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Il cibo e la medicina, il cibo come medicina. Storia di una relazione indissolubile. La medicina nasce con l’uso del cibo.
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Il cibo e la medicina, il cibo come medicina Storia di una relazione indissolubile
La medicina nasce con l’uso del cibo • La nascita della medicina, a Oriente e a Occidente, ha nell’uso dei cibi il suo elemento fondante. L’antico ideogramma cinese Yi, che indica medicina, è composto, in alto, dall’immagine di un uomo malato e, in basso, dal carattere jiu, che vuol dire vino, laddove con il vino si intende l’uso degli alimenti, anche modificati dal medico, come medicina. • Nel Huang Di Nei Jing, il classico che fonda la medicina cinese, la cui redazione è coeva a buona parte dei testi del Corpus hippocraticum (V sec a.C.), la centralità del cibo viene così sintetizzata: “Cura con i farmaci, guarisci con i cibi”. • Ancor oggi, la dietetica, che nei secoli è stata organizzata in un sistema complesso, occupa un posto centrale nel sistema medico conosciuto con il nome di Medicina Tradizionale Cinese, che larga diffusione sta avendo anche tra i medici e le popolazioni occidentali.
Ippocrate: La medicina è la scoperta dell’uso sapiente del cibo • Ippocrate, nel trattato Antica medicina, testo cruciale per la fondazione di una medicina che aspira a dotarsi di basi razionali, fa coincidere la nascita della medicina con la capacità di distinguere l’alimentazione dell’uomo sano da quella dell’uomo malato. • “ Non sarebbe stata scoperta l’arte medica –si legge in Antica medicina- né sarebbe stata ricercata, se avesse giovato ai pazienti lo stesso regime e l’ingerimento delle stesse sostanze che mangiano e bevono i sani.” • Spinti da questa necessità, gli uomini si ingegnarono a trasformare e a produrre cibo: “ Bollirono, cossero, mescolarono e temperarono le sostanze forti e intemperate con quelle più deboli, conformandole tutte alla natura e al potere dell’uomo.” • La conclusione di questa ricostruzione storica è inevitabile: “A questa scoperta e a questa ricerca, quale nome più giusto o più adatto si potrebbe porre se non quello di medicina?”
La salute come equilibrio è il concetto fondante della medicina a Oriente e a Occidente
OCCIDENTE • ASCLEPIO XIII SECOLO A.C. • TERAPIA INTEGRATA: POESIE, MUSICA, ERBE, INTERP.SOGNI • EMOZIONI COME FATTORI DI MALATTIA
ORIENTE • YI JING XII A.C. LIBRO DEI MUTAMENTI • DAO DE JING V A.C. LIBRO DELLA VIA E DELLA VIRTU’ (LAOZI) • NEIJING V A.C. LIBRO DELL’INTERNO
OCCIDENTE • IPPOCRATE V A.C. LA SALUTE COME PROPORZIONE E MESCOLANZA TRA 4 UMORI FONDAMENT. • EUCRASIA DISCRASIA • CAUSE: ESTERNE (venti) INTERNE (cibo, emozioni) CHE AGISCONO SULLA DIATESI
SALUTE COME EQUILIBRIO TRA SHEN, JING E QI FORME DI ENERGIA, RESPONSABILI DEL BUON FUNZIONAMENTO E DELLA PRODUZIONE STESSA DEGLI ORGANI MALATTIA COME DISORDINE NELLA PRODUZIONE E CIRCOLAZIONE DELL’ENERGIA I SINTOMI E SEGNI SONO SPESSO UN INTRECCIO SOMATOPSICHICO LE CAUSE SONO ESTERNE E INTERNE (EMOZIONI) ORIENTESALUTE E MALATTIA
ORIENTETERAPIE • PER MANTENERE LA SALUTE OCCORRE SEGUIRE LA VIA (DAO) E SAPER NUTRIRE LA VITA • LA NUTRIZIONE DELLA VITA SI FA SOPRATTUTTO CON LE PRATICHE INTERNE (MEDITAZIONE, QIGONG) • ALIMENTAZIONE, PIANTE • AGOPUNTURA: la prima regola del buon agopuntore è regolare lo Shen (Suwen cap.25)
ORIENTE LA MTC ODIERNA E’ IL RISULTATO DELLA STRATIFICAZIONE E INTEGRAZIONE DI 2500 ANNI DI LAVORO CLINICO E TEORICO ALL’INTERNO DEL MEDESIMO PARADIGMA A DISPETTO DELLA GLOBALIZZAZIONE E’ L’UNICA MED. TRAD. CHE HA UN’ESPANSIONE INTERNAZIONALE FISSITA’ DEL MODELLO OCCIDENTE XVI SECOLO: RIVOLUZIONE SCIENTIFICA (FISICA) CAMBIAMENTO DI PARADIGMA (MECCANICISMO) XVII-XIX SECOLO NASCITA DELLA FISIOPATOLOGIA XX SECOLO CLINICA E TERAPIE BASATE SUL METODO SCIENTIFICO LIQUIDAZIONE DELL’OLISMO ORIENTE E OCCIDENTEEVOLUZIONE
Duemila e cinquecento anni di prescrizioni dietetiche • Per duemila e cinquecento anni, possiamo dire fino alla prima metà del XX secolo, in Occidente, il medico pratico ha prescritto regimi dietetici come parte integrante della terapia, passando dalla centralità dell’orzo di ippocratica memoria alla centralità otto-novecentesca della triade brodo di carne, pane bianco e vino rosso. • Poi, con il trionfo della chimica in medicina, il cibo e le piante, i due strumenti fondamentali nelle mani del medico, si sono trasformati in contenitori di “principi attivi” da cui produrre farmaci. • A questo punto, il regime dietetico non serve più, scompare dall’orizzonte culturale e dalla penna del medico; la sua prescrizione è riservata alle malattie metaboliche o al paziente che segue determinate terapie farmacologiche. In questo caso però, la prescrizione diventa proscrizione: niente zuccheri per i diabetici (oggi divieto rivisto), ecc.
La cultura medica degli anni ’60-70 declassifica l’alimentazione • Negli anni ’60 e ’70, anni del trionfo di massa della biologia riduzionista e della medicina, il cibo come modulatore della bilancia salute-malattia sembrava davvero un ferrovecchio, lo strumento di un sapere antiquato e di una medicina pre-scientifica, destinato a scomparire definitivamente dal paesaggio medico moderno. • Contemporaneamente, il consumo di carne passava da 62 Kg a persona all’anno nel 1974 a 85 kg nel 2004. • Il consumo di uova e latte, latticini raddoppiava, mentre pesce e verdura crescevano molto modestamente • Carne come abbondanza e progresso. Latte come alimento perfetto da usare anche in età adulta
La ricerca ci sorprende • In realtà, gli ultimi due decenni del secolo scorso hanno riservato sorprese di portata generale. • Nel 1981, due scienziati inglesi, Richard Doll e Richard Peto, pubblicarono un libro sulle cause del cancro che ha segnato una svolta nell’identificazione dei principali fattori di rischio. Secondo Doll e Peto, oltre un terzo dei tumori ha cause alimentari e quasi un altro terzo è causato dal fumo di sigaretta.
Il Cibo e gli stili di vita sono i principali promotori del cancro • Con il rapporto di Richard Doll e Richard Peto, commissionato dal governo degli Stati Uniti d’America, il cibo, gli stili di vita, l’ambiente diventano i principali imputati della crescita notevole del cancro in tutto l’occidente. • Nel 1997, due importanti associazioni americane di ricerca sul cancro, American Institute for Cancer Research e World Cancer Research Found, pubblicano un grosso volume di sintesi di oltre cinquanta anni di studi epidemiologici e di ricerca su alimentazione e cancro. • Questo volume, che è il risultato di quattro anni di lavoro a cui hanno partecipato i massimi esperti mondiali, propone una classifica dei cibi, distinguendo tra cibi che aumentano e cibi che diminuiscono il rischio di cancro. • Con questo testo, la medicina torna a ragionare sul cibo come modulatore della bilancia salute-malattia, atteggiamento amplificato da parallele ricerche sul fronte della lotta alle malattie cardiovascolari, principale causa di mortalità da noi.
Aggiornamenti al 2005 • Indice glicemico e carico glicemico complessivo: incremento cancro soprattutto apparato gastrointestinale e ovaio. • Due studi italiani recenti del Centro di Aviano e del Mario Negri. • Il primo (2003) ha interessato oltre 1.000 donne e oltre 2000 controllo la cui dieta è stata studiata per IG e Carico glicemico. C’è una ssociazione diretta tra IG, CG e cancro all’ovaio (iperinsulinemia) • Il secondo (2004) ha interessato circa 800 uomini con cancro allo stomaco e oltre 2000 controlli. Anche qui diretta relazione tra CG e incidenza del cancro
Salami, salsicce e company • Recentemente, su Annals of Oncology, un gruppo di ricerca, guidato da Fabio Levi dell’Università di Losanna e da Carlo La Vecchia del Mario Negri di Milano, ha dimostrato una relazione diretta tra consumo di insaccati e alcuni tipi di tumore: della bocca, della faringe, della laringe, dell’esofago e del colon. • Non è il primo degli studi sull’argomento, ma si è reso necessario perché le evidenze degli studi precedenti erano contraddittorie.
Studiate duemila persone • La popolazione presa in esame ha fatto riferimento, nel periodo 1992-2002, all’ospedale universitario di Losanna in Svizzera: quasi 800 persone con tumori negli organi sopradetti e 1200 persone come controllo. A tutti è stato somministrato un questionario con una ottantina di domande con l’intento di stabilire la dieta abituale di ognuno e di stimare l’introito calorico giornaliero. • I risultati sono stati molto evidenti: chi consumava insaccati più di 3 volte a settimana ha mostrato un aumento del rischio di cancro alla cavità orale e alla faringe quasi quintuplicato, risultato simile per l’esofago (aumento di quattro volte e mezzo), un po’ più basso per la laringe (aumento di 3 volte e mezzo) e per il colon (aumento di 2 volte e mezzo). • Interessante è anche la classifica di pericolosità dei diversi tipi di insaccati: i salami e le salsicce sono risultati più pericolosi del prosciutto. • Gli autori dello studio fanno notare che sono scarse le possibilità di errore sia perché la popolazione studiata era omogenea sia perché il questionario era stato già ampiamente convalidato.
Carne rossa e tumori • Lo stesso gruppo di ricerca, nel 2000, ha pubblicato su International Journal of Cancer uno studio caso-controllo di ben più ampie dimensioni, realizzato nel nord Italia, riguardo al rischio tumorale connesso al consumo di carne rossa. • I ricercatori hanno studiato circa novemila persone affette da tumore e circa ottomila controlli. • Le conclusioni sono state che il gruppo che consumava carne rossa tutti i giorni, paragonato al gruppo che ne consumava al massimo tre volte a settimana, aveva un aumento significativo del rischio di tumore dello stomaco, del colon, del retto, del pancreas, della vescica; anche l’ovaio e il seno erano statisticamente significativi se pur in modo più lieve.
Cancro al seno e deficit di folati • Sul cancro al seno, il dato più rilevante viene da un ampio lavoro pubblicato nel marzo del 2003 su Journal of the National Institute of Cancer da un autorevole gruppo della Harvard Medical School, che documenta una relazione diretta tra bassi livelli di acido folico e di vitamina B6 e aumento del cancro al seno sia in pre che in post-menopausa. • Gli autori hanno anche documentato una relazione tra bassi livelli di vitamina B12 e cancro al seno nelle donne in età fertile.
OMS: la dieta ha forti effetti, positivi e negativi, sulla salute • Il punto di approdo di questo recupero della centralità del cibo nella prevenzione, può essere simbolicamente rappresentato dal documento diffuso nel 2003 dalla Organizzazione Mondiale della Sanità su “Dieta, nutrizione e prevenzione delle malattie croniche” • “La nutrizione – si legge nel documento- è venuta alla ribalta come un’importante, modificabile, causa determinante di malattie croniche (cancro, malattie cardiovascolari, diabete, obesità ecc). C’è una crescente evidenza scientifica che dimostra che modificazioni dietetiche hanno forti effetti, positivi e negativi, sulla salute nell’arco della vita.”
Gli effetti della restrizione calorica sulla salute e sull’invecchiamento • Finalmente abbiamo a disposizione il primo studio su umani che dimostra gli effetti benefici di una dieta con meno calorie di quella occidentale standard. Lo studio è stato pubblicato il 27 aprile 2004 da Proceedings of National Academy of Sciences. • Primo firmatario l’italiano Luigi Fontana che, con altri colleghi della Scuola di medicina della Washington University, ha presentato una ricerca realizzata su diciotto persone, cinquantenni, che da anni seguono volontariamente una dieta variabile tra le 1.100 e le 1.900 calorie giornaliere. • Queste persone sono state studiate prima dell’inizio della dieta, a distanza di un anno e poi al momento dello studio. Erano in media sei anni che seguivano la dieta.
I risultati dello studio • I risultati sono davvero notevoli: • abbassamento netto dei livelli di colesterolo LDL e aumento di HDL, • secca riduzione della pressione arteriosa, caduta della proteina C reattiva • riduzione del 40% dello spessore della parete interna della carotide rispetto al gruppo di controllo costituito da coetanei in buona salute. Tutti questi fattori determinano la comparsa o meno di placche aterosclerotiche nei vasi. Nessuno tra le persone a dieta aveva la minima ombra di aterosclerosi della carotide.
Meno, ma meglioMeno cibo ma più buono • Interessante è anche la qualità della dieta seguita: niente cibi lavorati e precotti contenenti acidi grassi trans, niente cibi ad elevato indice glicemico (come dolciumi, merendine, snacks, coca cola e company), ma una dieta variata con abbondanza di vegetali e frutta. • Praticamente tutti assumevano una formula vitaminica antiossidante. • La quantità di calorie giornaliere assunte è quasi la metà di quella dei controlli (da 1100-1950 contro 2000-3500 kcal dei controlli), ma è comunque largamente praticabile da tutti senza particolari rinunce. • Interessanti sono le differenze riguardo alle fonti delle calorie che il gruppo a dieta ricavava da proteine per il 26% (contro il 18% dei controlli), dai grassi per il 28% (contro il 32% dei controlli) e dai carboidrati complessi per il 46% (contro il 50%). Quindi un po’ più di proteine e un po’ meno di grassi e carboidrati.
Riscontri sugli animali • Questo lavoro fa seguito a una serie ormai imponente di lavori su animali. L’ultimo dei quali, pubblicato sulla stessa rivista il 13 aprile scorso, ha dimostrato che, contrariamente a quello che si pensava, gli effetti positivi della restrizione calorica si vedono anche in animali vecchi e si vedono molto rapidamente. • Topi adulti, messi a dieta, si ammalano meno di tumore e vivono di più, mediamente il 25 per cento in più dei controlli. • Viene decelerata la mortalità e l’incidenza del cancro nell’età adulta-anziana e rallentata la progressione dell’invecchiamento e del cancro.
La restrizione calorica modifica l’espressione genica • L’’indagine sulla espressione genica dimostra un aumento dell’espressione dei geni legati: • alla capacità enzimatica di scissione delle proteine, • alla produzione dell’energia • all’avvio della gluconeogenesi. • all’espressione della lipoproteina Apo B-100, componente essenziale delle LDL e della VLDL • Al contrario , una riduzione della attività dei geni legati: • alla biosintesi dei lipidi • alla crescita e alla proliferazione • all’angiogenesi • Del resto, anche lo studio sugli umani ha dimostrato che le prime importanti modificazioni positive si sono verificate appena un anno dopo l’inizio del regime dietetico. Come si dice: non è mai troppo tardi!
Cibo e cervello: relazione bidirezionale • La relazione cibo e cervello è bidirezionale: da una parte, l’assunzione del cibo è sotto il controllo del sistema nervoso centrale, dall’altra, sostanze assunte con gli alimenti possono modificare l’attività di reti nervose e quindi il comportamento (L.F. Agnati, Nutrizione e cervello, 1992)
La nutrizione può alterare il cervello • La nutrizione può alterare le funzioni cerebrali: • nel breve periodo, alterando la neurotrasmissione, il metabolismo e l’attività neuronale • nel lungo periodo, alterando la struttura della membrana delle cellule nervose (G.E. Gibson and J.P. Blass, Nutrition and brain function, in Siegel, Basic Neurochemistry, VI ed., 1999)
I principali neurotrasmettitori derivano da aminoacidi • Triptofano>>>Serotonina>>>Melatonina • Tirosina>>>Dopamina>>>Noradrenalina>>>Adrenalina • Istidina>>>Istamina • Glutammato>>>GABA • Colina>>>Acetilcolina
Dall’istidina la istamina, sostanza infiammatoria e neuromodulatore • L’istamina interagisce con tutti i più importanti sistemi di neurotrasmissione, modulando funzioni fisiologiche fondamentali legate all’attivazione e all’attenzione (stimolazione ipotalamo e sistemi neuroendocrini legati all’attività diurna). Ha quindi un ruolo fisiologico di eccitazione del SNC • Ruolo patologico legato alla attivazione di NMDA, alla modificazione del sistema vascolare e quindi all’attività immunitaria (disturbi vestibolari e nausea da movimento, in primis)
Alimenti ricchi di istamina o che ne facilitano la liberazione • Formaggi stagionati • Insaccati • Aringhe • Pomodori • Fegato di maiale • Bevande fermentate • Fragole • Cioccolato • Bianco d’uovo • Alcuni pesci (crostacei soprattutto, ma anche alici) • Carne di maiale
La Barriera ematoencefalicaprotezione selettiva del cervello
Esempio di competizione selettiva tra aminoacidi: il triptofano • 1971. Fernstron e Wurtman dimostrarono per la prima volta che è possibile modificare la concentrazione cerebrale di serotonina modificando la disponibilità di triptofano. • Esperimenti sui topi: • pasto essenzialmente proteico, cresce triptofano nel sangue, ma non cresce parallelamente la serotonina cerebrale; • Pasto essenzialmente a base di carboidrati, crescono entrambi i livelli • Spiegazione: nelle proteine c’è una maggiore quantità di AA a larga molecola competitori con il triptofano per il passaggio oltre la barriera ematoencefalica (BBB), inoltre, l’insulina, che viene attivata dai carboidrati, fa diminuire la concentrazione dei competitori.
Triptofano: colazione continentale e mediterranea a confronto • Recentemente su American Journal of Clinical Nutrition da Richard J. Wurtman, direttore del Centro di ricerche cliniche del celebre MIT (Massachusetts Institute of Technology), dopo tanti anni di studi sui topi, ha voluto verificare gli effetti sugli umani di una tipica colazione “continentale” a base di proteine e una a base di carboidrati. • I dati pubblicati confermano che una colazione ricca di carboidrati determina una disponibilità di triptofano (misurata come ratio con i competitori) superiore del cinquanta per cento a quella prodotta da una colazione proteica. Quindi, maggiore disponibilità di triptofano cerebrale, maggiore possibilità di sintesi di serotonina, umore migliore.
Attenzione all’eccesso di carboidrati • Un eccesso di carboidrati, a parte ogni altra considerazione metabolica, sul cervello ha un effetto deleterio: ne rallenta l’attività, diminuendone la capacità di utilizzare il glucosio, principale carburante cerebrale. • Quindi, sulla base di questi studi di neurochimica cerebrale si può concludere che, per il nostro buon umore, è sbagliato eliminare i carboidrati e che anzi la colazione e il pranzo dovrebbero avere una netta prevalenza di frutta, verdura, pasta, lasciando alla sera il fondamentale introito di proteine, del pesce in particolare • Ci guadagnerebbe anche il controllo del peso, in quanto, proprio Fernstrom, in collaborazione con endocrinologi di Copenhagen, ha recentemente dimostrato che negli obesi la ratio del triptofano è bassa e rimane bassa anche quando calano di peso. Ed è proprio la ridotta concentrazione di triptofano e di serotonina cerebrale che scatena la fame causando una rapida ripresa del peso tanto faticosamente perduto.
Le funzioni degli acidi grassi essenziali nei fosfolipidi • Mantenimento dell’equilibrio cellulare garantendo la fluidità della membrana e quindi lo scambio metabolico • Comunicazione intracellulare. Derivati dagli acidi grassi funzionano da secondi messaggeri • Produzione di sostanze attive nei processi infiammatori e immunitari: produzione di eicosanoidi
Effetti sul cervellodi una dieta carente di omega-3 • Numerosi studi su animali hanno mostrato che una dieta carente di alfa-linolenico e derivati ha i seguenti effetti nel lungo periodo sul cervello: • ridotta quantità di omega-3 nel cervello, compensata da un incremento di omega-6. La dieta è quindi in grado di cambiare la composizione della membrana nervosa • cambi nelle sinapsi ippocampali con modificazioni comportamentali • alterazione della neurotrasmissione
Olio di pesce e depressione • Un gruppo di medici inglesi ha descritto il caso di un ventenne, da sette anni affetto da una grave forma di depressione resistente ai farmaci, che, con una supplementazione di olio di pesce, nel giro di un mese, ha migliorato nettamente tutta la sintomatologia, al punto che, nell’arco di nove mesi, la malattia appare in remissione completa. • Sul numero di Ottobre 2002 della stessa rivista, David F. Horrobin, uno dei componenti del gruppo, assieme a Malcolm Peet, dell’Università di Sheffield, hanno pubblicato i risultati di uno studio controllato, realizzato con settanta persone, reclutate da medici di famiglia. • Gran parte di loro sono donne, con una età media sui quarantacinque anni e un livello di depressione abbastanza accentuato, nonostante seguano regolarmente la normale terapia farmacologia. Questa relativa inefficacia dei farmaci ha spinto i ricercatori a provare su un gruppo quello che era successo al giovane di cui abbiamo parlato sopra.
Olio di pesce contro placebo • Le persone partecipanti allo studio, oltre ai soliti farmaci antidepressivi, hanno preso, per dodici settimane, pillole contenenti olio di pesce, a un dosaggio da uno a quattro grammi al giorno, oppure un placebo (paraffina). • I risultati sono davvero interessanti.I gruppi che hanno ricevuto un trattamento con l’olio di pesce sono andati nettamente meglio del placebo, migliorando il punteggio, misurato con apposite scale (Hamilton e altre), riguardo ai sintomi chiave della malattia: umore depresso, fobia sociale, disturbi del sonno, stanchezza.
Ne basta poco • Il fatto più intrigante è che il migliore risultato è stato ottenuto con il dosaggio più basso di olio di pesce: un grammo al giorno. • A questo dosaggio, l’entità del miglioramento è di ampiezza superiore, scrivono gli autori dello studio, a qualsiasi altro risultato ottenuto con l’aumento del dosaggio dei farmaci, che è una pratica standard in caso di inefficacia del primo dosaggio del farmaco.
Olio di pesce, depressione bipolare e psicosi • Ovviamente, è troppo presto per tirare conclusioni definitive,ma la conferma che queste ricerche sono su una strada, che appare molto feconda, viene da studi preliminari • Uno studio sul disturbo bipolare è stato pubblicato nel1999 e condotto da Andrew L. Stoll, psichiatra, direttore del laboratorio di ricerca in psicofarmacologia della Harvard Medical School e autore di un libro “The omega-3 connection”, uscito negli Usa alla fine dell’anno scorso. Anche in questo caso, i risultati sono positivi. • Due studi clinici, recenti, hanno poi testato l’efficacia della supplementazione dell’olio di pesce nelle persone affette da disturbi psicotici. Il primo studio con placebo, ha mostrato un buon risultato nel gruppo in trattamento, ma lo studio era davvero piccolo, poche decine di persone. Il secondo, con oltre un centinaio di pazienti, ha potuto dimostrare l’efficacia, nella riduzione della sintomatologia, della supplementazione di due grammi di olio di pesce al giorno, solo in un sottogruppo.
Uno strumento preventivo e terapeutico sicuro • Come si dice, quindi, c’è ancora strada da fare, ma, in attesa delle evidenze definitive, considerato che gli eventuali effetti collaterali sono davvero minimi (qualche doloretto di pancia, a meno che non ci sia una tendenza alle emorragie) in particolare alla dose efficace più bassa (1 grammo al giorno), sarebbe davvero utile che l’olio di pesce (nonché l’indicazione di consumare pesce frequentemente) divenisse una chance del medico di base e dello specialista, non solo per proteggere il cuore e ad abbassare i trigliceridi, ma anche per il cervello.
Anche perché la terapia farmacologica della depressione non è così efficace • La depressione è, a tutt’oggi, una malattia che è difficile curare con i soli farmaci. Nonostante il grande impegno delle case farmaceutiche nella ricerca e nella propaganda delle pillole contro il male oscuro, spesso il farmaco fallisce. • Il farmaco più prescritto nel mondo, la fluoxetina cloridrato (Prozac) produce un miglioramento significativo solo nel 56 per cento di coloro che seguono un ciclo completo di terapia, che dura parecchi mesi. Ma solo il 70 per cento, mediamente, arriva in fondo alla cura. La causa di ciò sono spesso gli effetti collaterali, più rilevanti e frequenti nel caso dei vecchi farmaci (cosiddetti triciclici), ma, tuttavia, altrettanto significativi anche nel caso dei nuovi ( inibitori selettivi della serotonina e inibitori della serotonina e noradrenalina).
Terapia integrata della depressione • Per fortuna, va emergendo un orientamento alla terapia integrata della depressione, con combinazione di farmaci (o piante come l’Iperico), psicoterapia, attività fisica, l’esposizione alla luce, l’alimentazione. Il pesce, ricco di acidi grassi polinsaturi omega-3, è il perno dell’alimentazione. La ragione sta innanzitutto nel fatto che il cervello è l’organo più grasso del nostro organismo, le cui membrane cellulari sono ricche di fosfolipidi. • Quest’ultimi sono composti da una molecola di grasso (glicerolo) legata, da una parte, all’acido fosforico e a un alcol, e, dall’altra, a un acido grasso, per lo più polinsaturo, che può essere omega-6 od omega-3.
La membrana del neurone nei depressi • Ci sono evidenze, da studi europei, nordamericani, australiani e giapponesi, che, nella depressione e in altri disturbi psichiatrici, l’equilibrio tra omega-6 e omega-3 viene alterato, con un deficit di quest’ultimi. • Bassi livelli di omega-3 nel sangue e nei globuli rossi, si associano a malattie cardiovascolari, depressione e psicosi.
Alimentazione e terapia della schizofrenia C’è un crescente interesse per le terapie naturali nell’ambito del trattamento della schizofrenia. In Inghilterra verso la fine degli anni ’90 è stato lanciato il progetto “Food and Mood”, tenendo anche conto che a livello popolare si è andato diffondendo l’approccio alimentare basato su riduzione di zuccheri, grassi saturi e l’incremento di olio di pesce. • A livello scientifico tutto inizia con uno studio pilota che constata la riduzione dei livelli di acidi grassi nella membrana eritrocitaria di pazienti schizofrenici. Nel 2000 uno studio, realizzato post mortem dimostra ridotti livelli di polisanturi nel cervello di persone schizofreniche. • Più recentemente, sono state fatti notare i dati in comune tra la sindrome metabolica e la schizofrenia, in particolare la insulino resistenza che è riscontrabile in pazienti al primo episodio e quindi ancora senza farmaci
Riduzione del glucosio e controllo della epilessia • Nel luglio del 2004, su Lancet neurology, Eric H Kossoff, della Johns Hopkins University, riassume il lavoro del loro centro di terapia alimentare della epilessia: 500 bambini trattati con dieta ipoglicemica, ipocalorica e ricca di corpi chetonici. A 1 anno, più del 50% dei trattati ha una riduzione di più del 50% degli attacchi. A 3-6 anni anche con dieta interrotta il 44% riduce gli attacchi di > 50%. • La società americana per l’epilessia descrive al 2003 che il 46% degli adulti trattati ha una riduzione di > del 50% degli attacchi
Dieta ketogenica, dieta Atkins e altri tipi di dieta in corso di studio • Dieta ketogenica: 80% lipidi, 15% proteine e 5% carboidrati • Dieta Atkins: 60%, 30%, 10% • Dieta ketogenica modificata sostituendo grassi saturi con polinsaturi