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Progettazione degli studi epidemiologici

Progettazione degli studi epidemiologici. Aldo Rosano. Conduzione di uno studio epidemiologico. Definizione degli obiettivi della ricerca Analisi delle condizioni Redazione di un protocollo di ricerca. Il protocollo dello studio.

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Progettazione degli studi epidemiologici

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Presentation Transcript


  1. Progettazione degli studi epidemiologici Aldo Rosano

  2. Conduzione di uno studio epidemiologico Definizione degli obiettivi della ricerca Analisi delle condizioni Redazione di un protocollo di ricerca

  3. Il protocollo dello studio • Il protocollo di uno studio è la struttura logico-formale di un’indagine con i suoi dettagli operativi. • Esso, condizionando il tipo di dati raccolti e le modalità di raccolta, definisce i modi appropriati dell’analisi e dell’interpretazione dei dati. • Scegliere la struttura logico-formale implica la scelta delle caratteristiche da rilevare, il modo con cui si rilevano, secondo il modello concettuale che sottostà alla rilevazione.

  4. Struttura logica di un protocollo di uno studio Definizione obiettivi Scelta del tipo di indagine e del tipo di rilevazione Individuazione unità di rilevazione ed eventuale campionamento Individuazione del campo di osservazione e dei soggetti candidati allo studio Selezione variabili significative e degli strumenti di rilevazione Piano d’analisi dei dati raccolti

  5. Progettazione dello studio • L’obiettivo dello studio deve essere formulato precisamente. Ogni indagine dovrebbe fornire una adeguata risposta almeno ad una precisa domanda. (formulata, possibilmente, in termini quantitativi) • La progettazione dello studio richiede di avere a priori un’ idea della analisi finale dei dati. A questo scopo è utile provare a definire fin dall’inizio le tabelle chiave del rapporto finale e considerare il numero di casi attesi nelle celle. • Prima della progettazione è necessario condurre una ricerca bibliografica sull’argomento che si vuole investigare

  6. Formulazione di un quesito • L’obiettivo della ricerca deve essere quello di dare una risposta esplicita a un problema definito in maniera esplicita. • E’ necessario per prima cosa conoscere bene l’argomento approfondirlo e avere familiarità con i suoi vari aspetti. • Rispondere in modo chiaro al quesito diventa allora l’obiettivo della ricerca, che deve guidare tutto il resto della pianificazione. • È possibile definire quesiti secondari, cioè altri aspetti a cui si può dare risposta nel corso della ricerca, che non sono essenziali e che non devono in alcun modo influenzare il perseguimento della risposta al quesito primario.

  7. Rationale di uno studio • Il rationale di uno studio contiene elementi del contesto del problema trattato, le sue dimensioni epidemiologiche e le motivazioni che inducono ad intraprendere lo studio. • Esempio: studio osservazionale dei pazienti con tosse Razionale • Descrizione generale del fenomeno (costituisce il meccanismo per liberare le vie respiratorie secrezioni in eccesso) • Definizione del sintomo (la tosse è definita acuta se dura meno di 3 settimane, cronica se persiste oltre questo periodo) • Dimensioni epidemiologiche ( incidenza = 5-40% della popolazione) • Motivazioni dello studio ( la corretta diagnosi permette di risolvere il 98% dei casi trattati )

  8. Formulazione di un quesito PICOT è un acronimo che ricorda gli oggetti fondamentali da prendere in considerazione per la corretta proposizione di un quesito. • Population: l’insieme di coloro che hanno le caratteristiche per potere far parte dello studio • Indicator (variabile indipendente): è un test diagnostico o un intervento terapeutico o una condizione di cui ci interessa valutare il rapporto con l’outcome • Comparator: è la popolazione con cui si confronta quella oggetto dello studio (cioè quella caratterizzata dalla presenza dell’indicator) • Outcome (variabile dipendente): è il parametro che si deve misurare per valutarne l’eventuale relazione con l’indicator • Time: è il tempo, definito in anticipo, che ci occorrerà per completare il nostro studio

  9. Esempi di quesiti per uno studio • Esempio 1: quesito di tipo diagnostico: • Population: in bambini con probabile apnea nel sonno • Indicator: la misurazione dell’ossimetria durante la notte • Comparator: paragonato a uno studio tradizionale del sonno • Outcome: è in grado di diagnosticare le apnee nel sonno con la stessa accuratezza? • Esempio 2: quesito di tipo interventistico: • Population: in bambini con ipertensione • Indicator: il trattamento con una dieta bilanciata + esercizio fisico • Comparator: versus il non trattamento • Outcome: diminuisce i parametri pressori ? • Esempio 3: domanda di tipo predittivo: • Population: donne con epilessia in gravidanza • Indicator: esiti della gravidanza • Comparator: - - - - - • Outcome: hanno un rischio aumentato di avere figli con malformazioni?

  10. Proposizione di uno studio • Le caratteristiche che deve avere uno studio epidemiologico possono spesso essere riassunte nell’acronimo F-I-N-E-R: • FEASIBLE – è fattibile, cioè è possibile dargli una risposta attraverso uno studio epidemiologico. • INTERESTING – è interessante, in altre parole risveglia la curiosità vostra e del mondo scientifico. • NOVEL – è nuovo, esplora territori non conosciuti. • ETHICAL – è etico, cioè non arreca danno ai soggetti partecipanti studio. • RELEVANT – è pertinente agli obiettivi (cioè realmente coerente con gli scopi dello studio)

  11. Quesiti nell’epidemiologia clinica La maggior parte dei quesiti di ricerca rientrano in categorie precise, che riguardano per esempio: • L’etiologia di una patologia • La storia naturale e la prognosi di una condizione clinica • L’accuratezza di un test diagnostico • L’efficacia di una terapia • Le decisioni sulle strategie cliniche, da prendere in base alla valutazione del rapporto costo beneficio

  12. Protocollo di uno studio • Quesito: è il punto di partenza, su cui si baserà tutta la ricerca. Deve essere formulato esplicitamente e in maniera definitiva, prima di passare alle fasi successive della programmazione. • Metodi dello studio: è di fondamentale importanza scegliere i metodi più appropriati per rispondere al quesito specifico; in altre parole, la tipologia di studio che può dare la risposta più appropriata nel modo più semplice. • Risorse: è importante analizzare in anticipo quali siano le risorse necessarie, e verificare se queste siano disponibili. • Tempo: stabilire fin dall’inizio il tempo a disposizione, e se questo è compatibile con il tempo necessario per portare a termine il progetto. • Gestione dei risultati: è importante anche chiarire fin dall’inizio il ruolo dei vari ricercatori, al fine di essere tutti d’accordo su dove e come condividere i risultati e sulla gerarchia dei vari autori.

  13. Elementi di un protocollo di uno studio Le scelte da operare (spesso indotte dagli scopi dell’indagine e dai dati disponibili o rilevabili), riguardano, in dettaglio: • Fonti dati • Partecipanti allo studio • Disegno dello studio • Tipo di rilevazione • Base dello studio • Definizione e ruolo delle variabili • Piano per l’analisi dei dati • Considerazioni etiche

  14. Fonti dati

  15. Fonti dati • Si può far ricorso a fonti dati preesistenti, o anche raccogliere dati ad hoc. Gli archivi con dati di interesse sanitario sono raccolti da diverse istituzioni e con scopi diversi, da quelli di ricerca a scopi amministrativi. • Ecco un elenco, sicuramente non esaustivo, delle possibili fonti dati in ambito sanitario: • Registri di patologia • Archivi delle dimissioni ospedaliere • Rilevazione delle cause di morte • Rilevazioni periodiche sulle condizioni di salute

  16. Rilevazioni ad hoc I dati di interesse possono essere rilevati ad hoc attraverso: • Questionari • Esami fisici • Indagini cliniche • Si possono, naturalmente, usare più tipologie di dati contemporaneamente • Le misure rilevate devono rigorosamente standardizzate e preferibilmente di tipo quantitativo. • E’ opportuno avviare uno preventivamente studio pilota per identificare in tempo possibili problemi

  17. Gli strumenti per la raccolta dati • Nel disegno dello studio vanno definiti gli strumenti per la raccolta dati: • l'eventuale questionario o la traccia di intervista da utilizzare, • la modalità di somministrazione (faccia a faccia, telefonico, …) • le eventuali procedure di laboratorio da utilizzare, • i modi della registrazione dei risultati ottenuti, • le modalità di codifica.

  18. Partecipanti allo studio

  19. Reclutamento dei soggetti • Negli studi analitici, i soggetti selezionati devono conoscere l’obiettivo dello studio, devono sapere perché sono stati selezionati, cosa ci si aspetta da loro e, nel caso, cosa “riceveranno” al termine dello studio • Il problema dei “non rispondenti” deve essere trattato accuratamente. Questi potrebbero essere selezionati. Ciò comporterebbe un bias nello studio.

  20. Partecipanti allo studio Staff e training • Se una tecnica di esame all’interno di uno studio epidemiologico richiede particolari capacità e un giudizio clinico allora questa non è stata sufficientemente standardizzata. • Nonostante si faccia ogni sforzo differenze tra osservatori possono sempre persistere. Perciò i soggetti dovrebbero essere assegnati agli osservatori con procedure randomizzate.

  21. Il disegno dello studio

  22. Gli studi analitici • Gli studi analitici hanno lo scopo di indagare cause e fattori di rischio delle malattie, analizzando singoli individui o gruppi ristretti. • Il piano concettuale riguarda in questo caso il “modello biologico” (ipotesi di studio) che lo studio intende saggiare • Il piano operativo concernerà invece la scelta delle variabili, effettivamente osservabili e misurabili, necessarie alla raccolta di informazioni sufficienti a testare le ipotesi poste nel modello biologico

  23. Studi di correlazione Gli studi di correlazione mettono in relazione la distribuzione di uno o più fattori di rischio e una patologia. Non è possibile verificare le relazioni a livello individuale, ma solo di gruppo. In genere sono usati per proporre nuove linee di ricerca e richiedono sempre una verifica da parte di altri studi. Possibile bias: fallacia ecologica

  24. Gli studi sperimentali • Lo studio sperimentale è un’indagine, che può essere condotta sia in campo che in laboratorio, e permette di confrontare 2 o più gruppi di individui riguardo all’esito di trattamenti diversi. • Per "trattamento" qui si intende qualunque intervento, di tipo terapeutico, profilattico o altro, volto a modificare lo stato di salute o performance dell’uomo. • Gli studi sperimentali sono utilizzati anche per valutare l’efficacia di procedure diagnostiche, test di laboratorio, ecc.

  25. Gli studi osservazionali • Gli studi osservazionali si pongono l’obiettivo di fotografare in un dato tempo le dimensioni di parametri definiti, in un gruppo di soggetti selezionati in funzione di ampi criteri di inclusione. Questi studi si basano su premesse metodologiche diverse rispetto a quelle degli studi sperimentali, e permettono in genere di ottenere informazioni più aderenti a quanto avviene in condizioni normali, non controllate ("sul campo").

  26. Limiti degli studi osservazionali • La validità statistica dei dati osservazionali, ridotta dal limitato rigore metodologico e dall’elevato numero di variabili in gioco, è però recuperata dall’elevata numerosità dei soggetti arruolabili. • Gli studi osservazionali non possono sostituire gli studi sperimentali, ma li completano verificandone i risultati sul campo su ampie casistiche per lunghi periodi di osservazione.

  27. Tipo di rilevazione

  28. Tipi di rilevazione • Una volta scelti i tempi dell’indagine (coorte o breve finestra temporale) bisogna scegliere il tipo di rilevazione da adottare. Le rilevazione possono essere totali o campionarie. • Indagini totali • Si definisce indagine totale quella che prevede di rilevare tutte le unità per le quali si possiede un indirizzo negli archivi di base utilizzati. • Il censimento è il più conosciuto ed importante esempio di indagine totale. Un altro esempio è costituito dalle indagini basate su dati amministrativi in cui la raccolta dei dati riguarda la totalità di un collettivo ed è avvenuta per finalità diverse da quella statistica (anagrafi; archivi SDO; registro delle malattie infettive; ecc.).

  29. Indagini campionarie • In molte circostanze si ricorre alle indagini parziali, dove cioè una sola parte della popolazione viene selezionata andando a formare il campione, per ovviare ai problemi che un’indagine totale comporta. • In generale l’indagine campionaria consente di dedicare maggiore attenzione a tutte le attività connesse al miglioramento ed al controllo della qualità dei dati raccolti grazie al diminuito onere che comporta la rilevazione. • L’attendibilità delle stime calcolate sarà fortemente influenzata dal tipo di strategia di campionamento scelta. Inoltre, si può agire sul livello di precisione delle stime dimensionando adeguatamente la dimensione del campione a partire dalla variabilità delle grandezze da misurare (qualora sia nota a priori).

  30. Tipo di rilevazione - raccomandazioni • Scegliere il tipo di rilevazione non opportuno può pregiudicare del tutto o in parte gli scopi della ricerca • Raccogliere informazioni su tutta la popolazione implica un aumento notevole dei costi ed un incremento del numero di errori non campionari. Pertanto, la scelta di un disegno di indagine che preveda la raccolta dei dati di tutte le unità statistiche appartenenti alla popolazione è da limitare a casi particolari (censimenti; indagini amministrative; ecc.) • Il metodo di selezione del campione è determinato in base alla struttura degli archivi di base ed alle informazioni in esso contenute al fine di massimizzare l’efficienza delle stime prodotte • Fissare la dimensione del campione in modo da garantire il calcolo di stime della precisione desiderata.

  31. Il campionamento • Dimensione del campione Molte indagini sono di dimensioni minori di quelle necessarie agli scopi prefissati. Per prevenire ciò è necessario stabilire la dimensione del campione in termini statistici. • Metodo di campionamento Il campione deve essere scelto casualmente (random). Può accadere che il ricercatore voglia che alcune caratteristiche siano comunque rappresentate nel campione (es. ambo i sessi, classi di età). In tal caso si campiona stratificando per la caratteristica di interesse

  32. Il campionamento Tipi di campionamento Semplice Sistematico Areale A più stadi Stratificato

  33. Base dello studio

  34. Base dello studio La popolazione base dello studio è la popolazione che genera le osservazioni incluse nello studio e quindi, in caso di rilevazione campionaria, la popolazione campionata cui si estrapoleranno i risultati osservati nel campione. La popolazione verso la quale si intende generalizzare i risultati si definisce come “popolazione bersaglio”.

  35. Base dello studio • Quasi sempre la popolazione base dello studio e quella bersaglio non coincidono. Di fatto la popolazione campionata è un'entità reale mentre la popolazione bersaglio è spesso un'entità generale e astratta. • Ad esempio, la popolazione campionata può essere costituita da tutti gli anestesisti operanti in un certo periodo in un definito paese, mentre la corrispondente popolazione bersaglio potrebbe consistere in tutti gli esposti a gas anestetici. Il fenomeno in studio in questo caso è infatti l'effetto sull'uomo dell'esposizione a gas anestetici. • Purtroppo, è assai difficile trovare una popolazione base dello studio che possa ben rappresentare la popolazione bersaglio. Spesso la popolazione base dello studio possiede caratteristiche peculiari tali per cui la generelazzabilità alla popolazione bersaglio è artificiosa, ma l’alternativa è condurre indagini totali per ogni ipotesi di studio, il che non è quasi mai fattibile.

  36. Definizione e ruolo delle variabili

  37. Definizione e ruolo delle variabili Una volta definita le popolazione base dello studio, quella campionata, in funzione della popolazione target, passiamo alla scelta delle caratteristiche da rilevare, che saranno scelte in funzione degli obiettivi dello studio e del ruolo che le variabili giocano all’interno dell’ipotesi di studio (modello biologico) Le variabili inserito in uno studi possono quindi classificarsi come: determinanti, confondenti, modificatori d’effetto.

  38. Definizione e ruolo delle variabili • Le variabili determinanti sono quelle che possono essere messe in relazione causale diretta con l’esito (FUMO ->TUMORE AL POLMONE) • Le variabili confondenti sono quelle identificano caratteristiche estranee al fenomeno in studio che alterano la relazione tra determinante e malattia (spesso sono tali le variabili strutturali come età, sesso, livello d’istruzione) • Le variabili modificatori d’effetto sono quelle che identificano dei fattori in presenza dei quali la relazione esposizione / malattia viene alterata (sono le cosiddette variabili di interazione).

  39. Piano per l’analisi dei dati

  40. Piano per l’analisi dei dati • L’analisi dei dati comincia con la codifica e l’imputazione dei dati. • Una volta che i dati sono informatizzati questi vanno controllati per accertarsi che non vi siano errori di imputazione o errori di coerenza interna tra i dati. • L’analisi statistica comincerà solo quando il data set è “pulito”.

  41. Piano per l’analisi dei dati • Il piano per l’analisi dei dati deve prevedere tutte le tabelle descrittive, le analisi delle relazioni tra le variabili, i modelli statistici e le strategie di analisi utili alla verifica delle ipotesi di studio. • Bisogna tener presente che il disegno dello studio induce l’utilizzo di determinati strumenti statistici (ad esempio negli studi trasversali andranno utilizzate misure di prevalenza) • Il piano per l’analisi dei dati deve prevedere gli aggiustamenti dei fattori di confondimento attuabili attraverso procedure ad hoc (analisi stratificate, uso di modelli regressivi)

  42. Piano per l’analisi dei dati • Potrà essere utile rappresentare i risultati dello studio in forma grafica, gli strumenti più idonei per tale rappresentazione andranno selezionati tra quelli riportati dalla letteratura. • Prima di procedere con analisi più sofisticate (modelli regressivi, analisi fattoriali) è consigliabile procedere con semplici analisi descrittive che forniscono informazioni essenziali sulla distribuzione delle variabili nel contesto di studio.

  43. Considerazioni etiche • Lo studio non deve violare i valori etici individuali propri dei soggetti sotto osservazione. • Deve: • Rispettare il principio dell’autonomia e quello del beneficio. • Rispettare la privacy dei soggetti partecipanti (Legge 675/96). • Esplicitare gli obiettivi che interessano la salute della collettività degli utenti. • Prevedere la richiesta di autorizzazione al trattamento di dati nominativi attraverso il consenso all’interessato.

  44. Tipi di errore in uno studio epidemiologici • Errori random: sono errori che non possono essere previsti, perché sono dovuti a fattori assolutamente casuali: riducono la precisione • Errori sistematici (bias): sono errori dovuti a una causa precisa, che possono in alcuni casi essere previsti e riconosciuti: riducono la validità

  45. Criteri Bradford- Hill • Sono i criteri che devono essere soddisfatti quando si vuole affermare che esiste una relazione di causa-effetto tra la variabile E (Esposizione) e la variabile M (Malattia) piuttosto che una semplice associazione: • Relazione temporale: E deve avvenire prima di M • Forza di associazione – c’è una alta percentuale di associazione tra le due variabili • Relazione dose-risposta: all’aumentare di E, deve esserci un aumento confrontabile di M • Plausibilità biologica della relazione osservata

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