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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA Facoltà di Scienze della Formazione

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI CATANIA Facoltà di Scienze della Formazione. Metodologia del gioco e dell’animazione LABORATORIO DIDATTICO Dott.ssa Caterina Motta. C’E’ SEMPRE METODO NEL GIOCO. Il gioco è un'attività ricreativa che coinvolge una o più persone, basata su:

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Presentation Transcript


  1. UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DICATANIAFacoltà di Scienze della Formazione Metodologia del gioco e dell’animazione LABORATORIO DIDATTICO Dott.ssa Caterina Motta

  2. C’E’ SEMPRE METODONEL GIOCO • Il gioco è un'attività ricreativa che coinvolge una o più persone, basata su: • obiettivi che i/il giocatore/i devono cercare di raggiungere nell'ambito dell'attività del gioco; • regole che determinano ciò che i giocatori possono e non possono fare durante l'attività ludica. I giochi o da cultura popolare o da inventori spesso riescono a raggiungere anche notevoli risultati educativi. Durante la prima età evolutiva con i giochi basati su forme, lettere e colori, nei periodi successivi con l'esercizio della memoria, con l'invito al ragionamento e l'apprendimento di alcune realtà.

  3. LUDOLOGIA • Studio dei giochi può coinvolgere spesso molti campi tecnici, inclusi psicologia, sociologia, calcolo delle probabilità, statistica, etnomatematica e teoria dei giochi. • Esiste una grande varietà di giochi ed i ludologi ne riconoscono a grandi linee diverse tipologie base. • Le conclusioni anche molto distanti, probabilmente a causa della sua intrinseca polisemicità, ma tutte riconoscono al gioco la "gratuità", il fatto cioè di non essere strettamente necessario, di esulare da necessità puramente pratiche, senza per questo voler sminuire la funzione dell'atteggiamento ludico nel processo di formazione.

  4. IL GIOCO E IL RUOLO DELL’ADULTO Il gioco vive una dimensione complessa (sociale, cognitiva, relazionale) di fondamentale importanza in tutte le fasi dello sviluppo. E’ un vero e proprio congegno educativo. RUOLO DELL’ADULTO • Creare un clima educativo-didattico attraversato da una dimensione ludica. • Organizzare gli spazi e i tempi del gioco. • Offrirsi come modello in una situazione di apprendimento. • Fornire un modello che ha la funzione di impalcatura(scaffolding) per l’apprendimento del bambino.

  5. L'approccio filosofico • Nell'opera Homo ludens (1938) il filosofo olandese Johan Huizinga concentra la sua attenzione sul gioco come complesso sistema culturale: «(...) ciò non significa che il gioco muta o si converte in cultura, ma piuttosto che la cultura, nelle sue fasi originarie, porta il carattere di un gioco; viene rappresentata in forme e stati d'animo ludici: in tale "dualità-unità" di cultura e gioco, il gioco è il fatto primario, oggettivo, percepibile, determinabile concretamente; mentre la cultura non è che la qualifica applicata dal nostro giudizio storico dato al caso». • Gregory Bateson, invece, individua l'essenza del gioco nel suo essere metalinguaggio: dato che i giochi sono qualcosa che "non è quello che sembra", perché un'attività ludica sia veramente tale ogni giocatore deve poter affermare: "Questo è un gioco", cioè ci deve essere la consapevolezza che l'azione è fittizia e che "meta-comunica" questa sua finzione. La metacomunicazione, quindi, per Bateson serve per rivelare la natura del "come se" del gioco, e la sua creazione di un mondo irreale in cui azioni fittizie simulano azioni reali.

  6. IL GIOCO AGEVOLA UNA DEFINIZIONEDELLA PROPRIA IDENTITÀ Per Bateson “il gioco forza ogni categoria di cui disponiamo”. Lo spazio del gioco consente, infatti, ai bambini e agli adulti, di mettere in discussione le categorie mentali che contengono la propria storia passata, promuovendo, grazie a una traduzione simbolica delle proprie emozioni a una riorganizzazione psichica del proprio universo emotivo. Il “fare finta” nel gioco, che può essere considerato una sorta di agire per prova, consente, inoltre, di mettere in scena esperienze non ancora reali ed educa a una capacità trasformativa dell’esperienza,grazie alla possibilità che offre di imitazione della realtà. Col gioco, infatti, i bambini possono “far finta di” essere adulti, sperimentando questa condizione, senza doverne affrontarne i relativi fallimenti e le inevitabili sofferenze.

  7. L'approccio sociologicoRoger Caillois • Libera: il giocatore non può essere obbligato a partecipare. • Separata: limiti di spazio e di tempo. • Incerta: lo svolgimento e il risultato non possono essere decisi a priori. • Improduttiva: non crea né beni, né ricchezze, né altri elementi di novità. • Regolata: da regole sospendono le leggi ordinarie. • Fittizia: consapevole della sua irrealtà.

  8. Le quattro categorie • Giochi di competizione: competizioni, sia sportive che mentali. • Giochi di azzardo: giochi dove il fattore primario è la fortuna. • Giochi di simulacro: "giochi di ruolo" dove si diventa "altro“. • Giochi di vertigine: giochi in cui si gioca a provocare noi stessi.

  9. L'approccio psicologico DUE TEORIE IN CONTRAPPOSIZIONE • Il "pre-esercizio" di Karl Groos: il gioco come momento propedeutico alla vita adulta. • Il "post-esercizio" di Edward H. Carr: l'attività ludica come ottimizzazione di una nuova dinamica comportamentale. • Queste due teorie sono state armonizzate da Jean Piaget, che riconosce al gioco una funzione centrale nello sviluppo di una sfera cognitiva personale e della personalità. • Un ulteriore affinamento dell'interpretazione dell'attività ludica viene dallo psicologo russo Lev Semenovic Vygotskji, che considera il gioco anche come forza attiva per l'evoluzione affettiva ed umana del bambino , non solo cognitiva come in Piaget. • Vygotskji critica anche le visioni del gioco come attività non finalistica e non produttiva, in quanto, seppur atto totalmente gratuito, costituisce un eccezionale elemento di crescita e di definizione della struttura di personalità in tutti i suoi aspetti.

  10. Piaget • Il gioco favorisce l’attività mentale simbolica. • Svolge due funzioni per lo sviluppo psicologico: rafforza l’idea che si possa agire sulla realtà (ASPETTO PERCETTIVO). • Consolida abilità e capacità già possedute (ASPETTO COGNITIVO). • DISTINGUE ALCUNE FASI nello sviluppo infantile

  11. Gli stadi dello sviluppo Periodo SENSOMOTORIO (0-2 anni) Stadio preoperatorio (2-7 anni) Periodo CONCETTUALE (2–12 anni) Stadio delle operazioni concrete (7-11 anni) Stadio delle operazioni formali (12-15 anni)

  12. Winnicott Il gioco si inserisce tra quei fenomeni transizionali che aiutano il bambino, che ha beneficiato di buone cure materne, a emanciparsi in maniera non traumatica dalla dipendenza materna, imparando l’autonomia e conservando una certa fiducia in una realtà positiva che lo protegge. Il gioco è un fenomeno transizionale che consente al bambino di situarsi in un’area di illusione che media tra il mondo interiore del bambino e il mondo esterno, inizialmente percepito come un patrimonio diviso con la madre. il gioco e gli oggetti transizionali (come peluche, coperte, sciarpe) danno al bambino un senso di sicurezza e lo aiutano nel controllo dell’angoscia.

  13. Bruner “Il gioco offre un’eccellente opportunità per provare combinazioni di comportamenti che non sarebbero mai sperimentate sotto pressione funzionale” e offre "un modo per minimizzare le conseguenze delle azioni e quindi apprendere in una situazione meno rischiosa". • Il gioco, infine, educa al rispetto delle regole, al movimento da un universo di significati a un altro...

  14. G. Mead • Indaga la funzione sociale del gioco come fattore che favorisce l’emergere del sé in relazione all’altro. • Gioco simbolico come mediatore dei processi di assunzione dei ruoli. • Attraverso il gioco i bambini: sperimentano la possibilità di cambiare ruoli ed imparano ad assumere prospettive diverse.

  15. GDR/RPG • In un gioco di ruolo i giocatori assumono il ruolo di personaggi in un mondo immaginario o simulato. Le caratteristiche del personaggio: forza, destrezza, intelligenza, carisma… • Giochi di ruolo da tavolo, attorno al quale si riunisce un gruppo di persone avvalendosi di supporti quali carta, matite, dadi. • Giochi di ruolo dal vivo (a volte abbreviato in GRV), derivati da quelli da tavolo, che impegna in sessioni live (dal vivo) giocatori in costume durante le quali vengono a volte utilizzate repliche di armi e coreografie marziali, a seconda del genere. • Videogiochi di ruolo (a volte abbreviato in CRPG, dall'inglese Computer Role-playing game), giocati da uno o più giocatori connessi attraverso Internet. Dei videgiochi di ruolo fanno parte i MMORPG (Massively Multiplayer Online Role-Playing Game), giochi di ruolo online dove il personaggio creato dal giocatore interagisce con gli altri partecipanti e si sviluppa in un mondo virtuale permanente gestito su Internet.

  16. ANCORA GIOCHI.. • Gioco di logica: rompicapo, enigma, indovinello. • Gioco astratto o di strategia: dama, scacchi scarabeo, gioco dell’oca… • Gioco di simulazione storica: wargame… • Gioco solitario: il gioco di fantasia, certe forme di gioco simbolico. • Giochi paralleli: es. alcuni giochi di movimento. • Giochi collettivi: es. giochi di regole….. • Gioco scolastico: filastrocche, tornei, sacco pieno, gioco del silenzio, mosca cieca…

  17. ALCUNE FUNZIONI DEL GIOCO • Piano cognitivo: • esplorare il mondo delle possibilità; • incrementare la manipolazione mentale della realtà; • mettere in atto strategie di planning e di ploblem solving. • Piano emotivo-affettivo: • sviluppo dell’espressione e del controllo delle emozioni; • sviluppo dell’autonomia; • sviluppo di una realistica conoscenza di sé;

  18. LE ALTRE…. • Piano socio-relazionale: • capacità di collaborare; • capacità di mediare e negoziare; • rispetto delle regole. • Piano metacognitivo: • motivazione; • autoefficacia; • autostima.

  19. animiamoci “L’uomo è in grado di conoscere solo ciò che riceve dentro sé e ciò che rigioca”. M. Jousse (antropologo) La valenza dell’educazione teatrale a scuola è stata sancita, tra gli altri riconoscimenti, anche dal protocollo di intesa sull’educazione al teatro firmato, nel settembre del 1995, dalla presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento dello Spettacolo, Ministero della Pubblica Istruzione ed Ente teatrale italiano. Il protocollo d’intesa del 1995, prevede l’inserimento delle discipline dello spettacolo nei curricoli scolatici.

  20. L’ANIMAZIONE

  21. IL LABORATORIO

  22. INDIVIDUARE INPUT

  23. INDIVIDUARE I BISOGNI

  24. IL VALORE DELLA PROGETTAZIONE

  25. DIDATTICA DELL’OCCASIONALITA’ Le occasioni della vita quotidiana e dei vissuti personali diventano il punto di partenza su cui elaborare progetti educativi, che comprende anche uno “stile” didattico centrato sul piacere condiviso, sullo sviluppo – anche se a livelli diversi- di tutti coloro che partecipano all’esperienza educativa, insegnante compreso. • Schematizzando:

  26. La qualità nell’educazione ...“C’è spazio, nella formazione, per condurre anche ricerche disinteressate; il cui scopo, e la cui ragion d’essere, è rintracciabile, quindi, nell’esclusivo gusto del conoscere, nel piacere di affinare i propri criteri e strumenti osservativi, esplorativi,concettuali (anche), per studiare, contemporaneamente studiandosi, in quanto attore o spettatore, i luoghi nei quali accadono fatti, si incontrano persone, si cambia, si impara, si passa una parte rilevante del proprio tempo, a prescindere dall’età e dai bisogni formativi”. Duccio Demetrio, Micropedagogia. La ricerca qualitativa in educazione, La Nuova Italia, Firenze, 1992.

  27. EMOZIONALITÀ E TEATRO“di pancia, di cuore, di testa….” Educare alla gestione emotiva … • esiste una stretta interrelazione fra sentire e pensiero nei processi di apprendimento; • l’esperienza teatrale come situazione privilegiata per l’apprendimento di tali competenze; • il teatro mette in comunicazione il mondo cognitivo con la dimensione emozionale.

  28. Le tre anime dell’animazione • Politica: nasce negli anni della contestazione giovanile e fin dagli inizi è stata consapevole che i problemi vanno affrontati non solo invocando il cambiamento interiore delle persone e delle istituzioni, ma facendosene carico in prima persona. • Ludica: nasce da una parte come irrisione dei vecchi miti attraverso una loro “sceneggiata”, dall’altra come bisogno di valorizzare altri linguaggi, oltre il razionalismo, come i linguaggi del mimo, della danza e del gioco, perché capaci di entrare in un mondo simbolico da cui altrimenti si resterebbe esclusi. • Culturale: fin dall’inizio ha colto che l’uomo vive di cultura, è un fascio di significati che lo alimentano.

  29. Cosa non è animazione • A volte l’animazione riguarda i momenti ludici della scuola. Ma si è venuta a creare una frattura profonda tra la seriosità della lezione in classe e la ludicità di altri momenti. In altri casi l’animazione è stata ridotta a sinonimo di attivismo. Entrato in crisi lo schema tradizionale di lezione, si inventano attività dopo attività, anche iniziative spettacolari, ma in fondo senza cambiare l’approccio al nodo cruciale dei contenuti da trasmettere e ancor di più dei processi con cui trasmetterli. L’attivismo non è animazione. Il pragmatismo, inteso come organizzazione di attività alle quali si attribuisce per il loro stesso svolgersi delle potenzialità formative, senza che venga messa in gioco la capacità riflessiva dei soggetti non è animazione. Non è animazione l’aver instaurato in classe un buon clima affettivo, se questo non si interseca con il confronto sui contenuti e con i processi in gioco nella trasmissione e rielaborazione dei contenuti del sapere umano.

  30. Cos’e’ animazione • ANIMAZIONE come strumento di cambiamento e di prevenzione del disagio. • Sviluppo dei potenziali di espressione e favorire la relazione e la comunicazione di ognuno con l’altro. • Favorire un cambiamento, una crescita nella qualità delle relazioni. • INSEGNANTE-ANIMATORE: mediatore tra gli alunni e il mondo del sapere disciplinare che controlla nello stesso tempo la dimensione cognitiva,emotiva,relazionale, unificando una molteplicità di compiti professionali in una azione formativa complessa.

  31. Dall’esperienza alla teoria • Produrre subito un evento coinvolgente • Captare il momento giusto per… • Saper osservare e sentire • Individuare e valorizzare le potenzialità individuali e del gruppo • Utilizzare la direttività con equilibrio per garantire sia la soddisfazione personale (aver prodotto un evento originale) che l’attenzione all’aspetto estetico (aver prodotto un evento qualitativamente buono).

  32. E ancora… • Rendere flessibile l’evoluzione dell’attività • Sollecitare la rielaborazione (suddividere in sottogruppi) • Proporre soluzioni contraddittorie • Concedere la massima libertà • Assemblare i prodotti di ogni sottogruppo in una esperienza globale • Attenzione ai contenuti, ma anche a come i contenuti possono venir apprezzati, compresi, rielaborati e trasferiti (in una parola appresi) dagli alunni.

  33. C’e animazione dove si attiva emozione

  34. Decalogo dell’educatoreCiò che i tuoi alunni vorrebbero dirti • 1.    Cerca di essere coerente: altrimenti rimaniamo disorientati e non sappiamo più come comportarci. • 2.    Cerca di non umiliarci di fronte ai nostri compagni: impareremo meglio se parlerai con noi tranquillamente a quattr'occhi. • 3.    Evita di usare troppe minacce: potremmo imparare che il potere è tutto ciò che conta. • 4.    Evita di punirci dandoci più compiti, altrimenti impareremo ad odiare i compiti e anche tu ci diventerai odioso/a. • 5.    Evita di farci troppe prediche: impareremo più dagli esempi che dalle parole. • 6.    Evita di farci sentire in colpa per i nostri errori: impareremo meglio ad evitare gli errori se non avremo la sensazione di essere persone sbagliate. • 7.    Ricorda che non apparirai ridicolo se ti scusi con noi: una scusa leale ci farà provare molta simpatia per te. • 8.    Cerca di non urlare continuamente: se lo fai, noi ci abitueremo alle tue urla e tu dovrai urlare sempre di più. • 9.    Cerca di non intimorirci, altrimenti ci incoraggerai a mentire. • 10.   Evita di zittirci quando facciamo domande: se lo fai, distruggerai la nostra curiosità.

  35. COME UN INSEGNANTE PUÒ UCCIDERE LA VOGLIA DI IMPARARE DELL'ALUNNO • 1.    Assumere un atteggiamento arrogante e intollerante. • 2.    Svalutare l'alunno o ricorrere ad offese personali. • 3.    Ricorrere frequentemente a minacce e a punizioni. • 4.    Incoraggiare un clima competitivo in cui qualcuno emerge a scapito degli altri. • 5.    Trascurare di valorizzare l'alunno e di incoraggiarlo. • 6.    Far apparire una materia la più difficile e la più impegnativa di tutte. • 7.    Caricare di compiti per casa superflui. • 8.    Ignorare i piccoli sforzi e i piccoli successi dell'alunno. • 9.    Fare continui paragoni e confronti tra gli alunni. • 10.   Ricorrere all'ironia umiliando e mettendo in ridicolo l'alunno.

  36. Bibliografia • Per gioco. Piccolo manuale dell’esperienza ludica, Cortina, 1993. • Demetrio, Micropedagogia, La ricerca qualitativa in educazione, La Nuova Italia, Firenze,1992. • Demetrio, Raccontarsi. L’autobiografia come cura di sé, Raffaello Cortina, Milano. • Lupo ci sei? Il Capitello,Torino, 1990. • Rodari, La grammatica della fantasia, Einaudi, Torino. • De Caroli, Ancora le fiabe?,Oasi, Troina (EN),2000. • Chillemi, Fare teatro a scuola, L’Almanacco, Catania, 2003. • Simonetti, Metodologia e tecniche del gioco e dell’animazione, Anicia, Roma, 2004. • www.musicheria.net

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