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Storia economica dell’età contemporanea, 2013-2014

Storia economica dell’età contemporanea, 2013-2014. Sviluppo e instabilità economica: l’Europa dalla ricostruzione postbellica al XXI secolo. Argomenti principali e una scansione cronologica.

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Storia economica dell’età contemporanea, 2013-2014

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Presentation Transcript


  1. Storia economica dell’età contemporanea, 2013-2014 Sviluppo e instabilità economica: l’Europa dalla ricostruzione postbellica al XXI secolo.

  2. Argomenti principali e una scansione cronologica • La riflessione sull’esperienza della crisi e della recessione degli anni 1930. L’influenza di J. M. Keynes. • Il lascito della seconda guerra mondiale: rapporti finanziari ed economici internazionali; la supremazia USA; nuovi orizzonti produttivi. • La ricostruzione postbellica (1945-1950). • I miracoli economici (1955-1964). • L’integrazione economica e finanziaria internazionale • La crescente instabilità del sistema internazionale dei pagamenti tra la seconda metà degli anni 1960 e il 1973. • 15 anni di difficoltà e ristrutturazioni (1971-1985); la svolta neoliberista e monetarista e la crisi fiscale degli stati • Un nuovo slancio e i progressi di un sistema globale (1985-1995).

  3. Testi di riferimento 1 (1) Barry Eichengreen, La nascita dell’economia europea. Dalla svolta del 1945 alla sfida dell’innovazione, Il Saggiatore, Milano, 2009; (2) Andrew Glyn, Capitalismo scatenato. Globalizzazione, competitività e welfare, Francesco Brioschi editore, Milano, 2007 Il primo testo affronta la questione della specificità dell’esperienza europea in campo economico-sociale, cercando di stabilire se ci sia una relazione tra questa e il rallentamento economico che interessa l’Europa più degli USA fra i paesi sviluppati. Il secondo si concentra sulla svolta in campo economico e di politica economica intervenuta dagli anni 80. Dedica attenzione alle trasformazioni dell’offerta di lavoro e alle nuove relazioni di lavoro, alla concentrazione della ricchezza.

  4. Testi di riferimento 2 (3) a scelta, una delle tre monografie seguenti: • Manuel Castells, Volgere di millennio, Milano, EGEA, 2003 [20082]. • Luciano Gallino, Finanzcapitalismo. La civiltà del denaro in crisi, Torino, Einaudi, 2011. • David Harvey, Breve storia del neoliberismo, Milano, Il Saggiatore, 2007. • Richard A Posner, Un fallimento del capitalismo. La crisi finanziaria e la seconda Grande depressione, Torino, Codice edizioni, 2011. • Daniel Yergin, Joseph Stanislaw, La Grande guerra dell’economia (1950-2000). La lotta tra Stato e imprese per il controllo dei mercati, Milano, Garzanti, 2000.

  5. Due guerre mondiali e due dopoguerra • La gestione economica e finanziaria della prima guerra mondiale aveva rappresentato una novità che aveva colto pressoché del tutto impreparatistati e operatori economici. • Altrettanto era stato per il difficile dopoguerra e la gestione di una fase di drammatica instabilità economica, sociale e politica che aveva interessato tutta l’Europa. • L’esperienza compiuta nella prima guerra e nel dopoguerra sono largamente utilizzate nella seconda e nel suo dopoguerra per evitare gli errori che avevano favorito (1) l’instabilità valutaria e (2) la drastica riduzione dei rapporti economici e finanziari internazionali durante la grande crisi e la depressione degli anni Trenta.

  6. Nuovi obiettivi e strumenti di politica economica. Viene anche attentamente valutata l’esperienza • del ristagno economico sofferto già negli anni 1920 da paesi come UK e Italia a causa di politiche di cambio errate (rivalutazioni eccessive); • e soprattutto quella della gravissima recessione degli anni 30 e delle soluzioni che avevano consentito in alcuni sistemi economici di limitare i guasti. Le lezioni tratte dagli anni 30 portano a elaborare nuovi indirizzi di politica economica. Vengono diffusamente applicate da amministrazioni statali ormai investite di ampie responsabilità in campo economico misure di stabilizzazione congiunturale mediante (1) politiche monetarie (ed eventualmente fiscali) e (2) politiche di investimento per favorire la ricostruzione e l’occupazione.

  7. L’ispirazione keynesiana nelle politiche economiche Le proposte di John MaynardKeynes si erano affermate nel mondo accademico anglosassone. L’affermazione fu accompagnata dal ruolo inedito che gli economisti svolsero come consulenti dei governi di UK, Canada e USA durante la guerra. Inoltre vi contribuì il grande prestigio che lo stesso Keynes aveva acquisito per doti personali e grazie al suo ruolo: • nel dibattito politico e culturale fra le due guerre; • come consigliere del primo ministro e della Treasury britannica dal 1939; • come principale negoziatore internazionale per il governo britannico tra 1941 e 1944. Lentamente e in modo non omogeneo, esse ispirarono i responsabili della politica economica anche degli stati europei continentali.

  8. L’evoluzione delle concezioni di Keynes: un cenno Keynes rivolse particolare attenzione ai problemi monetari per tutta la prima parte della sua attività, da Indian currency al Treatise on money. Negli anni 20, in disaccordo con la maggior parte degli economisti contemporanei, propose di stabilizzare i prezzi interni piuttosto che i cambi, e di frenare l’inflazione ma evitando una rigorosa deflazione. Da metà anni Venti concentrò particolarmente la sua attenzione sul rapporto tra tasso d’interesse e investimenti, mentre raccomandava politiche di sostegno all’occupazione attraverso lavori pubblici, come sostenevano Lloyd George e il partito liberale britannico nella campagna elettorale del 1929. Partecipò attivamente alle discussioni sulla dole e polemizzò con la Treasury, secondo cui bisognava contrarre la spesa pubblica per superare le difficoltà dell’economia britannica (1929-1931), nella convinzione che ciò che lo stato spendeva era sottratto alle risorse del settore privato. Nel 1936 pubblicò la sua opera più innovativa, The general theory of employment, interest and money.

  9. Le scuole keynesiane • La General theory proponeva ricette innovative per la politica economica in condizioni di parziale impiego delle risorse disponibili (disoccupazione diffusa e sottoutilizzo della capacità produttiva degli impianti) e presupponeva un approccio non ortodosso all’esigenza di stimolare l’economia. Ma Keynes preferì agevolare l’affermazione delle sue idee inserendole in un quadro analitico familiare agli economisti formatisi nel quadro teorico dell’economia neoclassica. • Non le sviluppò ulteriormente perché colpito da un attacco di cuore e poi assorbito dalla collaborazione con la Treasury e il governo fino al 21 aprile 1946. Solo in How to pay for the war (1940) affrontò il problema dell’inflazione in condizioni di pieno impiego, questione diventata molto rilevante negli anni 60. • Nel dopoguerra riuscì facilmente a prevalere un’interpretazione del pensiero di Keynes che trascurava il potenziale più innovativo delle sue analisi sull’instabilità finanziaria. Questo è l’indirizzo dominante fino agli anni 1970 in USA e UK. .

  10. Il lascito della guerra: le distruzioni nei territori occupati dalla Germania I paesi direttamente o indirettamente coinvolti nella guerra passano per esperienze anche molto diverse, a cominciare dalla natura e dall’entità delle sollecitazioni a cui la guerra sottopone le loro strutture economiche e sociali, eventualmente in conseguenza del rapporto con la Germania. I paesi dell’Est occupati sono saccheggiati per consentire un livello di vita relativamente alto alla popolazione tedesca e limitare il suo coinvolgimento nello sforzo produttivo di guerra. È limitato al massimo l’impiego di donne tedesche nel lavoro industriale. In Polonia viene distrutto il 62% dell’industria e 84% delle infrastrutture; fu ucciso il 16,7% della popolazione. I danni sono il 350% del reddito naz. 1938. In URSS risultano distrutte 17m città e 70m villaggi. 25 mln di morti; 1/3 della ricchezza nazionale distrutto. Con l’Europa occidentale la Germania cerca l’integrazione.

  11. Il lascito della guerra: le distruzioni derivanti dalla resistenza tedesca alla controffensiva alleata. • Secondo il governo francese il paese perse in guerra il 45% della ricchezza nazionale. • In Italia la perdita era stimata di 1/3 della ricchezza. • Alla fine del conflitto in Germania risulta danneggiato o distrutto il 90% del patrimonio residenziale. • L’apparato produttivo però è solo parzialmente distrutto, anche se non riesce ad essere immediatamente riattivato. Le infrastrutture sono pesantemente danneggiate dai bombardamenti. • Durante l’occupazione militare sovietica, a titolo di riparazioni viene trasferito in URSS una parte consistente dell’apparato produttivo industriale, dei mezzi di trasporto e del bestiame. Il trattato di Potsdam trasferisce a URSS beni e investimenti tedeschi in Ungheria e Romania. • Riparazioni all’URSS sono previste per Bulgaria, Romania e Ungheria. Riparazioni devono essere pagate anche a Cecoslovacchia (dall’Ungh.), Grecia e Jugoslavia (dalla Bulgaria).

  12. Morti complessive in relazione alle perdite di guerra (000 omessi).

  13. Altre conseguenze demografiche della seconda guerra mondiale • La mobilitazione e le perdite militari modificano il rapporto quantitativo fra i sessi in molti popoli. In particolare nell’URRS. Calano drammaticamente i tassi di matrimonio e di fertilità durante il conflitto. • A guerra conclusa, però, la ripresa è piuttosto rapida. Si verifica in diversi paesi (a cominciare dagli USA) un baby boom capace diinfluirefortemente sulla disponibilità di popolazione attiva alla fine degli anni 1950 e agli inizi degli anni 60. • I movimenti di popolazione connessi alla guerra si ripercuotono sulla composizione etnica e sulla mescolanza di nazionalità in molte regioni, creando un potenziale di tensioni e conflitti politico-sociali che si trascinano a lungo. Condizionano pesantemente la gestione della politica in alcuni stati. L’es. principale: i profughi dei Sudeti nella RFT.

  14. Gli spostamenti di popolazione: i profughi [000]

  15. Il lascito della guerra: lo stimolo a crescere in paesi non industrializzati I paesi produttori di materie prime e i paesi coinvolti come retrovie del conflitto in Asia, Australia e Medio Oriente ricevono un forte impulso alla crescita perché favoriti dalle spese degli alleati. Il reddito monetario insolitamente alto creato da esportazioni verso i belligeranti e/o dalla spesa di truppe stanziate sul loro territorio fornisce abbondanti risorse valutarie. Raramente possono essere spese immediatamente. Soprattutto i conti in £ (i più consistenti) sono bloccati dalle disposizioni valutarie britanniche. La chiusura del mercato internazionale favorisce l’avvio di produzioni manifatturiere locali prima difficili a causa della concorrenza di economie industriali. I benefici ottenuti non sono permanenti. La capacità di sfruttarli per consolidare l’economia dei paesi interessati è raramente riscontrabile. V. l’es. dell’Argentina. Gli USA consolidano il loro primato economico e finanziario mondiale.

  16. Il commercio estero USA, 1939-1945 [mln $]

  17. L’erogazione degli aiuti USA durante la seconda guerra mondiale Nel concedere aiuti ai paesi impegnati nella guerra contro Germania e Italia l’amministrazione Roosevelt è vincolata da 2 leggi, frutto del forte isolazionismo che caratterizza il Congresso. Sono • il Johnson Act varato a metà anni 20 per vietare crediti a chi non avesse rimborsato i debiti della prima guerra mondiale; • i Neutrality Acts varati nel 1936-37 per impedire il coinvolgimento degli USA in guerre. Stabiliscono che eventuali forniture a paesi belligeranti devono essere fatte sulla base del pagamento in contanti; e vietano l’impiego di navi americane nel trasporto. • La grave situazione della Gran Bretagna che si profila dal maggio 1940 fa auspicare a Roosevelt il superamento delle limitazioni poste dal Congresso. • Nel marzo 1941, dopo un approfondito dibattito parlamentare che serve a far accogliere il principio dell’appoggio economico ai nemici dell’Asse, è approvato il Lend lease Act. Il presidente può fornire mezzi ritenuti indispensabili allo sforzo di guerra; valuterà a sua discrezione a quali condizioni finanziarie. • Varata la legge, il Dipartimento di Stato cerca di scambiare forniture contro basi militari (specie in Centro America).

  18. Gli aiuti lend-lease degli USA agli alleati, importi mensili tra il gennaio 1943 e il giugno 1945 e valore cumulativo dal marzo 1941 [mln. $].

  19. La tenuta della produzione tedesca di armamenti fino all’ultima fase della guerra. Indice della produzione di armamenti, 1° bimestre 1942=100

  20. La guerra stimola l’incremento dello stock di macchine utensili di 5 paesi belligeranti, 1938-45 (000 di unità]

  21. Le conseguenze finanziarie della guerra: debiti pubblici, scarsità di riserve, inflazione. Per molti stati la guerra produce un netto peggioramento della bilancia dei pagamenti; alcuni sono appesantiti da un consistente debito estero (per es. UK: £ 16 mld). Praticamente in tutti i paesi coinvolti la guerra lascia una pesante eredità in termini di spinte inflazioniste. O perché la spesa pubblica ha incrementato enormemente la liquidità dei sistemi economici o perché i saldi attivi delle bilance dei pagamenti hanno avuto conseguenze simili, anche se di portata più contenuta. L’inflazione può avere un forte impatto sulle società; può risultarne una forte disorganizzazione economica, per esempio cancellando la capacità di finanziare nuovi investimenti (dopo una fase iniziale in cui, invece, può favorirli). L’inflazione modifica profondamente la ripartizione dei patrimoni e sollecita comportamenti molto destabilizzanti a quanti cercano di mettersi al riparo dalle sue conseguenze per redditi e patrimoni. Sono quasi generali gravi carenze di approvvigionamenti alimentari, aggravate da cattivi raccolti. La produzione agricola europea nel 1945 è 50% del 1938; quella industriale del 33%. La carenza di merci aggrava le spinte inflazioniste. La ripresa commerciale è gravemente ostacolata dal Dollar gap. Esso è aggravato dalla revoca dell’Accordo Lend lease il 15.8.1945che si chiude con l’erogazione di $ 42 mld, tra marzo 1941-giugno 1945, 89% merci; ca. 50% a UK e Impero.

  22. La flotta mondiale in 000 t, 1939-1947. Una distribuzione per stati che aumenta le difficoltà delle bilance dei pagamenti dei paesi debitori

  23. L’eredità tecnica della guerra: qualche esempio. Esiti principali: ricerca dell’efficienza; abbattimento dei costi; diversificazione e ampliamento dell’offerta Agricoltura: meccanizzazione e concimi; riduzione degli addetti. Siderurgia: i laminati di acciaio. Metallurgia: l’alluminio. Meccanica ed elettromeccanica: prodotti più numerosi e sofisticati; accentuazione della standardizzazione produttiva. Trasporti: nuove tecniche produttive per le navi (standardizzazione e saldatura); trasformazione degli aerei e del loro processo di costruzione. Sviluppo della logistica. Chimica: la conversione al petrolio come componente decisiva della produzione energetica e come materia prima. I prodotti sintetici (gomma e benzina, nylon, teflon). I medicinali (sulfamidici; trasfusioni di sangue). Elettronica: comunicazione a distanza e strumenti di rilevazione. La produzione di nuovi strumenti di calcolo. Progressivo controllo sulla reazione nucleare e la trasposizione dall’impiego militare alla produzione di energia. Da produzioni limitate e costose a processi industriali. Crescente sofisticazione del controllo dei processi di produzione e delle innovazioni gestionali, riprendendo le tecniche di direzione aziendale concepite negli USA e le soluzioni istituzionali sperimentate nelle grandi imprese americane.

  24. Ricostruzione economica e riqualificazione produttiva. L’industrializzazione come strumento di sviluppo e di costruzione nazionale Forte esigenza di industrializzazione per garantire un livello di reddito più elevato (1) nei paesi già industrializzati (ma preoccupati di combattere la disoccupazione che minaccia la stabilità sociale) e (2) in quelli non industrializzati. Si vuole rimediare alle distruzioni e riqualificare sistemi produttivi rimasti separati dal flusso di rinnovamento tecnologico più recente perché le restrizioni valutarie avevano ostacolato la loro acquisizione. La spinta all’industrializzazione é collegata alla formazione di stati indipendenti partendo da paesi che erano stati a lungo colonie o comunque subordinati, politicamente ed economicamente, a potenze europee (UK, Olanda, Belgio e Francia). Diversi paesi dell’Asia, già colpiti dalla drammatica caduta delle esportazioni negli anni 20 e 30, che era stata aggravata da un’evoluzione a loro danno delle ragioni di scambio, diventano finalmente indipendenti. L’industrializzazione é in diversi casi un mezzo per costruire le basi politiche dei nuovi stati: l’avvio di politiche di sviluppo, favorisce il consolidamento di borghesie nazionali e il varo di campagne di lotta alla miseria. Simile la situazione europea, secondo Alan Milward: così si supera la crisi degli stati evidenziata dallo scoppio della guerra e dal suo primo tempo.

  25. L’industrializzazione dei nuovi stati socialisti In Europa dell’Est e in URSS, più tardi in Cina, l’industrializzazione è strumento di trasformazioni strutturali che devono consentire l’indipendenza nazionale e l’organizzazione di un’economia socialista. Si adotta in quasi tutti i paesi la pianificazione centralizzata che ricalca quella varata in URSS nel 1928: (1) rigida e volontarista anziché attenta alle compatibilità di una crescita integrata dei diversi settori produttivi. (2) Si assume che i prezzi non debbano essere in relazione con i costi. (3) Non ci si preoccupa di trovare mezzi per adattare offerta e esigenze espresse dalla domanda. (4) E di assicurare la qualità delle merci. Prevale il criterio di raggiungere gli obiettivi quantitativi fissati dal piano, senza attenzione per l’efficienza nell’impiego delle risorse. Si mette molto impegno nelle produzioni di base funzionali all’incremento degli investimenti e alla difesa. Si trascura la produzione di beni di consumo e l’edilizia residenziale (dove fanno premio criteri di costruzione che mirano soprattutto alle economie di scala). L’agricoltura presenta livelli di produzione spesso inadeguati, come in URSS, dopo la collettivizzazione. L’integrazione economica è limitata alle economie socialiste e viene gestita spesso come strumento delle alleanze politico-militari nel “blocco sovietico”. Non necessariamente con vantaggio economico per l’URSS.

  26. Ricostruzione economica e riqualificazione produttiva. L’articolazione delle industrie per settori e per dimensione I sistemi industriali sono diversi, ma per molto tempo la loro composizione ricalca modelli relativamente simili. I settori produttivi attivati riflettono (1) le risorse locali disponibili, (2) l’eventuale specifica capacità di specializzarsi in alcuni tipi di produzioni, (3) l’esistenza di sbocchi commerciali per i prodotti, sul mercato interno o su quello internazionale. I livelli di reddito influiscono perciò sui percorsi di industrializzazione. Ci sono industrie leggere e pesanti; industrie dei beni di consumo e industrie di base o di beni d’investimento. Richiedono strutture di gestione e quantità di capitale diversi. Anche il rapporto con il mercato è spesso molto diverso secondo i settori produttivi, e secondo che si producano beni di consumo venduti direttamente ai fruitori finali (condizione che garantisce flussi di cassa più pronti) o che si producano beni intermedi e beni d’investimento per altre imprese. Cartelli e intese sono utilizzati per rimediare alle rigidezze di produzioni dove sono decisive le di economie di scala. Piccola e grande impresa: sono legate da rapporti di complementarità e subordinazione; presentano modelli organizzativi diversi. La piccola impresa spesso vanta una maggiore flessibilità, mentre la grande può mobilitare maggiori risorse finanziarie e può risultare più dinamica nell’innovazione.

  27. Il ruolo economico dello stato nel dopoguerra: nuovi compiti, dilatazione della spesa, gestione della politica monetaria (1) Durante il conflitto i compiti economici dello stato nella produzione e distribuzione si dilatano. Comportano un appesantimento della spesa pubblica che solo in parte può essere affrontato, in economie di mercato, con incrementi del prelievo fiscale. Cresce l’indebitamento e cresce la creazione di liquidità attraverso emissioni di moneta fiduciaria che crea pressioni inflazionistiche (eventualmente nascoste da disposizioni restrittive su prezzi e distribuzione delle merci e dei servizi che sono adottate durante la guerra e possono durare nel dopoguerra). Le pressioni inflazionistiche comportano un’instabilità (più o meno accentuata) per gli assetti monetari dei diversi stati. Tendono a cancellare il valore reale delle posizioni debitorie, a cominciare da quella dello stato. L’onere del debito pubblico cala, se non viene ulteriormente alimentato, mentre l’inflazione erode il potere d’acquisto della moneta. Purché il debito abbia una struttura che non comporta il continuo rinnovo dei titoli a tassi d’interesse crescenti.

  28. Il ruolo economico dello stato nel dopoguerra: nuovi compiti, dilatazione della spesa, gestione della politica monetaria (2) • La transizione del dopoguerra, nonostante le pressioni per ridimensionare l’azione dello stato (garanzia di contenimento della pressione tributaria) richiede però di confermarla per la ricostruzione di infrastrutture, per interventi di stabilizzazione sociale, eventualmente per la riconversione dell’apparato produttivo. L’accentuata propensione egualitaria che accompagna l’esperienza di guerra porta ad attribuire alle amministrazioni statali maggiori compiti di tipo ridistributivo e previdenziale. • Inoltre si accelera nel 1945-46, cominciando in Asia, il processo di decolonizzazione; provoca reazioni diverse da parte degli stati dominanti, ma impone spese: per contrastare militarmente la decolonizzazione o per reinserire i colonizzatori costretti al rientro in patria. In Africa un processo simile si avvia nei primi anni 1950. • Continua a lungo, anche nei paesi ad economia di mercato, il coinvolgimento diretto delle amministrazioni statali nella gestione dell’economia (v. ERP). Le nazionalizzazioni, motivate richiamandosi all’efficacia economica e/o alla giustizia sociale, sono ricorrenti in diversi paesi occidentali. Si prolungano inoltre nel dopoguerra, pur fra tensioni e discussioni, scelte di partecipazione diretta dello stato all’attività produttiva compiute negli anni 1930, come in Italia. Indipendentemente dall’estensione delle economie pianificate di tipo socialista o comunista.

  29. Riallineamento dei cambi, applicazione di cambi rigidi e relativa stabilità dei prezzi: le acquisizioni del sistema di Bretton Woods per le economie dell’Europa occidentale. • Condizioni specifiche permettono di limitare fortemente le spinte inflazionistiche nei paesi dell’Europa occidentale dopo le sistemazioni monetarie che intervengono fra 1947 e 1949, grazie anche al sistema di parità di cambio relativamente rigide emerso dal trattato di Bretton Woods. • Il trattato crea un nuovo sistema di rapporti finanziari internazionali, frutto di un articolato progetto di profonda riorganizzazione elaborato durante la seconda guerra mondiale. • Esso è il risultato di una dura contrattazione fra i 2 paesi che disponevano delle principali monete usate come mezzo di pagamento internazionale alla vigilia della seconda guerra mondiale: £ e $.

  30. Bretton Woods è parte di un nuovo assetto istituzionale internazionale imperniato sull’azione di organismi sovranazionali; i membri condividono un patrimonio politico-ideale. Diversamente dal 1919, il governo USA sceglie di impegnarsi formalmente nell’assetto politico del mondo uscito dalla seconda guerra mondiale. Prima tappa l’Atlantic Charter firmato il 1.1.1942 da Cina, UK, USA e URSS (cui si aggiungono 22 altri joint declarers e 19 altri firmatari che ne accettano gli impegni). Compare la definizione Nazioni Unite. 30.10.1943, a Mosca, dichiarazione delle 4 potenze conferma gli impegni del gennaio 1942. Conferenza di Dumbarton Oaks 21.8-28.9.1944, 28.9-7.10.1944: 39 paesi elaborano il quadro di un’organizzazione di sicurezza mondiale sulla base della dichiarazione delle 4 potenze. Linee guida delle Nazioni Unite (Assemblea e Consiglio), del loro Segretariato, della Corte internazionale di giustizia. L’URSS avrà 17 seggi? Conferenza di San Francisco, 25.4-26.6.1945: 50 stati partecipano alla Conferenza delle Nazioni Unite sull’organizzazione internazionale. Firma dello UN Security Charter. Disaccordo con URSS (seggio Polonia; veto nel Consiglio di sicurezza). UNRRA (1945-1947). Bretton Woods: UN Monetary and Financial Conference, 1-22.7.1944: 44 stati. Funzionerà da dicembre 1945 con 22 aderenti. Banca Internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo.

  31. Gli scopi del FMI: l’art. 1 della carta istitutiva • Promuovere la cooperazione monetaria internazionale fornendo strumento di consultazione e collaborazione. • Facilitare espansione e crescita bilanciata del commercio internazionale, contribuendo a promuovere e mantenere un alto livello di occupazione e reddito reale e allo sviluppo delle risorse produttive di tutti i membri. • Promuovere la stabilità dei cambi, mantenere rapporti di cambio ordinati fra i membri ed evitare le svalutazioni competitive. • Aiutare a stabilire un sistema multilaterale di pagamenti nelle transazioni correnti fra i membri, eliminando le restrizioni sui cambi esteri che ostacolano la crescita del commercio mondiale. • Dare fiducia ai membri rendendo le risorse generali del Fondo temporaneamente disponibili con adeguate salvaguardie, per correggere squilibri della bilancia dei pagamenti senza ricorrere a misure che distruggano la prosperità nazionale e internazionale. • Abbreviare la durata e ridurre la portata degli squilibri di bilancia dei pagamenti dei membri. • Il fondo ha l’autorità legale di sovrintendere l’adeguamento dei membri di adeguarsi alle politiche economiche coerenti con gli obbiettivi del Fondo. E’ l’unico organismo al mondo con questo diritto.

  32. Il Fondo monetario internazionale (1) Deve consentire di risolvere alcune delle peggiori difficoltà emerse dopo la prima guerra mondiale nella riorganizzazione del sistema di pagamenti internazionali. Afferma il principio che le parità di cambio tra monete (1) possono fluttuare solo entro margini molto ristretti; (2) ogni modifica che si renda necessaria per rimediare a uno squilibrio strutturale della bilancia dei pagamenti di uno dei paesi aderenti deve essere autorizzato preliminarmente dal Fondo. Questo deve essere uno strumento sovranazionale (comprende inizialmente 44 stati membri) che ha come scopo favorire la collaborazione economica e finanziaria internazionale per evitare le svalutazioni competitive delle monete, spesso utilizzate negli anni 1930 per rimediare agli squilibri delle bilance dei pagamenti.

  33. Il Fondo monetario internazionale (2) • (3) I tassi di cambio definiti nel quadro del FMI devono essere armonizzati: la parità diretta tra lira e franco francese, per es. deve corrispondere alla parità che si otterrebbe se il passaggio da una all’altra moneta avvenisse tramite una terza valuta, per es. il dollaro. Questa pratica sposta i flussi commerciali spingendo a utilizzare di più una valuta. • (4) I tassi di cambio devono essere unici: non è permesso applicare tassi diversi a seconda del tipo di transazione a cui si riferiscono (v. lira e franco fr.). • (5) La moneta di riferimento internazionale è il dollaro degli Stati Uniti, ma le parità di cambio sono determinate in termini di once (o grammi) d’oro. Non c’è più circolazione monetaria in oro e il ricorso all’oro è limitato ai pagamenti internazionali in caso di necessità, utilizzando lingotti e non metallo monetato. Le diverse valute non sono in realtà convertibili direttamente in oro, tranne poche. Tra queste è fondamentale il $.

  34. Il modo di operare del Fmi (1) Il Fmi concede crediti ai paesi che ne hanno bisogno per assicurare la stabilità del proprio cambio. Sono crediti di importo limitato, sulla base della loro quota di partecipazione al capitale del Fondo, costituito da versamenti in monete nazionali integrate da una frazione in oro. Il credito deve essere restituito al massimo entro 2 anni. Il cumulo delle quote consente di concedere credito ai debitori per consentire di mettere in atto le misure necessarie all’assestamento delle rispettive bilance dei pagamenti. In linea di principio l’aggiustamento tocca prevalentemente ai debitori; viene tuttavia prevista una clausola che prevede eventualmente una correzione di parità e misure riequilibratrici da parte di un paese che risultasse strutturalmente creditore.

  35. Il modo di operare del Fmi (2) • Il fondo dispone di un capitale relativamente limitato: circa 8 mld. di $ quando diventa operativo. • Le decisioni vengono prese sulla base del numero di quote sottoscritte. Nella configurazione iniziale gli Stati Uniti dispongono di fatto di un diritto di veto perché dispongono della quota senza la quale non si ottiene la maggioranza qualificata necessaria per decidere. • Il Fondo sarà attivato quando i parlamenti degli stati membri avranno ratificato la decisione di aderirvi espressa dai firmatari dell’accordo del luglio 1944. Diventa operativo nel marzo 1947. • Non partecipano URSS, democrazie popolari, Svizzera, Portogallo e Nuova Zelanda.

  36. Crediti ottenuti dal Fmi come percentuale delle importazioni mondiali 1948-1992

  37. Fmi e movimenti di capitali (1) Già nelle trattative che preparano l’accordo di Bretton Woods emerge un giudizio negativo nei confronti dei movimenti internazionali di capitali, sulla base degli effetti destabilizzanti che avevano avuto nel corso degli anni 1920 e, in particolare, nella crisi finanziaria del 1930-1931. Gli ampi spostamenti di capitali, che hanno contribuito alla trasmissione internazionale della crisi, hanno (1) impedito agli stati di realizzare politiche monetarie stabili, (2) minacciato la stabilità dei cambi, (3) messo a rischio la stabilizzazione finanziaria. Non sarebbe possibile mobilitare riserve valutarie adeguate se, oltre alle risorse necessarie per le esigenze commerciali e le altre transazioni ordinarie, fosse necessario fronteggiare movimenti di capitali.

  38. Fmi e movimenti di capitali (2) • Serve un controllo preventivo sui movimenti di capitali: non devono cessare gli investimenti esteri, ma sono sottoposti al controllo degli stati e ad accordi internazionali. • Il Fmi recepisce e legittima sul piano internazionale tali controlli; essi attenuano il collegamento fra condizioni finanziarie interne e internazionali senza pregiudicare la stabilità del cambio. • Il mercato finanziario nell’immediato dopoguerra è di modesta entità: i controlli non entrano in conflitto con le esigenze degli operatori finanziari. • L’azione internazionale delle imprese è ancora relativamente ristretta.

  39. La Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo: uno strumento per favorire la crescita (1) Diventa operativa nel maggio 1946, ma il primo credito ($ 250 mln alla Francia) viene concesso nel maggio 1947. Ha come obiettivo a breve finanziare la ricostruzione; solo più tardi si occuperà di sviluppo. I primi esercizi vedono un impiego molto cauto e limitato delle risorse. Si tratta di una banca intergovernativa: è controllata dagli stati aderenti che forniscono il suo patrimonio e concede credito agli stati. Ottiene le risorse necessarie collocando obbligazioni sul mercato finanziario, prevalentemente New York. E offre garanzie sui crediti concessi da finanziatori privati. La cautela dimostrata dalla Banca riflette l’esigenza di ottenere un’alta notazione sul mercato per contenere il costo del collocamento delle obbligazioni. Finanzia progetti di investimento in infrastrutture e impianti che aumentino la capacità produttiva dei debitori e sceglie progetti che paiono redditizi. I crediti sono concessi per periodi lunghi, a tassi d’interesse dipendenti da quelli di mercato.

  40. La Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo: uno strumento per favorire la crescita (2) • Dopo la metà degli anni 1950 cresce l’attenzione per l’esigenza di finanziare lo sviluppo. Un progresso decisivo viene realizzato nel 1960 con la fondazione dell’International Development Association (IDA) che estende l’ambito operativo del “gruppo” della Banca al finanziamento di progetti agricoli, idrici, di educazione e formazione. L’IDA non valuta rigidamente la convenienza diretta dei progetti in cui investe come la Banca. A partire dalla presidenza Dell’ex segretario di stato USA Robert McNamara (1968-1979) il tema della lotta alla povertà e quello dello sviluppo diventano prevalenti. • La Banca si trasforma nel 1970 in Banca mondiale. Si specializza nell’erogazione di crediti a economie con basso livello di reddito pro capite. Condiziona i crediti all’elaborazione di progetti specifici, alla cui preparazione contribuisce fattivamente. Subordina i crediti anche a scelte di politica economica da parte degli stati debitori giudicate adeguate, contribuendo efficacemente alla costruzione di un indirizzo di politica economica più sensibile alla oculatezza e al rigore nella gestione dei finanziamenti che alle ricadute sociali delle scelte . • Negli anni 1980 svolge un ruolo importante nella gestione della crisi dei paesi debitori.

  41. Prestiti della Banca mondiale,1946-95: impegni medi annui in valore assoluto in $ correntie costanti (1995) e ripartizione geografica in %

  42. Prestiti della Banca mondiale,1946-95: ripartizione per settore e tipo di credito in %

  43. Legenda della tab. sui prestiti della Banca mondiale, 1946-1995.

  44. Istituzioni finanziarie internazionali attive dopo il 1945: BRI, Eximbank, banche internazionali regionali. • La Banca dei regolamenti internazionali venne fondata nel 1930 per curare i trasferimenti fra stati derivanti dalle riparazioni delle potenze sconfitte nella prima guerra mondiale e regolati in modo definitivo dal Piano Young del 1929. Ha svolto le funzioni di banca centrale delle grandi banche centrali, mantenendo i contatti fra loro anche durante la seconda guerra mondiale. Ha assunto un ruolo importante di raccolta di informazioni sui flussi finanziari e di punto di osservazione sui mercati finanziari. • La Import-Export Bank statunitense venne creata come società dall’amministrazione Roosevelt nel 1934 per concedere prestiti a operatori esteri allo scopo di agevolare le esportazioni dagli USA e sostenere l’occupazione. Nel 1945 fu trasformata in ente governativo per agevolare le esportazioni di operatori privati fornendo crediti e garanzie assicurative. • Oltre alla Banca mondiale si sono sviluppate altre banche regionali che finanziano programmi di sviluppo: in particolare la Asian Development Bank, dove prevale l’influenza della Bank of Japan; la Inter-American Development Bank, dove sono forti gli interessi dei paesi debitori; la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, impegnata nel sostegno dei paesi dell’Europa dell’Est.

  45. Il Piano Marshall e l’ERP: i preliminari. Cerca di rimediare al dollar gap che diventa particolarmente acuto nel primo semestre 1947, in seguito al peggioramento della situazione alimentare in Europa e all’impennata dei prezzi di merci e servizi degli Stati Uniti seguita alla brusca liberalizzazione adottata dall’amministrazione Truman in presenza di una forte domanda nazionale e internazionale. L’annunzio di un programma di aiuti è dato dal segretario di stato George Marshall il 5.6.1947. Il programma è operativo nel 1948, dopo un duro confronto nell’amministrazione su chi dovesse gestirlo (Tesoro o Dipartimento di stato). La responsabilità toccherà al Presidente che si varrà di un’agenzia apposita posta sotto la sua autorità. C’è anche un teso dibattito parlamentare sull’opportunità di sacrificare i contribuenti americani a vantaggio di stranieri, e sull’entità degli aiuti. Il parlamento impone che il programma sia valutato annualmente e che le risorse siano votate annualmente. Sono nettamente ridimensionate le cifre inizialmente valutate per l’ammontare complessivo degli aiuti ($ 22, poi 17 mld).

  46. Il Piano Marshall e l’ERP: condizioni e obiettivi. • Gli Stati Uniti chiedono ai beneficiari di coordinare le loro politiche economiche e di unirsi in un organo rappresentativo che collabori alla ripartizione degli aiuti. Sarà l’OECE. Avrà sede a Parigi. • Destinatari sono 16 paesi europei da cui sono esclusi URSS e democrazie popolari che non vogliono accettare di dare informazioni sulla propria economia. È’ un passo decisivo nel confermare la divisione economica e politica dell’Europa. • La 2. Conferenza economica di Parigi dell’aprile 1948 fissa gli obiettivi: (1) aumentare la produzione, (2) utilizzare meglio la manodopera, (3) assicurare la stabilità monetaria e finanziaria, (4) intensificare gli scambi di merci e di servizi. Le politiche dei paesi aderenti devono essere coordinate e vanno controllati i rispettivi programmi nazionali di produzione, importazione ed esportazione. Si intende favorire la cooperazione economica fra stati.

  47. Le modalità di funzionamento dell’ERP (1) • Il primo esercizio ERP durerà 15 mesi dall’inizio di aprile 1948. Sarà prorogato al 30 giugno 1950 e successivamente al 30 giugno 1951. Nel 1951 gli aiuti arriveranno nell’ambito del Mutual Security Act. Cesseranno il 30 giugno 1952. • Gli aiuti sono dati come grants (doni) per il 90% e loans (prestiti, gestiti attraverso la Export-Import Bank) per il 10%. Sono finanziati dal bilancio federale USA. Permettono di comperare merci e servizi (trasporto) prevalentemente da produttori americani per cederle ai governi membri dell’ERP. • Questi ricevono gli aiuti in natura e possono venderli agli operatori economici e agli enti che ne fanno richiesta contro pagamenti nelle diverse monete nazionali. • L’ERP assicura circa ¼ delle importazioni europee fra 1947 e 1950.

  48. Le modalità di funzionamento dell’ERP (2) • Gli importi pagati affluiscono ai “conti di contropartita” a favore delle rispettive amministrazioni statali, integrandone il bilancio. Sono utilizzati in diverso modo: dal finanziamento di lavori pubblici (senza accendere prestiti o appesantire il prelievo fiscale) all’accumulazione di riserve. Gli effetti in termini di stimolazione dell’economia e dell’occupazione sono diversi. L’ECA (European Cooperation Agency) nel 1949 criticherà i governi troppo cauti nell’utilizzare i fondi di contropartita per finanziare investimenti. • Nei primi 15 mesi arrivano in Europa soprattutto cereali, carbone e materie prime per l’industria. Successivamente vengono forniti soprattutto macchinari e impianti. Questo è il contributo diretto dell’ERP all’ammodernamento dei processi di produzione e alla riduzione del divario tecnologico rispetto agli Stati Uniti. • L’ERP promuove direttamente la formazione di tecnici e imprenditori alle tecniche moderne attraverso visite a imprese americane e apposite missioni di consulenza in Europa. Anche in questo modo si favorisce l’applicazione di soluzioni più avanzate nei processi produttivi dell’industria europea.

  49. Le erogazioni ERP [mld $ correnti]

  50. I crediti accordati dall’ERP, 3.4.1948-3.4.1951 [$ 000]: ripartizione merceologica, valore e quota percentuale

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