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Modello classico ad onda sinusoidale

Radiazione Elettromagnetica. Modello classico ad onda sinusoidale

ruana
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Modello classico ad onda sinusoidale

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Presentation Transcript


  1. Radiazione Elettromagnetica Modello classico ad onda sinusoidale La radiazione elettromagnetica è composta da onde elettromagnetiche, consistenti, cioè, nell'oscillazione concertata di un campo elettrico e di un campo magnetico. Queste onde si propagano in direzione ortogonale a quella di oscillazione

  2. Luce emessa da una lampadina Luce monocromatica Laser

  3. Polarizzazione Rispetto a un'onda acustica o a un'onda marina, l'onda elettromagnetica presenta un'ulteriore caratteristica: la polarizzazione. Il vettore campo elettrico (così come il vettore campo magnetico) di un'onda oscilla sempre nella stessa direzione. Il piano individuato dalla direzione di oscillazione del campo elettrico e dalla direzione di propagazione dell’onda è il suo piano di polarizzazione.

  4. Le sorgenti più comuni (sole, lampadine) emettono onde in cui il piano di polarizzazione è orientato in modo casuale attorno alla direzione di propagazione: la radiazione è non polarizzata. Polarizzazione Lineare Se tutte le onde che costituiscono la radiazione hanno la stessa direzione di oscillazione del campo elettrico (stesso piano di polarizzazione), la radiazione è polarizzata linearmente.

  5. Polarizzazione Lineare •Il vettore campo elettrico E mantiene costante la sua direzione (perpendicolare alla direzione di propagazione). •L’ampiezza del vettore E varia in modo sinusoidale (nel tempo e lungo la direzione di propagazione). Convenzionalmente la direzione del vettore E è rappresentata con un segmento con doppia freccia

  6. Polarizzazione Lineare Polarizzazione lineare lungo l’asse x Polarizzazione lineare lungo l’asse y In queste e nelle successive animazioni viene mostrato il solo campo elettrico; il campo magnetico è perpendicolare a quello elettrico e alla direzione di propagazione dell’onda

  7. Direzione di propagazione Polarizzatore La radiazione non polarizzata può essere resa polarizzata facendola passare attraverso un polarizzatore che lascia passare solo le componenti del campo elettrico che sono parallele all’asse del polarizzatore

  8. Se la luce è polarizzata perpendicolarmente alla direzione della molecola, essa viene totalmente trasmessa Se la luce è polarizzata parallelamente alla direzione della molecola, essa viene totalmente assorbita dalla molecola. Per qualsiasi altra direzione di polarizzazione la luce è trasmessa, ma con intensità minore rispetto alla luce incidente. Polarizzatore I filtri Polaroid sono fatti di catene parallele di lunghe molecole.

  9. Polarizzatore Sovrapponendo due filtri polarizzatori e facendoli ruotare l'uno rispetto all'altro si osserva un graduale oscuramento.

  10. una sostanza risulta OTTICAMENTE ATTIVA se è in grado di ruotare il piano della luce polarizzata affinché la sostanza sia otticamente attiva, le sue molecole devono presentare una asimmetria nella loro struttura, tale da ruotare il piano di polarizzazione della luce. In particolare le sostanze otticamente attive sono connesse ad una determinata proprietà delle molecole: la chiralità es. aminoacidi

  11. una sostanza risulta OTTICAMENTE ATTIVA se è in grado di ruotare il piano della luce polarizzata

  12. polarimetro Quando un fascio di luce monocromatica linearmente polarizzata attraversa un campione di sostanza chirale, il piano di polarizzazione della luce uscente dal campione forma un angolo con quello della radiazione incidente. Tale angolo, misurato in gradi, (positivo o negativo a seconda che la rotazione sia avvenuta in senso orario, a destra, o in senso antiorario, a sinistra, rispetto ad un osservatore verso cui si propaga l'onda) viene detto ROTAZIONE OTTICA. Esso dipende dallo spessore attraversato e dalla quantità di materia ivi contenuta.

  13. polarimetro

  14. Successivamente, i due fasci di luce polarizzata attraversano un tubo di una precisa lunghezza contenente la soluzione in esame che, se otticamente attiva, ruota entrambi i piani di polarizzazione della luce dello stesso angolo. In un polarimetro classico una sorgente monocromatica emana un fascio di luce (inizialmente non polarizzata) che viene indirizzato su una coppia di filtri polarizzatori (generalmente prismi di Nicol), orientati in modo da polarizzare la luce lungo due diversi piani. Infine, i due fasci attraversano un terzo filtro polarizzatore, l'analizzatore, la cui sezione principale è ruotabile, e l'angolo di rotazione viene misurato attraverso un goniometro.

  15. Inizialmente si inserisce nel tubo portacampione il solo solvente, per azzerare lo strumento. I piani di polarizzazione dei fasci di luce in uscita dalla coppia di filtri polarizzatori non vengono ruotati (o vengono ruotati dall'eventuale attività ottica del solvente). L'analizzatore viene azzerato in modo che la sua sezione principale formi lo stesso angolo con entrambi i piani di polarizzazione: in questo modo viene trasmessa all'oculare la stessa frazione della luminosità per entrambi i fasci.

  16. Successivamente si inserisce la soluzione del campione in esame: se questo è otticamente attivo, ruota i piani di polarizzazione, così che questi non formano più lo stesso angolo con la sezione principale dell'analizzatore: l'immagine formata avrà una metà meno luminosa dell'altra. Per determinare il potere rotatorio della soluzione, si ruota l'analizzatore fino ad ottenere nuovamente la situazione in cui le due metà dell'immagine hanno la stessa luminosità: l'angolo del quale si è dovuto ruotare l'analizzatore è la rotazione della polarizzazione dovuta all'attività ottica del campione

  17. Potere Rotatorio Specifico λ= lunghezza d’onda (riga D del sodio, 598 nm) T = temperatura in °C α= angolo di rotazione osservata c = concentrazione del campione in g/mL l= lunghezza della cella (dm)

  18. Potere Rotatorio Specifico

  19. l’estremo del vettore E , in un dato punto, descrive nel tempo una circonferenza. Si distingue tra polarizzazione circolare destrorsa o sinistrorsa a seconda che l’estremo del vettore E, visto da un osservatore verso cui si propaga l’onda, descriva nel tempo una circonferenza in senso orario o antiorario Polarizzazione Circolare

  20. Polarizzazione Circolare La luce linearmente polarizzata può essere considerata essere composta da luce circolarmente polarizzata a destra sovrapposta a luce circolarmente polarizzata a sinistra, entrambe con uguale intensità. La combinazione delle due componenti circolarmente polarizzate in direzione opposta, quindi risulta in luce linearmente polarizzata che oscilla in un piano perpendicolare alla direzione di propagazione.

  21. Polarizzazione Circolare La luce linearmente polarizzata può essere considerata essere composta da luce circolarmente polarizzata a destra sovrapposta a luce circolarmente polarizzata a sinistra, entrambe con uguale intensità. La combinazione delle due componenti circolarmente polarizzate in direzione opposta, quindi risulta in luce linearmente polarizzata che oscilla in un piano perpendicolare alla direzione di propagazione.

  22. Polarizzazione Circolare La luce linearmente polarizzata può essere considerata essere composta da luce circolarmente polarizzata a destra sovrapposta a luce circolarmente polarizzata a sinistra, entrambe con uguale intensità Il vettore campo elettrico non cambia in modulo durante un periodo, ma varia in direzione, sempre restando perpendicolare alla direzione di propagazione. La sua proiezione su un piano perpendicolare alla direzione di propagazione è una circonferenza. Nel tempo il vettore descrive perciò un'elica destrogira o levogira.

  23. una sostanza risulta OTTICAMENTE ATTIVA se interagisce in modo diverso con luce polarizzata circolarmente a destra e a sinistra. La ROTAZIONE OTTICA deriva da una velocità diversa, e quindi da un indice di rifrazione diverso,per la propagazione di luce polarizzata circolarmente a sinistra e a destra (birifrangenza circolare). nL≠ nR

  24. Polarizzazione Circolare eL≠eR Nella regione di lunghezze d’onda in cui il campione assorbe, la diversa interazione della sostanza otticamente attiva con luce polarizzata circolarmente a destra o a sinistra può esplicarsi in un diverso assorbimento, cioè due coefficienti di assorbimento diversi per le due componenti di luce circolarmente polarizzata (a destra o a sinistra): l'intensità di una delle due componeneti viene ridotta maggiormente rispetto all'altra. Il risultato sarà che quando ricombinate, queste due componenti danno luogo a luce che non è più linearmente polarizzata (figura a), ma a luce ellitticamente polarizzata (figura b). Questo effetto viene chiamato Dicroismo Circolare.

  25. Polarizzazione Circolare eL≠eR l’estremo del vettore E, in un dato punto, descrive nel tempo una ellisse anche in questo caso si distingue tra polarizzazione ellittica destrorsa o sinistrorsa a seconda che l’estremo del vettore E, visto da un osservatore verso cui si propaga l’onda, descriva nel tempo una circonferenza in senso orario o antiorario

  26. Polarizzazione Circolare L’animazione che segue mostra cosa accade ad un’onda polarizzata linearmente (celeste) quando attraversa un mezzo (ipotetico) che non assorbe affatto la componente circolare sinistra (in rosso), ma assorbe molto la componente destra (in verde) All’ingresso del mezzo All’uscita del mezzo

  27. Spettropolarimetro CD La radiazione monocromatica viene polarizzata linearmente e passa poi attraverso un modulatore fotoelastico che genera alternativamente luce polarizzata circolarmente a sinistra e a destra con una certa frequenza di modulazione. La radiazione così modulata passa attraverso il campione e rivelata dal fotomoltiplicatore. Il segnale risultante, anch’esso modulato alla stessa frequenza, fornisce la differenza di assorbanza delle due componenti polarizzate circolarmente, a quella lunghezza d’onda. Variando la lunghezza d’onda si ottiene lo spettro CD.

  28. Il dicroismo circolare ha luogo solo nelle regioni dello spettro in cui il campione assorbe • La birifrangenza circolare ha luogo in tutte le regioni di lunghezze d’onda di una sostanza otticamente attiva. • Le regioni di frequenze esplorate per CD possono essere diverse, tuttavia il caso più comune è quello dell’UV–visibile (transizioni elettroniche). • Uno spettro CD, come quello di assorbimento isotropo, risulta costituito quindi da bande. Una banda CD, ben separata dalle altre, assomiglia strettamente alla corrispondente banda isotropa, ma, diversamente da questa, poiché si tratta di una differenza di assorbimento, può essere sia positiva sia negativa (a seconda che eL sia maggiore o minore di eR).

  29. Applicazioni CD in biologia • Folding/unfolding di proteine • Ligand binding (costanti di legame) • Variazioni strutrali indotte per es da pH, solvente, temperatura • Aspetti strutturali di acidi nucleici,polisaccaridi, ormoni, peptidi • Termodinamica degli acidi nucleici

  30. CD di acidi nucleici I cromofori responsabili dell’assorbimento nel vicino UV sono le basi puriniche e pirimidiniche. Le basi stesse sono intrinsecamente simmetriche, e quindi otticamente inattive. Nei nucleotidi, tuttavia, esse acquisiscono una assimmetria configurazionale indotta dagli zuccheri chirali ribosio e desossiribosio, a cui sono legate, che rende le bande dicroiche.

  31. CD di acidi nucleici DNA: una banda positiva a circa 275 nm e una negativa a 240 nm. Le bande sono molto più intense di quelle della miscela di monomeri alla stessa composizione. RNA: una banda positiva a circa 260 nm ed una banda negativa a 210 nm. Si può osservare nettamente che il contributo fondamentale, in entrambi i polimeri, è dovuto principalmente dalla struttura secondaria, che determina interazioni particolari tra i cromofori. Gli spettri CD sono quindi un metodo molto sensibile alla struttura secondaria di queste macromolecole, e alle sue variazioni con solvente, temperatura, forza ionica, …

  32. CD di acidi nucleici Lo scheletro lineare del DNA si avvolge su se stesso per formare una struttura elicoidale destrorsa o sinistrorsa. Si distinguono, essenzialmente, due forme di DNA destrorso, denominate forma A e forma B, e una forma sinistrorsa, detta Z Le maggiori differenze consistono nella geometria dei legami, nel numero di basi necessarie per un giro d’elica, per l’angolo di inclinazione di zuccheri e basi rispetto all’asse.

  33. La forma B `e quella maggiormente favorita in condizioni di alta umidità relativa (maggiore del 75%), e quindi la forma predominante in soluzioni acquose. La forma A invece si presenta come un filamento corto e spesso con diametro di 25.5 ˚A, in cui le basi sono inclinate di circa 19o rispetto all’asse principale e giacciono su un piano ruotato di circa 30o rispetto al piano ortogonale all’asse stesso. La forma Z del DNA invece, ha avvolgimento sinistrorso dovuto a una diversa disposizione relativa di zucchero e basi azotate nello spazio: la struttura che la caratterizza ha un aspetto esteriore ben diverso dalle eliche destrorse poichè l’ossatura fosforo-zucchero si snoda a zig-zag lungo l’asse principale e proprio per tale motivo viene denominata Z.

  34. CD di acidi nucleici forma B (…) : un doppietto positivo – negativo a circa 280 e 240 nm e una intensa banda positiva a 190 nm. A B forma A (- - -) : una banda positiva a 270 nm, più intensa delle forme precedenti, accoppiata ad una banda negativa a 210 nm e a quella positiva, estremamente intensa, a 185 nm. Z forma Z (-) (elica sinistrorsa): una banda negativa a 290 e una positiva a 260 (cioè un doppietto di segno opposto a quello della forma B), una banda negativa a 195 nm ed una ancora più intensa positiva a 180 nm. La proposta originaria è stata poi dimostrata dall’analisi strutturale ai raggi i X.

  35. CD di acidi nucleici: interazione con piccole molecole

  36. CD di Proteine

  37. CD di Proteine La struttura secondaria di una proteina può essere determinata mediante spettroscopia CD nella regione dell’UV-lontano (190-250 nm). L’attività ottica di una proteina è principalmente dovuta alla sua struttura macromolecolare. Spettro CD della poli-lisina

  38. CD di Proteine Lo spettro CD di una proteina nel lontano UV può essere sensibile a certi aspetti della struttura terziaria A queste lunghezze d’onda i cromofori sono gli amino acidi aromatici e i legami disolfuro. I segnali CD nel lontano UV sono circa nulli, se una proteina conserva la sua struttura secondaria ma non mantiene una struttura terziaria ben definita. Se invece compaiono dei segnali in questa regione spettrale vi è chiara indicazione che la proteina possiede una struttura tridimensionale definita. Lo spettro CD nel lontano UV è anche sensibile a piccole modificazioni della struttura terziaria dovute ed interazioni proteina-proteina.

  39. Emoglobina Deossiemoglobina (alto spin) Ossiemoglobina (basso spin)

  40. Emoglobina Deossiemoglobina (alto spin) Ossiemoglobina (basso spin)

  41. CD di Proteine: Studio della denaturazione • Le proteine possono essere denaturate in vari modi: • variando la temperatura, • variando il pH fino a condizioni estreme, • utilizzando denaturanti chimici. • Gli organismi termofili sono caratterizzati da una temperatura di crescita ottimale compresa tra 50 e 80°C • Per gli organismi ipertermofili tale temperatura è compresa tra 80 e 120°C. • L’identificazione dei principi di adattamento delle proteine alle alte temperature è indispensabile per chiarire il meccanismo del folding e le relazioni funzione-struttura.

  42. CD di Proteine: Studio della denaturazione Lo spettro della proteina nativa a 20°C mostra una banda negativa con un minimo profondo tra i 210 e 220 nm e un’intensa banda positiva tra i 190 e i 195 nm. Queste caratteristiche sono tipiche di proteine contenenti molti elementi di struttura secondaria quali a-eliche e foglietti b. Lo spettro CD dell’enzima a 108°C mostra un minimo meno profondo tra i 210 e220 nm, tuttavia, la struttura della proteina è ancora parzialmente conservata. Questo mostra che la SsoPox è una proteina estremamente resisitente alla tempratura, come è lecito aspettarsi essendo una proteina proveniente da un batterio ipertermofilo.

  43. Riassumendo • Da un’analisi CD possiamo ottenere informazioni sulla struttura tridimensionale di macromolecole otticamente attive come DNA e proteine. • Per farlo si utilizza lo spettropolarimetro, uno strumento in grado di misurare l'ellitticità generata da un campione al variare della lunghezza d'onda del raggio incidente (siamo nel campo degli UV), ottenendo così lo spettro CD di quel campione. • Ogni struttura secondaria delle proteine ha un suo spettro caratteristico dovuto alla disposizione spaziale dei legami peptidici. Confrontando questi spettri con quello di una proteina qualsiasi è possibile ricavare il tipo di strutture secondarie di quella proteina e in che misura sono presenti. • Con la spettroscopia di dicroismo circolare non possiamo sapere quali sono, ad esempio, gli aminoacidi coinvolti in tali strutture (per queste informazioni bisogna ricorrere alla più complessa spettroscopia NMR (o EPR) e alla cristallografia con i raggi X) però permette in modo rapido di ottenere informazioni come la stabilità della struttura di una proteina al variare della temperatura o dell'intorno chimico in cui si trova.

  44. Il citoctomo b562 è una piccola proteina solubile (12.3 kilodaltons) isolata dalla Escherichia coli che contiene un gruppo prospettico eme di tipo b. Al’epoca dell’articolo si ipotizzava che la funzione di questa proteina fosse quella di trasportare elettroni anche se non di aveva alcune conoscenza dei possibili partners. Il citoctomo b562 presetza una struttura semplice (quattro eliche impachettate circa antiparallelamente le une rispetto alle altre con il gruppo eme posizionato ad uan estremità della struttura) che la rende un buon modello per studiare la stabilità ed il ripiegamento delle proteine. Studi sulle apomioglobine, apoemoglobine e apocitocromi avevano all’epoca suggerito che la stabilità e la struttura di queste proteine dipendesse fortemente dalla presenza del gruppo eme. Lo scopo del presente lavoro era stato quello di approfondire le conoscenze sul ruolo del gruppo eme nella integrità ed il ripiegamento delle proteine

  45. Materiali: • Ferrocitocromo b562 • Ferricitocromo b562 • Apocitocromo b562 • Tecniche sperimentali: • spettroscopia UV • Spettroscopia CD • Cromatografia (HPLC)

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