1 / 145

Metodi della ricerca in psicologia dello sviluppo A.A. 2010/11

Metodi della ricerca in psicologia dello sviluppo A.A. 2010/11. Dott.ssa Chiara Suttora c.suttora2@campus.unimib.it Ricevimento Studenti: richiedere appuntamento Stanza 3143, 3°piano, ed.U6. Prossime lezioni: date e aule. Venerdì 26 8.30-12.30 aula u6/25 Lunedì 29 14.30-18.30 aula u7/20

trey
Télécharger la présentation

Metodi della ricerca in psicologia dello sviluppo A.A. 2010/11

An Image/Link below is provided (as is) to download presentation Download Policy: Content on the Website is provided to you AS IS for your information and personal use and may not be sold / licensed / shared on other websites without getting consent from its author. Content is provided to you AS IS for your information and personal use only. Download presentation by click this link. While downloading, if for some reason you are not able to download a presentation, the publisher may have deleted the file from their server. During download, if you can't get a presentation, the file might be deleted by the publisher.

E N D

Presentation Transcript


  1. Metodi della ricerca in psicologia dello sviluppoA.A. 2010/11 Dott.ssa Chiara Suttora c.suttora2@campus.unimib.it Ricevimento Studenti: richiedere appuntamento Stanza 3143, 3°piano, ed.U6

  2. Prossime lezioni: date e aule Venerdì 26 8.30-12.30 aula u6/25 Lunedì 29 14.30-18.30 aula u7/20 Venerdì 3 8.30-12.30 aula u6/25

  3. Metodi della ricerca in psicologia dello sviluppoA.A. 2010/11 Frequenza obbligatoria, ore di assenza concesse 6/24 Modalità di valutazione: Verranno formati gruppi di 10 studenti. Ogni gruppo dovrà analizzare, nel corso delle lezioni, un articolo scientifico nell’ottica delle conoscenze acquisite durante il corso. Durante l’ultima lezione ogni gruppo presenterà (ppt) il proprio lavoro. Registrazione

  4. Altezza Perchè ho preso 30 all’esame di xxx? Facilità dell’argomento Ore di studio Tipologia esame Colore degli occhi Genere 30 Abilità nel copiare Caso Frequenza lezione Conoscenze pregresse Peso corporeo

  5. LA RICERCA IN PSICOLOGIA • Lo studio dell’essere umano attraverso i metodi delle scienze naturali inizia solo il secolo scorso • Modifica del metodo di indagine per difficoltà date dalla necessità di isolare tutte quelle variabili che,intervenendo nei fenomeni indagati, ne influenzano l’andamento • Controllo totale = intrusività = fallimento dello studio • Si passa al controllo statistico e alla conduzione di indagini secondo modalità standardizzate e strutturate

  6. LA RICERCA IN PSICOLOGIA Metodologia della ricerca Si occupa di definire le modalità con cui vanno poste le domande sperimentali, specificando come specificare le variabili che sono oggetto d’esame, come misurarle e come verificarne l’attendibilità. Si occupa inoltre di come controllare le variabili estranee che influenzano l’oggetto di studio e quindi di come garantire la validità dell’indagine stessa al fine di ottenere risposte adeguate alle ipotesi elaborate.

  7. LA RICERCA IN PSICOLOGIA La psicologia è la scienza che studia il comportamento degli individui e i loro processi mentali. Tale studio riguarda le dinamiche interne dell'individuo, i rapporti che intercorrono tra quest'ultimo e l'ambiente, il comportamento umano ed i processi mentali che intercorrono tra gli stimoli sensoriali e le relative risposte.

  8. LA RICERCA IN PSICOLOGIA DELLO SVILUPPO Nell’ambito dello sviluppo si incontrano problemi particolari/specifici: • non si studia un organismo “statico”, ma un organismo soggetto a continui cambiamenti • Si studia una categoria particolare di soggetti (i bambini), il che comporta problematiche (e rischi...) specifici

  9. IL METODO SCIENTIFICO • Lo scopo della ricerca in psicologia è quello di indagare le relazioni che si instaurano tra il comportamento umano e l’ambiente, biologico e sociale, e del modo in cui l’uomo sviluppa la capacità di instaurare queste relazioni e dei processi attraverso cui queste relazioni possono diventare disfunzionali • La spiegazione avviene attraverso l’identificazione di relazioni regolari tra certi fenomeni • Le relazioni vengono espresse attraverso delle leggi • Le leggi vengono organizzate in teorie • L’utilizzo del metodo scientifico permette la ripetizione dell’osservazione, la verifica empirica delle teorie e la falsificazione delle conoscenze pregresse

  10. IL METODO SCIENTIFICO • Definizione del problema • Formulazione di ipotesi (e/o teorie a supporto dell’ipotesi) che possano spiegare il fenomeno • Raccolta dei dati in maniera OBIETTIVA • Verifica dell’ipotesi • Elaborazione delle conclusioni (fino a prova contraria)

  11. IL METODO SCIENTIFICO La visione di film/programma con contenuti violenti aumenta l’aggressività dei bambini? 1) Definizione del problema : • Cosa voglio studiare? • L’argomento di studio è chiaro/comune a tutti? 2) Formulazione di ipotesi: • Se A allora B • In presenza di A osservo il fenomeno B • Non è d’obbligo definire se A causa B • In presenza di A si osserva sempre B? • Si osserva B SOLO in presenza di A?

  12. IL METODO SCIENTIFICO 3) Raccolta dei dati in maniera OBIETTIVA: Solo rendendo esplicito chiaramente COSA osservo posso rendere replicabile la mia ricerca… • Il fenomeno è stato identificato in maniera corretta? • Il contesto in cui osservo il fenomeno ha un effetto sul fenomeno stesso?

  13. 4) Verifica dell’ipotesi IL METODO SCIENTIFICO Se un bambino guarda filmati violenti Allora Esibirà comportamenti aggressivi

  14. Fenomeni e Variabili Il primo passo dopo aver formulato un hp è quello di definire il fenomeno che si intende studiare Un fenomeno può essere un qualsiasi evento in tutta la sua complessità Per studiarlo sperimentalmente dobbiamo eliminare una parte della sua complessità Dobbiamo trasformare/ridurre il fenomeno in una o più variabili selezionate

  15. Fenomeni e Variabili Variabile: qualsiasi proprietà di un evento reale che sia misurabile (attributo del fenomeno che appartiene alla realtà) E’ compito dello scienziato selezionare le variabili importanti per un dato fenomeno (ignorandone altre) implicazioni riguardanti la conoscenza del fenomeno

  16. Fenomeni e Variabili Nella progettazione di un esperimento le variabili concettuali debbono essere trasformate in variabili operative. Le variabili sono collegate ai concetti teorici per mezzo delle definizioni operazionaliusate per misurare i concetti stessi.

  17. Variabili Concettuali e Variabili Operative Variabili concettuali:sono il prodotto dell’elaborazione teorica che guida la progettazione di un esperimento Definizione operazionale:descrizione di un procedimento che specifica il significato del concetto Definisce una variabile nei termini delle operazioni utilizzate per misurarla (es. Intelligenza = punteggio allo Stanford Binet)

  18. Variabili Concettuali e Variabili Operative Variabili operative: eventi/comportamenti osservabili L’operazionalizzazionepuò avvenire in diversi modi Per una stessa variabile concettuale è possibile individuare più di una variabile operativa

  19. Variabili Concettuali e Variabili Operative Complessità sintattica Possibili definizioni operazionali: • Lunghezza dell’enunciato in parole • Numero di verbi contenuto in un enunciato • Presenza di frasi subordinate, coordinate o principali • Numero di inflessioni grammaticali presenti in ogni enunciato

  20. Variabili Concettuali e Variabili Operative Lo sviluppo delle capacità sociali nel bambino prescolare • Quali sono le variabili che meglio rappresentano questo fenomeno? • Come posso misurarle? Variabile CONCETTUALE (capacità di relazionarsi con i pari) Variabile OPERATIVA (%tempo speso in gioco associativo o cooperativo)

  21. Variabili Concettuali e Variabili Operative L’attività comunicativa del bambino, nelle prime fasi dello sviluppo, aumenta in funzione del rinforzo sociale • Attività comunicativa  ?  ? • Rinforzo sociale  ?  ?

  22. ELABORAZIONE TEORICA VARIABILE CONCETTUALE Dalla variabile CONCETTUALE alla variabile OPERAZIONALE VARIABILE OPERATIVA DEFINIZIONE OPERAZIONALE MISURAZIONE DEL FENOMENO CHE MEGLIO RAPPRESENTA IL CONCETTO TEORICO

  23. Criteri di valutazione di una definizione operazionale 1. deve contenere una descrizione delle procedure tale per cui un altro ricercatore, utilizzando la descrizione fornita, sia in grado di compiere le medesime operazioni (replicabile) 2. deve rappresentare adeguatamente la variabile concettuale sottostante VALIDITÀ DI COSTRUTTO Ex. Studio lo sviluppo sociale di bambini di 6 mesi attraverso l’osservazione del gioco con coetanei … c’è validità di costrutto?

  24. Criteri di valutazione di una definizione operazionale La mancanza di validità di costrutto è spesso dovuta a una scelta erronea della variabile operativa sebbene, in alcuni casi, possa essere attribuita a un costrutto teorico sbagliato. Ad esempio… Gli innatisti (Brown e Hanlon, 1970) parlarono di povertà dello stimolo linguistico materno perché i genitori tendono a non correggere le frasi grammaticalmente errate dei bambini tramite feedback negativi (correzione esplicita = variabile operativa). Gli autori non prendevano in considerazione, nella loro definizione operazionale, le correzioni implicite (richiesta di chiarificazione o di ripetizione), molto frequenti nel linguaggio rivolto ai bambini! Il costrutto teorico erroneo rifletteva una definizione operazionale erronea!

  25. Esercizio … hp: un primo ambiente di sviluppo svantaggiato ha un impatto negativo sullo sviluppo cognitivo dei bambini • Cosa intendiamo per ambiente di sviluppo svantaggiato? E per sviluppo cognitivo? • Come possono essere misurati? È necessario trasformare un concetto (di per sè non misurabile) in un fenomeno (misurabile)

  26. Misurazione Le definizioni operazionali debbono contenere anche una specificazione delle operazioni di misura “Processo messo in atto per ottenere una descrizione del grado in cui un individuo possiede una determinata caratteristica (Belanger, 1984)”

  27. Misurazione Assegnazione di valori numerici secondo regole che permettono di rappresentare importanti caratteristiche degli eventi/oggetti/individui mediante proprietà del sistema numerico (procedimento descrittivo) diversa da VALUTAZIONE (giudizio di valore di tipo inferenziale)

  28. Scale di misurazione Le scale di misura differiscono per quel che riguarda il grado di precisione: • Misurazioni di tipo nominale o categoriale • Scale ordinali • Scale ad intervallo • Scale a rapporto

  29. Tipi di scala di misurazione Scala nominale: permette di classificare oggetti/eventi/individui in categorie, sulla base della presenza o meno di una data caratteristica utilizza un’unica proprietà dei numeri (i numeri sono dei simboli e sono diversi gli uni dagli altri)

  30. Tipi di scala di misurazione Proprietà Scala Nominale: • Le categorie in cui i dati vengono organizzati sono mutualmente esclusive (ovvero un soggetto non può appartenere a più di una categoria) • Le categorie in cui i dati vengono organizzati non hanno un ordine logico Ex: genere, religione, appartenenza politica

  31. Tipi di scala di misurazione Scala ordinale: dispone gli oggetti/eventi/individui secondo una relazione d’ordine La posizione ordinale del valore numerico sulla scala deve corrispondere al grado (maggiore o minore) con cui un determinato attributo è posseduto dagli oggetti/eventi/individui i numeri sono una serie ordinata! Ex: scolarità, grado di soddisfazione rispetto al proprio lavoro …

  32. Tipi di scala di misurazione Scala a intervalli: utilizza un’unità di misura costante (la differenza tra due qualsiasi punti adiacenti della scala è costante) La differenza tra i valori numerici sulla scala deve corrispondere alle differenze fra gli attributi posseduti da oggetti/ eventi/individui (progressione aritmetica) Ex: frequenza o durata di un comportamento, punteggio ottenuto ad una scala standardizzata etc.

  33. Tipi di scala di misurazione Scala a rapporti: possiede un punto zero significativo (zero assoluto) tant’è che i rapporti fra i valori numerici hanno un significato non arbitrario I rapporti tra i valori devono corrispondere ai rapporti tra gli attributi posseduti da oggetti/ eventi/individui

  34. scale di misurazione • E’ sempre possibile passare da una scala a intervalli a una scala ordinale o nominale e da un una scala ordinale a una nominale! Dipende dalle esigenze del ricercatore! Ex1/ Sottopongo dei soggetti a un test di memoria che consiste nel riconoscere una lista di 60 parole precedentemente presentate… posso decidere di classificare i soggetti in tre gruppi in base a una performance buona (40-60), media (20-40) o scadente (0-20). Ex2/Rilevo i gesti di indicazione spontanea in bambini di 12 mesi in modo da vedere se questa valibile mi predice lo sviluppo lessicale successivo. I risultati mostrano che, in 20 minuti di gioco con la madre, i bambini hanno prodotto mediamente 2.37 gesti di indicazione con un range che va da 0 a 5 gesti di indicazione prodotti. La variabilità è molto bassa e il valore predittivo della variabile frequenza indicazione anche… che faccio?

  35. Attendibilità e Validitàdelle misurazioni Il grado con cui le differenze rappresentate dai numeri rappresentano adeguatamente le differenze nelle caratteristiche che stiamo misurando Il più elegante disegno di ricerca non potrà azzerare il danno provocato da una misurazione imprecisa o priva di validità (Fleiss, 1986)

  36. Attendibilità delle misurazioni Attendibilità: si riferisce alla precisione dello strumento (problema empirico) • Misure oggettive: non devono risentire dell’influenza di colui che effettua la misurazione (conoscenza hp sperimentali; gli studi coi bambini) • Misure fedeli: devono essere prive di errori variabili (test-retest) • Misure sensibili: devono cogliere anche le minime differenze presenti negli oggetti/ eventi/individui relative all’attributo misurato Una misura può essere al contempo attendibile ma non valida! Ex. valutazione intelligenza e misurazione circonferenza testa

  37. Validità delle misurazioni Validità: denota la capacità di una misura di cogliere effettivamente la caratteristica che interessa e non un’altra ed è legata ad aspetti valutativi di ordine teorico. • Validità di contenuto • Validità convergente • Validità discriminante • Validitàdi criterio concorrente predittiva

  38. Validità delle misurazioni Validità di contenuto: capacità dello strumento di rappresentare accuratamente l’universo dei comportamenti legati al costrutto psicologico che si intende misurare ex. Un test di intelligenza che valuta solo le capacità visuo-spaziali non ha una buona validità di contenuto!

  39. Validità delle misurazioni Validità convergente: grado di accordo fra diversi tentativi di misura dello stesso costrutto (ex.diversi test di intelligenza) Validità discriminante: grado in cui i tentativi di misurare costrutti diversi sono effettivamente distinguibili l’uno dall’altro (ex. nessuna correlazione tra test intelligenza e BFQ)

  40. Validità delle misurazioni Validità di criterio: grado di associazione fra la misura di interesse ed un criterio rilevante, ovvero la misura di un concetto teoricamente connesso al costrutto in esame

  41. Validità delle misurazioni Validità di criterio concorrente criterio e misura del costrutto (misurati contemporaneamente) riflettono aspetti diversi di uno stesso fenomeno e correlano tra loro Validità di criterio predittiva è intesa come la correlazione tra la misura e un risultato/criterio futuro Ex. Scala valutazione impegno scolastico con profitto scolastico a tempo 0 e a tempo 1.

  42. RIASSUMENDO... Cosa voglio studiare? Quali sono le mie ipotesi? Come posso “rappresentare” il fenomeno? I risultati confermano le ipotesi? Elaborazione della teoria La variabile concettuale è corretta? La misurazione è valida e attendibile? Come posso misurarla? La variabile operativa è corretta?

  43. Tipi di variabili Variabili osservate o dipendenti: sono una misura del comportamento del soggetto (del fenomeno osservato) Sono lasciate libere di assumere un qualsiasi valore che viene semplicemente registrato (secondo appropriate operazioni di misura)

  44. Tipi di variabili Variabili di disegno o indipendenti: sono quelle che si suppone influenzino direttamente il fenomeno osservato Vengono manipolate (direttamente o indirettamente) in modo tale da far loro assumere valori diversi in diversi sotto-insiemi di osservazioni. I diversi valori vengono detti livelli della variabile di disegno (ex. Genere musicale/tasso alcolico).

  45. Variabili di disegno Possono essere: ● direttamente manipolabili ● non direttamente manipolabili (i valori, già presenti nel mondo reale, vengono selezionati) Nei casi in cui la V. di disegno è pre-esistente alla progettazione della ricerca, si possono compiere solo operazioni di selezione e non di manipolazione  V. intrinseche (genere, età, condizioni patologiche…) V. legate alle decisioni di vita degli individui (religione, città o provincia, orientamento politico etc.)

  46. Manipolazione vs. Selezione Esempio: influenza dello stile linguistico della madre sullo sviluppo del lessico infantile Definizione operazionale: aderenza al focus di attenzione del bambino, misurabile come la frequenza con cui la madre nomina gli oggetti che il bambino sta guardando

  47. Manipolazione vs. Selezione MANIPOLAZIONE • Istruisco un gruppo di madri a nominare tutti gli oggetti che il bambino guarda nel corso di una seduta di gioco libero della durata di 10 minuti (livello 1) • Istruisco un altro gruppo di madri a nominare gli oggetti quando il bambino NON li sta guardando (livello 0)

  48. Manipolazione vs. Selezione SELEZIONE • Durante una seduta di gioco libero, conto quante volte un certo numero di madri nomina gli oggetti mentre il bambino li sta guardando • Sulla base della percentuale di comparsa di questo comportamento (superiore o inferiore al 50%) suddivido le madri in due gruppi: Aderenti (livello 1) e Non Aderenti (livello 0)

  49. Variabili estranee: sono quelle di cui si ipotizzano possibili effetti sulla variabile osservata (indirettamente rilevanti) Devono essere controllate in modo tale da minimizzare i loro effetti (per comprendere l’influenza della/e variabile/i di disegno) EliminazioneControbilanciamento CostanzaRandomizzazione Bilanciamento  Appaiamento Tipi di variabili

  50. Eliminazione: elimino la variabile estranea (ex. presenza fratelli in contesto osservativo). Costanza: per tutti i soggetti e tutte le condizioni la variabile viene mantenuta costante (ex. contesto osservativo, momento di osservazione, ordine presentazione materiale, sperimentatore etc.). Bilanciamento: bilancia l’effetto della v. estranea sulle osservate attraverso la formazione di sottogruppi equivalenti (ex. genere, livello di scolarità materna, ordine di nascita) Appaiamento: si effettua quando si ritiene che alcune caratteristiche dei ss possano influenzare l’osservata (ex. Genere; Parità nascita e frequenza asilo nido) Randomizzazione (random) e Controbilanciamento (abc, acb, bac, bca, cab, cba): risolvono problemi legati all’ordine di presentazione delle prove. Controllo del variabili estranee

More Related