130 likes | 463 Vues
Svevo e il romanzo del ’900. Cenni biografici Gli anni dell’apprendistato (1861-1897) Dal silenzio alla notorietà (1898-1928) Romanzo e psicologia nel ’900 Nuove tecniche narrative La figura dell’inetto L’opera di Svevo Formazione e primi romanzi/ 1 Formazione e primi romanzi/ 2
E N D
Svevo e il romanzo del ’900 • Cenni biografici • Gli anni dell’apprendistato (1861-1897) • Dal silenzio alla notorietà (1898-1928) • Romanzo e psicologia nel ’900 • Nuove tecniche narrative • La figura dell’inetto • L’opera di Svevo • Formazione e primi romanzi/ 1 • Formazione e primi romanzi/ 2 • La Coscienza di Zeno: titolo e trama • I tre livelli di lettura I.I.S. “Carlo Urbani” – Ostia A cura del prof. Luigi O. Rintallo
Cenni biografici1861-1897 • Gli anni dell’apprendistato • 1861-73: Aron Hector è il sesto di otto figli della famiglia ebrea di Franz Schmitz e Allegra Moravia. Il padre, titolare di una impresa commerciale di Trieste (che fallirà nel 1884), l’avvia agli studi tecnici. Ha una serena infanzia borghese, nutrendo grande affetto per la madre. • 1874-78: frequenta, coi fratelli Aldo e Elio, il collegio tedesco di Segnitzin Baviera. Al più giovane Elio, dotato di sensibilità artistica, rimase molto legato sino alla sua morte in giovanissima età nel 1886. Tornato a Trieste si iscrive all’Istituto commerciale Revoltella. • 1880-85: Con “L’indipendente”inizia una collaborazione che durerà sino al 1890. A settembre del 1880 è assunto nella filiale cittadina della banca Union di Vienna. Passa molte ore delle sue giornate nella Biblioteca civica, dove legge Schopenauer e i romanzieri russi e francesi. • 1886-87: conosce il pittore Umberto Veruda e lo scrittore Silvio Benco. Con loro vive una specie di boheme artistica. Scrive le prime novelle e alcuni lavori teatrali. • 1888-94: comincia a scrivere Un inetto, che publicherà a sue spese nel ’92 col titolo Una vita. Su “L’Indipendente” esce la novella Una lotta e nel 1890 il racconto L’assassinio di via Belpoggio, ove si ricollega alle tematiche di Schopenauer. Conosce Giuseppina Zergol, di cui rimane traccia nel personaggio di Angiolina (Senilità; 1898). Nel ’92 muore il padre. Collabora al “Piccolo”. Dal ’93 presso l’Istituto Revoltella insegna per otto anni corrispondenza tedesca. • 1895-97: a fine ’95 si fidanza con Livia Veneziani, figlia di un industriale cattolico, alla quale dedica il Diario per la fidanzata ove tenta di colmare la distanza intellettuale di lei. Nel luglio ’96 la sposa con rito civile e l’anno seguente, dopo aver abiurato l’ebraismo, con rito religioso: dal matrimonio nasce Letizia. Su “Critica sociale” esce La tribù.
Cenni biografici1898-1928 • Dal silenzio alla notorietà • 1898-1900 - Nel ’98 esce a puntate su “L’indipendente”il secondo romanzo: Senilità, che non avrà alcun successo. Esortato a maggiore concretezza, lascia l’impiego in banca ed entra nella ditta del suocero, sospendendo quasi del tutto l’attività letteraria pur continuando a lavorare a testi narrativi e teatrali. Compie viaggi di lavoro in Francia e in Inghilterra dove si occupa di una filiale aperta nei pressi di Londra. • 1901-07: scrive la commedia La parola, rielaborata nel ’25 col titolo La verità. Come passatempo suona il violino. Nel 1903 scrive la commedia Un marito e nel ’04 il racconto umoristico Lo specifico del dottor Menghi. Incontra James Joyce che, a Trieste, insegna inglese alla Berlitz School: ne diviene prima allievo e quindi amico (1905). • 1908-14: dopo che il cognato Bruno Veneziani ha sostenuto una cura con Freud, si interessa di psicanalisi e delle opere del medico viennese: tradurrà nel ’15 il breve scritto Il sogno. Scrive Terzetto spezzato, il suo unico lavoro teatrale che verrà rappresentato in vita (nel 1927). Compie un viaggio in Germania. • 1915-23: Trascorre gli anni di guerra con la moglie a Trieste, mentre la figlia è a Firenze. La guerra riduce l’attività della fabbrica di vernici, che è stata requisita dagli austriaci. Ricomincia a lavorare a un nuovo romanzo, La coscienza di Zeno, e collabora con vari articoli a “La Nazione”. La ripresa del dopoguerra non lo distoglie dal coltivare di nuovo la letteratura. Pubblica in volume La coscienza di Zeno, la cui grandezza è subito riconosciuta da Joyce che la segnala ai critici parigini Larbaud e Cremieux. • 1924-28 Su suggerimento di Bazlen, Montale pubblica su “L’esame” Omaggio a Svevo (1925). La rivista “Le Navire d’argent” gli dedica un intero fascicolo: è la notorietà internazionale. Nel ’27 tiene una conferenza a Milano su Joyce e ripubblica Senilità. Il 13 settembre 1928 muore in seguito a un incidente automobilistico.
Romanzo e psicologia nel ’900 Nuove tecniche narrative • Fra le tematiche care ai narratori del ’900 si segnalano: • il privilegio per l’analisi interiore rispetto al racconto di fatti, tipico della stagione ottocentesca; • la prevalenza della dimensione soggettiva sull’oggettività del Naturalismo, con conseguente interesse per le tematiche dell’inconscio e della psicanalisi; • lo scardinamento delle regole linguistiche e narrative, attraverso il ricorso a particolari tecniche quali: Monologo interiore E’ la trascrizione dei pensieri dei personaggi colti nel momento stesso in cui si formano come tali, già affiorati dall’in-conscio e ordinati quanto basta al parlare tra sé. La sua ulteriore evoluzione è il flusso di coscienza, dove l’intrico dei pensieri si rivela così come fluisce nella mente, senza ordine razionale. Onirismo realistico Traduce in narrativa le scoperte freudiane sul sogno, presentando la realtà sotto forma di allucinazione. Le atmosfere oniriche di Kafka, per esempio, si caratterizzano per la loro assenza di significazione, rappresen-tando l’assurdo e la tragicità della condizione umana. Relativismo I punti di vista sono molteplici. Il narratore propone più prospettive, nel tentativo di adeguarsi alla mutevolezza del reale. Anche le relazioni spazio-temporali sono alterate, poiché passato e presente si intrecciano. Gli stessi personaggi presentano più piani psicologici, che variano in continuazione.
Romanzo e psicologia nel ’900 La figura dell’inetto • Il primo romanzo di Svevo doveva inizialmente intitolarsi Un inetto: non è un caso, poiché la figura dell’inetto è molto ricorrente nella letteratura del ’900. Meglio di altri, essa impersona la crisi dell’uomo contemporaneo travolto dalle trasformazioni intervenute con il salto nella modernità e il diffondersi del relativismo. • Già Verga, a fine ’800, con il suo ciclo dei Vinti, aveva introdotto nella narrativa italiana i perseguitati dalla vita; a Pirandello e Svevo si deve la presentazione di un personaggio che incarna dubbi e insicurezze tipiche della nuova epoca. • Paranoici, emarginati o ipocondriaci, gli inetti hanno tuttavia la facoltà di far risaltare i chiaroscuri dell’esistenza e di “smascherare” il mondo della normalità. E’ così per il Mattia Pascal pirandelliano, come pure per Zeno Cosini, versione italiana del nuovo “tipo” narrativo che ricorre anche in altri autori europei. Il Leopold Bloom dell’Ulisse di JamesJoyce è un piccolo-borghese privo di doti, che patisce il tradimento della moglie Molly senza reagire; lo stesso vale per le figure dei racconti e romanzi di Franz Kafka, incapaci di reagire di fronte a condanne tanto ineluttabili quanto inspiegabili; oppure per i borghesi declinanti che popolano tanti libri di Thomas Mann. • Dagli inizi del secolo, il personaggio dell’inetto per tutto il corso del Novecento continuerà a comparire in numerosi romanzi e racconti, divenendo l’anti-eroe per eccellenza della moderna narrativa. All’insegna del disincanto e della passività, egli ha preso il posto dell’eroe ottocentesco portatore di ideali e di virtù.
L’opera di Svevo Formazione e primi romanzi /1 • La formazione di Svevo risente del luogo in cui è vissuto – Trieste – e delle avide letture di romanzieri e filosofi di fine Ottocento. Crocevia di diverse aree culturali (italiana, tedesca, slava), Trieste è al centro della crisi. Quella dell’Impero austro-ungarico, ormai al tramonto, dilaniato dai nazionalismi irredentisti e quella della classe borghese che anima le sue vie di città commerciale. Per i borghesi, privi di ideali forti come lavoro, ordine e nazione, il futuro si presenta all’insegna dell’incertezza. Le letture di Svevo sono eclettiche: romanzieri naturalisti si alternano a filosofi e scienziati in voga nel suo tempo, come Darwin, Schopenauer e Freud. Fra i letterati privilegia i grandi autori del realismo russo o francese (a Maupassant si ispira per il titolo del suo primo romanzo: Una vita). Da Schopenauer, Svevo riprende la divisione dell’umanità in LOTTATORI e CONTEMPLATIVI, questi ultimi dallo scrittore fatti coincidere con gli “inetti”. A Freud è, invece, debitore per l’introduzione della psicanalisi nella narrativa, sebbene Svevo si dimostri sempre scettico circa il valore terapeutico delle scoperte del medico viennese.
L’opera di Svevo Formazione e primi romanzi /2 • Prima di raggiungere la fama, Svevo scrisse due romanzi che non ebbero alcuna fortuna letteraria. Se nel primo sono ancora presenti gli echi del realismo ottocentesco, nel secondo gioca un ruolo di rilievo l’autocoscienza del protagonista, che prefigura gli sviluppi successivi della sua narrativa. UNA VITA (1892) Intitolato dapprima Un inetto, fu scritto fra il 1887 e l’89. Pubblicato a proprie spese nel 1892, passò quasi inosservato (a parte una recensione di Oliva sul “Corriere della Sera)”. La trama riprende il tema naturalistico della scalata sociale di un piccolo borghese, Alfonso Nitti, trasferitosi dalla campagna a Trieste per lavorare in banca. Accolto nel salotto letterario di Annetta, figlia del direttore, ha la possibilità di un matrimonio vantaggioso. Ma rinuncia e torna al paese dove assiste la madre morente. Rientrato in città, scopre che Annetta ha sposato il cugino. Declassato in ufficio, tenta un vago ricatto e, sfidato a duello dal fratello di Annetta, si uccide. SENILITÀ (1898) Scritto fra il ’92 e il ’97, è pubblicato a puntate su “L’Indipendente” di Trieste. Uscito sempre a sue spese, attrasse ancor meno l’attenzione dei critici, che solo 30 anni dopo lo scoprirono. Riedito nel 1927, Svevo ne rivide lo stile. Protagonista è Emilio Brentani, un impiegato con velleità letterarie, prigioniero della sua inerzia e degli obblighi verso la sorella Amalia, che vive con lui. Invaghitosi della fatua Angiolina, Amalia si allarma. Allorché l’amico Balli interviene in suo aiuto, ottiene che entrambe le donne s’innamorano di lui. Dopo che Emilio lo allontana dalla sorella, questa si ammala e muore.
L’opera di Svevo La coscienza di Zeno: titolo e trama Il titolo del romanzo è duplice: da un lato, rimanda al processo di consapevolezza di sé intrapreso da Zeno Cosini, il protagonista, con la terapia psicanalitica del dottor S.; dall’altro, è semplicemente la voce interiore dello stesso Zeno, che parla attraverso il diario che rievoca le tappe principali della sua vita. Il libro è diviso in otto parti: Prefazione: a firma del dottor S. (Sigmund? Svevo?), spiega che quanto segue sono le memorie del suo paziente Zeno Cosini, pubblicate per “vendetta” allorché questi ha deciso di sottrarsi alla cura. Preambolo: qui è Zeno Cosini che prende la parola, contrapponendo il suo punto di vista a quello del dottor S. giudicato un incapace. Cinque capitoli a carattere tematico: Il fumo, La morte di mio padre, La storia del mio matrimonio, La moglie e l’amante, Storia di un’associazione commerciale. Gli episodi seguono solo in parte l’ordine temporale, perché gli stessi anni sono ripercorsi più volte in capitoli diversi, a seconda che l’attenzione si rivolga a un tema piuttosto che a un altro. Saltano così i nessi logico-causali. L’ultimo capitolo, dal titolo Psicoanalisi, prende la forma di un diario attuale, dove sono riportati i fatti mentre accadono fra il 3 maggio 1915 e il 24 marzo 1916. Qui Zeno manifesta la sua “risoluzione irrevocabile” di lasciare la cura e affronta il rapporto malattia-salute. Nelle ultime pagine, leggiamo che l’unico modo per recuperare la salute è immaginare che la Terra, dopo una “esplosione enorme” tornerà a vagare nel cosmo come una nebulosa finalmente priva di parassiti e malattie.
L’opera di Svevo I tre livelli di lettura La coscienza di Zeno (1923) è un romanzo che presenta almeno tre livelli di lettura, che riguardano tanto il contenuto dell’opera quanto gli artifici stilistici ai quali ricorre l’autore per realizzare uno spiazzamento temporale, con ripercussioni sulla descrizione del suo personaggio principale. Tematico Il tema dominante è quello della malattia, considerata una entità dai confini labili che non è più considerata una realtà “altra” come nell’800. A essere inquietanti sono i “sani” (Augusta, Olivi), perché non si pongono mai domande. Viceversa, i “malati” di Svevo sono coloro che provano inquietudine nel sentirsi diversi. Incapaci ad agire, si osservano vivere ma, così facendo, operano una introspezione che è il solo vero strumento di conoscenza. Strutturale Il romanzo realizza una manipolazione cronologica, con un’abolizione dei nessi causali/ temporali che interviene sulla struttura del narrato. Due i piani temporali simulati: 1) il presente dell’ “adesso che scrivo”, coincidente con gli anni 1914/16 in cui sono stese le memorie (capp. 2 e 8); 2) il passato (1890-96) narrato dal cap. 4 al 7. Il cap. 3 mescola tempi diversi (Zeno bambino e Zeno padre del figlio di tre anni). Retorico Nel libro prevale il registro dell’ironia. In quanto inetto, il protagonista è sempre fuori tempo. Ma è come chi ha perso un treno e sale sul successivo, venendo poi a sapere che il primo ha subito un incidente. Zeno Cosini è un beneficiato dal caso, non decide nulla della sua vita ma questa alla fine lo preserva dalle sfortune.