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La Comunicazione Non Verbale

La Comunicazione Non Verbale. Lo studio della CNV. L’interesse per la voce, il viso ed il corpo può essere rintracciato già negli scritti dei primi filosofi greci, ma ha attirato l’attenzione anche di numerosi pensatori del XX secolo.

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La Comunicazione Non Verbale

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Presentation Transcript


  1. La Comunicazione Non Verbale

  2. Lo studio della CNV • L’interesse per la voce, il viso ed il corpo può essere rintracciato già negli scritti dei primi filosofi greci, ma ha attirato l’attenzione anche di numerosi pensatori del XX secolo. • Alcuni si sono concentrati su alcuni aspetti della Comunicazione Non Verbale (CNV) nell'uomo, individuandone le funzioni o raggruppando i segnali in diverse categorie. • Altri ricercatori, come Ekman e Friesen (1978), hanno usato un approccio globale, considerando tutti gli aspetti nel loro complesso.

  3. L’espressione delle emozioni • Diverse teorie dell’emozione suggeriscono che essa possiede tre componenti: • neurofisiologica, • espressiva (soprattutto a livello del viso), • soggettiva.

  4. Il “contagio emotivo” nell’espressione delle emozioni • Il “contagio emotivo” è particolarmente evidente nello svilupparsi di comportamenti emotivi a carattere collettivo, ad es. gli incontri sportivi. • In alcune situazioni le emozioni vengono invece soppresse, per es. in incontri politici.

  5. Le espressioni delle emozioni sarebbero, secondo gli etologi, fondate sul processo della “ritualizzazione”. La ritualizzazione può essere definita come la modificazione di un comportamento per renderlo comunicativo. Eibl-Eibesfeldt (1970) descrive vari cambiamenti di comportamento che si accompagnano alla sua ritualizzazione, ad esempio il comportamento: muta la sua funzione, diventa più semplice ma più esagerato, si “fissa” in postura, si manifesta di fronte ad una maggiore varietà di stimoli. La ritualizzazione

  6. Le mani nella CNV • Per quanto riguarda le mani, parti del corpo che possono produrre messaggi molto complessi e molto espressivi, i segnali gestuali possono essere divisi in cinque categorie: • Emblematici (per es. scuotere la mano in segno di saluto, chiamare attraverso cenni, indicare, ecc.). • Illustratori, per illustrare il contenuto della CV. • Indicatori dello stato emotivo del parlante che li produce. • Regolatori, per controllare il flusso della conversazione. • Di adattamento, emessi senza il fine di veicolare un messaggio specifico.

  7. Il ritmo • Numerose ricerche hanno preso in esame anche il ruolo fondamentale del ritmo nel linguaggio e nella comunicazione umana. • Quando una persona parla, le braccia, le dita e la testa si muovono infatti in una organizzazione temporale strutturata (auto-sincronia), sincronizzata a molti livelli.

  8. Il volto nella CNV • Nonostante l’enorme valore della gestualità e dei movimenti corporei in generale nella comunicazione interpersonale, il volto rimane il più importante mezzo di espressione delle emozioni a livello non verbale. • Solo nei primati esistono certe particolari mimiche facciali (molto vicina a quella umana).

  9. L’interesse scientifico sui rilevamento dei movimenti facciali è nato sin dal XVII secolo. Nel 1872 Darwin applicò la sua teoria sull'evoluzione anche alle emozioni nel suo libro The Expression of the Emotions in Man and Animals. Darwin e l’interesse per le emozioni

  10. Concezione innatista: studi di Darwin

  11. Emozioni innate o apprese? • Molti autori si sono opposti alla tesi di Darwin sostenendo che le emozioni sono culturalmente apprese. • Triandis e lambert (1958) mostrarono una stessa fotografia del voltio di un’attrice professionista a degli studentio di una università nordamericana, a studenti dell’università di Atene e agli abitanti di un piccolo paese rurale. • Il risultato fu accordo tra i tre gruppi (definirono l’espressione “ira intensa nel corso di una discussione”).

  12. Espressioni facciali innate • Esperimenti sono stati condotti in gruppi culturalmente isolati rispetto al resto dell’umanità (nel Borneo e Nuova Guinea), non alfabetizzati. • Ekman et al. (1971, 1980) hanno confermato l’universalità delle espressioni facciali fondamentali.

  13. L’universalità delle emozioni

  14. Cambiamenti culturali • Il fatto che le espressioni facciali fondamentali siano universali non implica necessariamente che queste espressioni appaiano secondo le stesse modalità e tempi in tutti gli individui di una specie. • Ad esempio, le espressioni di soggetti ciechi dalla nascita sono analoghe, ma più “schematiche” e povere rispetto a quelle dei vedenti.

  15. Cambiamenti culturali • In certe società, inoltre, vengono esibiti dei segni di gioia in occasioni luttuose (è inibita l’espressione del dolore in quelle determinate circostanze). • Alcune espressioni vengono dunque utilizzate con un uso convenzionale.

  16. Le emozioni più studiate • Sono state il pianto e il sorriso: • Il pianto è il primo segnale del bambino (ne sono state studiate le varianti: stizzoso, di dolore, ecc.). • Il sorriso è stato osservato da Wolff (1963) nel sonno REM di neonati, da 2 a 12 ore dopo la nascita.

  17. Ekman e Friesen (1978) hanno sviluppato una specifica metodologia di studio della CNV. In questo tipo di approccio, che può essere definito categoriale, sono state classificate la paura, la tristezza, la rabbia, la gioia, l’interesse, la sorpresa, il disprezzo/disgusto; Izard (1977) ha poi aggiunto timidezza, vergogna e colpa. Lo studio della CNV

  18. Il FACS • Il FACS usa delle regole ben precise per dare un punteggio alle intensità delle AU su una scala ordinale composta da cinque posizioni. • Le lettere A, B, C, D ed E si riferiscono all’intensità di un’azione e vengono poste subito dopo il numero dell’AU .

  19. Un altro tipo di approccio colloca le emozioni all’interno di alcune dimensioni quali piacevolezza-spiacevolezza, tensione-rilassamento, accettazione-rifiuto, ecc. (Schlosberg, 1952; Osgood, 1966). Il diagramma delle emozioni di Schlosberg Il diagramma delle emozioni di Schlosberg

  20. Un’altra rappresentazione grafica delle emozioni si deve a Plutchick (1981): ciascuno spicchio verticale rappresenta un’emozione primaria o fondamentale; l’intensità dell’emozione decresce dall’alto verso il basso e le emozioni che si somigliano di più sono adiacenti. Ad esempio il dolore rappresenta la forma più intensa di un’emozione primaria che, ad altri gradi di intensità, si esprime come tristezza. Il “solido” di Plutchick

  21. Sulla base delle descrizioni soggettive fornite dai soggetti nelle ricerche di laboratorio, Plutchick ha poi determinato una sezione trasversale del solido che mostra le risultanti della mescolanza delle emozioni. Per esempio paura e sorpresa si combinano nello spavento. “La ruota delle emozioni” di Plutchick

  22. L’espressione delle emozioni

  23. L’espressione delle emozioni

  24. Già dal lavoro pioneristico di Frederic I. Parke (1974; 1975; 1982) molte ricerche hanno tentato di realizzare una modellazione realistica di movimenti facciali, difficoltosa a causa della complessità dell’anatomia facciale. La riproduzione delle emozioni in agenti sintetici

  25. Il riconoscimento delle emozioni • Le numerose ricerche in questo campo hanno dimostrato che gli individui possiedono una buona capacità di identificazione, anche se l’accuratezza varia in relazione a diversi fattori. • È più facile, ad esempio, riconoscere le emozioni manifestate da individui appartenenti alla stessa cultura (Shimoda, Argyle e Ricci Bitti, 1978).

  26. Come afferma Gombrich (1992) non potremmo percepire o riconoscere i nostri simili se non potessimo cogliere l’essenziale e separarlo dall’accidentale. I tratti di un volto non vengono di solito visti in modo isolato, non più di quanto singole parole siano lette al di fuori di un contesto. Ciò diventa problematico se l’analisi di un volto riguarda un dipinto o una maschera, ma il modello comunica sempre qualche informazione (Hochberg, 1992). Volto - Maschera

  27. Dati informativi in un colloquio • Possono essere individuate tre categorie: contenuto, contesto ed espressioni non verbali. • Il canale non verbale offre una serie di informazioni che il contenuto verbale non è in grado di fornire.

  28. Comportamento verbale • Prosodia • Silenzio

  29. Lo sguardo Il contatto oculare è un passo fondamentale per l’avvio di tutti i rapporti interpersonali (lotta, competizione, innamoramento,…) Esso è anche uno strumento di interazione durante una relazione(feedback, regolazione dei turni, cooperazione) Le emozioni positive comportano incremento del contatto oculare, quelle negative il contrario Amore e Psiche - Canova

  30. La parte che giocano gli occhi • Gli occhi giocano una parte importante nei messaggi espressivi delle emozioni. • Ad esempio, fissare direttamente negli occhi è un tabù molto diffuso in molte culture. • Lo sguardo diretto ha comunque sempre un significato “forte”: dalla sfida alla passione, ecc.

  31. Il sistema cinesico • Il sistema cinesico comprende i movimenti del corpo, del volto e degli occhi (sguardo, gesti, ecc.). • La prossemica concerne l’uso dello spazio, in particolare della distanza, nei confronti degli altri. • L’aptica fa riferimento all’insieme di azioni di contatto corporeo con un altro.

  32. La mimica facciale e l’aspetto esteriore

  33. Prospettiva dell’interdipendenza tra natura e cultura • Ad avvalorare questa visione, l’esempio della distanza culturale tra la CNV dei giapponesi e quella delle popolazioni latine. • Nella tradizione giapponese vige(soprattutto nel passato) la soppressione delle emozioni, l’autodisciplina. E’ la cultura del silenzio e della distanza. • Nelle società latine la manifestazione delle emozioni è incoraggiata, vige spontaneità e naturalezza. Le culture latine sono contraddistinte dalla parola e dalla vicinanza.

  34. Oltre alla vicinanza fisica, tra i diversi segnali riguardanti il comportamento spaziale ricordiamo: L’orientazione. La postura. Comportamento spaziale e motorio

  35. I comportamenti motori • I comportamento motori (ad es.i gesti delle mani e i cenni del capo) possono essere: • intenzionali (ad esempio, saluto, congedo, indicazione, ecc.), come illustratori (sottolineature o completamenti del messaggio verbale); • non intenzionali, come indicatori dello stato emotivo della persona che li emette (un gesto tipico, ad esempio, è rappresentato dall’atto di scuotere un pugno in segno di rabbia).

  36. I gesti Sono azioni motorie coordinate e circoscritte, volte a generare un significato e indirizzate a un interlocutore, al fine di raggiungere uno scopo. Esistono varie tipologie di gesti, dalla classificazione non ancora condivisa.

  37. I gesti Gesti di Gradimento Gesti di Rifiuto

  38. Comportamento motorio: segnali intenzionali/non intenzionali • I segnali regolatori, prodotti da chi parla e da chi ascolta, regolano la sincronizzazione degli interventi nell’ambito del dialogo. • Oltre ad alcuni tipici gesti delle mani, possono servire a questo scopo anche cenni del capo, l’inarcamento delle sopracciglia, i mutamenti nella posizione, ecc.

  39. Testi consigliati • Canestrari R. (1988), Psicologia Generale, Bologna: CLUEB [cap. XII]. 2) Poggi I. (2006), Le parole del corpo, Roma: Carocci Editore.

  40. Parte esperienziale

  41. Un esperimento • Nell’esperimento di Exline e Winters (1965) gruppi di studenti universitari sono stati videoregistrati per osservare il numero degli sguardi verso un intervistatore. • Se, dopo un breve colloquio, l’intervistatore confessava di portare avanti uno studio sull’intelligenza, il numero degli sguardi cambiava a seconda del commento dell’intervistatore.

  42. Un esperimento • Se l’intervistatore non commentava la prestazione dell’intervistato, il numero degli sguardi diretti non cambiava o le differenze erano minime. • Se l’intervistatore commentava la prestazione dell’intervistato come ottima, il numero degli sguardi diretti aumentava. • Se l’intervistatore commentava la prestazione dell’intervistato come pessima, il numero degli sguardi diretti diminuiva.

  43. Un esperimento • Questo esperimento non ha consentito fini determinazioni sulle singole emozioni. • Le emozioni provate dai soggetti potevano variare dalla rabbia trattenuta alla timidezza, alla paura.

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