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Diseguaglianza di che cosa?

Diseguaglianza di che cosa?. Michele Raitano Universit à di Roma “ La Sapienza ”. La diseguaglianza: alcune domande. Non esiste una teoria esaustiva della distribuzione di reddito e ricchezza. La diseguaglianza è un fenomeno complesso che dipende da molteplici fattori di vario tipo.

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Diseguaglianza di che cosa?

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Presentation Transcript


  1. Diseguaglianza di che cosa? Michele Raitano Università di Roma “La Sapienza”

  2. La diseguaglianza: alcune domande Non esiste una teoria esaustiva della distribuzione di reddito e ricchezza. La diseguaglianza è un fenomeno complesso che dipende da molteplici fattori di vario tipo. Prima di qualsiasi analisi bisogna rispondere ad alcune domande basilari relative a: • Distribuzione funzionale o personale? • Quale indicatore di benessere? • Redditi da lavoro, di mercato o disponibili? • Quale unità di tempo? • Individuo o famiglia? • E come omogeneizzare il confronto fra famiglie?

  3. Distribuzione funzionale o personale Storicamente attenzione sulla funzionale (teoria classica e neoclassica). Ora maggior focus sulla personale; funzionale e personale non sono più aspetti sovrapponibili, è variata l’unità di riferimento. E molti redditi non transitano per il mercato. Alcune cause: • Scomparsa del modello del “male breadwinner” salariato. • Ampie differenze non solo fra diversi tipi di reddito, ma nelle stesse categorie. Grossa crescita delle divergenze dei redditi da lavoro (anche grazie ai rendimenti di HK). • Gli individui ricevono diversi tipi di redditi. • Ruolo delle istituzioni (stato; fondi pensione) nel passaggio da funzionale a personale, da primaria a secondaria. • Ruolo dei trasferimenti interfamiliari extra-mercato (successioni, eredità). • Importanza sulle diseguaglianze personali dei network sociali e familiari, indipendentemente dalla “funzione” svolta.

  4. La variabile economica di riferimento Quale variabile meglio rappresenta il benessere degli individui? Variabili monetarie o non monetarie? Uni o multidimensionali? • Il reddito. • Il consumo. • Il patrimonio. • Funzionamenti e capacità (Sen). • La felicità.

  5. Il reddito come variabile economica di riferimento Il reddito: flusso, monetario e non (utilità, costo opportunità) derivante da uno stock di ricchezza. La ricchezza può riferirsi a capitale reale, finanziario, umano. Capitale reale e umano producono redditi monetari e non monetari. Ma come empiricamente calcolo il reddito? Il concetto di reddito entrata (Simons) è il più esaustivo: valore di mercato del consumo + variazione del valore dei diritti di proprietà. Ovvero, consumo potenziale. Ma a che unità di tempo mi sto riferendo? Ma difficoltà enorme a calcolare praticamente tutte le dimensioni di reddito.

  6. Le difficoltà di computazione di alcune voci di reddito Misurazioni empiriche più restrittive di quelle “ideali”. Difficoltà legate a: • Variazioni in conto capitale: devo considerare anche quelle solo maturate e non realizzate? Ma come le calcolo per beni durevoli o non quotati? Uso il costo opportunità? • Fringe benefits: in che misura hanno quota non monetaria (tempo libero) che andrebbe imputato come reddito? • Rendite imputate: abitazioni ed altri beni durevoli. • Lavoro non retribuito: servizi domestici o assistenziali, o autoproduzione di beni di consumo. Due famiglie con diverso numero di percettori hanno lo stesso benessere a parità di reddito da lavoro? A che valori li imputo? Market price (costo di acquisto servizi sul mercato)o “my”opportunity cost approach. • Trasferimenti in kind: più efficiente limitare la libertà di scelta del consumatore? Ma paternalismo, miopia e asimmetrie informative per l’auto-selezione (sorta di self-targeting). Come li misuro? Facile per istruzione e edilizia pubblica (valori imputati di fitti agevolati). • Sanità: costo del consumo effettivo (alta sperequazione effettiva e effetti paradossali, ha di più chi ha peggiore salute) o della probabilità di riceverlo in funzione delle mie caratteristiche (assicurativo)? Che effetto ha sulla distribuzione effettiva la considerazione di queste voci?

  7. Quale dimensione di reddito considero? L’esempio delle spese per la casa

  8. Il peso relativo delle spese per la casa

  9. Mobilità fra quintili (1)

  10. Mobilità fra quintili (2)

  11. Il consumo come indicatore di benessere • Vantaggi empirici: più facile misurazione nei PVS (ma spesa più che consumo, dato che non considero servizi dei beni durevoli) e tengo conto anche dell’autoproduzione. • Dal punto di vista teorico posizioni contrastanti: • Più adeguato a misurare il reddito permanente rispetto al reddito corrente (minori fluttuazioni, teoria del ciclo vitale). Ma per realizzare consumo costante e validare la teoria servono accesso a mercati capitali e perfetta informazione (vincoli di liquidità). • Dipende dalle preferenze degli individui piuttosto che dal loro benessere. Il reddito è il “potere di disporre delle risorse”. • Ma consumi necessari? • Povertà di reddito o consumo? Quali dati sono disponibili?

  12. Il patrimonio • Al di là del reddito garantisce sicurezza (meno vulnerabilità e prestigio sociale). • Possibilità di accesso al credito. • Qual è il migliore indicatore della capacità contributiva? Tasse (imperfette) su reddito e/o su patrimonio? • Usato per l’ISE: • ISE=(reddito+0,2*patrimonio)/Scala di equivalenza

  13. Le capabilities Sen (1980): “ciò che rileva non sono le risorse materiali, ma ciò che queste consentono di fare” • Capabilities come insieme di vettore di functionings alternative (azioni possibili, essere in buona salute, saper leggere…). • Ampiezza delle capacità come misura di libertà (indipendentemente dalle azioni che poi svolgo). • Non bisogna limitarsi a misure strettamente monetarie. Non contano le risorse ma ciò che esse consentono di fare. • Chi ha molto reddito ma problemi di salute ha basse capabilities. • Difficoltà empiriche enormi di misurazione: • Problema di multidimensionalità. Accompagno più indicatori? • Cerco indicatore sintetico su varie dimensioni? Indice di sviluppo umano. L’analisi empirica si basa tuttora su una sola dimensione monetaria (il più possibile estesa).

  14. La felicità (1) • Recupero delle idee degli economisti del ‘700. • Recupero della misurabilità del benessere (oltre il reddito). • Indicatori soggettivi di autovalutazione (verso la povertà soggettiva?). • Come per capabilities: reddito come strumento per raggiungere il benessere, non fine in sé. • Critica di Sen: assuefazione al degrado anche in presenza di limitate capabilities. • Critica a Sen: eccesso di paternalismo: chi sceglie quali sono i functionings che tutti dovrebbero possedere?

  15. La felicità (2) • Legami con psicologia economica. • Sulla felicità conta il reddito, ma non solo: condizioni e luoghi di lavoro, salute, relazioni interpersonali. • Reddito e felicità non coincidono: a livello individuale (in cross section) relazione crescente a tassi decrescenti. • Il paradosso di Easterlin: il reddito è correlato positivamente con F, ma l’aumento di Y non comporta significativo aumento di F. • Spiegazioni del paradosso: • Conta la variazione rispetto agli altri (non basta il semplice aumento di Y nazionale) => influenza del reddito relativo. • La variazione del reddito modifica le aspirazioni; felicità come scarto fra aspirazioni e realizzazioni (e non solo su livelli assoluti). Effetto adattamento, modifico ciò che reputo necessario => traslazione verso il basso dell’aspiration curve.

  16. I vari passi dell’analisi distributiva Dall’individuo alla famiglia, dalla distribuzione alla redistribuzione (pur tenendo conto dei limiti di misurazione esaustiva dei redditi): • I redditi da lavoro: • la distribuzione dei redditi individuali da lavoro full time; la remunerazione del capitale umano (salari orari). • la considerazione anche dei redditi annui di tutti i lavoratori (part-time, atipici). • la distribuzione dei redditi familiari (equivalenti): • la composizione dei nuclei familiari (numero componenti ed età); • l’andamento dei tassi di occupazione (numero percettori); • il ruolo dei redditi non da lavoro (diversa concentrazione; redditi da capitali, fabbricati e lavoro autonomo). • la distribuzione dei redditi familiari disponibili: • l’imposizione personale. • i trasferimenti monetari. • Ma altre imposte? Tax expenditures? Servizi di welfare? I meccanismi di diseguaglianza possono agire (in diverse direzioni) nei diversi steps.

  17. L’unità di tempo • Che unità di tempo prendere a riferimento per valutare il benessere? • Analisi statica cross-section (e con quale unità di tempo? Mese? Anno?) o dinamica (fino a Y vitale)? • O la valuto cross-section eliminando dall’analisi chi è in fasi di vita particolari? • Vulnerabilità, fluttuazioni, diverse fasi del corso di vita e mobilità sociale: visione statica e dinamica. • Mobilità intra e intergenerazionale. • Ma limite della disponibilità di dati. Pochi lunghi panel longitudinali.

  18. L’unità di riferimento • L’impostazione individualista dell’economia del benessere. • Ma ruolo della famiglia fondamentale per: • fasi di vita in cui non si è auto-sufficienti (reddito/benessere nullo a bambini e casalinghe?); • economie di scala. • Ma esiste distribuzione interfamiliare o tutti i componenti godono dello stesso benessere? Scarsità di informazioni impediscono di rilevarla (probabile sottostima della diseguaglianza complessiva). • Famiglia anagrafica o in “senso esteso” (come nelle indagini BDI e Istat)? • E come comparare i redditi dei diversi nuclei familiari? Le scale di equivalenza e il reddito equivalente. • Il reddito monetario complessivo di una famiglia non è un indicatore esaustivo del benessere della famiglia. • Non univocità delle scale: la scala OCSE.

  19. Le scale di equivalenza • Vettore di coefficienti che standardizza le eterogeneità demografiche associando ad ogni famiglia un numero di componenti equivalenti. • Definite in base al costo sostenuto da una determinata famiglia per raggiungere uno specifico tenore di vita ed il costo sostenuto da una famiglia di riferimento. • All’aumentare del numero dei componenti Y familiare deve crescere meno che proporzionalmente per mantenere immutato il tenore di vita (economie di scala familiari). • Il numero di componenti equivalenti è minore della numerosità familiare. • Se il riferimento è un single una coppia avrà un coefficiente (componente equivalenti) <2, etc… • In letteratura presenti numerose scale, nessuna chiaramente preferibile.

  20. Le tipologie di scala di equivalenza (1) • Scale econometriche: stimate sulla base del consumo osservato sulla base di modelli teorici => 2 famiglie di diversa composizione hanno lo stesso tenore di vita se: • Spendono un’uguale quota di spesa in alimentari (Scala di Engel, in Italia Scala Carbonaro, 1; 1,669; 2,229; 2,725). Il confronto dei redditi di famiglie di diversa composizione e stessa quota di spesa fornisce la scala. Ma sottostima delle economie di scala (limitate negli alimentari). • Spendono un uguale importo in beni “da adulti” (Rothbarth). • Raggiungono tramite le spese un’uguale livello di utilità (indipendenza dalla struttura delle preferenze).

  21. Le tipologie di scala di equivalenza (2) Soggettive: costruite sulla base dei livelli di soddisfazione dichiarati da famiglie di diversa numerosità. Desunte da minimi nutrizionali: costruite sulla base di specifici panieri di consumi di base per ogni tipo di famiglia => paniere di beni minimo per famiglie di diversa composizione (ma quanto è arbitraria la scelta del paniere? Come la aggiorno?) Pragmatiche: utili soprattutto per confronti internazionali. Ocse = 1+0,7(coniuge e altri membri>=13 anni)+0,5(membri<14 anni). La “modificata” usa 1, 0,5 e 0,3. S=Nθcome fattore di correzione del reddito monetario. Maggiore θ minori sono le economie di scala familiari, con 0<θ<=1. In Italia θ=0,71 (Commissione Indagine sull’Esclusione Sociale), nei paesi OCSE di solito 0,4<θ<0,8. La scelta di θ ha effetti su inequality; se è basso (alte economie di scala) le poco numerose finiscono nella scala bassa (e viceversa). Al variare di θ andamento ad “U” degli indici di ineq (a seconda di dove si posizionano le famiglie numerose). S=(Na+0,7Nb)θse si distingue l’età dei componenti. Impliciti nei minimi di assistenza sociale: per l’ISE θ=0,65. 21

  22. Le rappresentazioni grafiche (1) • Gli istogrammi per fasce di reddito. • La Kernel: lo smoothing degli istogrammi. • La funzione di densità e la sua cumulata • L’asimmetria della distribuzione (coda verso destra): distribuzione addensata sui redditi medio-bassi; lognormale (logy è normale). • Posizione di media e mediana della lognormale, moda: la polarizzazione (scomparsa della middle class?).

  23. Le rappresentazioni grafiche (2) La curva di Lorenz Quanta parte del reddito va al primo x% della popolazione: quota di Y totale posseduto da frazioni cumulate della popolazione. Non fornisce indicazioni sui redditi medi (se tutti i redditi raddoppiano non muta), solo sulla distribuzione. Ma ordinamento incompleto salvo che in caso di “dominanza di Lorenz”.

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