delle pratiche di rilevazione sulle audience e ne segnala le forti debolezze implicite: • la natura del consumatore, non essendo la stessa indirizzabile nel comportamento, come prevede, invece, il panopticon, è l’elemento che fa sì che l’osservazione e, quindi, la conseguente visibilità, possano essere solo uno strumento indiretto di controllo sulle audience. Perchè studiare i media?

  39. Il limite dell’osservazione • Se l’esigenza delle industrie che commissionano le ricerche sulla audience è proprio quella di conoscere per controllare, osservare, acquisire casistiche, numeri che possano legittimare previsioni attendibili sui comportamenti delle audience, essa si scontra con il suo stesso limite: • infatti, per quanto gli strumenti di misurazione e monitoraggio possano portare a rappresentazioni minuziose e accurate, il loro realismo descrittivo può non essere sufficiente per il controllo, perché non prescrive un comportamento. • In un circolo vizioso, allora, l’incertezza che ne deriva tormenta l’industria fino alla messa a punto di un sistema ancora più analitico. • Salvo poi “capitare che, più si fa microscopico lo sguardo sullo spettatore, più ci si accorga di quanto sia sfuggente il <<comportamento di consumo [mediale]>> Perchè studiare i media?

  40. L’audience come collettività classificabile • Le “tecnologie per i feedback di mercato” (Auditel, sondaggi telefonici, etc.), • assumono una funzione strategica in una situazione strutturale di lotta per la conquista delle posizioni sul mercato; • hanno l'obiettivo di costruire l’audience televisiva “come una categoria che oggettiva il pubblico in modo da poterlo controllare, nell’interesse di uno scopo istituzionale prestabilito” (Ien Ang): consegnare target agli inserzionisti pubblicitari. Perchè studiare i media?

  41. L’audience come strategia discorsiva • Raggruppare il pubblico in un’unica categoria capace di discriminare tra chi è e chi non è effettivamente parte dell’audience è, d’altra parte, una strategia discorsiva che trova radice • nei tratti dominanti del broadcast e • nell’esigenza di legittimare l’obiettivo di controllare e conquistare e , allo stesso tempo, la presenza di un oggetto da controllare e conquistare Perchè studiare i media?

  42. Le premesse della ricerca quantitativa • 1) non misura la fruizione tv come tale: misura qualche altro fattore (lo schermo acceso, la presenza nella stanza) come indicatore del vedere la tv. • 2) assume che accendere la tv sia un indice del vedere lo specifico programma in onda in quel momento. • 3) assume che qualunque comportamento di fruizione sia il risultato di processi individuali di decision-making • 4) assume che le decisioni su cosa guardare possano essere trattate significativamente come indipendenti dal contesto ed equivalenti.

  43. Il mondo sociale delle audience effettive • “concepire l’audience televisiva come collettività classificabile significa negare il disordinato mondo sociale delle audience effettive” (Ang) • “il modo in cui le audience effettive si rapportano alla televisione [o ai media in generale n.d.a.] eccede ogni quantificazione, ogni categorizzazione, e ogni rappresentazione omogenea e oggettivante” (ibidem) • che miri al controllo.

  44. Essere audience • “L`audience televisiva non è una categoria sociale come la classe, la razza o il genere - ognuno scivola continuamente dentro e fuori di essa in un modo che rende privo di senso qualunque tentativo di definirne i confini: • allo stesso modo, quando ne fanno parte, le persone tendono a costituirsi come audience in modi differenti in momenti diversi: • io sono un' 'audience' televisiva diversa quando guardo la mia squadra di football giocare, quando guardo una puntata di A - Team con mio figlio, o ' Days of our Lives' con mia moglie” (Fiske 1989).

  45. L’audience c’è (ci sono): il ruolo dei discorsi • Per quanto noi possiamo conoscere le audience solo attraverso i discorsi, esse di fatto esistono al di fuori dei termini di questi discorsi. • Tuttavia, l’audience come entità singola, quantitativamente tangibile, non esiste se non nei discorsi; • le audience come insiemi mutevoli di relazioni tra soggetti esiste invece nei contesti micro e macro e viene conosciuta attraverso i discorsi.

  46. I discorsi della ricerca qualitativa • Anche la ricerca qualitativa ha a che fare con rappresentazioni, discorsi: • quando si utilizza l’osservazione partecipante, il ricercatore costruirà la sua storia-narrazione (necessariamente parziale) di ciò che vede. • Nel caso delle interviste, il ricercatore produce storie (report) sulle storie, che le audience scelgono di raccontare sulla propria fruizione di storie mediali. • Raccontando storie su di sé le audience in più fanno emergere gli schemi culturali e linguistici che utilizzano per interpretare le storie mediale e per raccontarle.

  47. Il patrimonio discorsivo delle audience • “Le interpretazioni o decodifiche delle storie mediali sono influenzate, e riflettono anche, i codici e i discorsi che differenti parti di audience usano abitualmente, • e i modi in cui queste decodifiche sono determinate dalla distribuzione, socialmente regolata, di codici culturali tra e attraverso diverse porzioni dell’audience” (Morley 1983). • “Il significato del testo sarà costruito in modo differente in base ai discorsi (conoscenze, pregiudizi, resistenze ecc.) che il lettore porta con sé, e il fattore determinante nell’incontro tra audience/soggetto e testo sarà il range di possibili discorsi a disposizione dell’audience” (Ibidem)

  48. Le audience. • “Dovremmo utilmente pensare all’audience dei media non tanto come una massa indifferenziata di individui • ma come una complessa struttura di individui socialmente organizzati in un numero indefinito di sottogruppi e subculture, • ciascuna delle quali ha la sua storia e le sue tradizioni culturali” (Morley, 1983) • “Le categorie si basano sulle similarità: l’audience è più vicina ad una moltitudine di differenze” (Fiske 1989).

  49. La mappa culturale dell’audience • “Per capire i significati potenziali di un dato messaggio, abbiamo bisogno di una mappa culturale dell’audience alla quale il messaggio è rivolto: • una mappa che mostri i vari repertori culturali e le risorse simboliche a disposizione dei sottogruppi posizionati in modo diverso all’interno dell’audience. • Tale mappa aiuterà a mostrare come i significati sociali di un messaggio siano prodotti attraverso l’interazione dei codici inscritti nel testo con i codici attualizzati da differenti segmenti dell’audience” (Morley 1983)

  50. Le audience attive • Sia i media studies (cfr. usi e gratificazioni) sia le teorie critiche (cfr. negoziazione, rapporto testo/lettore) sono pervenuti alla concezione di “spettatore attivo”, pur oscillando sempre tra due estremi, teoricamente non sostenibili. • La “scomparsa del messaggio”, in alcuni ambiti dei media studies, a causa della sottovalutazione del potere del testo (usi e gratificazioni). • La “scomparsa del pubblico”, in alcuni ambiti delle teoria strutturaliste del testo, che sottovalutano il contesto di produzione e di consumo rincorrendo il “vero significato” del testo. (Livingstone)

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