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L’urbanistica moderna

L’urbanistica moderna. La pianificazione (o l’urbanistica) moderna nasce come tentativo di dare una risposta alla crisi della città dell’Ottocento.

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L’urbanistica moderna

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Presentation Transcript


  1. L’urbanistica moderna La pianificazione (o l’urbanistica) moderna nasce come tentativo di dare una risposta alla crisi della città dell’Ottocento. Si era reso necessario, cioè, regolare lo sviluppo urbano con uno strumento che riuscisse a dare coerenza a cose che erano diventate incoerenti e contraddittorie: anarchia, disagio, inefficienza erano l’esito del prevalere dell’individualismo nell’organizzazione della città. L’autorità pubblica comincia a definire un insieme di regole, con il tentativo di dare ordine alle trasformazioni della città e di fornire una cornice all’interno della quale potessero esplicarsi le attività di costruzione e utilizzazione poste in opera dagli operatori pubblici e privati. Si tratta di un fenomeno di carattere europeo: è del 1857 la prima urbanizzazione pianificata di Vienna, del 1859 il piano di Barcellona, progettato da Ildefonso Cerdà, del 1864 il piano di sistemazione e ampliamento della nuova capitale d’Italia, Firenze.

  2. A partire dalla fine dell’800, fino alla Seconda guerra mondiale i piani urbanistici avevano essenzialmente una funzione di regolazione delle trasformazioni della parti costruite delle grandi città (dovute sia alla crescita del ruolo delle “capitali”, sia a esigenze di risanamento igienico ed edilizio) e di definizione di un disegno di massima delle zone d’espansione. Dopo la Seconda guerra mondiale, e fino agli anni Settanta, ai piani regolatori viene assegnata la funzione di definizione dell’assetto delle zone d’espansione e delle infrastrutture, soprattutto quelle per la viabilità automobilistica e, in alcuni casi, delle linee su ferro.

  3. Legge 1150/42 (Legge Urbanistica Nazionale) I precedenti: Legge 2359/1865 (Espropriazioni per pubblica utilità): I comuni con più di 10000 abitanti potevano, “....per causa di pubblico vantaggio determinata da attuale bisogno, di provvedere alla salubrità ed alle necessarie comunicazioni, fare un piano regolatore....”. Legge 2892/1885 (Per il risanamento della città di Napoli). Stabiliva alcune regole (come anche la legge del 1865) sulle espropriazioni per pubblica utilità, utilizzate anche per l’esecuzione di piani regolatori che disciplinavano situazioni non assimilabili a quelle del “risanamento” di Napoli.

  4. Stralcio del Piano di Risanamento di Napoli del 1885 (1904)

  5. Piano Regolatore di Firenze di Giuseppe Poggi (1865)

  6. Legge 1150/42 Elementi fondamentali: La disciplina urbanistica si attua a mezzo dei piani regolatori territoriali, dei piani regolatori comunali e delle norme sull’attività costruttiva edilizia, sancite dalla presente legge o prescritte a mezzo di regolamenti (art. 4). In seguito alla devoluzione alle Regioni di molte competenze prima riservate allo Stato (DPR 616/77), le norme contenute nella legge urbanistica continuano ad essere in vigore in quelle Regioni che non si sono dotate di una propria legge, approvata in conformità alle disposizioni della normativa statale.

  7. Legge 1150/42 I livelli di pianificazione: • La LUN introduce 3 livelli di pianificazione stabilendo tra loro un rigoroso rapporto gerarchico: • il piano territoriale di coordinamento a livello regionale o sub-regionale (provinciale) • Il piano regolatore esteso all’intero territorio comunale (generale); • Il piano esecutivo

  8. Legge 1150/42 Il Piano Territoriale di Coordinamento Hanno lo scopo di orientare e coordinare l’attività urbanistica in parti definite di territorio. I Piani di Coordinamento stabiliscono le direttive da seguire nel territorio individuato, in rapporto principalmente: a) alle zone da riservare a speciali destinazioni ed a quelle soggette a speciali vincoli o limitazioni di legge; b) alle località da scegliere come sedi di nuovi nuclei edilizi od impianti di particolare natura ed importanza e di livello territoriale e sovracomunale; c) alla rete delle principali linee di comunicazione stradali, ferroviarie, elettriche, navigabili esistenti e in programma (portualità, ferrovie locali, strade intercomunali, ecc.); I compiti e gli ambiti territoriali del PTC sono stati comunque meglio definiti dalla legge 142/90 (Ordinamento delle Autonomie Locali, oggi abrogata dal Testo Unico sull’Ordinamento delle Autonomie Locali DL 267/2000) che ha dato nuovo impulso a questo strumento urbanistico poco utilizzato e individuando nelle Province gli enti che lo devono redigere.

  9. PTC della Provincia di Bologna

  10. PTC della Provincia di Napoli

  11. Legge 1150/42 Il Piano Regolatore Generale Interessa la totalità del territorio comunale, indica essenzialmente: 1) la rete delle principali vie di comunicazione stradali, ferroviarie e navigabili e dei relativi impianti; 2) la divisione in zone del territorio comunale con la precisazione delle zone destinate all’espansione dell’aggregato urbano e la determinazione dei vincoli e dei caratteri da osservare in ciascuna zona; 3) le aree destinate a formare spazi di uso pubblico o sottoposte a speciali servitù; 4) le aree da riservare ad edifici pubblici o di uso pubblico nonché ad opere ed impianti di interesse collettivo o sociale; 5) i vincoli da osservare nelle zone a carattere storico, ambientale, paesistico; I piani urbanistici, e quelli comunali in particolare, utilizzano tre di tipi di linguaggio: verbale, visivo, numerico e sono composti da una parte grafica (tavole di analisi e di progetto) e da una parte testuale (relazione, norme tecniche per l’attuazione del piano)

  12. Il “linguaggio” del piano regolatore, quindi, è costituito essenzialmente da due elementi: nel disegno di massima della rete delle infrastrutture per il trasporto (linee ferroviarie e, soprattutto, viabilità carrabile) e nella suddivisione del territorio dell’ambito interessato (per esempio, il territorio comunale, oppure la città esistente e le zone di espansione) in “zone”, ciascuna caratterizzata da specifiche caratteristiche funzionali e fisiche, definite attraverso parametri e indici. Si tratta della procedura tecnica cosiddetta della “zonizzazione”, alla quale la pianificazione urbanistica ha tradizionalmente fatto ricorso e della quale ancor oggi generalmente ci si avvale. La procedura consiste sostanzialmente nell’attribuire a ciascuna zona, in cui viene articolato il territorio, particolari “destinazioni d’uso” e particolari quantità e tipologie di edificazione.

  13. PRG di Roma

  14. PRG di Napoli

  15. Legge 1150/42 Piano Particolareggiato Il piano regolatore generale è attuato a mezzo di piani particolareggiati di esecuzione nei quali devono essere indicate le reti stradali e i principali dati altimetrici di ciascuna zona e debbono inoltre essere determinati : - le masse e le altezze delle costruzioni lungo le principali strade e piazze; - gli spazi riservati ad opere od impianti di interesse pubblico; - gli edifici destinati a demolizione o ricostruzione ovvero soggetti a restauro o a bonifica edilizia; - le suddivisioni degli isolati in lotti fabbricabili secondo la tipologia indicata nel piano; - gli elenchi catastali delle proprietà da espropriare o da vincolare; - la profondità delle zone laterali a opere pubbliche, la cui occupazione serva ad integrare le finalità delle opere stesse ed a soddisfare prevedibili esigenze future. Piano Regolatore Intercomunale Programma di Fabbricazione

  16. Programma di Fabbricazione del Comune di Sarno

  17. Legge 167/62 È orientata ad “agevolare l’acquisizione delle aree da destinare all’edilizia economica e popolare”, si introducono i piani per l’edilizia economica e popolare (e gli analoghi piani per gli insediamenti produttivi). Le previsioni di questa Legge si attuavano attraveso i Peep (Piano di Edilizia Economica e Popolare): le aree in esso comprese venivano preliminarmente espropriate ed urbanizzate dal comune, il quale le cedeva poi, in proprietà o in uso, a determinati soggetti abilitati a realizzare edilizia “di tipo economico e popolare”: enti pubblici, cooperative, singoli soggetti beneficiari di contributi o agevolazioni pubbliche, imprese di costruzione. Da un punto di vista urbanistico, i Peep sono, sostanzialmente, di piani esecutivi, o attuativi.

  18. Legge 765/67 e DM 1444/68 La legge 765, nota come legge-ponte, fu emanata per porre un freno agli abusi edilizi, con nuove sanzioni, per incentivare la formazione dei piani comunali e, soprattutto, per articolare il contenuto di questi piani attraverso una serie di accorgimenti tra cui i cosiddetti “standard”. Il DM 1444 dà attuazione alla legge 765 e definisce e fissa alcuni limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi di spazi destinati ad attrezzature di interesse pubblico. In particolare: Per gli insediamenti residenziali, i “rapporti massimi” tra costruito e spazi pubblici di cui all’art. 17 della legge n. 765, sono fissati in misura tale da assicurare per ogni abitante – insediato o da insediare – la dotazione minima, inderogabile, di mq. 18 per spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio, con esclusione degli spazi destinati alle sedi viarie. Tale quantità complessiva è ripartita, di norma, nel modo appresso indicato: a) mq 4,50 di aree per l’istruzione: asili nido, scuole materne e scuole dell’obbligo; b) mq 2 di aree per attrezzature di interesse comune: religiose, culturali, sociali, assistenziali, sanitarie, amministrative, per pubblici servizi (uffici postali, protezione civile, ecc.) ed altre; c) mq 9 di aree per spazi pubblici attrezzati a parco e per il gioco e lo sport, effettivamente utilizzabili per tali impianti con esclusione di fasce verdi lungo le strade; d) mq 2,50 di aree per parcheggi: tali aree – in casi speciali – potranno essere distribuite su diversi livelli.

  19. Legge 765/67 e DM 1444/68 I limiti inderogabili devono essere definiti per zone territoriali omogenee: A) agglomerati di interesse storico e di pregio ambientale; B) Zone parzialmente o totalmente edificate diverse dalle A; C) Zone di nuova espansione in aree prive di strutture urbane; D) Nuovi insediamenti a carattere industriale; E) Parti del territorio destinate ad uso agricolo; F) Attrezzature ed impianti di interesse generale. I rapporti degli standard devono sempre essere assicurati nelle zone territoriali C (quelle destinate a nuovi complessi insediativi, che risultano inedificate o nelle quali la edificazione preesistente non raggiunga i limiti di superficie e densità del 12.5% della superficie fondiaria della zona e nelle quali la densità territoriale non sia superiore a 1,5 mc/mq. Per le altre zone (A,B,D,E,F) ci possono essere delle deroghe se si dimostra l’impossibilità di attenersi agli standard previsti dal decreto.

  20. Legge 10/77 (Norme in materia di edificabilità dei suoli) Elementi fondamentali: - nuovo regime dei suoli (separazione del diritto di proprietà del suolo dallo jus aedificandi), e introduzione dell’istituto della concessione edilizia; - nuove e più severe misure per la repressione degli abusi edilizi; - Programmi pluriennali di attuazione In particolare i PPA restituiscono importanza al tema della “programmazione” nel tempo degli interventi. Questi programmi, infatti, non sono dei “piani” ma dei provvedimenti amministrativi che – sulla base dei piani urbanistici esistenti (generali o esecutivi)e delle risorse finanziarie disponibili o previste – fa delle scelte di priorità, stabilendo gli interventi da realizzare nel periodo considerato (dai 3 ai 5 anni).

  21. Legge 457/78 (Norme per l’edilizia residenziale) Elementi fondamentali: La legge rappresenta, tra le altre cose, una risposta organica ai problemi normativi sul recupero edilizio del patrimonio esistente, attraverso: • l’istituzione dei Piani di Recupero. Con essi i Comuni individuano, nell’ambito del proprio Piano Regolatore o del Programma di Fabbricazione le aree che dovranno essere sottoposte a recupero edilizio e/o urbanistico. A differenza dei Programmi Pluriennali Attuazione, il Piano di Recupero ha una vera e propria natura di piano, di piano particolareggiato. Anche i privati possono presentare un Piano di Recupero se essi hanno almeno i 3/4 del valore degli immobili. • L’introduzione (art. 31, ora anche art.3 Dpr 380/2001) delle categorie di intervento per il recupero edilizio: • a) Manutenzione ordinaria • b) Manutenzione straordinaria • c) Restauro e risanamento conservativo • d) Ristrutturazione edilizia • e) Ristrutturazione urbanistica

  22. Legge 47/85 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia) Legge 724/94 (Misure di razionalizzazione delle finanza pubblica) DL 2 ottobre 2003, n. 269 convertito in legge 24 novembre 2003, n. 326 (Norme in materia di sviluppo dell'economia e di correzione dei conti pubblici) D.P.R. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) Si tratta di uno strumento autonomo della disciplina edilizia che, in precedenza, era in parte inglobata nella legislazione urbanistica o articolata in leggi riguardanti i singoli aspetti tecnici

  23. I piani di settore (o specialistici) Piano Paesistico Piano del Parco Piano di Bacino

  24. Il Piano Paesistico Legge 431/85 (Legge Galasso) DL 490/99 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali) Convenzione Europea del Paesaggio (Firenze, 20 ottobre 2000) DL 42/2004 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) A cominciare dalla legge Galasso viene introdotto il principio della tutela diffusa, vincolando ope legis una serie di beni predefiniti valutati nella loro globalità di valenze naturali e culturali. Questo principio viene messo in discussione, però, dal DL 42/2004, che ne prevede la validità solo fino all’approvazione dei Piani Paesistici.

  25. DL 42/2004 Articolo 142Aree tutelate per legge 1. Fino all'approvazione del piano paesaggistico ai sensi dell'articolo 156, sono comunque sottoposti alle disposizioni di questo Titolo per il loro interesse paesaggistico:a) i territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i terreni elevati sul mare;b) i territori contermini ai laghi compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati sui laghi;c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11 dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini per una fascia di 150 metri ciascuna;d) le montagne per la parte eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e 1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per le isole;e) i ghiacciai e i circhi glaciali;f) i parchi e le riserve nazionali o regionali, nonche' i territori di protezione esterna dei parchi;g) i territori coperti da foreste e da boschi, ancorche' percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'articolo 2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;h) le aree assegnate alle università agrarie e le zone gravate da usi civici;i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448;l) i vulcani;m) le zone di interesse archeologico individuate alla data di entrata in vigore del presente codice.

  26. PUT – Piano Urbanistico Territoriale della Penisola Sorrentino-Amalfitana

  27. Crisi del modello attuale di piano • Carattere “generale” del piano; • dall’espansione alla “trasformazione” della città • rigidità (difficoltà di varianti, prescrittivo, poca partecipazione e concertazione nella sua formazione, utilizzo della tecnica dello zoning, ecc.); • pensato con un modello “espropriativo” per acquisire la aree necessarie per i servizi pubblici e per l’espansione della città; • iniquo. In particolare per quanto riguarda il cosidetto “doppio regime dei suoli”, tra aree da destinare ad uso pubblico (penalizzate) e aree da destinare ad uso privato. Con la sentenza 55/1968 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità della durata illimitata dei vincoli urbanistici, il cui termine fu fissato in cinque anni da un legge successiva.

  28. Le tre vie del piano: • piani che si pongono nel solco della tradizione e fanno riferimento alla legge 1150/42; • piani di “riforma” redatti in base a leggi regionali che hanno fatto propri gli assunti avanzati dall’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) e che fanno riferimento anche ad altre, e più mature, esperienze europee; • la via della sostituzione dei piani o della deroga con altri strumenti e “programmi”.

  29. L’innovazione: il piano riformato Nel 1995 l’INU (Istituto Nazionale di Urbanistica) elabora un nuovo modello di piano urbanistico sdoppiato in due componenti: una di media durata, (dieci, quindici anni) cosiddetta strutturale e che definisce gli obiettivi generali che si vogliono perseguire, in una visione complessiva del futuro assetto urbanistico della città; e una, operativa, di breve durata (5 anni) corrispondente sia al mandato del sindaco (“piano del sindaco”) sia al periodo di validità dei vincoli urbanistici.

  30. Il Piano Strutturale • Il Piano Strutturale si muove attorno ad alcuni principi, comuni alle diverse normative regionali: • indica le grandi scelte urbanistiche, gli obiettivi generali e di lungo periodo. In particolare: le previsioni per la mobilità (viabilità e trasporti pubblici); quelle ambientali (i parchi, il verde urbano, le zone da tutelare, le aree agricole); le parti di città da conservare, quelle da riqualificare e quelle per nuovi interventi; • Il Piano Strutturale non ha effetti conformativi dei diritti dei proprietari, non appone vincoli, tranne quelli “ambientali “(non indennizzabili); • superamento del modello attuativo a carattere espropriativo del Prg. Modello iniquo, improduttivo e costoso. Favorire, quindi forme di perequazione che tendano ad annullare il “doppio regime dei suoli” e a favorire, invece, un uguale trattamento di tutte le proprietà coinvolte nei processi di trasformazione urbana, che si trovano, in teoria, nelle stesse condizioni di fatto e di diritto; • i programmi complessi (Pru, Pii, ecc.) possono meglio interagire con il Piano Strutturale, in una circolarità virtuosa tra piano e programmi, in relazione agli interventi sia sulla città esistente, sia in aree di frangia e di tessuto urbano diffuso.

  31. Piano Strutturale di Siena

  32. INNOVAZIONE E LEGISLAZIONI REGIONALI Il Piano Operativo • Si muove all’interno degli indirizzi tracciati dal Piano Strutturale e riguarda le trasformazioni urbanistiche e le opere pubbliche che un amministrazione comune (o il Sindaco) intendono realizzare nel quinquennio del mandato; • gli interventi sono concertati con quelli previsti dal programma comunale delle opere pubbliche; • definisce nel dettaglio le previsioni del Piano Strutturale (un parco, una strada, ecc.) • sceglie le modalità pubbliche o private di attuazione degli interventi; • quantifica e attribuisce i diritti edificatori alle diverse aree secondo i principi della “perequazione urbanistica”.

  33. Piano Operativo di Modena

  34. LE LEGGI REGIONALI URBANISTICHE L.R. 5/95 (Regione Toscana) L.R. 23/99 (Regione Basilicata) L.R. 38/99 (Regione Lazio) L.R. 20/00 (Emilia Romagna) L.R. 20/01 (Regione Puglia) L.R. 11/04 (Regione Veneto) L.R. 16/04 (Regione Campania) L.R. 1/05 (Regione Toscana)

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